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Autore: LadyTargaryen    14/05/2014    2 recensioni
I pensieri di Spartacus, rivolti all'amico Varro, compagno e fratello gladiatore, caduto per mano sua. I pensieri di un uomo dal cuore colmo di tristezza e dolore. Ma soprattutto di rabbia. E di vendetta.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Spartacus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un Giorno Ci Rincontreremo

 

 

 

 

 

E' notte, una notte serena, senza nubi ad oscurare le stelle. C'è una luna piena e chiara che si staglia alta nel cielo, bianca e perfetta nel suo latteo chiarore.

 

Davanti a me la piana di Capua, deserta, non una luce la illumina. Sotto di me solo il vuoto dello strapiombo.

 

E' in questi momenti, quando il silenzio diventa opprimente e il buco nel mio petto si fa profondo come questo baratro ai miei piedi, che sento ancora di più la tua mancanza, Varro, amico mio.

 

Quando mi volto e tutto ciò che trovo è il vuoto, quando nessuno mi domanda, sapendolo già, cosa mi passa per la testa, quando tra tante voci non odo la tua.

 

Quando mi illudo di trovarti nella palestra ad allenarti, nei bagni, seduto alle panche a mangiare assieme ai nostri fratelli gladiatori.

 

E quando scopro che non è così, quando realizzo per l'ennesima volta che non sei più tra noi, che non ti vedrò più, il cuore mi si riempie di tristezza, come una ferita che non vuole saperne di richiudersi e continua a sanguinare.

 

E ciò che mi fa più male, Varro, è che l'uomo che ti ha ucciso sono io.

 

Era mia la mano che impugnava il gladio che ti ha trafitto, mio il braccio che ha inferto il colpo.

 

Mi ripetono che è stato Numerios, il figlio del magistrato, a dare l'ordine. Ma ciò non cambia la realtà, non lenisce il mio dolore, né alleggerisce il peso nel mio petto.

 

Chi ha privato Aurelia di un marito e Giano di un padre sono stato io.

 

Io e soltanto io.

 

Intendevo donare il denaro ricavato dalle mie vittorie a tua moglie ma non vuole saperne. Non vuole il mio oro, non vuole le mie scuse, non vuole che cerchi di spiegarle, anche se ci ho provato più volte.

 

Non vuole nulla dall'uomo col sangue del suo sposo sulle mani.

 

 

 

 

 

 

Non saresti dovuto morire, amico mio, fratello mio.

 

Solo gli dei sanno quanto avrei voluto dare la mia vita per la tua.

 

Tu avevi una vita, fuori da queste scalcinate mura avevi una sposa, un figlio, una famiglia ad aspettarti.

 

Dovevi vivere, combattere ancora assieme a me, ancora nell'arena, tu ed io, fianco a fianco, sotto la folla che ci acclama urlando i nostri nomi.

 

Dovevi vivere per poterti un giorno conquistare la tua libertà, l'avremmo fatto assieme. Ti saresti trasferito in Sicilia con i tuoi cari, ed io sarei venuto a trovarti, ci saremmo abbracciati, finalmente da uomini liberi. Mi avresti presentato tua moglie, avrei conosciuto tuo figlio. Gli avremmo narrato delle nostre vittorie, delle nostre battaglie, di come ci siamo conosciuti.

 

Di come il selvaggio trace e il pacato romano divennero amici.

 

Ricordi quando il maestro ci ha messo in punizione nelle latrine? Neppure allora, immersi nella merda sino alla vita, hai perso il tuo sorriso.

 

E la battaglia contro quel gigante ricoperto di ferro? Non l'avrei mai sconfitto senza il tuo aiuto.

 

A tuo figlio sarebbero piaciuti, i nostri racconti, e noi glieli avremmo ripetuti tutte le volte che avesse voluto.

 

E' questo che mi fa più male: non il ricordare ciò che è stato, ma pensare a ciò che sarebbe potuto essere.

 

E che per il capriccio di un piccolo aborto viziato non sarà mai.

 

 

 

 

 

 

Continuo a vederti, lo sai?

 

Ti vedo mentre ti alleni, mentre giochi a dadi imprecando perché hai perso ancora una volta. Ti vedo nei miei sogni, di giorno, e nei miei incubi di notte.

 

E mi convinco che, forse, non te ne sei andato del tutto. Che forse sei in ogni goccia di sudore, in ogni sputo di sangue, in ogni ferita e in ogni fatica. Nei muscoli doloranti alla sera, nell'energia che mi anima.

 

In questo vento gentile che mi lambisce ora la pelle.

 

Nella voce che mi dice di non arrendermi.

 

E infatti non intendo farlo. Intendo ribellarmi, uccidere Batiato, quell'infame bastardo che ha ucciso mia moglie, e tutti quei cani romani che giocano con le vite degli uomini come fossero pezzi di carne senza sentimenti. Ho messo al corrente del mio piano i fratelli germani ed ho ottenuto il loro appoggio. A loro si è unito Amilcar, il punico. Gli altri schiavi celti invece non si schiereranno finché non sapranno le intenzioni di Crisso.

 

E lui non intende seguirmi.

 

Ma non per astio nei miei confronti, ma perché non vuole mettere in pericolo la vita di Nevia.

 

Ammetto di aver dubitato in passato che Crisso potesse provare qualcosa di diverso dal desiderio di gloria, che potesse provare un sentimento sincero per una donna. Ora mi vergogno di questi pensieri.

 

Perché ho visto nei suoi occhi il mio stesso sguardo, lo stesso amore che provavo per la mia Sura.

 

Domani dovrò affrontarlo, e saranno gli dei, quegli dei in cui pure non credo, a decidere a chi concedere la vita e chi invece lasciare a dissanguarsi nella sabbia.

 

Comunque vadano le cose non intendo ritirarmi.

 

Li ucciderò tutti, Varro.

 

Avremo la nostra vendetta su chi ha tentato di trasformarci in bestie da combattimento senza emozioni, su chi ci ha strappato alle nostre terre, alle nostre case, alle nostre famiglie e ai nostri amici, condannandoli ad invecchiare senza di noi.

 

Vendicherò la tua morte, e forse avrò e avrai pace.

 

Li ucciderò tutti.

 

O morirò provandoci.

 

Se tu fossi qui probabilmente mi diresti che è una pazzia, ma mi appoggeresti. Lo hai sempre fatto. Il più anziano ero io ma eri tu il più saggio dei due.

 

Sorrido, immaginandoti al mio fianco, spada alla mano, mentre ci gettiamo nella mischia muovendoci come un sol uomo, tra il sangue e le urla.

 

Sento che mi chiamano, devo rientrare.

 

Non so dove tu sia ora, mio amato fratello, mio caro amico, ma presto o tardi verrò da te, e saremo di nuovo assieme.

 

Ci rincontreremo un giorno.

 

Ma non ancora.

 

Non ancora.

 

 

 

 

 

 

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Salve! Ebbene sì, sono arrivata con i miei orrori anche qui! Ho conosciuto “Spartacus” grazie ad una mia amica (Carol, se mai passerai di qui, grazie ;))

e beh, NON potevo NON scrivere qualcosa sulla morte di Varro (ho pianto, giuro ç_ç) e sul dolore di Spartacus per l'amico perduto. Per cui ecco a voi.

 

La citazione del titolo e della frase finale è, ovviamente, tratta da “Il gladiatore” di Ridley Scott, come pure la musica che m'ha accompagnato durante la scrittura: “Now we are free”.

 

Che altro dire? A voi!

 

 

#Raky

 

 

 

 

 

  
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