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Autore: erreti 3000    12/05/2014    0 recensioni
Il Diario di John. Egli racconta tutto quello che prova in un Diario e si sfoga su tutto quello che prova sulla società.
Racconto di: Novembre 2012
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Le luci della città si spegnevano, ed io ero più spento delle luci. Di cosa avevo bisogno? Forse di scrivere musica? Ma in quel momento, scrivere non mi faceva bene. Invitai i miei amici a casa, magari per una pizza e una birra e qualche film. Verso le 21:00 vennero tutti e solitamente quando i miei amici vengono a casa mia, possono fare quel che vogliono. La serata iniziò e finì bene, come sempre. Alla sera, mi collegai al PC ed a vari social. Ma sentivo che qualcosa non andava. Mi sentivo strano, forse spento. Niente aveva senso in quel momento per me. La felicità mi sbalzava in corpo, spariva, poi ritornava. Non ero mai stabilmente felice. La musica era l'unica cosa che mi aiutava a sognare ed a emozionarmi ancora in quel momento, nessuno ci riusciva, lei si. Non sono mai stato il tipo che ascolta musica troppo pesante. Si dice che una persona si può riconoscere dal tipo di musica che ascolta, beh allora io non ero una persona soltanto, ma diverse. C'erano momenti dove l'alternative rock mi faceva bene, e in certi momenti avevo bisogno di ascoltare il pop. Avevo bisogno di avere un profilo Twitter che rispecchiasse il mio umore, avevo bisogno di scrivere. Perché è bello quando si è adolescenti e sognare di fare tutto. Io sognavo di fare lo scrittore, il cantautore, lo sceneggiatore e il regista. Ma nella vita non puoi diventare tutto, sopratutto nella società d'oggi. Ma intanto acculturavo la mia passione, imparavo sempre nuove cose. Mi definivo diverso dagli altri, ma mi accorsi che ero uguale. Le amiche mi dicevano che ero diverso, avevo qualcosa in più. Ma non ero io, non era il mio carattere, erano le mie abitudini strambe, forse non conformi agli altri adolescenti. Abitudini di donna, carattere di donna, eppure non ero omosessuale e tanto meno ero cresciuto in un ambiente di donne. La mia famiglia è di 5 maschi e una sola donna. Le mie abitudini, il mio modo di pensare, il mio modo di vestire era diverso, ma solo perché non sentivo il bisogno di avere uno stile. Oggi ci si veste non per coprirsi, anzi quel verbo non esiste più, ci si veste per apparire. Ed io ero l'ultima persona che voleva apparire. Mi annoiava uscire in quella città, dove non c'è qualcuno diverso, dove puoi aprire una conversazione e sentirti soddisfatto di aver parlato con quella persona poco dopo. No, era una città dove niente era diverso, tutti avevano il complesso del dio, vestivano come modelli di Abercrombie e imitavano personaggi della camorra. Il loro carattere era impostato, quando li vedevi, già sapevi tutto di loro, anche se non li conoscevi. Magari tra quelli, c'era chi la pensava un pò più diversamente. Se gli passavi vicino, ti prendevano in giro e se li rispondevi, dovevi per forza prenderti a botte con loro. Ma prima la mia città era bella, era accogliente, adesso non si riconosce niente più. Tutto è cambiato. Appena esci, devi stare attento, e devi camminare con la paura di essere rapinato, ammazzato o coinvolto in una sparatoria. Condizioni sociali pessime, questa è la mia città. Ed io, non avevo bisogno di questo, non avevo bisogno di essere giudicato per quello che faccio, non avevo bisogno di essere picchiato perché ascolto musica diversa dal solito, non avevo bisogno di questa società. Non avevo bisogno di tutto questo. Se esci vincitore da una battaglia, le ferite riemergeranno sempre, anche se non vuoi. Attraverso le persone, spuntano i tuoi ricordi, le tue vecchie paure. La paura di non essere accettato, la paura di non essere bello abbastanza, la paura di mostrare il tuo fisico ad altri. Le chiamerei fobie, fobie di vita. Con vivrai per sempre con questi brutti ricordi, che speri diventeranno ricordi e insegnamenti da dare ai tuoi prossimi. E farai tesoro di tutte le volte che qualcuno ha stentato un complimento. I giorni passavano e io li passavo, chiuso in casa e suonando. Le lacrime, della solitudine, erano finite. Mi restava soltanto la mia chitarra come amica, sentivo gli altri come se fossero il nulla per me. Come sentirsi quando ci si sente dannatamente soli? Non mi ritengo un filosofo di vita, non mi ritengo un saputello di tutto e di tutti, non è colpa mia se ormai riesco a capire le persone all'istante per quello che sono. Non è colpa mia. La voglia di evadere da tutto, di lasciare tutto e andare via. Andare via, dalla monotonia, dall'ignoranza della gente, dall'ipocrisia, dal caos cittadino. Dagli amici che vanno sempre in una sola direzione, dall'amore che non porta a niente ma soltanto alle delusioni e alla sofferenza, dalla famiglia che urla dalla mattina alla sera, dalla scuola che giudica il tuo futuro, da tutto. Volevo vivere solo di musica, sognavo di diventare una star e andarmene finalmente da tutto, ma poi scoprì che non si poteva vivere di musica. Cosi scelsi di mettere la musica al centro del mio vivere, prima di tutto e di tutti. Le uniche persone che ti fanno stare bene, sono i tuoi idoli. Quando ascolti la loro musica, ti rispecchi in essa, e ti sale quella voglia di diventare come loro. Ora non è cambiato niente, ma qualche persona si. Ho poche persone nella mia vita, tutto il resto è solo merda. Le persone, almeno quelle che ho conosciuto, sono tutte pronte a parlare senza guardare, senza magari sapere che la persona che sta giudicando ha un cuore. Tutto è cambiato, dalla scuola alla famiglia, non sono cambiati i problemi e lo stress. Ci sono stati periodi dove l'unico luogo dove potevo rilassarmi era il cesso di casa mia, facevo una doccia per qualche oretta, e sentivo soltanto l'acqua e i miei pensieri fiatare. Ero e sono stanco di scendere per le strade di questa città e vedere sempre le stesse facce di cazzo di sempre. Percorrere quelle strade, restare scandalizzato da quel che si vede per qualche oretta, tornare a casa e ciao. Non penso che un adolescente "consapevole di se stesso" voglia questo. Ma io penso che anche se realizzi i tuoi sogni, non sarai felice lo stesso, almeno non stabilmente. L'alcool, il fumo, la popolarità, l'essere al centro dell'attenzione, le donne, i likes sui social, niente ti rende felice, niente può farti stare bene. Fai la miglior vita di tutti, ma non sei felice. I ragazzini della mia città facevano questo. La moda gli era andata alla testa. Il Sabato sera puntualmente, tutti andavano a delle feste organizzate in "locali" per ricevimenti, o magari se possedevi un garage oppure uno scantinato, allestivi il tutto la. L'unico scopo era baciare qualche ragazza, magari se te la scopavi era il tuo giorno fortunato, ubriacarsi e il giorno dopo parlarne con i tuoi amici. Questo era il divertimento delle famose feste. Io l'ho provato, per una o due volte, ma non ci trovavo niente di bello. Sarò strano, ma non mi suscitava niente. Proprio dentro, non provavo niente. Non sono un tipo rumoroso, non sono un tipo a cui piace il rumore. Quando provai ad andare a quelle feste, il sabato sera, l'unica cosa che non facevo era ballare. Credo che il tempo trascorso a ballare quel tipo di musica "monotona", era stato una decina di minuti, in tre feste. Ero uno dei pochi nella mia città a preferire di restare a casa a guardare un film oppure leggere un libro, ordinavo sempre una pizza vicino. A volte, le mie giornate tranquille erano queste. Mi rilassavo, ed era tutto quello di cui avevo bisogno. Ancora oggi sogno di vivere in una casa in collina, lontano dal caos cittadino e dalla solita monotonia. Quand'ero bambino, speravo che tra quei tanti sfratti che la mia famiglia aveva fatto, andassimo a vivere in uno di questi posti. Ma sono sempre stati posti merdosi dove c'è gente, e io quello che non volevo vedere era proprio vedere gente. L'unica fortuna del vivere in città, è che ho conosciuto (poche) persone dove ho fatto amicizia. Le mentalità erano diverse anni fa, il pomeriggio era sempre intenso, giocavamo a pallone, provavamo nuove attività, si rideva, si scherzava ogni minuto di quelle ore. Cazzo che vita, ci ripetevamo. Forse la crescita, ci ha portato verso strade diverse, a livello mentale. Nessuno è superiore, ma il troppo coinvolgimento ci ha portato a pensarla diversamente su certi aspetti. E così, due anni fa, dopo i vari problemi di semi-depressione,la mia evidente trasformazione e il mio crescere in modi un po’ "diversi" stavano per finire in ricordi, sono cambiato io. E notavo che gli altri cambiavano, ed io, dal mio buonismo, mi adattavo. E sbagliavo, sbagliavo e sbaglio ancora. Crescendo, il mio egocentrismo mi ha portato ad allontanarmi dalle persone, anche le più care e mantenere tutti i rapporti al cinquanta e cinquanta. Molti di loro mi hanno definito egocentrico e dicendo che "voglio stare sempre al centro del mondo". Be, è vero ma voglio stare sempre al centro del mio mondo. Non sono il tipo di persona che mette la persona che ama su un piedistallo e la venero e, come altri, mi faccio mettere i piedi in testa. Perché la donna, se gliene dai tanto, non ti restituisce niente, in generale. Si, ho un ego grande quanto l'universo e da quando sono diventando completamente "me stesso" le cose mi vanno bene. E' bello non dare conto a niente e a nessuno, far le cose di testa propria e sapere che quest'ultime entrano in porto. Ricordo che mi fidavo così tanto delle opinioni, davo così tanto conto alle opinioni altrui che diventai insicuro anche su esse. "E se mi sta mentendo? Oddio, e se in realtà non sono niente per questa persona?"; era questo il nocciolo del problema, le opinioni. Mi uccidevano. ogni opinione negativa mi toglieva una parte del corpo e ogni opinione positiva invece, una parte del cervello. Ogni sera spremevo il mio cervello cercando di capire cosa pensavano realmente quelle persone di me. E mi facevo del male, concludendo col fatto che il mio cervello dava sempre risposte negative. E cosa ricavavo? Sangue, dolore, lacrime e odio verso me stesso. E la mia famiglia, senza che io lo sapessi, si preoccupava per me. Qualcosa non andava e loro lo notavano. Ma gli altri? Sono passati gli anni ma nessuno sa che ho usato l'autolesionismo per difendermi, da me stesso. Nonostante tutto, la mia famiglia non ha mai saputo niente. Sono passati due anni e il mio cervello ricorda sempre come brutti film drammatici quei ricordi. E sono felice di aver saputo gestire il mio problema e quando il mio problema è diventato anche il problema di qualcun'altro, ho messo da parte il mio egocentrismo per concentrarmi su quella persona, trasmettergli tutto quello che avevo passato, tutto il suo dolore mi aveva legato, accomunato a quella persona. Ora? Ora spero che quella persona, cui sono legato tantissimo abbia imparato tantissimo dai miei aiuti e sono felice che abbia ottenuto quello che ha sempre desiderato. Riguardo me, non devo ringraziare di certo nessuno se adesso ho quello che ho sempre voluto, ma devo ringraziare me stesso. Ho bisogno di dirmi ogni tanto "grazie Johnny". Incredibile come siano cambiate le generazioni. E appresso alle generazioni, anche le mentalità si sono trasformate. Ho conosciuto parecchie persone in giro e i miei occhi e le mie orecchie, da certe parole volevano prendere una corda e impiccarsi da soli. Certo, più si va avanti e più le mentalità cambiano, più si cresce e più la mente si amplia. Ma per molti, purtroppo non è così e mi rattrista sapere che nel 21 esimo secolo ci sono ancora persone che la pensano come ottantenni che hanno vissuto in un altra epoca. Per l'amor del cielo, ci sono ottantenni che la pensano meglio di questi qua. Nella mia città, molti esemplari dovrebbero essere radiati, tipo quelle persone che usano ancora il termine "ricchione", dio quanto odio quando pronunciano questo termine. Il motivo per cui non voglio apparire è anche perché la gente non smette di farsi i cazzi suoi e sta continuamente a giudicarmi per ogni cosa che dico o che faccio. Ragazzi della mia stessa età che se ascoltano un dannato cantante devono comportarsi come lui e se vedono un film dove ci si sbronza e si tromba, devono imitare. Il danno più peggiore della società d'oggi sono i social network, in particolare Facebook. Ricordo che nel 2008 quando approdai su Facebook, non c'era quello che vedo oggi, nel 2013. Certo, anch'io volevo imitare i personaggi famosi, ma cavolo, avevo 11 anni e cambiavo stile musicale e pensieri (fortunatamente sempre a migliorare) come cambiavo le mutande. Fortunatamente non mi facevo mai condizionare da nessuno e ho avuto un pensiero (anche se contrastato sempre da qualcuno) mio su qualunque cosa. Molti mi hanno dato del moralista perché quello che non mi stava bene o che per me risultava un comportamento ignorante, ridicolo, incoerente e altro e lo sbattevo direttamente in faccia. Ora che ho quasi 17 anni posso dirvi che non sono cambiato di una virgola. Ma crescendo sono diventato molto menefreghista e quello che pensa e che fa la gente, non me ne frega più così tanto. Oh intendiamoci, non mi date dell'incoerente perché secondo voi criticavo tutto e tutti, io criticavo soltanto quello che mi veniva fatto a me. Il motivo centrale del mio menefreghismo è che a nessuno è mai importato di me veramente e allora ho cominciato a non importarmene nemmeno io delle persone. E stavo bene, sto bene tutt'ora. Posso essere un narcisista, insensibile, uno stronzo per le persone che non mi conoscono. Il fatto è che lo sono, ma do alle persone che amo, ogni giorno, tutto quello che ho, e sono felice. A volte invidio le persone con delle relazioni "normali". Si, perché possono vedersi tutti i giorni. Possono dimostrarsi materialmente tutto l'amore che hanno. A volte, guardando i miei fratelli amoreggiare dolcemente con le loro ragazze, non faccio altro che immaginare lei vicino a me, che amoreggia come loro. Poi capisco che il destino mi ha riservato qualcosa di migliore, capisco che i momenti non devo aspettarli ma guadagnarli. Forse è vero, la distanza fa schifo, fa malissimo. Ma senza essa, molte relazioni non sarebbero durate. Noi, non saremmo durati più di una settimana se non ci fosse stata la distanza a farci capire che dobbiamo combattere ogni giorno con il tempo, con lo spazio, con le persone, con il mondo. Dicono che ho una filosofia di vita abbastanza anormale per un adolescente, ma io non ho fatto niente di male. Ho sempre preso concetti da telefilm, dai miei idoli, dalla musica in generale. Nessuno mi ha mai insegnato niente, ho sempre dovuto cavarmela da solo e le persone apparivano soltanto per dire "io ci sono sempre stato" quando realmente, prima, non c'erano. Quello che mi fa stare più male di tutto è litigare con la persona che amo. Eppure, guarda caso, è sempre colpa mia. Perché? Perché ho il difetto di dire sempre cosa fare, di credere sempre che io sappia più di lei, menomale che lo faccio sono con le persone che amo. Perché ho così paura che lei faccia i miei stessi errori. Io voglio evitare di fargli affrontare tutto questo. Non voglio farla diventare una narcisista, stronza e bastarda con la gente, come me. Non deve diventare come me, no, assolutamente. Ma voglio che capisca che le persone non fanno altro che i comodi loro e che ti sfruttano soltanto per avere ciò che vogliono. Non ci si deve mai fidare di nessuno, mai e poi mai. Io l'ho fatto, purtroppo. Ma ora sono (un po’) cresciuto e sono (un po’) maturato e posso dire che, sono poche le persone di cui ti puoi fidare, le persone buone e pronte a sacrificarsi per te e se le trovi, tienitele strette. Ritornando alle relazioni, se c'è una persona su questo mondo di merda che ti accetti come sei, che ti rende felice e che riesce a tirarti fuori anche solo per un secondo dalla tua merda e portarti in paradiso, fai di tutto per non perderla, anzi, sposatela!
   
 
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