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Autore: JD Jaden    14/05/2014    5 recensioni
[Questa OS partecipa al contest "Watercolor" della pagina Facebook "A Panda piace fare le bolle di assenzio ⌠EFPfanfic⌡"]
Un ragazzo molto amato, Rikard, è morto in un tragico incidente in montagna. La sua fidanzata Camelia e il suo migliore amico Lionel non lo accettano e decidono quindi di eseguire un antico rito di resurrezione. L'esito del rito non sarà esattamente quello sperato...
[Pacchetto Antracite: Bizzarro – Gotico – Fantasy / Prompt: “LE MASCHERE”]
Genere: Demenziale, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Partecipante al contest Watercolor indetto dal gruppo facebook A Panda piace fare le bolle di assenzio ⌠EFPfanfic⌡
Pacchetto ANTRACITE - Prompt "Le Maschere"

 


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Nel cimitero di Venetian Street, Camelia stava inginocchiata nell’erba poco curata davanti alla tomba più consumata che avesse mai visto. Non si riusciva nemmeno a leggere il nome del defunto e, fra questo e il suo stato d’animo, iniziava a temere seriamente di star pregando sulla tomba sbagliata. Una voce cupa e profonda alle sue spalle la fece trasalire. «Quello non è Rikard. Sicura di stare bene?» Lionel era sempre stato un tipo diretto e lei si era sempre sentita inadeguata al suo cospetto. Era il migliore amico di Rikard ed emanava sempre un profumo intenso, come di una stanza piena di fiori appassiti.
«Sto bene, solo che questo cimitero è un incubo. Le scritte e le foto sulle tombe sono sbiadite, non c’è nemmeno un lumino e poi... dovevamo proprio venire di notte?» rispose Camelia con voce tremante, per il freddo e per la paura, mentre con cautela si sollevava da terra per affrontare l’avventore.
Si sentiva le gambe molli, in parte per il tempo passato fra l’erba umida, in parte per l’imbarazzo e per la paura del momento. La situazione era surreale, inquietante e si stava domandando cosa le fosse passato per la mente quando aveva accettato.
«Il Rito della Risurrezione funziona solo se eseguito alle 2:46 di notte, Camy. Non abbiamo altra scelta.» l’abito elegante di lui, nero e completo di farsetto e mantello invernale, contrastava notevolmente con la sua pettinatura ribelle, lunghi capelli castano chiaro che volteggiavano nella brezza notturna. Le stelle che illuminavano il cielo di quella notte senza luna, facevano brillare i suoi occhi verde scuro come un prato pieno di lucciole, ma Camy ebbe come l’impressione che una sfumatura rossastra si fosse impossessata di quelle iridi di giada.
«Cominciamo, che ne dici? E’ quasi ora, non voglio fare tardi. Domani devo lavorare e non vorrei proprio sembrare uno zombie a causa del poco riposo...» tagliò corto la ragazza dai capelli corvini, lunghi fino alla vita. Indossava un lungo abito color antracite con un corpetto decorato in nero e argento, talmente stretto sulla schiena da farle mancare l’aria e un pesante mantello da passeggio nero, come barriera contro il freddo pungente della notte.
Lionel annuì con sguardo indecifrabile e precedette Camelia verso la vera tomba di Rikard, una fila più a sud. Era quasi identica a quella a cui pregava la ventiduenne poco prima, dalla forma a sesto acuto e incrostata di muschio secco, ma aveva una foto quasi nuova, incorniciata da un bordino di pietra scura. Il nome non si leggeva, ma la ragazza si sentì stupida: come aveva fatto a non individuare quel viso sorridente, che aveva tanto amato in vita, così luminoso e solare, in mezzo a tanta desolazione e grigiore?
Cadde in ginocchio e le lacrime le offuscarono la vista. Ebbe fugaci visioni di campi di grano, gelati al limone e corse sfrenate, baci rubati, un’altalena e lo strapiombo. Non si accorse nemmeno dei movimenti sicuri di Lionel, che accendeva candele e posizionava coppe di sale, acqua e terra attorno a lei. Quando riaprì gli occhi il mondo era cambiato, vibrava di sfumature rosse e gialle, pareva pulsare assieme ai battiti sempre più frenetici del suo cuore.
«Cosa succederà, ora?» chiese timidamente, fra le lacrime. Il venticinquenne era troppo assorto, concentrato in una strana preghiera ansimante, per risponderle. Egli proseguì nel suo canto altisonante, indugiando su note basse e piene di intensità.
Attorno a Camelia si alzò una nebbiolina gelida e dal profumo dolciastro, luci di tutti i colori coprirono il suo campo visivo ed avvertì una sensazione come di braccia che si stringono attorno a sé. Provò a sbattere le palpebre, ma servì solo a trasformare la luce in piccole forme saltellanti. Ali dorate, uccelli celestiali, pizzi e merletti candidi, un violino scordato e gracchiante...
Quello che Lionel vedeva da fuori era una Camelia intenta a muovere le braccia sopra la testa, saltellando come una bambina in preda ai capricci. Non era sicuro che il rito avrebbe dovuto procedere in quel modo, ma proseguì la sua rauca preghiera sperando in bene.
Ad un tratto, dalla tomba di fronte alla danzante Camelia, si sollevò una spirale di polvere che, a poco a poco, assunse una forma antropomorfa. Le spalle larghe, le gambe lunghe, la testa ricoperta di ricci corti e ordinati. Poi fu la volta dei colori, vividi, reali. Il sorriso smagliante che entrambi ricordavano si aprì sotto ad una maschera foderata di velluto rosso, a coprire gran parte del bel viso di Rikard. Un solo elemento pareva stonare in quel quadretto: due larghe e piumate ali bianche che sbucavano dalla di lui schiena. In quel momento la ragazza smise di dimenarsi in preda alle allucinazioni e fissò il suo amato di ritorno dall’Oltretomba.
«Sei davvero tu Rik? Non ci posso credere che sei tu, ma cosa ti è successo alla schiena? Sei... sei diventato un angelo? Sei così bello, proprio come ricordavo. Non ti ho mai dimenticato, sai? Ma perché non ti togli quella maschera? Voglio rivedere i tuoi begli occhi!» la raffica di domande non scalfì minimamente la figura di Rikard, immobile come pietra, che rimase muto e impassibile.
Lionel si fece quindi avanti per abbracciare il suo amico d’infanzia, finalmente tornato. Per lui ali e maschera erano una sciocchezza, nulla poteva smorzare la sua gioia: il rito aveva funzionato, avevano di nuovo la ragione della loro vita...
«Rikard, amico mio fatti abbracciare! Sono passati solo pochi giorni dalla tua... sepoltura, ma è stata come un’eternità. Ci sei mancato troppo.» ma appena cercò di toccarlo l’angelo dalla sanguigna maschera si scansò e con un solo, fluido, movimento spinse con violenza l’amico, facendolo andare a sbattere contro una tomba li vicino.
«Rik, cosa fai? E’ Lionel, non vuole farti del male, ma... riesci a riconoscerci? Mi vedi? Sono Camy, la tua Camy...» provò la ragazza senza successo: la figura era tornata come di pietra, immobile.
Fu solo quando lei cercò di carezzargli una guancia che l’angelo Rikard si ridestò afferrandole il braccio e avvicinandola a se. Lei era spaventata, ma si fece prendere dalla passione, anziché dal panico, e avvicinò il viso alla maschera dell’amato, sfiorandogli le labbra con le proprie. Poteva sembrare un bacio ricambiato, visto da fuori. Eppure c’era qualcosa che non andava: l’uomo la stringeva forte fra le braccia, tenendole il viso appiccicato al proprio, ma lei non mugugnava di piacere, bensì di dolore. Lionel guardava la scena a metà fra l’imbarazzato e il disgustato, e a dirla tutta era anche un po’ adirato. Perché a lui una spinta e a lei un bacio?
Ma ben presto capì di essere stato fortunato. Quando le braccia di Rikard lasciarono andare Camelia essa crollò a terra, con le mani sulla faccia grondante sangue. Tremava come una foglia, ma non aveva modo di fermare la metamorfosi in atto nel suo corpo. In breve tempo la sua pelle divenne pallida e fragile, le sue vesti si ridussero in brandelli circondandola di polvere color antracite e i suoi occhi si tinsero di una sfumatura color sangue. Si sollevo sulle gambe tremanti e faceva davvero paura, in quella forma ben poco attraente. Alzò il viso, ormai in una maschera di sangue, incatenando i suoi occhi, un tempo di un azzurro liquido, a quelli di Lionel, verdi e agghiacciati. Il ragazzo alternò lo sguardo fra quello che un tempo era stato il suo migliore amico e che ora era un angelo, o meglio un demone, e quella che, in quanto fidanzata dell’amico, era diventata sua compagna di avventure e ora era uno zombie.
Si sentiva nauseato e terrorizzato, ma in un certo senso la situazione adrenalinica lo eccitava. Dopo un’ultima occhiata alla coppia, che lentamente pareva fluttuare verso di lui, si decise a girare i tacchi e scappare, veloce come il vento, senza pensare al bruciore al petto e alle gambe, lontano da quel cimitero infernale.
Quando fu fuori dal cancello azzardò un’occhiata dietro di sé e capì che il danno era più elevato di quanto pensasse: da altre tombe si sollevavano spirali di polvere e altri demoni, alati e mascherati, si formavano davanti ai suoi occhi pieni di panico. Eppure ciò che vide un istante più tardi non lo fece fuggire, bensì esplodere in una fragorosa risata.
Gli ex cadaveri iniziarono a danzare, come assaliti da una di quelle insistenti e ripetitive canzoni da discoteca che potevano udire solo loro. Lo spettacolo era surreale, ma lo attirava più del miele per le mosche. Riaprì il cancello e tornò sui suoi passi, afferrò la prima nobildonna alata e carina e le stampò un profondo bacio sulle labbra.
Dopo una dolorosa trasformazione, iniziò anche per lui... la festa!
 

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Note di JD
Questa storia è nata appositamente per il contest, ma ammetto che il tutto sembra capitato proprio per permettermi di scrivere qualcosa di diverso dal solito. Era un po’ che aspettavo questa occasione, per cui l’ho colta al volo. E’ chiaro come il sole che arriverò fra gli ultimi (se non direttamente ultima), ma mi sono divertita e questa è l’unica cosa che conta.
Il modo in cui ho inserito il prompt è all'apparenza banalmente figurativo, ma ovviamente il tutto non si limita a questo. Ci sono più livelli di lettura della storia e sono curiosa di vedere se qualcuno li comprenderà tutti (letterale; iconografico; iconologico; filosofico; psicologico; mentale). L'ultimo è il più difficile da capire, se non impossibile dal momento che è uscito da quel labirinto che è la mia testa...
Non ho altro da dire, spero abbia divertito voi quanto me, ci vediamo alla prossima cavolata partorita dal mio cervello,
JD
   
 
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