Il tempo in cui eravamo a giocare a ping pong aereo da un lato all'altro del mio o del suo trailer erano finiti.
Avevamo appena finito di girare la stagione, e avremmo avuto una pausa per circa tre mesi.
Avevamo deciso di fare una follia: una casa, nostra. Solo noi due. Io e lui. Per tre mesi. Un appartamento non molto lontano dal centro e dagli Studios. 
Stavamo per fare una pazzia. D'altronde, siamo abituati. Viviamo di sregolatezze quando siamo insieme, ma agli occhi degli altri riusciamo a sembrare perfettamente normali, composti e riservati. Era il nostro super potere, avevamo due identità. Ci mostravamo insieme agli eventi, tutti tirati, in posa eccetera, e non appena le telecamere erano lontane iniziavamo a farci facce improponibili. Eravamo così, perfetti, insieme nella nostra follia. Amo ogni lato di lui. E a quanto mi dice, vale lo stesso anche per lui.
Più che una coppia eravamo migliori amici: potevamo passare dal letto ai videogiochi con una semplicità quasi imbarazzante. Avevamo in mente anche un viaggio insieme in qualche paese sperduto. Il suo sogno è la Spagna, quindi avremmo passato una o due settimane nel nulla, insieme.
Progetti, idee, voglia di fare pazzie. Per quanto tutto ciò possa sembrare insensato, era perfetto quando a pensarlo eravamo noi due. 
Ecco perché sono così felice di spostarmi a vivere con lui, da qualche parte lontana dai tanti riflettori. Potremo essere noi. Non che fino ad ora non lo siamo stati, solo.. In uno spazio più grande di quello del trailer in cui mangiavamo pizza accumulando cartoni in un angolo. Sarebbe stato il nostro nido. Un po' incasinato, ma sempre il nostro nido.
Ora viviamo qui, in questo appartamento. Un bagno, un salotto/sala da pranzo (con videogiochi sparsi ovunque intorno alla tv), una cucina e una camera da letto. L'essenziale. Eppure ci sembra una suite lussuosa di chissà quale albergo a cinque stelle (anche se penso sarebbe strano trovare scatole di cibo cinese buttate sul tavolo in una suite di lusso). 
Lui è di la a guardare i Mets, mentre io lavo i piatti (sì, usiamo anche i piatti, più o meno come le persone normali). La partita finisce, lui spegne la tv, si avvicina in cucina, poggia la birra sul tavolo e mi abbraccia da dietro.
Mi sussurra a un'orecchio che mi ama. 
Come può tutto sembrare così perfetto?
Come posso amare una persona così tanto da stare male?
Ho paura che prima o poi un alito di vento faccia crollare il nostro piccolo castello di vetro. 
Forse non devo pensarci, forse devo stare più tranquilla.
L'uomo che amo è accanto a me, ho il lavoro dei miei sogni, questo buco di casa è il posto perfetto per noi. Le cose non vanno poi così male. Devo smetterla.
I pensieri mi si affollano in testa, interrotti solo dai baci lenti che lui mi sta dando sul collo.
"Dyl.. Devo finire qui"
"I piatti possono aspettare" mi dice appoggiando le labbra sul lobo del mio orecchio. Mi sfila i guanti, mi tira fino in camera da letto, e un'altra notte inizia. L'ennesima notte tra ansimi, fiato corto, battiti accelerati, emozioni forti, niente regole, nessuna logica.
Ma in fondo la nostra vita era fatta di questo. Di follia.
E noi nella follia trovavamo la perfezione.