Fanfic su artisti musicali > The GazettE
Ricorda la storia  |      
Autore: nekoruya    12/05/2014    5 recensioni
[...] Magari potrete accusarmi di essere un cinico, incapace di provare sentimenti più profondi della semplice noia, visto il modo apparentemente distaccato con cui vi sto raccontando tutto questo.. ma vi prego, non tirate conclusioni affrettate. Aspettate solo di arrivare alla fine e, se ne avrete la pazienza, forse qualcosa capirete. In caso contrario, non biasimatemi. Sono solo un semplice chitarrista con la testa fra le nuvole, io.
Ma non parliamo di me adesso, e neanche di voi.
Parliamo di lui.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Uruha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Candle
~ Lacrymosa~


Vi è mai capitato di osservare attentamente una candela? Di osservarla nel momento in cui la sua fiamma, ormai troppo ingorda e brillante, chiedendo sempre di più, divora la cera che le permette di vivere, andando incontro in questo modo anche alla propria fine? E’ una scena singolare, la morte di una candela. Nessun lamento, nessuno spasmo di dolore, nessuna lacrima, soltanto un lento e inarrestabile sfrigolare, unito alla lucentezza di un fuoco che sta per spegnersi, sebbene inconsapevolmente, ma che non rinuncia al proprio diritto naturale di risplendere.
Se il paragone vi risulta difficile o insolito, allora sedetevi qui.
Vi racconterò una storia.. la storia di una bellissima candela e della sua indomabile fiamma, e del modo in cui quella luce è arrivata ad illuminare la mia vita.

Ma cerchiamo di andare con ordine..

Era uno di quei giorni grigi e piovosi, in cui sembra che niente debba andare per il verso giusto, e dava l’idea di dover peggiorare ancora. Nonostante la pioggia scrosciante il caldo era opprimente come una cappa, e nessuno aveva veramente voglia di lavorare.
Però, a voler essere sinceri, non avremmo potuto farlo nemmeno nella migliore delle situazioni.
Avevamo un problema, ecco. Un problema affatto trascurabile e ancora meno risolvibile, che non ci colpiva in modo diretto ma strisciava inesorabilmente verso di noi, silenzioso e impossibile da fermare.
Per dirla tutta con oggettività, questo nostro problema aveva un nome, un cognome e un nome d’arte.. e quanto quest’ultimo pesasse sulla nostra situazione, ahimè, ce ne accorgemmo davvero troppo tardi.
Ma torniamo per un momento al paragone iniziale, sarà più facile per entrambi.
Per me, che devo riassumere in poche parole la storia di come la mia vita è cambiata da un giorno all’altro e per voi, se avrete voglia di ascoltarmi.
Una candela.
Come dicevo, la fine di una candela è un evento singolare, e colpisce davvero chi ha la fortuna e la pazienza di ammirarlo.
Succede tutto così lentamente che, a un certo punto, anche l’occhio vigile del più attento osservatore si stanca per un momento, perdendo di vista la scena.
Ed è proprio in quell’attimo che accade.
La fiamma divora la sua cera, e quando ce ne rendiamo conto è ormai troppo tardi.

Kouyou era così.
La più bella e lucente fra le candele, la migliore che abbia mai visto. Si stagliava più alta e meravigliosa delle altre, osservando come la sua luce raggiungeva e riscaldava anche l’angolo più buio. Per quanto mi riguarda, credo che neanche se ne rendesse pienamente conto.
Era una cosa del tutto naturale per lui.. o, almeno, lo era sempre stata.
Potete quindi immaginare il suo turbamento quando, in quel piovoso e grigio giorno, la nostra bellissima candela si rese conto di quanto la sua fine fosse vicina.
La fiamma stava divorando la sua cera, e non c’era nessun modo di fermarla.

Sfortunatamente mi trovo qui costretto a sottolineare un particolare, che potrebbe sfuggire agli occhi dei più.
Kouyou non era la fiamma.
Magari potrete accusarmi di essere un cinico, incapace di provare sentimenti più profondi della semplice noia, visto il modo apparentemente distaccato con cui vi sto raccontando tutto questo.. ma vi prego, non tirate conclusioni affrettate. Aspettate solo di arrivare alla fine e, se ne avrete la pazienza, forse qualcosa capirete. In caso contrario, non biasimatemi. Sono solo un semplice chitarrista con la testa fra le nuvole, io.

Ma non parliamo di me adesso, e neanche di voi.
Parliamo di lui.

Uruha.

Chi meglio di voi potrebbe pensare di conoscere questo angelo, questa incredibile e meravigliosa maschera che sul palco balla, ride e si scatena sognando e facendovi sognare semplicemente pizzicando sei insignificanti corde?
Considerare Uruha il paradiso è un errore comune, che abbiamo fatto tutti.
Io, i ragazzi.. perfino lo stesso Kouyou.
Uruha non era il paradiso.
Uruha era la fiamma.
E stava divorando la sua cera, lentamente.
Kouyou era la cera.

Detto questo, la situazione dovrebbe essere decisamente più chiara.
Torniamo quindi per un momento a quel piovoso martedì, il giorno in cui qualcosa si spezzò e tutto cominciò a rotolare giù, sempre più velocemente.
Kouyou sedeva oltre lo spesso vetro della sala registrazioni, e giocherellava distrattamente con uno dei suoi numerosissimi anelli. In piedi di fronte a lui c’era Yutaka, che lo squadrava preoccupato, cercando in qualche modo di farlo parlare.
Cosa si stavano dicendo? Francamente posso solo immaginarlo. Non l’ho mai chiesto a nessuno dei due, e forse non è così importante. Lasciamo che quelle parole cadano nel dimenticatoio, e concentriamoci solo sui fatti.
Sugli sguardi, sui respiri spezzati e sui singhiozzi a malapena trattenuti.
Una sola cosa era certa, in quel martedì piovoso.
Kouyou stava sparendo.
O, meglio ancora, ci stava letteralmente sfuggendo dalle mani, come fumo. La sua fiamma era tutto ciò che riuscivamo a vedere. Brillava così tanto che distoglieva l’attenzione da ogni cosa, e questo è tutto ciò che posso dire a mia discolpa.
Stava succedendo qualcosa di così strano che nessuno, io per primo, era minimamente pronto ad affrontarlo.
Kouyou non riusciva più a suonare, quando era lui. Quando la voce di Ruki non lo avvolgeva, Reita e Kai non lo sostenevano, Aoi non lo accompagnava, Uruha non si degnava minimamente di uscire allo scoperto. Si era portato via il talento e l’amore per la musica di Kouyou, e non si sarebbe mai sognato di ridarglielo indietro.

Probabilmente questa consapevolezza investì Kouyou come un’ondata, nell’esatto momento in cui alzò gli occhi e incrociò i miei.
Quando uscì dalla stanza, mortificato e affranto, seguirlo fu l’unica cosa che decisi di fare.
La prima scelta razionale e davvero influente della mia vita.
Lo rincorsi, nel senso più letterale del termine, per tutta la PSC prima di riuscire a fermarlo e stringere una mano attorno al suo polso.
Era sempre stato così magro? Ma no, naturalmente. Ancora mi maledico per la mia stupidità, dovete credermi.
Incredibilmente però, per quanto stupido e lento di comprendonio potessi essere, ero tutto ciò di cui Kouyou aveva bisogno in quel momento.
Pianse per quasi un’ora, stringendomi e spingendo il viso verso il mio in cerca di carezze e rassicurazioni.
Non l’avevo mai visto comportarsi in quel modo, specialmente con me.
Il nostro rapporto era sempre stato tutto tranne coccole e parole dolci, fino a quel momento.
Noi eravamo sempre stati musica e scherzi idioti, fin dal primo incontro.

Non nascondo che il tutto mi turbò profondamente, in un modo strano che riuscii a comprendere solo più tardi.
Troppo più tardi.
Non so per quale motivo, mentre eravamo stretti stretti sul tetto dell’edificio, a guardare le strade trafficate di Tokyo, mi venne in mente la metafora della candela.
Scegliendo bene le parole, dosando le pause e i silenzi, parlai a Kouyou della fiamma e della sua cera.
Volevo fargli capire ciò che per me stava diventando sempre più chiaro.. la sua dipendenza da Uruha era pericolosa. Quel fuoco andava spento, e solo lui poteva farlo. Bastava un soffio leggero, un niente.
Lui mi ascoltò attentamente, e alla fine annuì con un piccolo sorriso.
Non mi importava troppo il fatto che un sorriso in quella circostanza fosse strano, quando gli angoli della sua bocca si piegarono all’insù per me ogni cosa tornò al suo posto.

Sono stato cieco.

Ricevetti un piccolo bacio a fior di labbra, che mi lasciò leggermente stordito per qualche momento, tanto che a malapena mi resi conto che Kou, con grazia ed eleganza, se ne stava andando.
Pensai che forse avesse solo bisogno di passare del tempo con se stesso, e tornai dai ragazzi con un sorriso.

La nostra salvezza fu Hellion.
Lo strano turbamento che avevo avvertito all’inizio, mentre stringevo a me il corpo magro di Kouyou, tornò prepotente a farmi visita appena un’ora dopo.
Chiamatela connessione, telepatia o magari anche amore, se volete, perché il nome non ha troppa importanza.
Ciò che conta è che mi ci volle un momento per capire, e correre a casa del mio chitarrista.
Pregavo di sbagliarmi, ma sapevo che non era così, non poteva essere così.
Infatti non mi sbagliavo.
Il sangue rosso di Kouyou stonava profondamente con il corpo bianco e lucido della sua chitarra, che ancora teneva stretta quando entrai in casa praticamente sfondando la porta.
Ma se riuscii ad arrivare in tempo, a trovarlo ancora vivo e con gli occhi spalancati ed enormi, pieni di lacrime, fu solo grazie a quello strumento.
Una volta tornato a casa, Kou aveva deciso di combattere Uruha a modo suo.
Aveva passato tutta l’ora precedente a suonare, dandomi inconsapevolmente il tempo di capire ogni cosa.

Sono passati ormai tre mesi da quel martedì piovoso e gonfio di angoscia e attesa, passato quasi interamente in una camera di ospedale, ad ascoltare i singhiozzi pieni di paura, vergogna e dolore dell’unica persona che abbia mai davvero amato e, come già accennato, la mia vita è completamente cambiata. E non solo la mia, sapete?

Kouyou è la fiamma, adesso.
Fiamma che vedo risplendere in ogni movimento e sorriso. Mi riscalda mentre si china su di me per baciarmi a fior di labbra, sussurrando che la colazione è pronta e siamo in ritardo per il lavoro.
Fiamma che brilla mentre intreccio le dita con le sue e, tenendolo stretto, gli sussurro all’orecchio che il lavoro, in fondo, può aspettare.
Kouyou ride, passandomi le braccia attorno al collo e circondandomi i fianchi con le gambe.
“Sì, può aspettare.” Mormora, prima di baciarmi ancora e ancora.

Kouyou è la fiamma, adesso.



*

Kwah. Ciao!
E quindi.. mh.. sono tornata /? e davvero, a questo giro mi dispiace per voi. Se siete arrivati fino a questo punto avete tutta la mia stima, deve essere stata dura, e vi ringrazio tanto.
Allora, che dire.. Ho cominciato a scrivere questa nonsonemmenocomedefinirla storia, se così vogliamo chiamarla (nessuna offesa a quelle vere, di storie!) mesi e mesi fa, credo a ottobre. Penso che si possa capire fin da subito che il momento non era dei migliori.. diciamo che ero un po' in crisi, ecco. Non che abbia mai pensato al suicidio (/?) certo, ma tutto sommato anche io ero in una situazione simile a quella descritta, per certi aspetti.. quindi niente, non mi piace particolarmente, ma la reputo una cosa un po' simbolica.
E' passata da una prima versione totalmente descrittiva alla mia immedesimazione in Aoi che in questo periodo non adoro proprio. Ma non importa, questo è un altro discorso :DD
Sssì.
Penso di aver detto tutto - anche se alla fine non ho detto proprio niente, uhm.
Ah no, mi sono dimenticata una cosa. Storia riscritta completamente buttando un occhio alla versione live di 'Until the day I die' dei Luna Sea. Canzone azzeccata lol.
Vaaaabè.
Grazie ancora!

R.
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The GazettE / Vai alla pagina dell'autore: nekoruya