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Autore: GabrielleWinchester    13/05/2014    5 recensioni
Dopo la morte di Orfeo ad opera delle Menadi, la musa della scrittura Calliope arriva nella spiaggia di Afrodite per cercare un conforto ormai irraggiungibile...Ad un certo punto viene interrotta da Iride, la messaggera degli Dei, la quale le fa un dono molto speciale. Buona lettura.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon pomeriggio a tutti,
ecco a voi "Petali di orchidea notturna", una mia versione personale del mito della morte di Orfeo, il figlio della musa della scrittura Calliope. In questo racconto l'attenzione verte sul dolore della madre per la scomparsa del figlio, dilaniato dalle Menadi, e il provvidenziale dono di Iride, la messaggera degli Dei...Prima volta che posto nella sezione dell'Epico, spero di non avere fatto cattiva figura e che vi possa piacere ed emozionare :-) Ringrazio di cuore tutti coloro che la leggono e la leggeranno, tutti coloro che la recensiscono e la recensiranno, tutti coloro che la mettono e la metteranno nelle storie seguite/ricordate/preferite e da recensire e tutti coloro che mi hanno messo e mi metteranno come propria autrice preferita :-) Buona lettura :-) Gabrielle :D

Petali di orchidea notturna

Stava scendendo la notte lungo la spiaggia di Afrodite e una giovane donna di ventiquattro anni si apprestò a sedersi sopra un grosso sasso. Il vento di maestrale le scompigliò i capelli ricci, donandole una serenità che non le apparteneva più.  Doveva consegnare una poesia a Flora, durante la festa annuale dei petali di fiori, la festa in cui venivano premiati i fiori più belli da lei creati, ma non se la sentiva. Non appena la penna toccava il foglio, non appena le parole dalla sua mente fluivano verso di esso, la sua mente si dirigeva verso ricordi dell’infanzia di Orfeo, in quei giorni in cui lo divertiva con i suoi versi, giorni ormai scomparsi per sempre.
Lui che aveva ereditato il suo dono, mescolandolo con la virtù del canto, l’allievo prediletto di ogni maestro. Non le importava nulla se Zeus le avesse tolto i poteri da musa, non le importava se avesse terminato la sua vita da semplice mortale, rivoleva solo suo figlio.
Chronos la poteva aiutare a ripristinare il tempo; purtroppo era imprigionato nel Tartaro insieme agli altri Titani.
“Calliope, ti stavamo cercando da molto tempo. Le tue sorelle ti davano per dispersa”
La musa della scrittura sollevò gli occhi azzurri, totalmente indifferente, e vide Iride, la messaggera degli Dei, le ali spalancate e già pronta a un nuovo volo. Scrollò le spalle e continuò indisturbata a guardare il mare, pensando che, forse, Anfitrite aveva bisogno di una nuova scrittrice per le avventure del mondo marino. Non se la sentiva più di camminare nel Parnaso, di fare festa lungo la fonte dell’Ippocrene, addirittura la sua penna era conservata, l’inchiostro seccato come il suo cuore.
“Posso capire come ti senti!”
“Davvero sai come mi sento? Sai come si sente una madre a sentirsi dire che suo figlio è stato sventrato dalle Menadi, soltanto perché si è rifiutato di assecondare i loro desideri selvaggi? Non penso”
Iride rimase qualche minuto a fissarla, senza parole. Era stata lei a vedere il corpo di Orfeo per prima, il corpo completamente sventrato e gettato in più punti di un fiume, la testa che continuava a cantare melodie meravigliose e  a rallegrare la natura e la fauna di quel luogo. La messaggera degli Dei non avrebbe potuto dimenticare tanto facilmente quello che era successo, così era stata costretta a chiedere a Poseidone di farsi un bagno nel fiume Lete, perché il ricordo di Orfeo ucciso barbaramente era troppo da sopportare. Quanta crudeltà per un poeta che decantava solo amore e libertà, quanta scelleratezza per un uomo così coraggioso da sfidare Cerbero e l’inflessibile Ade!
“Non puoi crogiolarti nel dolore. Devi reagire Calliope…”
“Reagire? Che ne dici se scrivessi un poema satirico contro Dioniso?”
“Sei pazza?” esclamò Iride sconvolta “Vuoi scatenare la guerra in Olimpio? D’accordo che le parole uccidono più delle spade, ma se tu scrivi quel poema satirico ci sarà un fenomeno a domino, un fenomeno che nessuno potrà fermare”
“E allora cosa dovrei fare? Dovrei rassegnarmi al fatto che mio figlio sia stato dilaniato come un animale da parte di donne invasate e senza morale? Donne che conoscono l’amore dopo una bevuta? Mio figlio non può riposare in pace, a causa del corpo dilaniato”
Infatti, secondo una nuova legge stipulata tra Zeus e Ade, tra l’Olimpio e l’Averno, tutti coloro che erano morti in circostanze orribili dovevano stare lungo una striscia di terra, chiamata l’Antro di Persefone, in attesa che la dea degli Inferi si decidesse a riparare la loro anima e consentisse loro il passaggio nel regno.  Avendo già ricevuto un favore da parte degli Dei degli Inferi quando era sceso a prendere Euridice, spinto dal solo desiderio dell’amore, Orfeo era all’ultimo posto nella lista.
Iride stava per volare via, lasciando Calliope al suo dolore, quando si ricordò di una cosa. Un’orchidea notturna, un’orchidea nata dalle lacrime di Hypnos e dalla maestria di Flora, un fiore nero e rosso. Un’orchidea che permetteva di vedere ogni volta la persona cui si voleva bene durante i sogni e di interagire. In questo caso Orfeo.  Lasciò cadere il fiore nel grembo di una stupefatta Calliope, la quale chiese “Cos’è?”
“Si chiama Anthosoniros, il fiore del sogno”.
“E che cosa farebbe?”
“Scoprilo Calliope. Ma non lasciarti mai sopraffare dai sogni, anche quando ti riservano cose belle”
Poi se ne andò via, il riverbero del sole nascente sulle sue ali iridescenti. Calliope rimase affascinata a guardarla, poi un grande sonno la invase e si addormentò. La prima cosa che vide fu un ragazzo dai capelli ricci come i suoi e ridenti occhi verdi, verdi come una foglia appena nata. Orfeo.
“Ciao mamma”
Lasciando stare il cerimoniale degli immortali, la musa della scrittura abbracciò calorosamente il figlio morto, sentendosi per la prima volta dopo tanto tempo felice. Poco importava se si sarebbe svegliata tra qualche ora, poteva stare con suo figlio. Quello che non avrebbe scoperto mai, era che il fiore consentiva un sogno lungo tutta l’eternità, se si fosse abbracciata la persona desiderata. Orfeo lo sapeva, ma tacque contento di avere sua madre lì accanto.
“Quanto ti manca per entrare?”
“Presto mamma, non ti preoccupare” la rassicurò Orfeo, accarezzandole la guancia “Vuoi sentire cantare Berenice?”
“Certo” e insieme s’incamminarono verso il regno dei morti, con il beneplacito di una commossa Persefone.
Nel mondo reale la penna di Calliope prese vita propria e incominciò a scrivere la storia di un grande amore, dell’amore che nemmeno il dio della morte poteva spezzare: l’amore di una madre per un figlio. Nella spiaggia si sparpagliarono i petali dell’orchidea nera, petali notturni.
                                                                                                                              Fine

 

 
  
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