Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Yume_no_Namida    10/05/2014    3 recensioni
Hinata è in trasformazione. Un incontro le ha restituito la voglia di muoversi e lei adesso sperimenta, alla ricerca della propria strada. Qual è il suo percorso? Per capirlo bisogna partire, rischiare - e magari alla fine capire non è importante, l'importante è andare.
Una storia (?) sulle idee che cambiano mentre cambiano i legami e cambia anche il paesaggio (detta cosi fa molto trailer-parodia XD), a New York, la capitale dei cambiamenti.
[Dal capitolo 2]:“Hinata!” Esclama Naruto, con la gioia del bambino che ritrova il suo peluche del cuore. I capelli sono più lunghi, le guance sono leggermente incavate e il vestito è di un colore diverso, ma si tratta della stessa Hinata, la stessa ragazza dai riflessi multicolori, il salice solitario sulla veranda - è questa la prima impressione che gli ha dato, nonostante da qualche parte abbia avvertito sentore di quercia (ah, sua madre e la sua passione per la botanica! Il migliaio di piante lasciate ad appassire!) “Come stai?” Hinata lo trova radioso. “Alla fine l’ho mantenuta davvero, la promessa!”
[NaruHina, con sorpresa di mezzo]
[A Mokochan, per il suo compleanno (L)]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A Mokochan, a cui lo dovevo per il suo compleanno.
A Michela, a cui volevo doverlo, ma la vita è imprevedibile.
Alla fine ce l’abbiamo fatta;
In disdicevole ritardo, però eccoci qua.
A lei che mi ha appena commossa.
A te, sorella!
Ricorda che il tuo compleanno è ogni giorno,
basta volerlo.



What now?

“I found the one, he changed my life,
but was it me that changed
and he just
happened to come at the right time.
[…]
So, what now? I just can’t figure it out.
What now?”

[Rihanna, “What now?”]





31/12/2012



L’appartamento è in pieno centro.

Upper West Side, vista Central Park , dopotutto suo padre può permetterselo.
“Dopotutto posso permettermelo” aveva esalato lui, con la stessa secchezza con cui impartiva ordini e un’inattesa nota di malinconia in fondo alla gola, mentre Hinata impacchettava le ultime cose e le riponeva negli scatoloni, volgendogli le spalle.
Via. L’università era alle porte e lei andava via.
Dall’enorme villa di periferia, dal silenzio irrespirabile che le mozzava il fiato, dalla sua assurda immobilità quando le gambe erano sempre state al proprio posto, dal viso serioso di Hiashi e dai sorrisi nascosti di Hanabi... questo un po’ la faceva star male.
Avrebbe voluto svelarli, i sorrisi della sorella, renderli meno radi e restituirli all’aria aperta, approfondire quella nota di malinconia - non riusciva a crederci, malinconia! - nella voce del capofamiglia, ma non era il momento, non ancora.
Doveva occuparsi di sé, irrobustirsi le difese immunitarie, poi sarebbe tornata. E non si può tornare senza essere partiti, proprio come non ci si rinforza immobilizzandosi in un metro quadro di terra, così era partita.
“Dimmi almeno il perché” Hinata aveva sorriso di rimando alla richiesta del padre, e quel sorriso era bastato. Da quanto tempo sua figlia non sorrideva?
“Va bene. Permettimi solo di provvedere al tuo alloggio, non hai un soldo” Sospiro interiore.
“Upper East Side?” Hinata aveva fatto no col capo, un no gentile ma deciso di quelli che aveva preso a rivolgergli negli ultimi tempi, tempi di crescita, di scelte inaspettate, di una nuova Hinata che lo spaventava terribilmente e gli piazzava un magone dolciastro al centro del petto, la scoperta della donna nella bimba che fu, tormento di ogni padre... no, l’East Side era troppo vistoso per quella ragazza che si apprestava a maturare all’ombra di chissà quali rami, accarezzata dal vento.
“Allora West Side” E l’esitazione negli occhi di lei lo aveva quasi indotto alla supplica, ma si era contenuto. “Per favore” A denti stretti. “Dopotutto posso permettermelo” E Hinata glielo aveva permesso.
Il verde non le dispiaceva e nemmeno il chiacchiericcio dei passanti. Ma da quando? Com’era successo?
Hinata ricorda un Capodanno differente, una serata sventurata, riflessioni confuse e due enormi occhi azzurri, poi niente.
Tepore, Naruto Uzumaki.
E si era svegliata la mattina seguente senza sentirsi ridotta a brandelli, la cenere depositata sul terriccio dopo l’esplosione variopinta di un istante, no, qualcosa dentro di lei si era colorato e stava durando ben più di un istante!
Stupore.
Gratitudine.
Era stato Naruto a compiere il miracolo? O il processo era già in atto, e Naruto lo aveva semplicemente accelerato?
Che importa, il cielo era coperto e lei aveva comunque voglia di rincorrere il sole, a tempo debito quei due occhi giganti li avrebbe ringraziati, ma adesso doveva pensare a sé. A come fare per tenere dietro a dei raggi dorati - perché si era svegliata, Hinata, e non aveva alcuna voglia di tornare a letto.
Partita, dunque.
Nuova casa, nuovo ambiente, nuova vita.
Ancora Neji, perché Hinata è sicura che perirebbe, senza Neji, non può cominciare da zero senza qualcuno che le fornisca degli appoggi per le ginocchia lungo la linea di partenza, perciò Neji, ma solo tra una lezione e l’altra e per qualche uscita in compagnia.
E ha altri amici, Neji, non tutti come Sasuke! Alcuni simpatici, addirittura. Gentili, come Tenten, o ingenuamente semplici, come Rock Lee. Dove li ha trovati? E quando ne ha avuto il tempo? Cos’ha combinato lei nel frattempo?
Niente.
La risposta è di un’ovvietà disarmante.
Non ha combinato niente, ha fissato il vuoto, lo ha esteso al futuro e vi si è adagiata sopra, con rassegnazione.
Azzurro cielo che fa il quotidiano capolino nei suoi pensieri, quanto è in debito con quel ragazzo! Ma basta pensarci, non ha neanche la certezza che un giorno lo rivedrà, per cui si concentra e fissa con ostinazione il buio oltre i vetri, quel buio irreale punteggiato di fuochi, e lampioni, e finestre con le luci accese, e stelle, quel buio che non c’è.
New York brilla sempre, ma adesso è parte del brillio anche lei.
E non è vero che niente cambia, in un anno tutto cambia!
Tutto è cambiato e non serve chiedersi in che direzione, basta vivere, valutare a posteriori e cominciare da capo, se le cose si mettono male.
“Hinata?” Una voce annoiata.
L’ennesima novità.
Ed è terribile, una persona non può essere definita una novità, non alla stregua dell’ultimo paio di jeans alla moda (Hinata non se ne intende, di queste cose, non sa neanche se i jeans siano alla moda, ma stando alle parole di una bellissima ragazza bionda amica di Neji “I jeans sono sempre alla moda”, tutto sta nel saperli indossare e Hinata credeva che la dovessero far sentire comoda, ma a quanto pare vederla così “E’ uno scandalo” e “Bisogna sempre figurarsi al centro dell’attenzione, niente paura, ti insegnerò io”), eppure non saprebbe come altrimenti definirlo, quel ragazzo dai capelli castani raccolti in un codino ribelle e l’atteggiamento di chi si rimetterebbe a dormire mezzo secondo dopo aver bofonchiato un buongiorno - Hinata ne riconduce la causa alla mente geniale, se uno intuisce le cose mezza giornata prima degli altri la curiosità gli scema in modo rapido - , il suo ragazzo.
Santi numi, ha un ragazzo!
Le modalità ancora le sfuggono ma tant’è, Shikamaru è lì, a riprova che gli amici di Neji sono anche intelligenti e che lei deve essere stata rapita da una qualche astronave aliena che le ha impiantato la personalità di qualcun altro; conosciuti a luglio poco dopo il suo trasloco, insieme da metà settembre, se questa non è opera aliena!
Non ’fidanzati’, fidanzati è un campo semantico che le è ignoto e che le incrementa il battito cardiaco, meglio lasciar perdere, non è ancora psicologicamente pronta, quindi insieme, così, lui e lei che cominciano a staccarsi dalla compagnia per infilarsi in qualche bar a chiacchierare del superfluo, che azzardano la prima uscita in coppia e approfondiscono il superfluo, incrinano le barriere, lui e lei che le abbattono, quelle barriere, un pomeriggio di fine Agosto quando Hinata tuffa il naso in una coppa di gelato e lo risolleva coperto di panna, Shikamaru sbigottisce, “Hai qualcosa...” e lei si tocca il naso, e si fa rossa da camion dei pompieri e lui “Beh”, serissimo, “E’ panna. Si mangia” e giù entrambi a ridacchiare (Hinata con qualche lacrima agli occhi, Shikamaru con una mano dietro la nuca e un’espressione di rassegnazione divertita), dopo un silenzio interminabile perché non è possibile che il genio di turno se ne sia uscito con una tale, atroce scemenza! E così si scherza, ci si vede più spesso per ricordare l’episodio, ci si prende in giro, e dal prendersi in giro si passa al prendersi le mani, giusto per provare, giusto per vedere come si sta. E non si sta male, nonostante i frequenti flash azzurrini nella mente di Hinata e le rimostranze di Shikamaru nei confronti di una certa Temari, sua compagna di corso dall’aria spavalda e matura, quindi insieme, senza dirselo, facendolo e basta, Hinata racconta le sue giornate e Shikamaru annuisce, ogni tanto sbuffando, ogni tanto con un accenno di sorriso, insieme.
Gli alieni sono implicati nella faccenda, senza dubbio.
“Che c’è?” Shikamaru la fissa, inarcando un sopracciglio.
Per quanto tempo ha rimuginato?
Lui è passato da lei alle otto, hanno parlato del più e del meno vicini sul divano e mezz’ora dopo lui vi si è disteso in tutta la sua lunghezza slacciando i bottoni superiori di una camicia che detesta, mentre lei si è diretta verso il bagno.
Sono le nove e un quarto, Hinata è seduta sul bordo del letto e la cerniera del vestito è ancora aperta, mentre rivolge a Shikamaru uno sguardo che, ne è certa, non deve essere dei più svegli. Fortuna che lui ha la delicatezza di non farglielo notare.
“Vuoi... che ti aiuti?”
L’attenzione è sulla zip abbassata.
Oh no, no, cosa? Aiutarla con la cerniera? Quando a malapena si scambiano un bacio e la prima volta che l’hanno fatto è stato per caso, lei si era girata a riprendere qualcosa e lui aveva già chiuso la porta dell’appartamento, accidentale scontro di labbra, che? La cerniera? Sul serio?
“Oppure non vuoi” Hinata prega mentalmente che lui non abbia fatto caso all’incendio sulle sue guance “Andarci?”
Con nell’intonazione un accenno di speranza ben celato e che tuttavia Hinata coglie, perché Shikamaru sarà pure il genio dell’intuito ma se si tratta di empatia Hinata lo distanzia di una buona spanna, e lui sa che lei ha colto ma conosce anche la sua risposta, che non tarda ad arrivare.
“Te lo risparmierei, davvero” Hinata sorride piegando lievemente il capo a destra, a mo’ di scuse “Ma si tratta di Neji. Ha fatto fin troppo, per me, negli ultimi mesi.”
E Shikamaru sospira perché lei ha ragione, se non fosse per Neji loro neanche si troverebbero nella stessa stanza, e lui non si solleverebbe di malavoglia dal divano perché sono in ritardo per una noiosa festa a cui davvero non gli va di andare, e non noterebbe la zip di Hinata trascurata in nome di una contemplazione sognante, né tantomeno si divertirebbe a offrirle il proprio aiuto e osservarla avvampare, speranzosa che lui non l’abbia notato - e allora finge di non averlo notato - ... sì, devono entrambi parecchio a Neji.
“Lo so” Cede dunque, portandosi come di consueto la mano a ridosso del codino. “Ma sbrigati, o Neji non avrà comunque modo di apprezzare la nostra riconoscenza.”
E nell’attimo stesso in cui Hinata si alza di scatto, raggiante, e inizia a giocherellare con il retro del proprio vestito, aggiunge “Sicura che non ti serva una mano?”
Lei annaspa, in preda all’agitazione (“Non c’è... non ce n’è bisogno”), rassicura lui per calmare se stessa (“Davvero, sono a posto...”), abbozza un mezzo inchino (“Scusa”), pone fine alla questione (“Me la cavo da me”).
Shikamaru è già voltato di spalle quando le sue labbra si stirano in un accenno furfantesco di sorriso.




Sono le dieci meno cinque quando arrivano al Marriott* e prendono l’ascensore fino all’ultimo piano, quello del ristorante affacciato sulla città, dei panorami mozzafiato oltre l’ellissoide di lamiere e vetro che, lenta, ruota su se stessa.
Per Hinata è la seconda volta, lassù, ma questo non le impedisce di stupirsi, intravedendo la cima dell’Empire State Building a qualche passo aereo di distanza, né di chiedersi quanto debba aver speso Neji per prenotare un tavolo in quel posto la notte di Capodanno.
Quanto deve esattamente al cugino, dal giorno in cui si è trasferita nel suo nuovo alloggio?
Ha perso il conto, e del resto Neji non deve averlo mai fatto, o se l’ha fatto lo nasconde bene, perché ogni volta le va incontro con la sua espressione migliore (un angolo delle labbra appena inarcato, cosa che su Shikamaru ha un effetto vagamente inquietante, non essendo abituato a quello che potrebbe essere interpretato come un sorriso da parte dell’amico, mentre Hinata lo ritiene un regalo, un regalo che gradualmente si fa immenso, presto non ci saranno contraccambi possibili) e quella sera non è da meno, la raggiunge e le afferra la mano mentre “E’ sbottonata” fa notare, con un pizzico di astio, mirando alla camicia di Shikamaru che ormai ci è abituato, sa che il suo rapporto con Hinata ha un preciso contrappasso, l’episodica ostilità di Neji, e quindi fa spallucce, la prende con la dovuta leggerezza, “Me ne sarò dimenticato.”
Hinata lo apprezza anche per questo, per la calma con cui li segue e la capacità di non indugiare sulle mani di lei avvinghiate a quelle di un altro, sulla sospetta affettività di un cugino che qualcuno definirebbe morbosa, e vuole che Shikamaru lo sappia, vuole che lo percepisca, perciò non appena giungono al loro tavolo e le dita di Neji si staccano dalle sue, Hinata gli si siede accanto e gli accarezza un avambraccio, guardandolo di sottecchi con le pupille luminose, e lui si irrigidisce per lo stupore e per l’imbarazzo ma ha il viso dolce, le allunga una carezza a fior di pelle.
“Dio mio” esclama la ragazza bellissima e biondissima, Ino, se non ricorda male (ha passato l’ultimo periodo a mandar giù a una sequela interminabile di nomi, la memoria comincia giustamente a protestare), “Non qui, eh. Contenetevi!” Ino a cui non sfugge nulla, Ino che non indossa i jeans perciò o il Marriott è fuori dai giochi o lì i jeans passano di moda, Hinata comincia ad apprendere.
“Un po’ di rispetto per chi è ancora single” E nel dirlo mette il broncio e si passa una mano tra i capelli.
“Per tua scelta, Yamanaka” A parlare è un ragazzo dai canini pronunciati e dall’aspetto selvaggio. “Io continuo a ripeterti che sono disponibile.”
“Ti pregherei di smetterla, Kiba, è uno scherzo di cattivo gusto” Ino lo fissa, nauseata. “E poi che fine ha fatto il tuo entomologo, quello... Shinbo, o come diamine si chiama? Dove l’hai lasciato?”
“Si chiama Shino e l’averlo visto una sola volta non ti dà il diritto di storpiargli il nome” Naso arricciato in segno di rimprovero. “Comunque è tornato dai suoi in Florida, se proprio vuoi saperlo, e noi siamo una coppia aperta” Pausa ghignante e densa di significati. “Molto aperta, io in particolare.”
“Ho il voltastomaco” Proclama Neji, col cipiglio altezzoso e supponente che Hinata gli ha visto riservare a tanti, raramente a lei. “Già” prosegue Tenten, che si porta le mani sull’addome e appare davvero sofferente “Mi è passato l’appetito” E nel dirlo allontana da sé il piatto ricolmo di antipasti.
“Male, Tenten, sei giovane, dovresti nutrirti!” Un ragazzo dalle sopracciglia macroscopiche. Hinata si chiede se Rock Lee provenga da un’altra dimensione, la scarsa pertinenza delle sue sentenze la mette in allarme.
“E nessuno pensa alla mia, di nausea?” Ringhia Kiba. “Sono qui, l’ultimo dell’anno, con un’ossigenata che fa la preziosa, un imbecille dal caschetto ridicolo e dalle sopracciglia incolte che sbraita di non si capisce cosa, Shino è via e il mio cucciolo, il mio Akamaru, è dovuto rimanere a casa perché, in questo lurido posto per fighetti, i cani non li fanno entrare! Ecco. Bello schifo. Che dovrei dire, io?”
“Nessuno ti ha obbligato” Neji, mentre si ripulisce la bocca con un tovagliolo di panno. “E, dipendesse da me, sai benissimo che Akamaru siederebbe al tuo posto, mentre tu staresti fuori” Hinata non riteneva il cugino capace di una simile crudeltà, ma la ripetuta evidenza ha avuto la meglio sulle benevole convinzioni e adesso, ogni qual volta quella crudeltà entri in atto, lei si limita a trattenere il respiro, ben conscia che ci saranno delle conseguenze. E infatti...
“Mi hai stancato, razza di buffone che...”
“Oook” Urlo di Ino, improvvisamente in piedi e con i palmi delle mani abbattuti rumorosamente contro il tavolo. “Calmiamoci. Punto primo questo” Si afferra una ciocca dorata “E’ il mio colore naturale, ossigenata sarà l’acqua che hai all’interno del cervello, punto secondo” E innalza due dita a mimare le parole “Ci stanno guardando tutti quindi piantatela, di fare gli imbecilli, punto terzo” Qui si volta verso l’organizzatore della serata “Chi diamine stiamo aspettando?”
In effetti ci sono tre sedie vuote, tra Neji e Kiba, e Hinata non può fare a meno di convenire con Ino, senza il diamine di mezzo.
“Tre amici” Risponde Neji, lapidario “Li conoscete anche voi.”
“Ah, Fronte Larga, Idiozia Bionda e Figone Moro? Quella rompipalle di Sakura, quel lobotomizzato di Naruto e quel gran gnocco di Sasuke?”
Naruto? Ha sentito bene? Ma se in tutte le volte che è uscita con la medesima compagnia non è stato mai nemmeno nominato!
“No, non loro”
Accecante lampo azzurrino che in un boato scompare dalla visuale.
Loro
“Oh”
E mentre Temari e altri due ragazzi dall’aspetto insolito si dirigono in loro direzione, Hinata legge la delusione nell’esclamazione di Ino, e realizza come in un sogno al limitare del mattino** che la bellezza mozzafiato non è l’unica ad essere rimasta delusa.




Di male in peggio.
La serata sta naufragando e Hinata non ha un appiglio, Shikamaru si è messo a discutere con Temari di incomprensibili questioni di politica internazionale e Neji ha i nervi a fior di pelle per via delle lamentele di Kiba, lamentele che non sono cessate neppure dopo essere usciti dall’hotel e aver raccattato Akamaru, un mastodontico cagnone bianco dalla tenerezza disarmante, decisamente il cane di qualcun altro.
“Gli piaci” Le ha sussurrato Kiba, allo strusciarsi di quel  groviglio di bava e peli contro le sue gambe, e lo sguardo che le ha lanciato subito dopo non le è piaciuto. Non è piaciuto neanche a Neji, motivo per cui ora i due stanno battibeccando.
“Dove sono capitata”, si chiede Hinata, eppure si rende conto che la domanda non è pertinente.
Sì, perché il contesto ha sempre il suo gran daffare a metterti in difficoltà, è a te che tocca reagire; ma lei ha perso la volontà, spazzata via da un nome tirato fuori quasi per sbaglio tra altri due pronunciati con maggiore enfasi e da un colore, un colore che le tiene compagnia nelle ore più solitarie e che lei preferisce convincersi di ricondurre al cielo che non ha più paura di guardare, quel cielo che si vede tanto bene dal suo appartamento all’ultimo piano. Perché così è più semplice.
La risata piena di Temari le raggiunge un orecchio: no, non è semplice.
Sono le undici passate e Times Square è gremita, ma Hinata quella risata la avverte comunque.
Non è affatto semplice.
E in che modo sta rimediando?
Shikamaru è spiritualmente altrove, Neji è assorbito a tal punto dal difenderle l’onore che ha finito per trascurare la sua persona, Tenten sorregge Rock Lee che è astemio e “Maledizione, si può sapere chi gli ha dato l’alcool?”, ovviamente ilarità di Kiba, Akamaru trotta accanto al suo padrone, Ino è intenta a provarci con uno dei fratelli sgangherati di Temari (Kankuro, quello truccato pesantemente di viola in punti inusitati) e... e rimarrebbe il minore dei fratelli, Gaara.
Hinata non ha pregiudizi, non da quando ha oltrepassato con un balzo le barriere del giardino della tenuta familiare, tuttavia quelle iride fredde, la matita nerissima a circonvallazione degli occhi e quella maniera scontrosa di tenere le braccia conserte anche mentre cammina, tutto ciò le inocula un certo timore.
“Hinata” Sospira, e inavvertitamente si  curva e porta le due mani contro il petto. “Allora non hai imparato niente. I cambiamenti, il brillio, l’energia, la sicurezza... semplici chiacchiere?”
Non vuole che rimangano chiacchiere.
E magari quel ragazzo dai capelli d’autunno e dallo sguardo che cade come foglie le assomiglia, giusto un pochino, magari ha più freni di quanti non ne abbia avuti un tempo lei, è un Hinata rigida all’estremo e terrorizzata oltre misura dal contatto, una parte di lei con cui non le dispiacerebbe dialogare, anche solo per garantirle un riparo tra le righe, nei gesti di accompagnamento. Perciò si fa coraggio, Hinata, inala una discreta quantità di ossigeno e...
“Buooooonasera!”
E’ pietrificata.
“Che coincidenza, ragazzi, anche voi qui?”
Naruto spalanca un sorriso a trentadue denti e la gente attorno sorride con lui, lo ha immaginato? Non può averlo solo immaginato. Qualcosa tamburella fastidiosamente, qualcosa si contorce, qualcos’altro la getta in un cunicolo a pressione altissima, da doloroso fischio alle orecchie.
“Se per coincidenza tu intendi darsi appuntamento...” Mormora Neji, ancora inasprito contro Kiba.
“Neh, neh, che aria pesante! Guarda che Sasuke mi è bastato, a saperlo non sarei venuto” L’unica reazione di Sasuke è uno sbuffo sdegnato.
“Quindi non erano loro al ristorante perché sarebbero stati loro dopo il ristorante” L’osservazione sagace di Ino, Hinata non avrebbe saputo esprimerlo meglio. “E Sakura?” Chiede, scoccando un’occhiata carnivora a Sasuke, improvvisamente ignara dell’esistenza di Kankuro.
“Veniamo da lì, 38 di febbre: impossibilitata. E nel tragitto fin qui questa parvenza di essere umano” Pollice rivolto in direzione di Sasuke “Mi ha sfinito a suon di lagne. Come puoi notare l’assenza di Sakura è una tragedia.”
“Già, una  tragedia” Gli fa il verso Ino, le labbra progressivamente protese verso l’alto.
“Ma è da un anno che non ci vediamo! Novità? E’ tristissimo frequentare l’università fuori, per di più con Mister Loquacità come unico compagno” Sasuke ora dà l’impressione di volerlo sminuzzare all’istante. “Kiba, sempre ‘aperto a ogni possibilità’?” Assenso ridanciano di Kiba. “Ino? Alla ricerca?” “Io direi che ho trovato” E Kankuro si illude che si tratti di lui. “Tenten? Ma... Lee è ubriaco?” Sconsolato cenno affermativo di Tenten. “Shikamaru? Temari? E voi, Kankuro e Gaara?” Gaara gli rivolge un saluto, Naruto è davvero capace di tutto! “E tu...” Adesso è rivolto a Hinata.
“Lei è mia cugina ed è impegnata” Si intromette Neji, furente “Con quello laggiù!” E ‘quello’ rischia di essere incenerito sul posto da due occhi che sputano ‘Dove diamine sei quando mia cugina ha bisogno’ - perché anche uno scambio di sillabe è bisogno, anche una mira errata causa strabismo.
“Nervoso come al solito, Neji, se non altro non rischiamo improvvisazioni” Naruto si gratta la nuca, a disagio. “Beh, tua cugina non se ne avrà mica a male se le chiedo il nome, e nemmeno Shikamaru, credo. Shikamaru?”
No, fa Shikamaru, nulla di male, e nel frattempo si pente delle proprie azioni perché la pancia gli fa male, non sa se per l’odore che proviene da Temari o per il singolare silenzio che avvolge Hinata, comunque è un fastidio al di sopra della sua comprensione, che non riesce a spiegarsi né tantomeno a controllare.
“Grazie” Lo congeda Naruto, spostando l’attenzione su Hinata e tendendole la mano. “Tu sei...?”
Ecco, non si ricorda.
Come potrebbe ricordarla?
Ha lasciato allungare i capelli, certo, e forse è più magra, è sufficiente a relegarla nell’oblio?
“Hi-hinata” Balbetta, ad accompagnamento delle emozioni più trascinanti, e Shikamaru ne è conscio e tanto basta a comprimergli ulteriormente le viscere.
“Hinata?” Sembra soppesare Naruto, con la mente rivolta chissà dove dentro di sé. “Hinata” Scandisce, come se volesse essere sicuro che il nome sia proprio quello.
Poi, la rivelazione; Hinata affonda in due pozze blu che si sono allargate e l’hanno travolta prima ancora che si rendesse conto di essere accerchiata dalle onde.
“Hinata!” Esclama Naruto, con la gioia del bambino che ritrova il suo peluche del cuore. I capelli sono più lunghi, le guance sono leggermente incavate e il vestito è di un colore diverso, ma si tratta della stessa Hinata, la stessa ragazza dai riflessi multicolori, il salice solitario sulla veranda - è questa la prima impressione che gli ha dato, nonostante da qualche parte abbia avvertito sentore di quercia (ah, sua madre e la sua passione per la botanica! Il migliaio di piante lasciate ad appassire!) “Come stai?” Hinata lo trova radioso. “Alla fine l’ho mantenuta davvero, la promessa!”
Lieve rossore.
Voce di Neji a interrompere l’idillio.
“Voi due vi conoscete? Come. Promessa? Che significa?”
A quella parte è interessato anche Shikamaru.
Risata candida di Naruto, “Non sapevo che fosse tua cugina! Anche se dal cognome avrei dovuto intuirlo, e dall’aspetto... sono decisamente tardo, in queste cose” Mimica facciale di Neji che esige delle spiegazioni e che sta un po’ a sottintendere ‘Mica solo in queste, di cose’, ma forse è Hinata a pensare male, ha fatto in fretta l’abitudine a questo lato inedito del cugino.
“Quanto alla promessa, beh, più che altro era un proposito. L’ho trovata lo scorso Capodanno sulla veranda di Sasuke che intirizziva dal freddo, abbiamo fatto quattro chiacchiere e... stop, perché poi Sua Maestà Uchiha ha deciso che gli ospedali non erano abbastanza colmi e che bisognava massacrare gente” Hinata se lo ricorda, terribile ricordo tinteggiato di rosa e di sgradevole sospetto. “Però l’ho lasciata con il proposito di ritrovarci l’anno successivo, senza fornirle uno straccio di contatto, da perfetto incosciente, e non so a chi debbano andare i ringraziamenti, dal momento che il proposito si è piacevolmente avverato!”
Piacevolmente.
Possono confondere, gli avverbi? Possono rendere stupidi e mandare in estasi?
E’ come si sente, Hinata, profondamente stupida ed ebete e fluttuante. Deve aver sbagliato un paio di calcoli. E non esiste Neji che sbianca perché altro che ringraziamenti, lui il responsabile di quella farsa da incubo lo ridurrebbe in poltiglia indistinta, se solo non si includesse tra i sospettati oltre a Shikamaru che non vale niente, a Sasuke che ci ha messo lo scenario e a Naruto che è privo di cervello (dannati alcolici e dannate uscite di gruppo, ridurre la cerchia all’osso alla prima occasione); esiste Naruto ed esiste Shikamaru, e lei che rimbalza da Shikamaru a Naruto, da Naruto a Shikamaru, fino a quando Naruto non le propone una chiacchierata più approfondita e interpella Shikamaru, “Ti dispiace?”
A Shikamaru forse dispiace, intuisce che da qualche parte in prossimità dello sterno e intorno al balbettio di Hinata gli dispiace, ma nelle narici ha un altro tipo di fragranza e una quarta figura acquisisce dei contorni, Temari si affaccia all’esistenza in quella dimensione al di là delle dimensioni... “No, figurati”
Disperata rassegnazione di Neji.
“Bene, Hinata” Naruto come riflessi di luce sulla neve “Let’s go.”
Il cervello di Hinata è un nido di operazioni aritmetiche, di quelle che non ha saputo fare e di quelle che ha trascurato, a caccia dell’addizione che è diventata sottrazione - e che se non si sbriga finirà per dividere.
O moltiplicare.
Non esiste solo il meno, Hinata.




La metro dell’una e venticinque è costellata di presenze festanti, non è una notte qualunque. Non lo è stata per Hinata, che con il volto fisso davanti a sé ha esaurito i pensieri e si sente avvolgere da una bizzarra stanchezza, un misto di sudori freddi per l’inevitabile futuro prossimo e di calma tumultuosa, di riflessioni accavallate che nel loro disordine assumono un senso. Uno dei probabili sensi, come per tutto il resto, un senso che dipende da lei. E dire che era convinta di averne trovato uno definitivo.
Shikamaru, al suo fianco, sembra essere del medesimo parere, qualcosa lo turba e le mani gli rigonfiano le tasche, mentre fissa la mappa delle fermate in prossimità del tetto, col disinteresse concentrato di chi vuol darla a bere finanche a se stesso.
Hanno viaggiato in fretta come quella metropolitana?
Sono già arrivati al capolinea?
Non è tempo di rispondere e ne manca la voglia. Non finché non si arriva a casa, ritardiamo le conclusioni insensate, i chiarimenti, godiamoci il tepore tiepido dell’altro sulla pelle ancora qualche istante. Anche se dentro la verità si fa largo a furia di gomitate - verità, suvvia, sarebbe a dire?
Quale verità, se i sensi definitivi si fanno precari?
La verità... di sicuro è qualcosa di grandioso e terribile, per quanto nebuloso, perché Hinata non vede niente ma intuisce tutto, trema di eccitazione e al contempo di paura ed è certa che per Shikamaru valga lo stesso.
Screeek, gracchiano i binari, e il vagone si immobilizza, le portiere si aprono: la loro fermata. La fermata di Hinata, Shikamaru ha insistito per riaccompagnarla a casa come d’abitudine e tuttavia stavolta è diverso, stavolta in quell’abitudine c’è un pizzico dell’ordinaria routine con cui molti fanno confusione, misinterpretando il termine. Da quando fanno parte di quei molti?
Scendono senza sfiorarsi, a distanza, come se si conoscessero da qualche ora e stessero sondando il terreno, mantengono quell’andamento per il tragitto intero, fa un freddo cane ma il sangue ribolle, falsando la percezione, e i pesanti cappotti contribuiscono all’opera. E’ soltanto quando giungono davanti all’assoggettante portone in legno che si guardano negli occhi e si scoprono estranei.
Si riconoscono ancora, però come amici.
Come due similitudini che procedono su strade parallele e necessitano di sperimentare delle deviazioni.
E’ quella necessità, il guaio, giacché tendendosi le mani, perché no?, due parallele potrebbero incontrarsi in un modo innovativo, fuori dagli schemi e fuori dagli schemi non ci sono divieti, ma i polpastrelli di Hinata hanno la tinta pastello delle primavere limpide e quelli di Shikamaru districano con l’immaginazione i nodi di quattro codini spettinati.
E forse è così da tanto, fanno parte di quei molti da tanto, però conta il momento della rivelazione. Il momento straziante della rivelazione.
E adesso?
Ignorare non è contemplato, nessuno dei due se la cava con i giochi - eccetto gli scacchi e le parole crociate, uno ciascuno.
Perciò, quando le chiavi ruotano nella serratura e il portone scatta, con un clangore più lamentoso del consueto, Hinata non si stupisce della richiesta di Shikamaru di salire un momento, né si imbarazza.
“Devo parlarti.”
Hinata opta per la strada più disastrata, ricolma di ostacoli e dalla meta ignota, ma il passo è fermo e così la voce, “Anch’io.”
Il portone si richiude dietro le loro spalle con un tonfo sordo.




Non piange, non viene a capo di come ciò sia possibile ma non piange, l’unico sintomo è un dolorino intermittente in un punto che colloca a breve distanza dal rimorso - o dal rimpianto, non è molto lucida e non crede riuscirà mai ad esserlo, per quanto attiene a determinate sfere dell’umano.
Shikamaru è andato via da un pezzo e il sonno che prima le appesantiva le palpebre si è dileguato, scomparso in qualche invisibile anfratto tra le parole che le vorticano nel cervello e il bigliettino che stringe con insistenza.
Con  lui ogni cosa è sempre stata chiara, e questo le giovava in sicurezza, ma Hinata ha maturato la convinzione che per qualche motivo estraneo alla logica, un motivo infinitamente stupido, le persone quando ci vedono troppo chiaro cominciano a non poterne più, alcuni addirittura si annebbiano la vista di proposito, summa suprema di ogni idiozia! Eppure accade.
A loro è accaduto.
E tuttavia si sono impegnati a venirne fuori con la medesima chiarezza, nonostante le difficoltà, nonostante il fiato corto, il polso impazzito e quel dolorino, quel famelico dolorino tra il rimorso e il rimpianto...
Facevano parte di quei molti, forse fin dall’inizio.
Lei gli poggiava la testa nell’incavo del collo e scacciava azzurre memorie, lui si compiaceva della dolcezza di lei ma con la mente era in un aula di università, tormentato dagli alterchi con una figura quasi all’opposto.
E’ bastato iniziare con un “Quindi”, come a tirare le fila di un discorso portato avanti da tempo immemore, e il resto è venuto da sé; non si trattava dello spazio di una serata, erano le intrusioni fulminee e incessanti negli spazi del loro quotidiano; era Hinata che rivedeva Naruto e capiva di averlo atteso, era Shikamaru che si infiammava ad ogni nuovo battibecco con Temari; era quella sensazione incasinata di diventare matti e di non averne comunque abbastanza.
“Quindi?” Il dialogo finito come è cominciato.
“Quindi siamo in un guaio” Risate, perché a dispetto di tutto Shikamaru e Hinata facevano parte anche di quei pochi, di quei rari dall’animo forte che quando si lasciano non si concedono la cancellazione dell’essersi trovati, il tormentoso vezzo del colpo di spugna. Loro chissà come persistevano, invidiabile dote da universo incantato. “Però ci siamo ancora. Io per te ci sarò ancora”
“Vale lo stesso” Il flebile sussurro di Hinata.
Dal supportarsi sopportandosi al supportarsi e basta. Non sembrava terribile.
Ma era tardi, avevano la bocca impastata e per approfondire l’argomento c’era tutto il tempo del mondo, così Shikamaru si era trascinato in direzione dell’ingresso, ben conscio che nessuno dei due avrebbe comunque chiuso occhio, ma certe riflessioni è meglio maturarle (e certe sensazioni è meglio lasciarle affievolire) in solitudine, senza limiti alle concessioni, anche fossero di pura fantasia.
Poco prima di attraversare l’uscio aveva aggiunto soltanto “Mi sarebbe piaciuto allacciarti il vestito almeno una volta.”
E Hinata glielo avrebbe fatto fare, in quel momento, senza indugi, tuttavia si era limitata ad annuire sorridendo, perché entrambi erano consapevoli che non era più una possibilità. Un ultimo sorriso e Shikamaru era piombato giù per la tromba delle scale.
E adesso?
Adesso sono le quattro del mattino e Hinata si affaccia alla finestra.
Adesso ripensa alla serata, ai momenti trascorsi in compagnia di Naruto.
Tra le risate che l’hanno tramortita a mo’ di armi contundenti, le pulsazioni accelerate e un groviglio di frasi svanite entro un sistema nervoso inebetito da uno sguardo - se ci ripensa la tentazione è di seppellirsi seduta stante, sulla lapide un incisivo “Decesso da stupidità” - , l’unica cosa che ricorda nitidamente è che Naruto è felice di rivederla (“Sai, sono davvero contento”), che l’ha pensata (“Mi sono sentito un tale idiota quando ho capito che non potevi contattarmi... mi sono tormentato per settimane!” Lui, per lei!), che Sakura non è la sua ragazza (“Un’amica, certo, la mia migliore amica e mi ci sono fissato per parecchio, salvo poi cedere di fronte all’incomprensibile fascino esercitato da Sasuke, dio, come si può?” E Hinata davvero non capisce come si possa, il cipiglio di Sasuke è demoralizzante) e che le ha lasciato il numero (“Stavolta facciamo le cose per bene, io studio fuori ma di tanto in tanto vengo a far visita ai miei, potremmo vederci! Sempre...” Lieve esitazione “Sempre che Shikamaru sia d’accordo, insomma, uscire in amicizia non fa male a nessuno, no?” No, uscire in amicizia non fa male eppure sentirlo ha uno strano effetto che si approssima al dolore, ciononostante Hinata ha acconsentito, alimentando l’euforia di Naruto). E a mezzanotte altro che sfumature, ai fuochi non hanno badato, hanno parlato fino a quando l’apprensione di Neji non ha avuto il sopravvento. Naruto ha parlato e Hinata è rimasta in ascolto, intervenendo a tratti, finché Neji non ha esaurito la pazienza ed è andato a riprenderla, Shikamaru al seguito, accampando scuse sull’orario e congedando in malo modo Naruto, che tuttavia non si è scomposto e ha fatto finta di meravigliarsi di quanto tardi fosse - o si era meravigliato sul serio?
Non importa, ormai Hinata ha in mano un biglietto ricoperto di cifre e se lo gira e rigira tra le dita, come se ancora non lo reputasse possibile, non credesse alla sua esistenza.
Non c’è solo il meno.
C’è anche il meno, il meno è Shikamaru oltre la soglia di casa e poi non è un meno definitivo, è meno anche lei nella vita di lui e moltiplicati farebbero più, comunque di calcoli Hinata non ne capisce un accidente e si domanda per quale sadico motivo continui a propinarseli errando miseramente -  altro grosso problema è il capire dove si erra, irrisolvibile fino a prova contraria.
E adesso?
Adesso su quel biglietto c’è il numero di Naruto, lei prosegue con i calcoli immaginari e sa per certo che sbaglierà, per l’ennesima volta, ma il consueto terrore metafisico è accantonato da una decisione più solida e terrestre: digiterà quel numero. I dettagli sono in fase di definizione, ad ogni modo lei digiterà quel numero giacché comporre non è calcolare, digiti senza impegno su una tastiera e via!, nessuna complessa elucubrazione personale che, infrangendosi contro la realtà, ti getterà nel ridicolo; un numero è un numero e la realtà e la realtà, vanno affrontati con un pizzico di coraggio e soprattutto di incoscienza.
Adesso ha davvero sonno, le coperte sono in attesa e il biglietto verrà adagiato con cura sul comodino.
Domani si vedrà.





Note:

*Il Marriott Marquis, rinomato hotel di New York situato a Broadway. L’ultimo piano è una cupola/ristorante che ruota lentamente, offrendo alla vista diverse parti della città.
**Quegli adorabili mentecatti dei greci ritenevano che questi sogni avessero valore di profezia, che contenessero delle verità. La storia non è ambientata in Grecia ed io non sono greca, però sono parecchio mentecatta quindi sì, forse spiritualmente sono un pizzico greca (?) e potrete perdonarmi  questa mescidanza senza capo né coda, se ne sentirete la necessità XD








NdA: Scusa.
Chiedo umilmente scusa per l’attesa, per qualunque falsa speranza di ‘aggiornamento in tempi decenti’ mi sia involontariamente capitato di iniettare in ciascuno/a di voi, scusa. Al tempo non sapevo neanche io che le speranze si sarebbero rivelate false - la vita, l’ho scritto nella dedica, la vita capita e ci si può soltanto adeguare. Prendetevela con la vita, io la mia quota di maledizioni gliele ho lanciate X’D
Comunque la vita è anche clemente, perciò (ri)eccomi qua! Più raffreddata e confusa di prima, ma ispirata, e l’ispirazione meglio prenderla come viene, non bisogna fare gli schizzinosi u.u”
Nel frattempo sono ripassata da New York e ho potuto imprimermi meglio in testa luoghi e itinerari, questa storia è dedicata a Mokochan come è dedicata alla città.
Che dire? ShikaHina, già, dai tempi di Inerzia sono trascorsi secoli e non ho resistito alla tentazione di omaggiare nuovamente il pairing fuori da ogni logica - non è adorabile, ciò che è fuori da ogni logica? *è convinta, lasciate fare* Però è solo apparenza, il NaruHina si respira sempre, com’è normale che sia in una storia NaruHina e anormale che sia nel cervello di una quasi ventiduenne, masondettagli.
“What now?” Penso che ogni tanto ce lo chiediamo tutti.
“E adesso?”
Dialettizzato, “E mo’?”
E mo’ arriva domani e avremo qualcosa di importante appoggiato sul comodino, e se non lo abbiamo ce lo procureremo! Facciamo i nostri calcoli senza lasciarci condizionare, tanto li sbagliamo e non è una tragedia. E’ tragicommedia, è sempre tragicommedia, tenetelo a mente!
Hinata aveva trovato Naruto, però forse stava cambiando lei. Ha trovato Shikamaru e ha creduto di avere in pugno il senso di tutto. Ha ritrovato Naruto e ogni senso si è perso, un nonsense tuttavia pregno di sense (suppongo, dovrebbe, non so XD) e, beh, lei è cambiata perché come per tutti le toccava cambiare ma qualcuno ha inciso abbastanza sulla direzione del cambiamento - nessuna mente plagiata, intendiamoci, anche perché il concetto mi pare ridicolo essendo ciascuno munito di volontà propria, parlo di cooperazione e scelte consapevoli.
E avrei concluso con le ciarle.
Ringrazio Mokochan, LiLy Pt, ery98sole e naruhinafra per aver commentato il precedente capitolo, AlexRae00, kaede93, Puffin, rossette e ancora Mokochan per aver inserito la storia tra le preferite e LiLy Pt, ery98sole, naruhinafra, Darkblu, Light Blue, Linduz94 e Sensible_Girl per averla inserita tra le seguite: GRAZIE. A voi, incredula ma lieta, rivolgo un enorme inchino.
Grazie a chiunque si sia avventurato nella lettura.
E chiedo venia per il futuro, ma le sequele di nomi mi stordiscono più del consueto e penso che prenderò a non elencarvi tutti/e in stile processione, altrimenti giungo in fin di vita io e, fiaccati dall’atmosfera, completate l’opera voi. Perdonate i miei limiti X’D
Mi dileguo, perché ho un’insalata da preparare e le carote non si pelano da sole *a nessuno importa*
Mata ne!
Yume.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Yume_no_Namida