Era sera,la pioggia scrosciava incessante contro i vetri coperti da
allegre tendine colorate.
I due bambini aspettavano impazienti, sotto le coperte tirate
su solo a metà, che il padre andasse ad augurar loro, con il
solito bacio sulla fronte, la buonanotte.
L'uomo era ancora in cucina ad aiutare sua moglie a riordinare la stanza dopo
la cena, ma presto, questione di minuti, sarebbe salito a svolgere il
compito più appagante della giornata.
Mentre svolgeva il tutto, guardò l'orologio appeso al muro: nei
suoi occhi non c'era impazienza,ma solo serenità e un po' di stanchezza per la
dura giornata di lavoro.E l'orologio segnava già le 21,30!
Posò per un attimo lo sguardo sulla giovane donna intenta a
d indossare il grembiule per lavare i piatti, le sorrise e le disse
semplicemente “Vado..”. Lei sorrise a sua volta, in
un tacito consenso, dirigendosi, tranquilla verso il lavello.
Il passo dell'uomo era pesante sulle scale, inconfondibile! Tanto familiare che i due bambini lo
avrebbero riconosciuto tra mille!
Egli si affacciò all'interno della cameretta e
osservò i bambini che lo aspettavano trepidanti.
“Papà!” dissero all'unisono,con la
vocetta squillante, allegra,affatto assonnata.
L'uomo sorrise amorevolmente: “Bambini, su! a
nanna! è già tardi..” disse con quella
sua voce profonda e calda.
“Ma papà...” Cominciò il
primo, “Noi non abbiamo sonno!” continuò
la seconda, poi, balzando entrambi a sedere, cinguettarono allegri e
speranzosi: “Ci racconti una storia?”
L'uomo trasse un profondo sospiro. Ogni sera si ripeteva la stessa scena. Era il
loro piccolo rito prima di addormentarsi e, per lui, era quello il momento
della giornata che rendeva a vita degna di essere vissuta!
“Volete che vi racconti una storia, bambini?", disse con
aria falsamente sconsolata, ma ammiccando a entrambi.
“mmm...ma è tardi...non so...”
“Dai, papà! Una piccolina, ti prego!!”
dissero entrambi, allungando ad arte le loro vocette su quel
“ti prego”, per renderlo ancora più
supplichevole.
L'uomo, che nel frattempo li aveva fatti sdraiare di nuovo e che con
estrema dolcezza aveva rimboccato loro le coperte, smise di
opporre resistenza alle insistenze dei due bambini, prese la
poltroncina ai piedi del letto e la avvicinò, in modo da
essere vicino ai visini dei bambini. Vi si sedette e, tenendo tra le proprie le manine
di entrambi, cominciò a raccontare. La voce profonda,
modulata dolcemente, aveva l'effetto di una nenia sui due.
“C'era una volta...tanto, tanto tempo fa, un
bambino..” “Un bambino? e quanti anni aveva,
papà?” chiese la femminuccia. Il padre le sorrise
e le accarezzò dolcemente i morbidi capelli castani
“Aveva la tua età, 7 anni.”
“E come si chiamava, papà?” Chiese il
fratellino. L'uomo lo guardò con una strana espressione
assorta, poi rispose: “Conan..” . Il piccolo
sgranò gli occhioni blu ed esclamò:
“Ma io mi chiamo Conan! ...si chiamava come me!”
“Già..” mormorò il padre,
scompigliandogli affettuosamente i capelli neri, di per sé
ribelli. Lo sguardo però era assente, perso in ricordi
lontani. Evidentemente era rimasto per troppo tempo in silenzio,
perchè la piccola, impaziente di sentirlo
continuare, gli tirò la manica della camicia e lo
guardò con aria interrogativa.
L'uomo si scosse e riprese: “Dove eravamo rimasti,
bambini?” chiese per recuperare i pensieri. ”Ad
un bambino di nome Conan!” dissero entrambi, con quelle loro
vocette acute.
“Si, allora..C'era una volta, in un piccolo
distretto di Tokyo chiamato Beika, un bambino di nome Conan. Dovete
sapere, bambini, che Conan era un bambino speciale!”
“E perchè, papà? Che aveva di
speciale?” chiese la piccola, la voce cominciava
già ad essere più lieve, più
assonnata. “Perchè? Oh, il piccolo Conan era
speciale perchè aveva subito una magia!”
“Una magia?” chiesero in coro i bambini che, come
sempre, pendevano letteralmente dalle sue labbra. L'uomo sorrise quel
suo sorriso caldo e paterno e, intanto, continuava a stringere tra le
sue, le manine, calde, dei suoi due bambini.
“Si, una magia! Il piccolo Conan, in realtà, era
un ragazzo tornato bambino!”
“Davvero?!” fecero i fratellini ad una sola
voce, sempre più presi dall'oblio della narrazione e dalla
voce tranquillizzante e catalizzatrice del padre, gli occhietti
sempre più pesanti... “Continua,
papà!” Disse il maschietto, stringendo a se con
il braccio sinistro l'orsacchiotto che era il compagno delle sue notti
e aprendo, nel frattempo, la bocca in un largo sbadiglio.
“Allora...dove eravamo rimasti? Ah, si! Il piccolo Conan
aveva una grande passione: amava tanto Sherlock Holmes! E come lui,
da grande, voleva fare il detective!”, “proprio
come te, papà!” Disse la piccola che ormai
ascoltava soltanto perchè non riusciva più a tenere gli occhi
aperti. L'uomo le sorrise e continuò: ”Si,
proprio come me...e amava anche giocare al pallone! Un giorno,
mentre passeggiava nel parco insieme ai suoi quattro amichetti, si
imbattè in...”
Ma a quel punto, i bambini dormivano già serenamente e
profondamente. Era inutile continuare.
Si alzò lentamente
per non fare rumore e si avvicinò prima all'uno, poi
all'altra per dare ad ognuno un leggero bacio sulla
fronte, rimboccò loro delicatamente le coperte, spense
l'abatjour e si chiuse piano la porta alle spalle.
Si diresse poi verso il salotto dove, semisdraiata sul divano e con un
libro in mano, lo aspettava la sua donna. Lei alzò lo
sguardo e gli sorrise, lui le porse una mano per aiutarla ad alzarsi e
le disse piano: “Andiamo di sopra, Ran?”
Lei accettò l'aiuto e, insieme, tenendosi per mano, andarono
in camera da letto.