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Autore: SakiJune    14/05/2014    0 recensioni
Ada Markham vive a Londra e NON è una ragazza come tutte le altre: è una fangirl del Dottore, proveniente da un’altra dimensione. Per un capriccio di Clara, delusa e scontenta dopo la rigenerazione del Dottore, Ada giunge a bordo della TARDIS e gli equilibri stagnanti tra i membri dell’equipaggio subiranno un serio scossone.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Innanzitutto, questo sarà un capitolo molto lungo, quasi di un terzo più lungo. Ma non ho osato accorciarlo, perché ogni paragrafo mi è sembrato giusto e bello da raccontare. Spero che piaccia a voi leggerlo così come è piaciuto a me scriverlo.
Note senza senso:
- Gordon sarebbe un mio personaggio originale, per quanto possa essere originale inventarsi un nipotino del Brig che si chiama esattamente come lui. Infatti ho successivamente scoperto che in uno speciale uscito su VHS esiste davvero un figlio di Kate che si chiama così, ma nato molto tempo prima, e ci sono rimasta maluccio. Non ho ancora deciso se non badarci affatto, considerando lo speciale "non canon", oppure inventarmi che l'Ottavo Dottore abbia cambiato gli eventi. Vedremo.
- "La piccola di Gwen" è Anwen, la figlia di Gwen e Rhys in Torchwood.
Se questa storia continuerà, più avanti potrete incontrare entrambi, magari un po' cresciuti.
- La storia dei giovanissimi Beatles semidigiuni ad Amburgo è reale e anche la morte del loro ex bassista Stuart lo è, sebbene si sia trattato di una triste fatalità e non di un attacco alieno come accenno nel capitolo.
- Il nucleo simbiotico è quella roba che viene innestata nei geni dei Signori del Tempo diplomati all'Accademia e che permette loro di rigenerarsi e pilotare una TARDIS. Sono giunta alla conclusione che Jenny non lo possegga, anche se è stata clonata dal Dottore, in quanto se fosse così facile procurarsi vite gratis chissà quanti loschi figuri ne avrebbero approfittato.
- Osgood è la tizia con la sciarpa del Quarto Dottore che compare nello speciale del Cinquantesimo, ma che lo dico a fare.






Clara, radiosa nel suo abitino primaverile, un cerchietto tra i capelli e una matita dietro l’orecchio, sorseggiava un té freddo mentre correggeva le verifiche di fine trimestre. Il chiacchiericcio che proveniva dalla stanza della console si era fatto più insistente nell’ultima mezz’ora e man mano che le voci aumentavano di volume, riuscì a decifrare alcune perle:
- Sei sicuro di volerlo infilare tutto dentro?
- Sì, è così che l’ho fatta nascere. Aaaaaahi! Sì, mi ha fatto male anche allora.
- Me lo ricordo bene. Ma la TARDIS dovrebbe già avere la tua impronta genetica, o mi sbaglio?
- Il medico ti manda a fare le analisi del sangue o quelle delle impronte?
- Dottore, non farmi annusare il sangue, potrebbero venirmi istinti cannibali.
- Anche la TARDIS potrebbe diventare un vampiro.
- Non sono un vampiro!
- Oh, Madame, mille scuse…
Lanciando i fogli - ingombri di segni rossi e strafalcioni - sul letto disfatto, decise di sgranchirsi le gambe e soprattutto di scoprire cosa stesse combinando l’intera comitiva di strambi.
- Sta iniziando ad elaborare. Fermifermifermi… Fantastico. Dovrebbe impiegare circa… un paio d’anni. Circolare, non c’è più niente da vedere. Clara! Finito i compiti?
Le mani sui fianchi, lei lo guardò di sottecchi. - No, non ho finito di correggere i compiti dei miei studenti - precisò, fingendosi indispettita. - Che si combina qui?
Il Dottore sembrava essere tornato da una vacanza alle terme, invece che da un movimentato pomeriggio a casa Stewart. Aveva una luce tutta particolare negli occhi chiari e il suo naso sottile fremeva d’aspettativa mentre si succhiava un dito con rumorini compiaciuti.
- Il Dottore ha costruito un dispositivo di riconoscimento genetico e l’ha interfacciato con la funzione di ricerca del database - spiegò Vastra. - Sembra che stia funzionando, ma ci vorrà del tempo.
- Riguarda la ricerca di Gallifrey, giusto? Un passo in più? - rispose Clara, lanciando un bacio al di là della console, dove Ada controllava uno schermo e strillava numeri su numeri di cui sicuramente non conosceva il significato. Era peggio di una tombolata in famiglia, ma era così divertente!
- Oh, no, no, è una cosa completamente diversa. Ho una cosa più urgente da trovare. Una… persona. Una persona speciale… - Con sua grande sorpresa, il Dottore l’afferrò per una mano e la trascinò in un goffo e gioioso passo di danza.


*

Quando Clara aveva ricordato al Dottore che aveva un po’ di faccende da sbrigare sulla Terra, faccende che riguardavano un lavoro e scadenze da rispettare, questi aveva colto la palla al balzo per rivedere un “paio di amici”. Ada aveva iniziato ad iperventilare, perché sapeva benissimo chi fossero questi amici: la UNIT, ex companion e associati vari. Di quasi tutti conosceva nome, cognome, stato civile e orientamento sessuale, nonché alcuni particolari imbarazzanti di cui forse il Dottore era all’oscuro. Ma la teoria era niente, si trattava di incontrarli davvero e non stava nella pelle.
- La signorina Osgood ti presterà volentieri il suo inalatore, ma preferirei ugualmente se ti calmassi - le ripeté il Dottore mentre salivano sulla metropolitana. - Ho già un grave problema da risolvere, e spero proprio che mi aiuterai.
Ada pendeva dalle sue labbra. Cosa stava per chiedergli? Cos’avrebbero dovuto affrontare? Angeli Piangenti, Dalek, la Coscienza Nestene...
- Hai idea di cosa si possa regalare a un ragazzino per il suo decimo compleanno?

- Gordon Stewart! Come andiamo, festeggiato? - Erano arrivati un po’ in ritardo, d’accordo, ma si aspettava un’accoglienza migliore dal cucciolo di casa. Un cucciolo un po’ cresciuto, in effetti: indossava una grigissima divisa di un qualche collegio chic e i capelli, un tempo biondi e ricci, erano castano chiaro e brutalmente accorciati. - Oh, andiamo, sono sempre io, eh?
Il bambino guardò la madre, poi ad uno ad uno gli altri ospiti, e infine si decise a stringere la mano del Dottore, ma in un modo così formale che questi ci rimase maluccio.
Finì a malapena la torta e chiese il permesso di tornare in camera sua. - Ho dei compiti in arretrato, il nostro insegnante di storia è molto severo.
- E che problema c’è? - lo incalzò il Dottore, con la sua voce tranquilla. - Ti posso raccontare meraviglie! Ah, la storia umana...
Kate scosse leggermente la testa verso Gordon in senso di disapprovazione, ma gli permise di lasciare la festa, senza aver nemmeno scartato i suoi regali.
- Non è niente di personale, davvero. A Junior non piacciono i compleanni in generale, dice che lo fanno sentire “ancora troppo piccolo”, invece che “un po’ più grande”.
Ada aveva storto il naso sentendo Kate chiamare suo figlio Junior. L’aveva allevato all’ombra del ricordo del proprio padre?
- Speravo di vedere la piccolina di Gwen. Anche lei dev’essere cresciuta parecchio. - Il Dottore aveva deciso di soprassedere: avrebbe fatto visita al pargolo sfuggente più tardi. Era abituato a suscitare diffidenza ad ogni rigenerazione, anche se comprenderlo non presupponeva che gli facesse piacere.
- Oh, sì, è deliziosa. Un po’ maschiaccio, ma una bimba deliziosa. Quei due non possono stare in una stanza per cinque minuti senza arrivare alle mani e chiamarsi con gli insulti peggiori, ma immagino si piacciano molto, in fondo - ridacchiò Kate, proprio mentre suonava il citofono. - Scusate, dev’essere… arrivo subito!


- Martha Jones, sei uno splendore! - Non era una frase di circostanza, o meglio lo era, ma il Dottore lo pensava davvero.
- Dottore? Sei… sei cambiato ancora? Potevi avvisare, però! - La mancanza di tatto continuava a farle compagnia.
- Sì, decisamente, hai fatto centro. I cambiamenti accadono, - quasi si scusò lui, ma quando Martha l’abbracciò sorrise e parve definitivamente rasserenato. - Dove hai lasciato il signor Smith?
- Con gli altri piccoli Smith, a casa con l’influenza - sospirò lei. - La tua nuova compagna di viaggio, immagino! - Sorrise a Ada, che per poco non svenne sul posto.
- C-ciao, sono Ada Markham. Una dell’equipaggio, sì. Ultima arrivata. Wow. So… tante cose su di te, e non avrei mai pensato di conoscerti e… wow. - Stava per chiedere a Osgood di prestarle sul serio l’inalatore. Martha era davvero bellissima, proprio come nelle foto più recenti su Instagram della Agyeman.
Il Dottore stava ancora assaporando le parole “piccoli Smith”. A Trenzalore aveva avuto secoli per sfogare il suo istinto paterno, ne dava atto al destino: era stato magnifico e divertente e aveva fatto tesoro di quella tenerezza per ricordarla nei momenti più bui, che di certo il futuro non gli avrebbe risparmiato. Ma i bambini di Christmas erano diventati adulti in uno sfarfallio di ciglia, e le generazioni si erano susseguite più in fretta del volgere di una stagione - se su quel pianeta le stagioni fossero esistite. Non erano mai stati suoi.
E nemmeno Alistair Gordon Lethbridge-Stewart Junior era suo, sebbene per un breve periodo, all’epoca della sua ottava incarnazione, fosse rimasto con quel dubbio.


Il Dottore bussò alla porta aperta ed entrò nella cameretta. Non sembrava affatto la stanza di un bambino. Non c’erano giocattoli, a parte un paio di modellini di astronavi sull’armadio, ed era ordinata in modo quasi maniacale. Mancava quell’atmosfera fondamentale che in qualsiasi galassia si associa all’infanzia.
- Bene bene bene bene… L'ultima volta che sono venuto a trovarti ci siamo divertiti, no?
- Avevo cinque anni e tu eri un uomo giraffa. - lo rimbeccò Gordon, senza alzare gli occhi dal libro. Con il passare dei minuti, però, iniziò ad sentirsi troppo osservato per riuscire a concentrarsi. - Ti faccio una domanda sola, se non mi piace la risposta mi lasci studiare, per piacere.
Sperando che non si trattasse della solita “Dottore chi?”, allacciò le mani dietro la schiena e si preparò a rispondere.
- Se io non fossi il nipote del favoloso Brigadiere, avresti un qualche interesse a festeggiare il mio compleanno?
Il Dottore ammirò la sua intelligenza pronta, ma gli dispiacque per l’amarezza che traspariva da quelle parole.
- Ehi. Tu sei tu. Puoi diventare chiunque tu voglia, e la nostalgia di noi vecchi relitti non può cambiare il tuo potenziale. Sei così giovane, sei tutto nuovo, sei una meraviglia.
Era ciò che Gordon sognava di sentirsi dire da quando era al mondo. Cosa importava se aveva cambiato faccia? Il Dottore era sempre meraviglioso, non avrebbe dovuto dubitarne.
- Un giorno potrò viaggiare con te?
Il libro di storia era rimasto aperto e trascurato in favore di un più vivo interesse, finalmente ritrovato.
- Sicuro! Te lo prometto. Tu credi alle mie promesse?
- Ragionevolmente, senza esserne ossessionato - dichiarò il ragazzino, ma stava sorridendo ed era lui, ora, a non risultare credibile..
- Gordon Stewart, che ometto sveglio! Ma certo. Ti porterò nei posti più incredibili dell’Universo. Intanto però fai ancora un po’ di compagnia a Kate, pensa ai tuoi compiti… bella cosa, i compiti, ma ho sempre preferito un’aurora... e mangia le tue verdure. Anche un altro po’ di torta non ti farebbe male, però. La vita è piena di torta, vuoi lasciarla tutta agli altri? - Gli afferrò il naso, con un po’ meno forza di quanta ne avrebbe usata all’epoca dell’Undicesimo, ma altrettanto giocosamente, e Gordon si scoprì a ridere. - E hai ragione, una ragione dannata! Lo diceva anche il mio amico Will: cos’è un nome? Ho buttato via il mio duemila anni fa. Robaccia per nutrire le Carrioniti, bah! Tu sei quello che ti va di fare, quello che vuoi scoprire, che vuoi vivere!
- Affare fatto, signore. Forse, adesso, un’altra fettina potrebbe andarmi. E mi hai portato un regalo, vero?
Si strinsero la mano, questa volta con calore, i cuori traboccanti di fiducia nel futuro.

Nel frattempo, in salotto, Ada si stava dando della stupida. C’era una cosa molto, molto importante che il Dottore non sapeva, ma si era dimenticata di dirgliela. Vedere Martha gliel’aveva fatta tornare in mente, e non si capacitava di aver pensato a tante sciocchezze e non a rivelargli quell’altra, bellissima speranza. No, Clara non era una sciocchezza, naturalmente, ma il viaggetto ad Amburgo nel 1962 per conoscere i Beatles era stato un vero e proprio capriccio di entrambe, e lo shock di scoprire che era stata una Cybertermite impazzita a pasteggiare con il cervello di Stuart Sutcliffe aveva reso il loro soggiorno molto meno esaltante...
O forse c’era un motivo? Forse non era il momento che lui venisse a conoscenza della faccenda di Jenny? Gallifrey era la priorità, di questo era sicura ed era felice che il Dottore fosse nuovamente determinato a ritrovarlo, ma… se gli avesse dato quella notizia, avrebbe visto i suoi occhi brillare e forse, forse lui l’avrebbe ringraziata... Comunque si volesse vedere la questione, nasconderglielo di proposito le sembrava crudele; più ci pensava, più sentiva che parlarne era la cosa giusta da fare.
- E dopo? Cos’ha detto Paul McCartney quando si è trovato davanti una donna verde vestita in abiti vittoriani? - le stava chiedendo Martha.
Ada si riscosse dai suoi pensieri. - Oh, sì! Il Dottore l’ha convinto che soffrisse di una carenza di vitamine. Mangiavano da schifo a quell’epoca, in effetti, ma cancellargli la memoria sarebbe stato pericoloso. C’erano già un mucchio di canzoni, lì dentro… tanto valeva che li lasciassimo trasformare in Cybermen! - Il Dottore si era affacciato nella stanza. - Scusa, devo… dirgli una cosa. E vorrei che ci fossi anche tu.
Le sembrò che i passi di lui, mentre si avvicinavano, suonassero amplificati, il che era una vera sciocchezza perché le suole delle sue scarpe erano quattro centimetri buoni di gomma. Sentiva le orecchie ovattate, ma si fece coraggio.
- Avevi ragione, Martha - disse. - Se quel giorno aveste aspettato ancora un poco, su Messalina, avreste assistito al miracolo.
Il Dottore non ebbe alcun tipo di reazione, la pregò di ripetere il concetto con parole più chiare e lei lo fece, balbettando e sudando freddo.
Seguì un frenetico incrocio di sguardi.
- Se mi stai dicendo una stronzata, Ada Markham, non sarai perdonata. - La voce del Dottore era uscita roca, spaventosa. Ma furono le parole in sé a ferirla.
Non avrebbe mai immaginato di sentirlo pronunciare una vera e propria parolaccia, ma questo si poteva spiegare con il target della serie TV. Il peggio, però, era quel “non sarai perdonata”. Se si fosse sbagliata, se la scena in cui Jenny si svegliava e rubava un’astronave fosse stata un’invenzione di quel tale signor Greenhorn che aveva scritto l’episodio, e non fosse aderente alla realtà?
Eppure, a rigor di logica, tutto ciò che aveva conosciuto era apparentemente frutto della fantasia degli autori BBC, eppure era anche reale.
- Ti ho detto ciò che ho visto, Dottore - dichiarò Ada con voce ferma. Si aspettava delle scuse.
- Lo so. Ti… ti credo. Ma è tanto meraviglioso da stordirmi. Mi dispiace, non riesco a pensare, non riesco a credere, non riesco… la mia Jenny, viva?
Ada annuì, le braccia doloranti dalla sua stretta improvvisa.
- La mia… la mia bambina! Martha, non è la cosa più straordinaria che tu abbia mai sentito? Oh, se Donna Noble fosse qui! Ricordi? Era stata lei a darle il nome… Ma non può essere stata una rigenerazione, non aveva il nucleo simbiotico…
- La Sorgente. Il dispositivo di terraformazione, credo si sia trattato di quello.
- Sono un cretino! Sono stato un cretino galattico! Ma sono sempre in tempo a rimediare, giusto? Ada… - Lei temette che la stritolasse di nuovo, ma il Dottore le schioccò un bacio sulle labbra. - Non ringrazierò mai abbastanza Clara per averti rapita. - Ada cercò di sorridere tranquillamente, ma la sua espressione esterrefatta non sfuggì a nessuno.
- Bene - concluse il Dottore, raddrizzandosi il colletto della camicia - Forse è meglio che questo a Clara non lo diciamo, sei d’accordo? - Lei annuì e sgusciò via dalla sua portata per aggrapparsi alla sciarpona di Osgood.
Nel frattempo, Gordon aveva ispezionato la cucina in cerca degli avanzi della torta e le sue ricerche erano andate a buon fine, perché quando si avvicinò per salutarli, poco più tardi, recava un vistoso sbuffo di cioccolato sul nasino.

Ada non considerò mai quella manifestazione estemporanea di gioia un Vero Bacio. I baci erano quelli di Clara, morbidi e profondi e maliziosi. I baci erano un segno di passione, non di gratitudine.
Nondimeno, la sensazione delle labbra del Dottore sulle sue non scomparve. Erano labbra aliene, ricordò. Sottili e sfuggenti, ma calde. E soprattutto reali.
Un bacio da quella bocca aveva il potere di riavviare l’universo, pensò, ma ovviamente lei non era River Song e il salotto di Kate non era il lago Silencio. Soprattutto, Euston Road non era il pianeta deserto di San Helios, e le sue elucubrazioni la portarono a sbattere contro un lampione e anche quello, sì, fu molto reale e molto doloroso.
- Potevi dirmelo che volevi prendere l’Espresso per Hogwarts, ti avrei avvisato che non esiste niente del genere. C’è un ex avamposto venusiano nei sotterranei della stazione, però, possiamo tornarci un’altra volta…
- Dottore, non mi prendere in giro. - Ada temette seriamente che il suo naso fosse ridotto in poltiglia. Lui l’aiutò a rialzarsi, ma l’espressione nei suoi occhi emanava ancora ilarità. Era così bello vederlo felice che scoppiò a ridere a sua volta.

*

Ada aveva ricambiato dal vivo quel bacio volante di Clara al di là del cilindro, rendendosi conto subito dopo che in qualche modo le aveva donato il bacio del Dottore. E quest’idea non la fece arrossire, né sentire in colpa, né le provocò quella confusione che di solito si prova quando i sentimenti per due persone si mescolano nel cuore e non riesci a districarli. Sentì che era giusto e meraviglioso.
- Una figlia tua-tua? - Clara era tutta occhi sgranati e se fosse stata il personaggio di un fumetto glieli avrebbero disegnati a cuoricino.
- Mia e dell’universo - rispose il Dottore, gli occhi che brillavano di speranza. - Se la vedeste. La vedrete. Oh, sì, lei...
- Si è bloccato. Ha smesso di calcolare! Madame, venga a vedere. - Ada non aveva ancora capito se dare a Vastra del tu o del lei, e seguiva l’estro del momento.
- La clandestina inizia a combinare pasticci - sghignazzò Dorium.
- Io combino cosa? Vuoi che ti porti al bowling? - lo minacciò Ada, la voce improvvisamente stridula, ma il Dottore arrivò dietro le sue spalle e prese il suo posto davanti allo schermo.
- Non si è bloccato, ha finito. Ha trovato le coordinate - annunciò, provocando il silenzio generale.
- Avevi detto che avrebbe impiegato due anni…
- Dico tante stupidaggini, ormai dovreste conoscermi. Accidenti. - Tamburellò sulla console, guardandosi intorno smarrito. - Porco schifo, non sono pronto… devo…
Clara esplose nel suo sorriso più bello: - Andiamo, Dottore. Te lo meriti. - Era intenerita e commossa, e rivide finalmente in lui il suo Dottore, risentì il legame che li aveva uniti; per la prima volta dopo Trenzalore pensò che fosse perfetto, che non gli mancasse nulla. Salvo, forse, la felicità che stava per raggiungere, e di cui tutti loro stavano per essere testimoni.


   
 
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