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Autore: Neverlethimgo    14/05/2014    1 recensioni
Missing moment tratto dalla ff 'the journey.'
“Che cosa credevi? Che non ti riconoscessi? Pensavi che non fossi consapevole di averti sotto di me?” mi domandò, questa volta con tono beffardo. Non risposi, ero ancora preso dal momento e, probabilmente, non ero in me.
“Credevi che l’alcool mi avesse rintontito a tal punto da impedirmi di pronunciare il tuo nome?”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Miley Cyrus
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The journey'
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Attenzione, si tratta di un missing moment tratto dalla fan fiction The journey.

Cosa sarebbe successo se Kyla fosse scappata con Justin?







 
 

Roadtrip to your heart.
 

 

Voglio scappare con te” mi disse, facendo comparire sulle sue labbra un grande sorriso. Scossi il capo e risposi: “non puoi.
Ne sei davvero sicuro? Dubiti di me?” mi sfidò ed abbandonai l’espressione divertita che mi si era dipinta in viso. “È proprio questo il punto,” mormorai e Kyla sollevò lo sguardo, dedicandomi un’occhiata interrogativa. “So che lo faresti ed è proprio per questo che ti dico che non puoi. Trey mi ucciderà non appena se ne accorgerà e poi…” lasciai cadere la frase a metà, ero certo che non mi avrebbe mai dato ragione.
Eravamo tornati da poco in California, dopo aver recuperato Trey, Dylan e Austin dall’hotel maledetto, ma nessuno, a parte Dylan, sapeva della nostra storia.
Saremo lontani quando se ne accorgerà e non potrà farti nulla. Ce ne andremo stanotte e nessuno lo verrà a sapere fino a quando il sole non sorgerà di nuovo.
Non seppi per quale assurda ragione le sue parole mi convinsero, ma mi lasciai trasportare perché, in fondo, era ciò che realmente volevo.
 
 
Ripensai alle parole che Kyla mi aveva detto solo qualche ora prima, pensai a quanto fosse assurda l’idea di scappare, di ritornare a percorrere una strada senza meta a bordo di una macchina come quella che stavo guidando. Era successo tutto così in fretta, che mi sembrava di sognare ogniqualvolta posavo lo sguardo alla mia destra, esattamente dove c’era lei: semisdraiata su quel sedile, i piedi appoggiati al cruscotto e lo sguardo perso oltre il finestrino abbassato. Il vento le scompigliava i lunghi capelli e l’azzurro dei suoi occhi sembrava essersi mescolato con il colore del cielo. Non appena ero consapevole che la sua attenzione non era incentrata su di me, ne approfittavo per guardarla e rimanevo incantato ad imparare a memoria i suoi lineamenti, nei più piccoli dettagli, per quanto più tempo potevo, prima di riportare lo sguardo sulla strada avanti a me.
Il sole non era ancora sorto, ma noi eravamo già lontani da Santa Monica, a breve avremmo lasciato la California e solo Dio sapeva fin dove saremmo arrivati.
Non avevamo meta, non sapevamo dove ci saremmo fermati, a nessuno dei due importava.
Tutto ciò che desideravo ce l’avevo accanto ed ero certo che per lei fosse lo stesso.
Dove stiamo andando?” mi domandò, posando lo sguardo su di me. Mi strinsi nelle spalle, limitandomi a seguire i suoi movimenti con la coda dell’occhio. “Non lo so, possiamo andare dove vuoi” le dissi.
Ritorniamo a Houston?
Mi accigliai, dedicandole un’occhiata interrogativa. “Perché proprio in Texas?
Perché, se ricordi, era stata quella la nostra prima vera meta dopo Las Vegas” mi sorrise e colsi uno strano guizzo nel suo sguardo, qualcosa che mi sembrò nostalgia.
D’accordo, andremo lì.
Sarebbe stato un viaggio lunghissimo, Houston era dall’altro lato del paese e un giorno di viaggio non ci sarebbe bastato per raggiungerlo, ma non m’importava.
 
 
***
 
La sera stessa, quando ormai il sole era già sparito dal cielo, decidemmo di fermarci. Ci trovavamo in Arizona, in una città di cui non seppi nemmeno il nome, ma – come di consuetudine – scegliemmo un motel sulla route 66, lontano dal centro abitato.
Parcheggiai la macchina nel piazzale di quel piccolo edificio, assicurandomi un paio di volte di averla chiusa a chiave.
Kyla si era avviata all’interno del motel e, quando la raggiunsi, reggeva già tra le mani la chiave della stanza. Senza nemmeno aspettarmi, iniziò a farsi strada lungo il corridoio che portava alle camere. Ad ogni passo che compiva sembrava volersi assicurare che i suoi fianchi si muovessero sinuosamente, quasi come a volermi costringere a seguirla, senza più perdere tempo.
Rallentai volutamente il passo, soffermandomi più del dovuto a fissare la sua figura muoversi sotto alle luci fioche poste sul soffitto di quel corridoio. Involontariamente mi fermai del tutto e, non sentendo più i miei passi dietro di sé, si voltò a guardarmi con aria interrogativa. Quell’espressione di dubbio abbandonò ben presto il suo viso: sulle sue labbra comparve un sorriso sghembo e, nonostante dai suoi occhi trapelasse stanchezza dovuta al lungo viaggio, riuscì comunque a trasmettermi quel senso di desiderio che l’attanagliava.
Si lasciò sfuggire una breve risata e riprese a camminare, continuando quel sinuoso movimento del bacino che mi faceva impazzire. Mi sentii in dovere di seguirla,  quasi come se mi stesse trascinando per il colletto della maglietta.
Raggiunse la porta e sparì all’interno della stanza prima che potessi raggiungerla.
Coraggio, Justin” mormorò, sporgendosi oltre lo stipite della porta, mentre mi guardava con aria divertita. “Non ti mangio mica” continuò poi.
No, sarò io a farlo.
La seguii dentro alla stanza e mi chiusi la porta alle spalle, trovandomi a pochi centimetri dal suo viso. Quel sorriso enigmatico era ancora vivo sulle sue labbra e lo strano luccichio nel suo sguardo riusciva ad inebriarmi, quasi più del profumo che emanavano i suoi capelli ogniqualvolta li scuoteva.
Poggiai entrambe le mani sui suoi fianchi e l’attirai a me, catturando le sue labbra tra le mie e baciandola con foga, quasi come se non compissi quel gesto da tempo.
Chiusi gli occhi e per un breve istante smisi di respirare, beandomi della sensazione di pura libertà che mi scorreva nelle vene. Eravamo lontani migliaia di chilometri dalla California, da Trey e da tutto il resto del mondo che ci apparteneva. Non sapevamo per quanto altro tempo avremmo viaggiato, né quando ci saremmo fermati. Nessuno sapeva dove ci trovavamo e nessuno avrebbe interrotto quel momento.
Si lasciò sfuggire un gemito nell’istante in cui le morsi delicatamente il labbro inferiore, sentendo subito dopo le sue mani tra i miei capelli.
Mi allontanai dalle sue labbra e mi appoggiai al dorso della porta, gettando all’indietro la testa ed inspirando a pieni polmoni quanta più aria potei. Un attimo dopo le sue labbra furono di nuovo sulle mie e feci scorrere le mani sul suo fondoschiena, coperto mio malgrado dalla stoffa dei pantaloncini in jeans. Feci per slacciarglieli, quando posò la sua mano sopra alla mia, la strinse e mi trascinò verso il letto. Ero ormai prossimo a spingerla delicatamente su di esso e sovrastare il mio corpo con il suo, quando lei mi precedette, scostandosi e facendo cadere me sul materasso.
Il suo viso era fasciato da un’espressione divertita, mentre io mi limitai a fissarla con aria di sfida. Mosse qualche passo verso il mobiletto accanto alla porta, si chinò – dandomi così un’ampia visione delle sue gambe nude e del suo fondoschiena – ed aprì l’anta di quello che doveva essere un minibar. Sentii il tintinnio di alcune bottiglie ed un attimo dopo ne poggiò un paio sulla superficie del mobiletto.
La guardai con aria interrogativa, ma non si preoccupò nemmeno di voltarsi. Si sfilò il top e lo lasciò cadere al suolo, scosse i capelli in modo che le ricadessero sulla schiena, coprendola quasi del tutto.
Afferrò la bottiglia di Jack Daniel’s e ne bevve un paio di sorsi, voltandosi di poco, in modo tale che potessi almeno scorgere il suo profilo.
Ne vuoi un po’?” mi domandò e si voltò completamente verso di me. Prima di poter sollevare un altro po’ lo sguardo, mi soffermai più tempo del dovuto a fissarle il seno ricoperto dal reggiseno.
Ti ho fatto una domanda, Bieber” rimarcò a denti stretti, facendo oscillare la bottiglia davanti a me. Sobbalzai ed annuii, sollevando finalmente il capo ed incrociando il suo sguardo. Si avvicinò a me, porgendomi la bottiglia che non esitai ad afferrare, ed ingurgitai due sorsi abbondanti di quel liquido. Sentii immediatamente la gola bruciare, ma tentai d’ignorarla e chiusi gli occhi, bevendo ancora. Poco dopo mi strappò letteralmente la bottiglia di mano e buttò giù qualche sorso.
Avrei voluto bere ancora, ma sarei finito col perdere la testa e, probabilmente, risvegliarmi il mattino seguente senza nemmeno un ricordo nitido in mente. E non volevo questo.
Ero sempre stato io quello che si faceva assuefare dal potere dell’alcool, questa volta avrei voluto vedere le carte in tavola a mio favore. Non appena mi porse la bottiglia scossi il capo e Kyla mi guardò con cipiglio.
Che ti prende?” domandò, ma mi limitai a stringermi nelle spalle. M’ignorò e bevve di nuovo e lasciai trascorrere il tempo fino a che il liquido all’interno di quella bottiglia non terminò.
La sentii ridere e mi portai entrambe le mani dietro alla testa, guardandola con aria divertita.
Sicura di non volerne più?” le chiesi, non riuscendo ad essere serio.
Cosa ti fa pensare che abbia finito?”  ribatté lei con aria di sfida. Si avvicinò nuovamente al mobiletto ed aprì anche l’altra bottiglia. Non sapevo di cosa si trattasse, il liquido era trasparente, per cui non sapevo se fosse vodka o tequila. La vidi ingurgitare un paio di sorsi generosi e si passò la lingua sulle labbra, eliminando quasi del tutto ogni traccia di alcool presente su di esse.
Realizzai di avere il labbro inferiore stretto tra i denti solo quanto ne avvertii il dolore. Ogni suo singolo movimento mi faceva impazzire.
Bevve ancora e, sorso dopo sorso, anche quella bottiglia si svuotò. Nell’appoggiarla sulla superficie, notai che non fosse più così stabile e lo appurai quando si avvicinò a passo lento al letto. Barcollava ad ogni passo, quello strano sorriso era ancora vivo sulle sue labbra, dallo sguardo sembrava assente, ma dovetti ricredermi quando – all’improvviso – si sdraiò sopra di me ed iniziò a baciarmi con foga. Le circondai la vita con le braccia e la strinsi più forte che potei, ribaltando poi le posizioni e dandole così la possibilità di sfilarmi la maglietta. Posò entrambe le mani sul mio petto e sussultai lievemente, inconsapevole del fatto che si trattasse della freddezza dei suoi palmi o di quel gesto inaspettato. Fece scorrere lentamente le mani su tutta la superficie fino ad arrivare al bordo dei jeans. Giocherellò con il lembo di stoffa per un tempo che mi sembrò infinito, ogniqualvolta le sue dita mi sfioravano la pelle sulla vita, sentivo l’eccitazione crescere man mano.
Mi avvicinai per baciarla, ma fu più veloce di me e m’impedì di compiere quell’azione, ponendo una mano contro al mio petto. Si morse il labbro inferiore e con la mano libera raggiunse il bottone dei miei jeans, lo slacciò e con una rapida occhiata mi fece capire che dovevo liberarmene. Non persi altro tempo e me li sfilai, gettandoli al suolo. Non avevo distolto un solo istante lo sguardo dalla sua figura. Portava ancora il reggiseno ed aveva indosso i pantaloncini, ma tutto ciò era stato sufficiente a mandarmi fuori di testa. L’avevo già vista altre volte in quelle condizioni, se non addirittura senza vestiti, eppure in quel momento di viverla per la prima volta.
Ora era lei quella ad essere assuefatta dall’alcool, mentre io vivevo tutto con estrema lucidità – ed era una cosa capitata raramente.
È un vero peccato che tu sia ubriaca” le sussurrai infine. Non che me ne stessi pentendo, ma non volevo che dimenticasse quella notte. “E perché?” mi domandò, dedicandomi un’occhiata stranita.
Scommetto che domattina dimenticherai tutto” dissi in un sussurro, quasi come se avessi preferito che non mi sentisse.
La sentii ridere e mi attirò a sé, intrappolando le mie labbra tra le sue e coinvolgendomi in un bacio colmo di passione. Ribaltò le posizioni, ma senza mai far cessare quel bacio. Poggiai le mani sulla sua schiena, approfittandone per slacciarle il reggiseno ed abbassarle di poco le spalline – quanto bastò per far in modo che le scivolasse di dosso non appena si fosse rialzata – dopodiché le feci scorrere sul fondoschiena, stringendolo vigorosamente, ma maledicendomi del fatto di non averle ancora sfilato i pantaloncini.
Improvvisamente si allontanò dal mio viso, sollevandosi di poco dal mio corpo. Come immaginavo, il reggiseno le cadde lungo le braccia, ma scosse i capelli in modo che le lunghe ciocche le ricoprissero il seno.
Approfittai di quel momento per slacciarle i pantaloncini ed aspettai pazientemente che se ne liberasse del tutto. Quando finirono al suolo, iniziò a strusciarsi lentamente sopra di me e ben presto riportò le labbra sulle mie. Le strinsi i fianchi ed assecondai i suoi movimenti fino a che gli indumenti intimi che entrambi indossavamo iniziavano ad essere di troppo.
Mi liberai velocemente dei boxer e lei fece lo stesso con le sue mutandine.
La costrinsi a scostarsi e ribaltai le posizioni, finendo col sovrastare il suo corpo con il mio.
Entrai in lei nello stesso istante in cui le catturai le labbra tra le mie, sentendola sussultare contro la mia pelle.
Justin.” Il mio nome fuoriuscì dalle sue labbra in maniera così dolce e sensuale, sentii il suo respiro contro il mio orecchio mentre lo pronunciava e serrai gli occhi.
Diedi il via ad una serie di movimenti, che lei non tardò a seguire.
Allora ti ricordi come mi chiamo” la schernii, riportando momentaneamente lo sguardo nel suo. Sembrò quasi fulminarmi con quei suoi occhi azzurri e, subito dopo, con un colpo di fianchi, mi costrinse a ribaltare nuovamente le posizioni.
Ero consapevole del fatto che non sopportasse che fossi io a condurre i giochi e mi stupii di come prese in mano le redini della situazione, facendomi entrare in un altro mondo.
Ero così preso da quel momento, da quei movimenti che andavano via via accentuandosi ogni qualvolta che il mio bacino si scontrava con il suo, che quasi non mi accorsi che le sue labbra si allontanarono dalle mie.
Si soffermò a guardarmi negli occhi più del dovuto e notai uno strano sorriso comparirle sulle labbra. “Sei davvero un idiota, Justin” mi disse ed io rimasi perplesso dalle sue parole, ma non ribattei.
Che cosa credevi? Che non ti riconoscessi? Pensavi che non fossi consapevole di averti sotto di me?” mi domandò, questa volta con tono beffardo. Non risposi, ero ancora preso dal momento e, probabilmente, non ero in me.
Credevi che l’alcool mi avesse rintontito a tal punto da impedirmi di pronunciare il tuo nome?
I- io non” prima che potessi pronunciare qualsiasi frase, m’interruppe, premendo bruscamente l’indice contro le mie labbra.
Sarà anche vero che sento la testa più leggera del solito, sarà vero che probabilmente non riuscirei a camminare su una linea dritta senza sbandare. O che magari non potrei restare in equilibrio su una gamba sola senza cadere a terra, ma non c’è sbronza che tenga che m’impedisca di sapere esattamente ciò che sta succedendo, né tanto meno di ricordarlo quando domattina ripartiremo alla volta del Texas.” Istintivamente sorrisi, ma il suo sguardo era abbastanza serio. “So reggere l’alcool meglio di te, non sono una novellina del cazzo che va fuori di testa con i primi tre bicchieri di vodka” sbottò poi, assicurandosi di rimarcare il fatto che il novellino in questione ero io.
Sei una fottuta stronza” mormorai a denti stretti, facendo sparire il sorriso che avevo sulle labbra.
Mi è parso di capire che mi ami lo stesso.” L’espressione che comparve sul suo viso fu indescrivibile: le labbra erano arricciate, lo sguardo volto in un punto indefinito avanti a sé ed il capo leggermente inclinato da un lato.
Fottuta stronza.
Ti approfitti di me” mormorai, fingendo un’espressione imbronciata. Riportò immediatamente lo sguardo su di me, quasi fulminandomi.
No, questo non puoi dirlo” mi ammonì.
Io ero ironico, lei no.
Invece sì” insistetti, trovando alquanto divertente quella situazione, “mi manipoli come se fossi il tuo giocattolo preferito.
Ma tu sei il mio giocattolo preferito e colgo l’occasione per ribadire il fatto che sei mio.
Ridacchiai ma mi schioccò un’occhiataccia, al che fui costretto a ritornare serio.
Non sto scherzando” disse a denti stretti, avvicinando pericolosamente il suo viso al mio. “Nemmeno io” ribattei. Sollevai di poco il capo, quanto bastò per permettermi di sfiorare le sue labbra.
Ti faccio saltare il culo per aria se ti becco con un’altra, ricordatelo.” Sorrise in maniera enigmatica e deglutii sonoramente dopo aver sentito quelle parole.
Avvertii un brivido corrermi lungo la schiena e sbarrai gli occhi, ma sapevo che, questa volta, non era dovuto a ciò che aveva detto.
Kyla Wilson, meglio conosciuta come la perfetta stronza, era gelosa di me.
Non mi avevano spaventato le sue parole, tutt’altro. Non avrei potuto desiderare di meglio.
Nonostante avesse un carattere odioso, nonostante fosse sempre capace di farmi sentire uno sfigato, una nullità, una merda, non c’era assolutamente nulla che avrei cambiato in lei.
Non era una ragazza dolce – erano più unici che rari i momenti in cui dimostrava di avere un cuore – ma sapevo che era sincera, ero consapevole che ciò che provasse non fosse finto.
E l’amavo. L’amavo come non avevo mai amato nessun’altra.



 




Mi leggi? :)

Mi è venuta la 'brillante' idea di scrivere una os su Justin e Kyla (per chi non lo sapesse, tratta dalla mia ff 'the journey'), questo è solo un missing moment, nulla a che vedere con quello che accade realmente nella storia.

Oltre a ciò non ho nulla da dire, spero solo che vi piaccia, fatemi sapere che cosa ne pensate :)
(per chi volesse leggere la storia per intero, qui c'è il link.)



Alla prossima!
Much Love,
Giulia

@Belieber4choice
on twittah and instagram          se avete domande, ask me.




 

   
 
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