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Autore: Preussen Gloria    12/05/2014    12 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
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XXIV
Debole

[Asgard, secoli fa.]


Era una mattina diversa da tutte le altre.
Era la prima mattina veramente fredda da quando l'autunno era sfumato lentamente in inverno.
Loki fissava il proprio riflesso nello specchio senza riconoscersi. 
Non se l'era sentita di scendere nella sala grande per la colazione ed aveva domandato ad un servitore di portargliela in camera. Sapeva come sarebbe finita. Era l'ottava mattina che accadeva, eppure ogni volta s'illudeva che fosse passato. 
Ancora una volta, aveva divorato la colazione, combattendo una stanchezza che non aveva mai provato, solo perchè il cibo si arrampicasse su per l'esofago una decina di minuti più tardi. A quel punto, gli era impossibile uscire dal bagno per una buona mezz'ora e, alla fine, l'odore di vomito era tanto forte da scivolargli sotto la pelle e sentiva il bisogno di farsi un lungo bagno caldo.
Ora, dopo più di una settimana, fissava la sua immagine alla ricerca delle risposte alle domande che non aveva mai voluto porsi prima. Loki piangeva, tremando appena ma non per il freddo.
I capelli neri erano ancora umidi, le goccioline gli scorrevano lungo il corpo.
Non lo riconosceva. Era diverso.
Fu l'istinto, la paura, l'emozione... Con la punta delle dita si sfiorò l'addome.
"Loki."
Sobbalzò: suo fratello era sulla porta.
Agguantò un asciugamano e se lo strinse al petto: Odino lo aveva visto nudo molte volte ma non era più la stessa cosa, ora che quella pelle non era più solo sua. 
"Mi hai preso di sorpresa, fratello."
L'aveva colto nel momento della sua vita in cui, più di ogni altro, aveva compreso cosa fosse la paura.
"Ti vergogni di me?" Domandò il principe con tono freddo.
"Mi hai preso dinsorpresa, te l'ho detto."
Perchè lo trattava così? Perchè non vedeva il terrore nei suoi occhi? Perchè non lo riempiva di domande stupide e lo rassicurava del fatto che sarebbe andato tutto bene, ancor prima di conoscere il problema?
"Sono giorni che non ti fai vedere."
"Non sono stato molto bene."
Odino strinse le labbra offeso, "avresti potuto farmi chiamare... Laufey, se non me."
"Non volevo disturbare."
Non aveva potuto rischiare che qualcuno di loro capisse quello che gli stava succedendo.
Ingoiò a vuoto e trattenne il respiro. Niente! Non gli stava succedendo niente!
"Molto bene," Odino si voltò.
Loki avrebbe voluto solo fermarlo e buttarsi tra le sue braccia, convincersi del fatto che suo fratello c'era e ci sarebbe sempre stato.
Rimase immobile, aspettando che la porta della sua camera si chiudesse.


[Vananheim, oggi.]


Pioveva.
Aveva piovuto per giorni.
Loki aveva mantenuto la calma per cinque notti ma, ora, Sleipnir vedeva una crepa aprirsi lentamente nel muro di silenzio dietro cui si era chiuso dalla notte della sua confessione a Freya. 
La regina non li aveva denunciati, ovviamente ma nemmeno si era più recata nelle loro stanze.
Nel suo piccolo, si era sempre creduta una delle poche persone ad essere riuscita a capire una parte di quel mistero vivente che era Loki. Anche lui doveva vederla sotto una luce diverse rispetto alle masse, altrimenti non si sarebbe mai presentato al suo cospetto con la fama che si era costruito. 
Eppure, alla fine, le era bastato un racconto vago su Loki e su un anno di latitanza insieme al principe Thor per spingerla a fare le conclusioni sbagliate. Era la vergogna a tenerla lontano dal suo ospite.
Loki non faceva commenti a riguado e Sleipnir si guardava bene dall'affrontare l'argomento.
Ma quelle giornate di tuoni e fulmini avevano smosso qualcosa di diverso nel principe di Asgard.
Qualcosa a cui il mutaforma non sapeva dare un nome ma restava comunque all'erta, aspettando il momento in cui sarebbe venuto alla luce con tutta la sua forza distruttiva.
Loki si alzò dalla poltrona di colpo e si chiuse in camera.
Sleipnir sapeva che non ne sarebbe uscito presto.


Nella notte, continuò a piovere.
Loki se ne stava disteso sul suo letto.
Gli occhi verdi fissi sul soffitto, una mano abbandonata accanto al viso col palmo rivolto verso l'alto, l'altra serrata sopra l'addome. Un altro tuono.
Loki inspirò velocemente, come colto da un'emozione improvvisa.
Lampo. Tuono.
Chiuse gli occhi e dischiuse le labbra. Un gemito soffice strisciò fuori dalla sua gola.
Se ne vergognò. Si stese su di un fianco e strinse la federa del cuscino.
La tempesta non gli diede tregua neanche allora: le luci improvvise continuavano ad illuminare la sua camera, seguite dai boati. Loki si premette entrambe le mani contro le orecchie, avrebbe voluto strapparsele via.
"Basta..." Mormorò, "basta..."
La pioggia continuò a cadere senza pietà, i fulmini a squarciare il cielo ed i tuoni a gridare.
Gli occhi di Loki erano umidi, quando quella mano scivolò timida tra le sue gambe.
Avrebbe voluto graffiarsi, farsi male.
Non ci riuscì.
Non si curò della sua virilità, era di un altro tipo di piacere che aveva bisogno.
Era eccitato, eccitatissimo e, con il rombo di ogni tuono, poteva quasi illudersi che la mano che lo toccava non fosse la sua. Chiuse gli occhi ed affondò il viso nel cuscino, si sollevò appena sulle ginocchia man mano che le carezze divenivano più intense. Una luce più intensa delle altre, i vetri tremarono.
Loki spalancò la bocca contro la federa del cuscino soffocando un piacere che nessuno avrebbe dovuto sentire, perchè nessuno avrebbe saputo comprendere.
Si stese sulla schiena. Il respiro accellerato, il cuore impazzito.
Si sentiva umido tra le cosce ma era un bagnato freddo, solitario, vuoto. Non aveva mai realizzato quanto fosse stato rischioso lasciare che Thor raggiungesse il piacere dentro di lui. Se gli era stato relativamente semplice accettare che poteva essere amato come uno Jotun, non gli era venuto altrettanto naturale considerare le possibili conseguenze di un atto sessuale di quel tipo. Loki non aveva mai pensato al suo corpo in quel modo, non conosceva nemmeno la tecnica giusta per salvaguardarsi da possibili incidenti di quel genere. Quando Thor glielo aveva chiesto, aveva detto no.
La verità era che, per un anno, aveva lasciato che decidesse il destino. 
Mentre fissava il soffitto, si toccò la pancia.
Per la prima volta, si chiese che cosa avrebbe fatto se il destino avesse deciso diversamente.
Strinse le labbra, poi chiuse gli occhi. Era una domanda inutile anche da porre a se stesso: il destino aveva già deciso.
Sprofondò in un sonno pieno di incubi.


La culla era vuota.
Lui non la sopportava, l'unica cosa che gli impedisse di dargli fuoco era la possibilità di preoccupare lei e lei non aveva bisogno di ulteriori pensieri.
"Loki?" Le sue braccia erano più piccole, ora ma riuscivano comunque a farlo sentire al sicuro, quando lo circondavano, "fa che i fabbri ne facciano un'altra, te ne prego."
Quella culla era appartenuta a lui: era tradizione che la bambina che portava in grembo la ereditasse. Quella bimba non era mai vissuta. La sua principessa era nata morta e, mentre i curatori avevano fatto l'impossibile per salvargli la vita, lui aveva desiderato solo di poter chiudere gli occhi per sempre.
Quando si era risvegliato, il re aveva già dato ordine di cremare la sua creatura.
Non l'aveva neanche vista. Non l'aveva toccata.
Non glielo avrebbe mai perdonato.
"Mi spiace," aveva deto Eir, "non potrai più dare alla luce dei bambini."
Era stata la sconfitta peggiore della sua vita.
"Loki..."
Lui si voltò, diede le spalle a quella culla maledetta e guardò negli occhi la sua unica ragione di vita, "ho ucciso nostra figlia," le posò una mano sul grembo ancora piatto, "non permetterò che accada anche a lui."
"Tu non hai ucciso nessuno!" Esclamò lei. Era colpa sua, se doveva sopportare quelle sembianze, se doveva portare in grembo un erede che avrebbe dovuto dare alla luce lui. Il suo potere aveva ucciso la loro bambina.
"Thor..."
"Shhh," posò la sua mano su quella che ancora la toccava, "tu hai creato questo! Lo hai messo dentro di me e mi hai dato un corpo che mi permettesse di farlo crescere. Sei un padre, Loki, non un assassino."
Pianse tra le sue braccia, senza vergogna
.


Si svegliò di colpo e dovette guardarsi attorno a lungo per identificare la camera attorno a lui.
Un altro di quei sogni assurdi.
Di nuovo quella fanciulla. Thor?
Scosse la testa. "Thor è ad Asgard," mormorò Loki alzandosi dal letto, "Thor è dove deve essere... Ed io sono troppo lontano per lui."
Prima o poi se ne sarebbe convinto, ne era certo.
"Thor è perduto per me."
Notò una tenue luce filtrare da sotto la porta. Era ancora notte fonda e la cosa lo insospettì.
Nella sala comune, vide la donna seduta davanti al caminetto accesso. Indossava un'elegantissima veste da notte ma aveva gli occhi stanchi di chi non dorme sonni tranquilli. 
Loki fece una smorfia, "cosa penserà tuo marito, se ti scopre nelle stanze di due giovani ospiti nel cuore della notte?"
"Mi ama," mormorò Freya, "ed io amo lui. La fiducia che abbiamo l'uno per l'altro ci permette di fare cose anche sospette."
"Fiducia..." Mormorò il principe, "la prima volta che Thor si è concesso a me, gli ho chiesto se si fidava... Mi ha risposto che mi amava. Che idiota! Avrei potuto fargli talmente tanto male da farmi odiare ma lui, pur non fidandosi, mi ha permesso di essere il suo primo uomo."
Freya non cambiò espressione di fronte a quella confidenza: era nata da un incesto violento, conoscendo suo padre, e ingiustamente aveva accusato Loki di aver fatto lo stesso con il principe dorato di Asgard.
"Tu lo ami, vero?" Domandò, "ho visto la disperazione nei tuoi occhi, quella notte. Hai detto di averci fatto l'amore, di averlo reso il tuo compagno. Molte persone usano parole a casaccio, Loki ma non tu."
"Ho già confessato tutto quello che avevo da confessare," tagliò corto lui.
"Pensavo lo odiassi," ammise la regina, "pensavo che, negli anni, l'invidia nei suoi confronti fosse marcita trasformandosi in altro."
"È stato così."
"Eppure, ci hai fatto l'amore con il fratello che dici di odiare."
Loki fissò le braci ardere per qualche istante, "non sono riuscito a distruggere la luce che aveva messo così in ombra la mia intera esistenza. Non ho cancellato il principe che non potevo essere e che mi metteva continuamente in difetto. L'ho fatto mio ed ho capito che era immensamente più... piacevole, appagante... Totalizzante... Sensato..." Gli venne da ridere, "guardando alla storia, due fratelli che si fanno una guerra è una sfortunata ricorrenza ma che divengano amanti... No, quella è un'assoluta tragedia."
"Devi avergli spezzato il cuore."
"Dovevo..."
"Perchè?" Domandò la regina, "che cosa ti ha minacciato tanto dall'indurti a rinunciare a qualcosa di così grande? Non può essere solo Odino. A causa sua, ti sei dato alla fuga, lo capisco questo ma perchè non portare Thor con te, se lasciarlo non ha fatto altro che spezzare quel cuore già distrutto che hai e provocarti incubi?"
Loki la fissò con gli occhi sgranati.
"Non è colpa mia," si affrettò a dire Freya, "i tuoi poteri sono i più forti in questo regno, seguiti dai miei. La tua psiche li sprigiona, quando nel sonno provi un moto di terrore o dolore ed interferisce col mio."
"Sono solo incubi," tagliò corto il principe, "non ricordo quando è stata l'ultima volta che ho dormito senza averne. Non sono più un problema per me."
Freya lo ignorò, "è la prima volta che sogni un mondo dove tu e Thor avete dei figli?"
"Thor non è nei miei sogni."
"Loki..."
"Non c'è!"
"Non come il resto del mondo lo conosce," Freya sorrise, "è così che lo vedi, nelle tue fantasie?"
"Non è una fantasia," replicò Loki distrattamente, "è la prima volta che sogno una donna in vita mia."
"I sogni dicono sempre qualcosa di noi," la regina si alzò in piedi incrociando le braccia sotto il seno, "se è ricorrente, deve pur avere un significato."
Loki non voleva interrogarsi su cose del genere: aveva imparato a non porsi domande su faccende ben più grandi di lui perchè, prima o poi, sarebbe finito col bloccarsi di fronte ad un quesito al quale non poteva dare alcuna risposta. Una vera scocciatura. Una tortura.
"È solo un sogno."
Freya aveva preso a vagare per la stanza con lo sguardo basso, "vedi spesso i figli tuoi e di Thor nei tuoi sogni?"
A risponderle fu la porta della camera che si chiudeva.


[Asgard, secoli fa.]


Loki scese nelle scuderie quanto più velocemente i tremori e la nausea gli permisero.
Un paio di volte, dovette bloccarsi in un angolo del cortile per vomitare quel poco ch era rimasto nel suo stomaco.
"Svadilfari," chiamò entrando nelle scuderie reali, si premette una manica contro il naso per combattere il forte odore di fieno e sterco. Ogni suo senso sembrava lavorare al doppio delle sue capacità e questo lo faceva impazzire.
"Svadilfari?" 
Girò l'angolo appena in tempo per scorgere l'immagine di una schiena muscolosa attraversata da un'infinità di linee rosso acceso. Qualunque cosa sentisse prima, dalla nausea, ai continui crampi al basso ventre, sparì nel giro di una manciata di secondi di fronte a quello spettacolo. Svadilfari si aggiustò la tunica evitando di proposito lo sguardo del giovane Jotun.
"Che cosa ti è successo?" Domandò Loki, mentre un nodo cominciava a stringergli doloramente la gola.
"Nulla," l'appredista del costruttore abbozzò un sorriso, poi appoggiò entrambe le mani sui fianchi del giovane amante, "che cos'hai?" Domandò accarezzandogli una guancia.
Loki fece un passo indietro, "che cos'hò io?" Stava uno schifo e, in fondo al cuore, un presentimento su quel che stava accadendo al suo corpo lo terrorizzava al punto da fargli male ma vedere quel corpo... Il corpo che aveva amato per così tante notti, massacrato, sfregiato... Qualunque motivo lo avesse spinto fino a quel posto, era passato in secondo luogo.
"Che cosa ti ha fatto?" Domandò con le lacrime agli occhi.
Svadilfari scosse la testa prendegli il viso tra le mani, "non hai una bella cera, piccolo."
"Ti ha frustato, Svadilfari!" Gemette Loki, scoppiando a piangere. Non aveva più il controllo delle sue emozioni. Ingoiò aria come un naufrago, poi appoggiò una mano al muro e si piegò in due buttando fuori più di quanto il suo stomaco avesse mai ingerito. Sentì le mani di Svadilfari tra i capelli, "devo trovare un curatore per te."
Loki scosse la testa: non riusciva a parlare a causa dei violenti sforzi di stomaco.
"Qualcuno dei tuoi amici, almeno."
"Odino..." Borbottò Loki mettendosi dritto, "devo trovare Odino. Devo dirgli quel che ti ha fatto il Costruttore."
"No!" Svadilfari gli circondò la vita con un braccio. Loki non sapeva se fosse possibile o se la testa stesse cominciando a fargli qualche scherzo ma era certo di sentire l'odore del sangue sulla sua pelle. Strinse le labbra per combattere un altro attacco di vomito.
"Mi gira la testa."
Svadilfari lo strinse contro di sè.
"Perchè non mi hai detto che ti faceva del male?"
"Shhh..."
"Mio fratello è un buon principe. Un uomo giusto, lui potrebbe..."
"Non posso mettere in pericolo te o i tuoi cari."
Loki sorrise stancamente, "non guardare me. Io sono debole ma mio fratello, Nàl, loro sono..."
"Non sei debole, tesoro mio," Svadilfari gli baciò la fronte.
"Mi puoi portare fuori di qui?" Lo pregò Loki, "l'odore è troppo forte."
Fatti pochi passi, il mutaforma decise di sollevarlo tra le braccia per evitare che entrambi cadessero sul pavimento lercio, "ti porto in camera tua!" Decise.
Loki era troppo debole per ribellarsi, si strinse di più contro quel petto così forte da dargli l'impressione di poter sopportare tutto. Da una frusta, alla sua paura.


Quando riprese conoscenza, Loki ebbe come l'impressione che il suo corpo fosse avvolto dalle fiamme e la sua testa chiuse in una morsa. Gemette e volle solo poter sprofondare di nuovo in un sonno senza sogni.
"Vuoi un po' d'acqua?" Era la voce di Nàl.
Non ebbe la forza di chiedere che cosa ci faceva il compagno di suo fratello in camera sua. Non ebbe voglia di pensare che, se era lì, al suo capezzale, probabilmente era stato informato da qualcuno. Qualcuno... Svadilfari...
Si girò sulla pancia ed affondò il viso contro il cuscino.
"Dammi una buona ragione per cui non dovrei chiamare Eir seduta stante."
Non era più suo complice, ora. Era un principe per nulla intenzionato ad essere contraddetto.
"No," mormorò, aprendo appena gli occhi. La luce lo accecava.
"Loki," le mani fredde di Nàl contro le sue guance furono come una benedizione, "tu non stai bene, lo capisci?"
Il giovane Jotun afferrò i polsi del principe cercando di mettere a fuoco il suo viso, "devi trovare mio fratello, devi andare con lui al muro, devi..."
Nàl si morse il labbro inferiore, "lui ha detto che me lo avresti chiesto. Mi ha detto di non assecondarti."
Loki cominciò a piangere, "lui... Lui ha bisogno di aiuto."
"Va bene. Ti ascolterò, lo giuro," promise il principe stringendogli le mani, "ma ora devi permettermi di avere cura di te."
Loki scosse di nuovo la testa e tentò di alzarsi, "tu non capisci. Succede qualcosa al cantiere. Qualcosa di terribile!"
Nàl gli passò una mano tra i capelli, "Odino controlla il cantiere ogni giorno per conto del re, Loki."
"Svadilfari..." Chiuse gli occhi per combattere un giramento di testa, "è stato frustato durante il lavoro. Il Costruttore... Lui... Lo tortura, io..."
Nàl inarcò un sopracciglio, "non c'è nessuno con lui," disse.
Loki non comprese.
"Al cantiere vi è solo il costruttore. Questi erano i patti con Borr: lui solo, nessun altro."
"Gli fa del male," continuò l'altro Jotun impeterrito, "gli fa del male, Laufey... È il mio compagno, il mio amore, ti prego..."
La testa gli girava troppo. Non riusciva più a parlare, non riusciva più a tenere gli occhi aperti.
Doveva essere cambiato qualcosa, perchè di colpo la voce di Nàl suonò acuta e spaventata.
Non ebbe il tempo di chiedergli cosa.


[Vananheim, oggi.]


La fanciulla era giovane, troppo per essere una mamma.
Eppure, stringeva quel fagottino a sè come se fosse la sua ragione di vita.
Una bambina, gli era parso di udire dai continui urletti eccitate delle ochette che si erano radunate sotto il suo balcone. Loki le osservava di nascosto, da dietro una colonna ricoperta di rose selvatiche. 
La piccola si stringeva contro il seno della madre per rifugiarsi da tutte quelle mani estranee e curiose.
Fece una smorfia: Frigga non lo avrebbe mai permesso o, forse, sarebbero state le persone intorno a lei le prime a non permettersi di toccare, con così tanta libertà poi, i figli di una regina.
Nell'anno passato a New York, lui e Thor avevano parlato molto. Forse, avevano seriamente imparato a parlare per la prima volta da quando la giovinezza li aveva divisi, spingendoli su strade diverse. La sua, al buio e solitaria; quella di suo fratello, al sole e circondata da una folla festante.
Era stato in uno di quei dialoghi così fuori dalla norma per loro che Thor gli aveva raccontato il primo ricordo che aveva di lui. Ricordava il freddo e la neve e ricordava che la mamma era a letto. Gli avevano spiegato che era debole perchè aveva appena fatto nascere il suo fratellino.
Era stato Odino a dirglielo, aveva dovuto prenderlo in braccio per condurlo fino al letto, perchè Thor, in cuor suo, aveva avuto paura. Loki l'aveva trovato divertente ma non lo aveva detto.
Thor aveva raccontato di quanto era piccola la cosina con gli occhi chiusi e tanti capelli neri. Aveva ricordato come la mamma gliela avesse lasciata toccare.
"Il suo nome è Loki," aveva detto Frigga, "è tuo."
Era un ricordo sfocato, reso vivido solo dai racconti che gli erano stati ripetuti negli anni. Eppure, c'era un dettaglio tra le parole di Thor che Loki non ricordava aver mai udito nelle versioni di sua madre. Gli aveva detto con assoluta certezza che Frigga non aveva avuto problemi a far avvicinare Thor a quel bambino così piccolo e fragile ma si era ritratta, quando Odino si era avvicinato invitando la moglie a passargli il piccolo principe appena venuto al mondo.
"Sembrava una donna gelosa," erano state le parole di Thor.
Doveva essere così un po' per tutte le madri: amare le loro creature al punto da non riuscire a condividerle nemmeno con i padri legittimi. 
Loki continuò a guardare, mentre la bambina sotto i suoi occhi scoppiava a paingere e la madre troppo giovane, che si ritrovava, tornava all'ordine e distoglieva la sua attenzione da quelle amiche troppo rumorose per circondare una creatura da poco venuta al mondo. 
Fu un momento, uno solo. Vide Thor. 
Lo vide con l'aspetto di sempre ma con la stessa dolcezza che aveva trovato solo nella fanciulla dei suoi sogni. La dolcezza di un giovane genitore con il suo bambino. La dolcezza che Loki gli aveva negato. Lo vide stringere tra le braccia una creaturina dai capelli neri che doveva essere così simile a quella che sua madre gli aveva mostrato in una notte d'inverno.
Loki vide Thor stringere con amore il loro bambino. Quel bambino che aveva ucciso ancor prima che venisse al mondo.
"Mio signore?"
Si riscosse e, quando tornò a guardare, tutte le giovani fanciulle erano di nuovo al loro posto, mentre la giovane mamma s'impegnava a cullare disperatmente la sua bambina.
Si voltò: Sigyn era sulla soglia del balcone e lo vissava inespressiva.
"Ti manda Freya?" Domandò atono.
"Sì, mio signore."
"Che cosa vuole?"
"Parlare, come sempre."
Loki rise, "la tua signora è più cocciuta di quel che ricordavo."
"Non mi avete lasciato spiegare," Sigyn fece un paio di passi in avanti, "la mia regina vuole che parliate con me. Non è necessario che io le riferisca le nostre conversazioni ma è dell'avviso che la mia compagnia possa esservi di aiuto."
Loki era talmente divertito da essere senza parole.
"Con tutto il rispetto per la tua regina, ma se avessi voluto una puttana d'alto borgo me ne sarei già rimediata una."
Non vide i suoi occhi chiari accendersi di rabbia.
Non la vide avvicinarsi.
Sentì solo la sua piccola mano che si abbatteva sulla sua guancia con quanta forza aveva.
Non gli fece male, non come lei avrebbe voluto ma Loki sgranò gli occhi e guardò Sigyn come se gli avesse appena commesso un affronto imperdonabile. Chi era quella donna per colpirlo? Chi era anche solo per toccarlo senza permesso?
Sigyn dovette accorgersi presto del suo errore, perchè la fermezza che l'aveva spinta a compiere quel gesto svanì in un battito di ciglia. Loki afferrò il polso della mano ancora sospesa a mezz'aria e lo torse fino a che non la sentì lamentarsi e non la vide stringere gli occhi per il dolore.
"Ti credi una donna forte perchè capace di difendere la sua dignità in modo così banale?" Le sibilò contro, "ti credi superiore perchè non nascondi agli uomini il tuo disprezzo e rispondi alle volgarità a testa alta? Lascia che ti dica una cosa, piccola creatura senza valore, non è allontanandoti da ciò che temi e per cui provi disgusto che diverrai forte!"
La lasciò andare e Sigyn si ritrasse stringendosi il polso leso contro il petto. Piangeva.
"Ed ora vattene!" Loki tornò a guardare il giardino al di sotto del balcone.
"Siete pazzo..." Mormorò Sygin singhiozzando. L'aveva spaventata, certo ma non abbastanza da metterla a tacere. 
Forse non era ancora in grado di ergersi sopra le altre donne ma, di certo, a differenza loro, sapeva rendersi interessante ancora un poco.
"Domanda alla tua signora," la invitò Loki, "ti dirà che lo sono sempre stato."
Sigyn fece per andarsene ma qualcosa la bloccò sulla soglia della porta finestra, "lasciate che vi dica qualcosa io," mormorò, "attaccare un nemico sconosciuto così direttamente è da folli, potrebbe apparirvi debole ma, un giorno, potreste trovare quello che, contro ogni aspettativa, è capace di tenervi testa. "
Loki si voltò a guardarla ma se n'era già andata.


[Asgard, secoli fa.]


Venne riportato alla realtà da qualcosa che scivolò di forza lungo il suo esofago.
Tossì e sentì le mani fredde di Nàl tra i suoi capelli, "va tutto bene, Loki. Va tutto bene."
Nàl non lo aveva mai rassicurato.
Non era un tipo rassicurante, il principe dell'Eterno Inverno. Era più probabile che sputasse sangue per risolvere una situazione problematica, piuttosto che promettere che lo avrebbe fatto. Quando Loki lo udì pronunciare quelle parole, comprese che la situazione gli era completamente sfuggita di mano.
"La pozione dovrebbe abbassare la febbre," sentì dire Eir, accanto a lui, da qualche parte, "se non migliorerà, mi affiderò alla vostra conoscenza, principessa."
"Temo che un mio consiglio potrà esservi di poco aiuto, senza che..." Prima che Freya potesse completare la frase, Loki aprì gli occhi incontrando gli sguardi preoccupati di Frigga e Nàl.
"Si è svegliato!" Esclamò lei prendendogli la mano, "come ti senti, tesoro?"
Eir era in piedi accanto al letto, Freya in fondo.
Non era possibile che la principessa di Vananheim e la principale curatrice del palazzo si fossero scomodate senza... Solo allora lo vide. Era in piedi, nell'angolo della stanza il più lontano possibile da lui. I suoi occhi erano ghiaccio puro e nulla avevano più della dolcezza che vi aveva sempre trovato, anche nei momenti più disperati.
Odino era chiuso dietro un silenzioso muro di collera e Loki avrebbe solo voluto buttarsi ai suoi piedi e chiedere perdono per qualsiasi cosa avesse fatto. 
"Loki?" Nàl gli sfiorò una guancia con il dorso della mano, "come ti senti?"
Il giovane Jotun lo guardò senza dire una parola: la confusione nei suoi occhi parlava da sola.
Nàl guardò Frigga e lei annuì, alzandosi dal bordo del letto. Eir e Freya capirono che era meglio ritirarsi, per il momento. Il principe avrebbe potuto chiamarle in qualsiasi momento, in caso di bisogno.
Odino fu l'unico a non muoversi, a non dire nulla.
Frigga guardò Nàl ma lui si limitò ad annuire con un sospiro: il principe dorato non li avrebbe mai lasciati da soli, era inutile provare ad insistere. 
Una volta rimasti solo loro tre, il principe di Jotunheim si sedette al posto lasciato libero da Frigga e prese la mano dell'altro Jotun tra le sue. "Che cos'ho?" Chiese Loki con un filo di voce. Non c'era più modo di sfuggire alla risposta, comunque. Restò a guardare mentre Nàl provava a simulare un sorriso ma, pur nella sua natura di attore consumato, il principe dell'Eterno Inverno si era sempre astenuto dal costruire inutili illusioni.
In questo caso, la verità era crudele e come tale andava affrontata.
"Ho bisogno di sapere se... Avevi dei sospetti, se..."
"L'unico segreto che ti ho mai tenuto, ha smesso di essere tale questa mattina."
Nàl annuì, poi si voltò verso Odino: non cercava approvazione, non ne aveva bisogno, lo stava avvisando in silenzio. Avrebbe detto quello che c'era da dire ed il principe Aesir non si sarebbe dovuto permettere d'intromettersi in alcun modo che potesse peggiorare la situazione.
"Parla, Laufey, ti prego."
Nàl lo guardò, poi si fece più vicino, "aspetti un bambino, Loki."
Fu allora che smise di respirare.
Aveva mentito. Un sospetto lo aveva avuto.
Era cominciato a scivolare nella sua mente senza che lui se ne accorgesse, fino a quella mattina, quando si era toccato la pancia in un gesto che non avrebbe mai saputo spiegare. "Un bambino?" Era così assurdo, eppure così semplice.
Era la normale conseguenza dell'aver fatto ininterrottamente l'amore per settimane, eppure nè Loki nè Svadilfari l'avevano mai presa in considerazione.
E allora? Al destino non era importato. Non aveva bisogno di abbassarsi a chiedere il permesso per lanciare i suoi dadi. Semplicemente, era successo, senza che nessuno lo aspettasse, senza che nessuno se ne rendesse conto.
Ingoiò aria, Loki ma l'unica cosa che voleva era poter morire seduta stante.
Nàl non disse nulla.
Gli appoggiò solo una mano sulla guancia mentre si metteva a piangere.
"Posso farlo chiamare," propose, "basta che tu me lo dica. Ce ne andremo e lo farò venire da te."
"Noi non ci muoviamo da qui!" Sbottò Odino di colpo, "se devi far chiamare il bastardo che è causa di tutto questo, allora fallo ma che venga ad affrontare le sue responsabilità davanti a me!"
Nàl guardò il compagno in cagnesco, "comincia con l'abbassare il tono di voce, tuo fratello è già abbastanza terrorizzato senza una delle tue scenate."
"Ah!" Odino sorrise sarcastico, "è terrorizzato? Non mi sembrava così spaventato tutte queste settimane, mentre giocava a fare la cortigiana di corte alle nostre spalle."
Loki sgranò gli occhi. Gli parve di udire il rumore del suo cuore che cadeva in mille pezzi.
Nàl si alzò di colpo dal suo posto e colpì Odino in pieno viso senza pensarci due volte.
"Laufey!" Esclamò Loki cercando si tirarsi a sedere.
"Adesso, faremo finta che tu abbia parlato senza pensare," sibilò il principe di Jotunheim, "e, dopo essercene pienamente convinti, tu andrai vicino a tuo fratello, lo abbraccerai, lo lascerai piangere e ti comporterai esattamente come l'appoggio indiscusso di cui ora ha bisogno più che mai."
"Laufey..." 
Il viso di Odino non aveva espressione.
"Non so più chi sia mio fratello."
"Perchè?" Chiese con sarcasmo il principe Jotun, "perchè, come è giusto che sia, ha incontrato qualcuno da amare oltre a te?"
Odino non rispose.
"Non ti ho mai mancato di rispetto, fratello!" Singhiozzò Loki.
"Allora perchè non mi hai detto nulla?" Tuonò l'erede al trono di Asgard.
Nàl lo spintonò all'indietro, "guardati..." Sibilò, "guardati e risponditi da solo, Odino."
"Chi è?" Domandò il principe dorato guardando il fratello.
Loki prese un respiro profondo, poi allungò una mano nella sua direzione, "avvicinati, fratello, ti supplico..."
"Vai da lui," incalzò Nàl, come se fosse un ordine.
"Voglio sapere il suo nome!"
"Odino, ti prego..." Loki tremava da capo a piedi a causa dei singhiozzi, "non fare così, fratello... Ho paura! Ho tanta paura, ti prego..."
Il ghiaccio si sciolse di colpo negli occhi del principe Aesir. Nàl non sorrise fino a che non lo vide superarlo.
Quando si voltò, Loki era raggomitolato contro il petto di suo fratello, mentre Odino gli accarezzava i capelli, "andrà tutto bene," mormorava, "andrà tutto bene, te lo prometto."
Per Loki e per il bambino senza ombra di dubbio.
Nàl pensò a Svadilfari e fece una smorfia tra il divertito ed il rassegnato: per lui non poteva garantire.


[Vananheim, oggi.]


"Ma quanto ci tieni a farti buttare fuori a calci dall'unico rifugio sicuro di cui disponiamo?!" Sleipnir era furibondo.
Loki, ovviamente, non lo ascoltava.
"Che cosa ti avrà mai fatto di male quella povera ragazza?"
Il principe lo ignorò.
"Freya sarà furiosa e ne avrà tutte le ragioni."
Loki inarcò un sopracciglio, "hai messo incinta qualche sua dama di compagnia?"
Sleipnir sgranò gli occhi ed arrossì di colpo.
"No?" Il più giovane scrollò le spalle, "allora non vedo perchè dovresti preoccuparti. Freya, al massimo, sbatterà fuori me e tu potrai continuare, indisturbato, a deflorare tutte le vergini del palazzo. Cos'è quella faccia? Pensi che non mi sia accorto che non dormi nel tuo letto da giorni?"
Sleipnir aprì bocca ma non riuscì a parlare: era oltraggiato.
"Mi stai spiando..."
Loki scoppiò a ridere, "non essere ridicolo: sono annoiato, certo ma non fino a questo punto!" Si alzò dalla poltrona per versarsi del vino in uno dei calici rimasti sul tavolo dall'ora di pranzo, "non puoi essere un ex segreto scomodo del regno dorato e, di colpo, divenire improvvisamente allegro e voglioso di compagnie estranee, senza che questo desti qualche sospetto."
"Ma se non ci parliamo neanche!"
"Sleipnir, ci sono passato prima di te," Loki sospirò frustato bevendo un sorso di quel liquido rosso che, per lui, sembrava non avere sapore, "una creatura castrata intimamente che scopre, di colpo, cosa vuol dire raggiungere il piacere dei sensi... Toglimi una curiosità, ti sei limitato a fare l'uomo o hai soddisfatto le fantasie erotiche di qualche giovane molto vivace?"
Il mutaforma fece per replicare con sdegno, quando la porta della sala si aprì.
Gli occhi di Sigyn incontrarono subito quelli di Sleipnir ed abbassò lo sguardo costernata, "perdonatemi, mio signore, non credevo che foste qui, altrimenti avrei bussato."
Lui scosse la testa con un sorriso, poi si avvicinò afferrandole gentilmente le mani, "non c'è nulla da perdonare, mia cara."
Loki si lasciò andare ad una risata beffarda, "se fossi stato solo non ci sarebbe stato nulla da perdonare, di certo, dato che ha deciso di non portarmi alcun rispetto."
Gli occhi di Sigyn erano veleno puro, quando lo guardarono, "so che la cosa è reciproca, quindi non mi cruccio per questo."
Loki fece una smorfia, poi gettò il calice a terra con forza facendolo finire in mille pezzi. Si accorse un momento troppo tardi di quel che aveva fatto. Lei non poteva di certo sapere il significato di quel gesto: poteva essere solo una volgarità da nobile come tante. Sleipnir, invece, sgranò gli occhi e lo fissò.
Loki, da parte sua, evitò il suo sguardo, "pulisci, serva."
Si ritirò in camera e si precipitò sulla balconata, come se tra quelle mura mancasse l'aria. Si appoggiò ad una delle colonne ricoperte di fiori e chiuse gli occhi. "È perduto," si disse, "perduto, perduto... Perduto!"
"Chi?"
Spalancò le palpebre: Freya era davanti a lui. Non si spaventò: doveva aver usato un incantesimo, non sarebbe stata la prima volta. 
"Voglio restare da solo!" Ringhiò.
"Nessun uomo con l'anima infestata da spettri immortali può essere solo."
"Piantala con queste storielle macabre dalla morale profonda!" Urlò, "non sono più un bambino e, se non lo avessi notato, nella vita mi sono servite a ben poco."
Lei gli rivolse un sorriso quasi materno, "i miei figli sono poco più grandi di te. Il maggiore ha la sfortuna di ricordare una guerra che lo ha sottratto dalle braccia di suo padre per anni."
"Non è il solo principe di quella generazione ad aver mosso i primi passi senza un padre," le ricordò Loki.
"Ricordo che, a quel tempo, Hnoss aveva preso a comportarsi come mai prima," le venne da ridere, "cercava d'imitare suo padre, un uomo adulto, un re, un comdottiero. Era il suo modo per mitigare un'assenza che lo faceva soffrire."
"È stato un abbaglio," si affrettò a dire Loki.
"All'apice della tua rivoluzione contro Agsrad?" Freya scosse la testa, "non ci credi neanche tu, Loki. È scritto nei tuoi sogni, nei desideri che vorresti soffocare ma che finiscono per soffocare te. Mi hai confessato un crimine peggiore del genocidio di una razza odiata e l'asservimento di un'altra ben più inutile, quando mi hai detto quello che hai fatto a Thor. Quello che non capisco è che motivo ha mentire adesso, ancora."
Loki scosse la testa, "la mia confessione parlava al passato, mia regina. Ho fatto l'amore con mio fratello, l'ho reso il mio compagno... È finita, è una storia sepolta ed è sotto terra che deve rimanere."
La regina incrociò le braccia sotto al seno, "i sentimenti non sono come la magia, Loki. La magia è infima ma ha delle regole precise, basta rispettarle. I sentimenti no... Li si apprende ma non tra le pagine di un libro, vivendo! E ti mettono alla prova molto prima di spiegarti la lezione. Pensi che perchè siano tuoi tu possa controllarli? Li hai segregati per tutta la vita ed ora che hai cominciato ad urlarli al mondo non ti fermerai, non puoi!"
Loki sorrise. Un sorriso beffardo.
"Thor è rovinato. L'ho rovinato io," si morse il labbro inferiore, "Thor è perdudo. L'ho perduto io. Anche se ci fosse una remota possibilità che io abbia fatto entrambe le cose con amore, che cosa cambierebbe per noi, alla fine? Io sono ancora qui, nell'ombra. Lui è sotto la luce di un sole che non vedrò mai più."
La superò senza rispetto.
"Eppure," replicò Freya, prima che se ne andasse, "tutti i riflettori dei Nove Regni ora sono puntati su di te, mentre, nel petto di Thor, è germogliata un'oscurità che il tempo da solo non potrà estirpare. Una parte dell'uno è ancora attaccata all'altro e viceversa."
Loki non rispose, strinse i pugni e s'illuse che quelle parole non avessero alcun senso per lui.
"L'hai detto tu... Non importa con quanta forza Odino cercherà di togliere lo sporco, Thor non tornerà più a splendere come prima. Mi chiedo solo se valga lo stesso per quell'amore che lui ti ha dato e che ti ha fatto sentire vivo. Quanto dovrai mutilarti, prima che tu possa tornare ad essere un cadavere incapace di sanguinare?"
Una porta che sbatteva le annunciò che era rimasta sola.
"Sempre ammesso che tu lo sia mai stato."


Nella sala comune, Loki vide che Sleipnir se n'era andato e Sigyn si era accomodata sulla poltrona di fronte al caminetto acceso.
"Non è saggio infastidirmi ora, donna!" Esclamò avvicinandosi al tavolo per prendere dell'altro vino. Aveva bisogno di stordirsi un po', in qualche modo. Sigyn lo osservò in silenzio.
"Se hai qualcosa da dire, passa a dirmela più tardi!"
"Sleipnir mi ha chiesto di rimanere fino al suo ritorno," spiegò la fanciulla, "è andato a parlare con la regina e non vuole che tu commetta qualche stupidaggine."
Loki rise versando un poco di vino sul pavimento, "come se tu avessi il potere di fermarmi," bevve un sorso, "la tua regina è già venuta a parlare con me, quell'idiota sta solo sprecando il suo tempo."
Lei inarcò un sopracciglio, "quando?"
"Un istante fa, nella mia camera... Non disturbarti, se ne sarà già andata come è venuta."
Sigyn fissò la porta chiusa della stanza adiacente, "perchè tiene così a voi?"
"Non posso rispondere io a questa domanda."
"La regina è una donna intelligente e gentile, io non capisco come..." Lo sguardo dinquegli occhi verdi la zittì.
"Probabilmente, per lo stesso motivo per cui ha preso te sotto la sua ala," disse Loki appoggiado il calice sul tavolo in disordine, "sei una piccola eccezione in mezzo ad una folla di banale ordinarietà. Non t'interessano gli uomini. Sei molto riservata e credi che il rispetto venga prima di qualsiasi cosa e vada sia protetto che rispettato con ogni mezzo."
Sigyn si sorprese della precisione di quell'analisi.
"Anche tu sei un'eccezione? È per questo che la regina tiene a te?"
"Non un'eccezione," Loki sorrise tristemente, "qualcosa di ben più prezioso e pericoloso: un errore."
Sigyn non seppe che valore dare a quella confessione. Avrebbe voluto chiedere oltre, indagare cosa si nascondesse dietro quel giovane uomo dagli atteggiamenti insopportabili e dalle sfumature ambigue... Ammaliatrici, avrebbe osato dire. Lei avrebbe potuto avere tutti gli uomini della corte ma non era interessata.
Era certa che, se solo avesse voluto, Loki avrebbe potuto far cadere tutte le donne del regno ai suoi piedi. Costruendo per loro magnifiche illusioni, certo ma tanto bastava per soddisfare la sua fame di maschio, no? No, perchè Loki, come lei, semplicemente non era interessato.
"Come sta il tuo polso?" Chiese di colpo di lui.
"Bene," rispose lei con tono automatico.
"Mi hai dato un ottimo consiglio quel giorno," aggiunse lui con un mezzo sorriso, "il nemico all'apparenza più debole, spesso, si dimostra il più letale."
"Qualocosa mi dice che lo sei stato per qualcuno."
Sigyn non sapeva perchè fosse così curiosa. Avrebbe dovuto detestare quell'individuo al punto da implorare Freya di liberarla dal suo compito, eppure non ci aveva ancora pensato. Non era un'antipatia. Era qualcosa di ben diverso, qualcosa che aveva fatto scattare lei stessa, quando aveva reaggito alla sua reazione violenta: una sfida.
Una sfida contro l'ignoto e quell'ignoto si chiamava Loki.
Era folle, era stupido ma, in quella vita che procedeva per inerzia, quel dolore al polso l'aveva scossa in un modo che sapeva essere sbagliato. Alla fine, qualcuno aveva attirato la sua attenzione ed in un modo che non avrebbe mai potuto prevedere.
"Sì," ammise Loki e si sorprese per la sua sincerità, "sì, sono stato un falso debole letale ma son caduto nella mia stessa trappola, alla fine."
Sigyn si sporse in avanti, "e chi era questo nemico, all'apparenza debole, che ti ha sconfitto?"
Loki non la guardò nel rispondere: quegli occhi verdi erano persi in luoghi e tempi che non le appartenevano.
"L'amore," confessò, "sì, l'amore."


"Chi è lei?"
Sigyn si decise a chiederlo solo una settimana più tardi e Freya, da principio, non capì.
"Loki," disse la fanciulla, "ha detto di essere stato sconfitto dall'amore. Deduco che sia stato ferito da una donna."
La regina sgranò gli occhi e, per un istante, la fanciulla trattenne il fiato pensando di aver commesso un grave errore. 
"Loki ti ha detto una cosa del genere?"
"Si, mia signora," rispose timorosa.
"Oh..." Freya tornò a guardare fuori dalla grande finestra, come se stesse riflettendo tra sè e sè. Sigyn decise che aveva osato troppo e non aggiunse altro. 
"È una principessa," disse la regina dopo un po', "l'adorata principessa di un regno troppo dorato per un fiore nero come lui."
Sigyn s'irrigidì: chi era Loki, in realtà, per aver potuto amare una principessa?
Non lo domandò.
"Ti stai chiedendo se è bella?"
Annuì. Non aveva voce per parlare.
"Quando nacque," la regina si sedette sul pavimento, davanti a lei, "girava voce che fosse la bambina più bella mai nata nei Nove Regni e, quando sbocciò, non esistevano occhi che non si voltassero a guardarla, mentre passava. Ha i capelli color dell'oro e due occhi che sembrano due frammenti di cielo. Non ha un bel carattere," le venne da ridere, "ma è dovuta crescere di colpo e, nel giro di pochissimo tempo, si è trasformata in una donna forte ma ferita. È quel genere di persona che, quando ama, lo fa per tutta la vita. Che è testarda al punto da credere che valga la pena lottare anche per ciò che è perduto. È stupido, assurdo e, per me, completamente incomprensibile ma, devo ammetterlo, penso sia l'unica persona... No, penso sia la persona... Quella per Loki."


[Midgard, oggi.]


Tony Stark incrociò le braccia contro il petto ed annuì con convinzione, "è sospetto!" Dichiarò.
Steve alzò gli occhi al cielo, per nulla intenzionato ad allontanare lo sguardo dal televisore per porre attenzione ai deliri del grand'uomo dalla mente geniale. 
"Steve, è sospetto!"
"Stark, finiscila!"
"Ma finiscila tu d'ignorarmi!" Ribattè il padrone di casa piazzandosi davanti alla televisione, "potremmo essere ad un passo dall'apocalisse e tu te ne stai comodamente seduto sul mio divano, nella mia torre, davanti al mio maxi schermo!"
Steve inarcò un sopracciglio, "senti qualcuno minacciare il tuo diritto di proprietà?"
"Suvvia, parliamone!" 
"Ma non c'è nulla da dire!"
"No! Hai ragione! Un principe mitologico ci è piombato davanti alla porta e, con sorriso amichevole, ci ha chiesto ospitalità offrendoci in cambio tutti i servigi che i suoi possenti braccioni possono offrire ed io non dovrei sospettare di nulla!" Tony si lasciò cadere sul divano prendendosi la testa tra le mani, "c'è qualcosa di grosso dietro, me lo sento."
Steve scrollò le spalle, "ha semplicemente detto che vuole rendersi utile qui."
"Già!" Esclamò l'altro, "qui! A sentir lui, ci sono almeno altri otto non so cosa sotto la sua protezione ma lui vuole venire a prestare servizio di volontariato qui, dove, se escludiamo invasioni aliene e divinità norrene deliranti, non succede nulla che due poveri esseri umani potenziati, tipo me e te, non possano fare!"
"Se ci dividiamo il lavoro per tre, che male c'è?"
Tony sbuffò, "potresti vedere il lato negativo della cosa?"
"Che Pepper comincerà a fare confronti di prestanza fisica?"
"I lati negativi seri, Rogers! Hai visto che capelli poi? Si sarà tagliato venti centimetri di roba... Sembra quasi una persona normale, ora!"
Steve prese un respiro profondo, "ed io continuo a non capire cosa c'è di male."
"Ragiona, Cap, che cosa vuol dire quando una donna si taglia i capelli?"
"Stiamo realmente paragonando la sua psicologia a quella di una donna?"
"Che cosa paragonate?"
Entrambi sobbalzarono: Thor era comparso all'ingresso della stanza con addosso un'orribile maglietta dalla fantasia patriottica ed un paio di pantaloni sformati un po' corti sulle caviglie. 
"Perchè ti ho permesso di vestirlo?" Domandò Tony dolorante.
"Volevi che provasse ad entrare nei tuoi di vestiti?" Ribattè l'altro.
Thor si avvicinò con quel perenne sorriso gentile stampato in faccia. Era quasi inquietante, se paragonato alla furia bellicosa che era atterrata sul loro pianeta appena un paio d'anni prima. "Posso chiedervi un favore?" Domandò con un'educazione che poco aveva a che fare con l'immagine che gli altri due avevano di lui.
"Prego," rispose Steve. Tony era troppo occupato a scrutarlo in silenzio e a cercare cose che occhi comuni non potevano vedere.
"Avreste... Non lo so, un qualcosa con cui potrei radermi?"
"La strage dei capelli non è stata sufficiente?" Si lasciò scappare Tony e Steve gli lanciò subito una gomitata, poi si alzò in piedi, "vieni con me, Thor."
Quando tornò indietro, pochi minuti dopo, Tony gli lanciò un'occhiata inquisitoria. "Repentino camnio di look. Uhm... È sospetto!"
"Smettila!"




[Asgard, oggi.]


"Mi dispiace, mia cara, pensavo lo sapessi."
La regina era stata sincera nella sua costernazione.
"Thor se ne è andato. È tornato su Midgard."
Sif, da principio, aveva sperato di aver capito male.
"Tornerà per il tramonto?" Aveva domandato, ingenua.
Frigga le aveva sorriso tristemente, "mi spiace, bambina, Thor ha bisogno di restare da solo per un po'."
Ciò che più l'aveva ferita non era il fatto che fosse partito di nuovo, così presto ma che non glielo avesse detto. Thor era già sparito da due giorni e di sè non aveva fatto sapere nulla. In realtà, l'ultima volta che aveva visto Thor nemmeno se la ricordava con certezza. Doveva essere  stato durante un banchetto o qualcosa di simile.
Non avevano parlato molto.
Thor non aveva parlato con nessuno.
Poi era sparito. Se ne restava chiuso nelle sue stanze, dicevano ma nessuno riusciva a fornirle notizie certe. Qualsiasi cosa stesse accadendo negli appartamenti privati del principe di Asgard, il re e la regina furono attenti a tenerlo segreto. L'unica cosa di cui Sif era certa era ciò che accadeva sotto gli occhi di tutti.
Il viso di Thor era spento, la sua vitalità quasi scomparsa. Frigga nemmeno faceva finta di sorridere, quando qualcuno le rivolgeva la parola ed Odino sembrava più vecchio di quanto non fosse mai stato.
Una strana oscurità era calata sulla casa reale e nessuno poteva fare nulla in proposito, perchè il principe ed i due sovrani erano i primi a fingere che qudl qualcosa non esistesse. La partenza di Thor era stata solo una conferma di quanto grave fosse la situazione.
Pensò che fosse tornato dalla mortale.
Pensò che, qualunque ferita lo affliggesse, aveva scelto lei per farsele medicare.
E Sif era troppo adulta per fingere di non sapere qual'era il metodo migliore per consolare gli uomini. Alle volte, quando il suo orgoglio vacillava e la rabbia prendeva il sopravvento, credeva di vederli. Due corpi che si univano con passione. Lui, possente e bellissimo. Lei, schiava di un piacere che la faceva gemere come una puttana.
Era stata una fanciulla di corte, Sif, un tempo. Prima delle armature, prima dell'ambizione, prima del disgusto per quel che tutti pretendevano che fosse.
E, mentre Thor le diveniva amico, tutte le giovani intorno a lei cominciarono a mormorare di notti di fuoco che la umiliavano indirettamente. Che disgrazia era essere così vicino al principe ma non essere nulla ai suoi occhi.
No, non era vero, qualcosa era. La sua migliore amica, la sua fidata compagna d'armi, la sola donna che fosse realmente riuscita ad attirare la sua attenzione e guardagnarsi il suo indiscusso rispetto.
Era tanto. Poteva sembrare tutto. Non era mai abbastanza.
Si allenava tutto il giorno, Sif.
Lo faceva per non pensare. Lo faceva per sfogare una rabbia senza fine sui poveri giovani che non volevano altro che migliorare le proprie capacità combattive. Mangiarono tutti la polvere, uno dopo l'altro.
Nessuno era degno.
Nessuno valeva un decimo del suo valore.
Nessuno era altrettanto bello.
Thor era un'evento unico e non ne avrebbe ritrovata una fedele riproduzione, nemmeno se avesse combattuto contro tutti i soldati dei Nove Regni.
Alla fine, perse.
Dopo giorni di duelli continui.
Dopo interminabili ore di frustrazione perenne, Sif si era ritrovata ad assaggiare il terreno dell'arena e la sorpresa e l'umiliazione erano stati tali che, per un istante, dimenticò Thor ed il dolore che il suo nome gli provocava.
Alzò gli occhi: il suo rivale sorrideva ma non c'era nulla di meschino sul suo viso. L'aiutò ad alzarsi e si complimentò con lei dicendole che sarebbe stato onorato di darle la rivincita.
Sif lo fissò: capelli biondi, occhi azzurri.
Non era lui. Nessuno sarebbe mai stato lui.
Gli rivolse un sorriso di cui non si credeva capace: c'era un solo modo per consolare un uomo e lei aveva smesso di essere una donna da molto tempo.


[Jotunheim, oggi.]


Da principio, il re credette di essere diventato pazzo.
Non era possibile quello che vedeva con i suoi stessi occhi.
Non era possibile che lei fosse lì, che l'avesse trovato in quella terra infernale e fosse entrata completamente indisturbata.
"Hai perso il tuo tocco, mio re," commentò la regina, senza malignità. "Un tempo, non mi avresti permesso di varcare le porte del tuo palazzo di ghiaccio."
Il sovrano sorrise amaramente, "non possiedo più un palazzo, mia signora."
"Eppure cammini ancora a testa alta, senza vergogna," Freya sorrise avvolgendosi meglio nella lunga pelliccia marrone, "la storia dei regni ci ha messi su due fronti opposti ma ti ho sempre stimato, Laufey."
"La tua stima non ti salverà la vita, se decido di ucciderti."
"Non lo farai."
"Potrei sempre tenerti come ostaggio."
"In cambio di cosa?" Lei sorrise con naturalezza, "non otterrai l'appoggio di nessun regno così. Al contrario, forse qualcuno potrebbe decidere di allearsi con i tuoi nemici e toglierti ogni possibilità di sedere sul trono di ghiaccio ancora una volta."
Laufey serrò la mascella.
Freya reclinò la testa da un lato: non erano due sovrani, ora, solo due ragazzini cresciuti all'interno della stessa storia. "Non rischieresti mai la tua gente con una mossa così stupida, sei troppo sveglio. Molto più dell'uomo che siede sul trono dorato, comunque."
"Sono morto, per quel regno."
"Anche per il mio!" Esclamò la donna, "ma non lo sei per lui e, come vedi, non lo sei per me."
Laufey le rivolse un mezzo sorriso, "come hai fatto a capirlo?"
"Odino come l'ha capito?"
"Non l'ha fatto," rispose il re facendosi più vicino, "ho infestato i suoi sogni, fino a che non ha compreso la loro natura."
"Ti è sempre piaciuto giocare col mondo onirico."
"Lo facevamo spesso... Tu, Frigga, Loki ed io. Era solo un gioco, allora. Ora, è tutt'altra cosa."
Freya sorrise tristemente, "non ti saresti mai affidato a Loki," disse, "sapevi esattamente cosa sarebbe accaduto, una volta rimasto isolato ad Asgard."
Laufey la fissò con aria glaciale.
"E sai perchè lo sapevi? Perchè pensate allo stesso modo tu e lui. Non è una cosa che si possa imparare, è nel suo sangue... Loki non l'ha pensato questo. Quel piano sarebbe funzionato con chiunque altro ma non con te."
Il re di Jotunheim incrociò le braccia contro il petto.
"Sono sovrano in rovina, Freya," disse con assoluta sincerità, "devo vincere una guerra, ne va del futuro dei miei figli. Oppure, devo pensare ad un modo che permetta ai traditori di far quel che desiderano con me senza coinvolgere loro. Non ti chiedo aiuto. Non lo voglio e tu non sei qui per concedermelo."
Una pausa.
"Ma devo chiederti di dirmi il motivo della tua visita, senza indugiare oltre."
Freya rilassò le spalle, "ti sbagli, mio re," disse con un ghigno, "in realtà sono qui per concederti quel qualcosa che ti manca per ottenere la vittora."
Laufey inarcò un sopracciglio, "non potresti concedere nulla a me, senza che i Nove Regni ti accusino di tradimento e complotto con un nemico sconfitto."
Freya scosse la testa, "non posso essere accusata di nulla, se mi limito a restituirti qualcosa che ti appartiene già per diritto di sangue."
Laufey rise, "a meno che tu non abbia lo Scrigno dell'Antico Inverno, non c'è arma che possa essere messa nelle mie mani, senza che questo venga visto come un crimine."
"Non un'arma," Gli occhi di Freya si accesero, "un figlio."


***
Varie ed eventuali note:
Penso che vi debba una spiegazione.
Non voglio annoiarvi con i miei drammi personali ma ho passato l'ultimo mese all'estero, dopo essere stata derubata del mio tablet con dentro tutti i capitoli già scritti fino ad ora. La seconda stesura è stata drammatica!
Da oggi m'impegno a recuperare tornano alla tabella di aggiornamento ogni 7-10 giorni.
Ringrazio tutti voi meravigliosi recensori per i bellissimi commenti e per l'eterna pazienza, anche quando mi ritrovo (tipo ora) ad aggiornare in fretta e furia senza avere modo di rispondere a tutti come meritate.
A presto, per davvero!



  
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