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Autore: alida    13/05/2014    1 recensioni
Si parla di elfi, ma anche di nani. Del viaggio e degli imprevisti che Thranduil dovrà affrontare per difendere la sua famiglia, di come la storia di uno sia collegata a quella di tutti. La ff è scritta per puro divertimento, non ha scopo di lucro. I personaggi appartengono a J.R.R. Tolkien.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Celeborn, Elrond, Thranduil
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti. Questa storia è la mia prima incursione nel mondo di Tolkien. Spero che possiate apprezzarla, e possiate divertirvi a leggerla così come io mi sono divertita a scriverla.

E’ una storia completa. Ciò significa che ho scritto già tutto lo scheletro della storia dall’inizio alla fine. E questa è la prima volta che lo faccio, solitamente invento mentre posto, ma siccome la mia ultima fanfiction (su Harry Potter) è rimasta incompiuta per vari motivi, ho deciso che pubblicherò storie lunghe a capitoli soltanto nel momento in cui ho avrò già deciso tutti i passaggi della storia, in pratica a trama sbrogliata.

E perciò, eccomi qua. Chiunque si sia tuffato su Arda, tra elfi, nani, hobbit, uomini ecc… saprà bene che il mondo che Tolkien ha creato è molto vasto, e le sue trame sono fitte e ben collegate, ma talvolta ci si ritrova ad avere delle nozioni discordanti, questo perché l’autore scriveva, correggeva, riscriveva e quando è morto il suo lavoro era tutt’altro che concluso. Io, sebbene abbia ben chiara la situazione generale, devo ancora fare tutti i collegamenti necessari per avere risposte immediate.

Da qui l’idea di scrivere una ff "What if", del resto perché non inserire delle varianti che possano far quadrare il cerchio? Ma comunque, mi sto dilungando troppo.

In breve, la storia è una What if, ciò che dovete necessariamente sapere per comprenderla appieno  è questo:

Siamo all’atto finale della guerra combattuta nel Dagorlad, in cui Isildur tagliò il dito a Sauron e decise subito di tenersi l’anello (senza recarsi sul Monte Fato con Elrond).

Esistono tre Regni elfici:

Boscoverde il Grande, guidato da Oropher che ha un figlio: Thranduil che è sposato con un’elfa silvan di nome Wisterian;  i due hanno un figlio di circa 15 anni umani che si chiama Legolas.

Oropher  nel momento in cui è diventato Re ha acquisito il potere di controllare il grande portone della sua fortezza, il quale può essere sigillato alla chiusura solo dal Re (se un elfo chiude il portone, chiunque può riaprirlo, ma se il portone è chiuso fisicamente o con un ordine vocale dal Re, questo si chiuderà e nessuno riuscirà ad aprirlo se non il Re fisicamente o con la voce). Il potere è noto a tutti, ma solo Oropher, Thranduil e Wisterian sanno che è un potere insito nel fatto di essere Re e che non è collegato a nessuno oggetto.

Imladris con a capo Gil-galad che possiede l’anello Vilya, e che ha un figlio adottivo, Elrond, che ama come suo. Elrond è innamorato di Celebrian.

Lothlòrien, guidato da Celeborn, cugino di Thranduil, e Dama Galadriel, la quale possiede l’anello Nenya. Celeborn è geloso di Thranduil e del fatto che un giorno lui erediterà Boscoverde il Grande.  I due hanno una figlia, Celebrian, innamorata di Elrond.

Gil-galad e Elrond sono gli unici che conoscono  Gandalf, da poco comparso sulla Terra di Mezzo. Avendo capito che è stato inviato dai Valar, Gil-galad affida a Gandalf l’anello Narya, perché per un elfo solo è difficile possedere due anelli così potenti e non restarne ammaliati.

Bene, questo è tutto ciò che è necessario sapere. Gli aggiornamenti avverranno una o due volte la settimana, dipende dal tempo che ho a disposizione per scrivere.  Vi auguro una buona lettura e spero di leggere presto le vostre impressioni e considerazioni..

Capitolo 1

Finalmente era arrivato il giorno tanto atteso, il male sarebbe stato sconfitto una volta per tutte e solo la pace avrebbe dimorato su Arda. Thranduil si chiedeva se davvero quel giorno si sarebbe concluso tutto, e come era possibile che il male sparisse dalla faccia della Terra in un batter d’occhio. Gli elfi, gli uomini e tutti gli esseri viventi, anche i Valar, avevano sempre vissuto combattendo il male, che trovava ogni volta la forza di rinascere e riproporsi in vesti diverse.

 I suoi pensieri scorrevano veloci mentre le sue mani accarezzavano la spada di suo padre; la lama era lucente, l’impugnatura solida e le gemme incastonate in essa brillavano, le lunghe dita del giovane Thranduil lentamente ne percorrevano i contorni. Quella spada aveva combattuto altre guerre, ma adesso davanti all’inesperienza del principe sembrava essere meno solida, era come se le gemme tremassero al pari dell’animo inquieto di colui che l’ammirava.

“Un giorno sarà tua” disse una voce sicura e dolce.

Thranduil appoggiò subito la spada sul tavolo. “Non ho fretta di possederla, padre”.

Oropher gli si avvicinò, gli lisciò i capelli, sistemandogli  dietro le orecchie le trecce da guerriero. Suo figlio era bellissimo, ma ancor di più era buono. “Non hai fretta, eppure un giorno sarà tua. E’ di ottima fattura”.

Le mani di Oropher indugiavano sulle spalle larghe del figlio, del suo unico figlio, che egli stesso aveva portato in guerra. Lo sguardo del re era severo, eppure sapeva anche riempirsi  di calore.

Thranduil conosceva la fierezza di suo padre, e sapeva che non avrebbe mai sentito parole dolci sussurrate in sottofondo, come quelle che lui invece dispensava a Legolas, però sapeva di essere amato, lo sentiva nel cuore, nell’animo e in quelle mani che ancora compivano dei movimenti circolari sulle sue spalle.

“Padre…” disse il principe inclinando il viso verso la spalla nel tentativo di cercare un contatto. Oropher avvicinò la mano e accarezzando la guancia di Thranduil tentò di rassicurarlo: “Ma dovrai aspettare a brandirla perché oggi torneremmo a casa insieme”.

Oropher abbassò le mani e fece per andarsene, ma due braccia forti la avvolsero in un disperato tentativo di fermare il tempo. La voce di Oropher si perse in fondo alla gola e lui con compostezza ricambio l’abbraccio.

All’esterno della tenda del Re, i soldati stavano finendo di prepararsi. Era ora di uscire e porre fine al potere di Sauron. L’esercito di Boscoverde il Grande era composto da elfi valorosi, anche se con poca esperienza. Erano pronti a seguire il loro re e a lottare per il regno; e così fecero quando arrivò il momento.

Lo scontro era già iniziato, l’esercito di Sauron già combatteva contro gli uomini di Gondor, le urla si diffondevano nella piana, le perdite erano ingenti ma gli uomini non demordevano,  se il male non avesse avuto fine allora neanche il bene ne avrebbe avuto.

Poi arrivò il segnale, non c’era alcuna possibilità di sbagliare, l’arrivo degli uccelli neri inviati da Celeborn del Lothlòrien indicava che bisognava andare all’attacco. Gli eserciti di Imladris e del Lothlòrien si sarebbero uniti a loro da li a poco.

L’esercito con divise verdi avanzò a passo deciso, ordinatamente. Thranduil guardò davanti a sé, una marea nemica avanzava verso loro. Si girò di lato per vedere l’arrivo degli eserciti alleati, ma non vide nessuno. Anche Oropher si voltò a cercare Celeborn e Gil-galad ma l’unica cosa che vide era il suo umile e fiducioso esercito, pronto a morire per lui. Possibile che gli alleati fossero caduti in un’imboscata? Era troppo strano. Possibile che Celeborn lo avesse  tradito? Il nipote era sempre stato invidioso della grandezza di Boscoverde, ma non avrebbe mai inviato il segnale in anticipo. O lo avrebbe fatto?

 “Ah, Celeborn” pensò il Re “qua affermo che il giorno in cui tu entrerai a Boscoverde con l’intenzione di dominarlo, la foresta diventerà buia e mai ti appoggerà” , poi guardò suo figlio ancora una volta e penso che forse era l’ultima volta che lo vedeva e ciò che vide lo riempì di orgoglio: un giovane principe, con il busto dritto e lo sguardo fiero che non mostrava paura ma determinazione.

Oropher si fece forza e gridò: “Andiamo a sconfiggere il nemico! Con forza e senza mai arrenderci, combatteremo fino all’ultimo elfo. Per Arda, per tutti gli elfi e per Boscoverde!”.

Senza pensarci su, gli elfi avanzarono spinti solo dal loro coraggio. Lo scontro fu violento, Thranduil con la spada in mano fronteggiava il nemico, gli alleati ancora non si vedevano. Suo padre combatteva con tenacia, eppure sembrava che per quanta forza ci mettesse la spada non lo assecondasse, era come se qualcosa non andasse bene. Oropher sentiva la spada pesante da gestire, più pesante del solito, la lama per quanto l’avesse affilata il giorno prima non era perfetta e quell’imperfezione gli fu fatale.

Thranduil vide il padre cadere a pochi metri da lui, il petto in sangue, le gambe che tremavano, il corpo che non stava più in piedi, che lentamente si accasciava al suolo e sullo sfondo di questo triste scenario le truppe di Imladris e del  Lothlòrien che finalmente arrivavano e si lanciavano contro il nemico.

Thranduil non fece in tempo a realizzare l’accaduto che una fitta di dolore si diffuse in tutta la spalla, e fu il suo turno di crollare un po’ alla volta mentre il mondo andava avanti nella sua pazzia e Isildur tagliava il dito di Sauron recuperando l’anello del potere.

Era confuso, a terra, e dolorante come non gli era mai capitato d’essere, eppure, ancora non lo sapeva, ma sarebbe stata una sensazione familiare ancora per molto tempo. Sentì una voce chiamare il suo nome, e un’altra domandare perché. Poi non sentì più niente, vide però alcuni elfi che gli si avvicinavano, parlavano a voce troppo bassa o forse era lui che per chissà quale ragione non sentiva più, le orecchie gli fischiavano fastidiosamente.

Si sentì sollevare, cercò di sollevare il braccio per spostare i capelli che erano appiccicati sulla guancia, ma la spalla gli fece troppo male e un urlo strozzato uscì dalla sua gola.

“Principe, piano…”.

Qualcuno parlava, lo chiamava principe. Lui era un principe, era figlio di Oropher che era il Re degli Elfi di Boscoverde… era in guerra contro le forze di Sauron e … le orecchie ripresero a ronzare. Perché quel ronzio non voleva passare?

Thranduil era stanco, e mentre lui era lì suo padre magari lo stava cercando, e poi non c’era nessuno che parlasse a voce alta.

“Portiamolo … tenda…”

“… il Mezzelfo… non … anche guarit…”

“Oropher … non serve… Mandos…”.

Il ronzio nelle orecchie di Thranduil aumentò vertiginosamente, stava male, sì, questo era certo ma quella parola, “Mandos”, l’aveva sentita bene, era stata accostata al nome di suo padre. Thranduil voltò il viso di lato, qualcuno sosteneva un elfo con una ferita al petto. Era una brutta ferita, molti sarebbero morti dopo aver preso un colpo del genere, sarebbero caduti a terra come …

Oh, Valar! Un’immagine gli passò davanti agli occhi: suo padre che scivolava verso il basso, suo padre che era stato ferito e che ora era giunto nelle sale di Mandos.

Thranduil non aveva forze ma, come poté, con un misto di angoscia e consapevolezza  gridò“ No, non può essere. Noo!”. Sentì delle mani gentili ma forti tenerlo.

“Thranduil devi restare calmo, ti stiamo togliendo l’armatura e poi curerò le tue ferite. Sei nella tenda del Re …” la voce si interruppe, sospirando. “Sei al sicuro”.

Il guaritore e gli aiutanti liberarono il nuovo Re dall’armatura e gli scoprirono il petto. La ferita era sanguinante, ma non grave. “Lord Elrond, cosa possiamo fare?”.

Elrond si guardò attorno, non c’era molto da fare lì. Thranduil era chiaramente sotto shock, ma la ferita alla spalla non era seria. “Non potete fare niente, andate fuori e soccorrete i feriti, al Re ci penserò io”.

I due aiutanti si scambiarono uno sguardo incuriosito. Vedendoli titubanti, Elrond li rassicurò: “Andate e non abbiate paura, il Re non è in pericolo di vita”.

Elrond di Imladris era un bravo guerriero, ma ancor di più era un eccellente guaritore, non restava altro da fare che obbedire ai suoi ordini per quanto fossero inaspettati, perciò i due elfi uscirono dalla tenda.

Thranduil prese fiato, aveva riconosciuto la voce finalmente. “Elrond…”.

“Sì, Thranduil, sono io. Sto ripulendo la ferita, non temere non è grave”.

“Mio padre…”.

“Stai calmo, non agitarti”.

“Gli uccelli sono arrivati troppo presto”.

Elrond pensò che Thranduil stesse delirando e posandogli il palmo della mano sulla fronte gli controllò la  temperatura.

“Gli uccelli? Quali uccelli?”chiese il guaritore.

“Gli ucc…” riprese a dire il Re cercando di alzarsi, ma il dolore alla spalla era troppo forte e così ricadde nel letto, chiudendo gli occhi.

La fronte era fresca, però era necessario che Thranduil bevesse una tisana calmante, doveva riposare  per riprendersi in tempi brevi. La tenda però non era organizzata come infermeria e a Elrond  mancava il necessario. Allora prese un lenzuolo, coprì il busto di Thranduil e lasciandolo sdraiato nel suo giaciglio, andò verso la sua tenda per recuperare delle erbe.

Dopo poco Thranduil riaprì gli occhi e si accorse di non essere solo nella stanza.

“Elrond?” chiese incerto.

Un elfo alto, robusto e biondo si accostò al suo letto. “No, caro cugino, non sono Elrond”.

Thranduil senti il sangue salirgli fino alla testa, come osava Celeborn venire nella sua tenda, così sfacciatamente, ben sapendo di aver inviato il segnale in anticipo. Forse se non lo avesse fatto suo padre non sarebbe morto. Sicuramente Oropher avrebbe avuto una possibilità in più.

Le uniche parole che riuscì a pronunciare furono: “Perché hai inviato gli uccelli in anticipo”.

Celeborn sollevò le sopracciglia e con un mezzo sorriso rispose: “Di quali uccelli stai parlando?”.

“Smettila! Sai bene di cosa parlo. Del segnale che …”

“Come? Cosa? Quale segnale, Thranduil?”.

Thranduil non riusciva a capire se Celeborn lo stesse facendo a posta o semplicemente stesse cercando di mantenerlo calmo perché era preoccupato per lui.

“Celeborn” disse con calma riprendendo fiato “Ero presente quando tu e mio padre vi siete accordati sul momento in cui Boscoverde sarebbe dovuto intervenire”.

“Già. C’eravamo solo noi tre e nessun altro” continuò l’altro sornione.

“Bene, allora ti ricordi!”.

“Se mi ricordo? Mi ricordo tante cose, cugino. Per esempio di come tuo padre si sia impossessato di un grande regno, mentre io mi sono dovuto accontentare di un piccolo bosco. Di come tu e lui vi siate allontanati sempre più da me e Galadriel e abbiate preferito stare con quei selvaggi silvani. Mi ricordo di tante cose, certo che ricordo” sputò con la lingua avvelenata.

“Ognuno fa le sue scelte, Celeborn. Né io, né mio padre ti abbiamo mancato di rispetto, abbiamo solo portato avanti il progetto di costruire un Regno di Elfi, come tu e Galadriel fatte nel Lothlòrien”.

“Sì, anche io ho dei progetti. Li vuoi conoscere?” domandò Celeborn dando le spalle a Thranduil e prendendo in mano un cuscino “Progetto di seppellirti accanto a tuo padre e di assumere il comando del tuo regno”.

Il cuore di Thranduil perse un battito, ma lui tentò di mantenere la calma. “Spiacente ma la mia ferita non è grave, e anche se lo fosse, io lascio un erede al trono”.

Era una risposta semplice e senza malizia ma Celeborn si sentì colpire al cuore, lui non aveva figli maschi, non ancora, e chiaramente dal suo punto di vista Thranduil aveva voluto evidenziarlo.

“Il piccolo Legolas,” disse con disgusto “non preoccuparti sistemerò anche lui con la tua bella mogliettina”.

Thranduil aveva sentito troppo, fece per alzarsi ma Celeborn fu molto più rapido e gli fu subito addosso spingendogli il cuscino sul viso. Thranduil lottò come se fosse ancora in battaglia, cercò di liberarsi ma un braccio era inutilizzabile e l’altro non poteva competere con la forza di Celeborn e tutto il suo peso. La schiena di Thranduil si inarcò, i pugni chiusi battevano sul materasso, le gambe si divincolavano  ma non c’era alcuna possibilità di fuga.

Il tessuto morbido sulla bocca non faceva passare l’aria e poco alla volta i polmoni smisero di lottare, il petto si abbassò e Thranduil rimase immobile. Celeborn mise a posto il cuscino e di fretta uscì dalla tenda.

 

  
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