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Autore: _Zexion_    15/05/2014    1 recensioni
[ Fire Emblem: Awakening ]
Ripensandoci, doveva immaginarlo dal momento in cui erano arrivati i suoi dieci anni e suo padre era morto in una battaglia, che la felicità non durava per sempre. Benché si fosse ripromesso di far sorridere la madre, di proteggerla, a dieci anni Inigo passava le serate a fingere di non sentire la madre piangere in camera, a fingere di non sapere che prima o poi era ovvio, lei avrebbe fatto di tutto per proteggerlo.
Anche morire.
Genere: Generale, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Iris.
Fandom: Fire Emblem: Awakening
Rating: Giallo
Avvertimenti: Nessuno.
Conteggio Parole: 2156
Note: Dunque. In questa ff ho deciso che il padre di Inigo è Henry, ovviamente la mamma è Olivia. E' dedicata proprio a lei, da un Inigo un po' impacciato. 
Li adoro. Inigo è il mio pg preferito ed ho dovuto scrivere. Quindi... spero che piaccia, ecco.
( Perdono per gli errori ortografici che si potrebbero riscontrare

 

Iris


Era solo un bambino quando la guerra gli insegnò quanto poteva essere crudele il destino. La distesa di corpi intorno a sé,  cadaveri oramai inanimati, e le proprie mani, macchiate del sangue della propria madre mentre la teneva a stretta a sé, troppo fredda e pallida per immaginare anche solo per un attimo il tepore del suo sorriso.
Il primo ricordo che aveva di sua madre risaliva probabilmente a quando era ancora incapace di parlare. Ricordava distrattamente che cadendo si era fatto male, una delle prime volte che camminava e di conseguenza aveva cominciato a piangere come se non ci fosse un domani per lo spavento, attirando così i suoi genitori. Ricordava di come l’avesse preso in braccio il padre e di come cercava di farlo ridere con facce buffe e poco dopo di come la madre gli aveva asciugato le guance bagnate da lacrime salate e, di conseguenza, gli aveva sorriso.
Ricordava quel sorriso come quello di un angelo, perché poco dopo aveva sentito solo un caldo tepore ed aveva riso, dimenticando il dolore.
Il secondo ricordo risaliva a quando aveva circa due o tre anni. Si era allontanato da casa per andare a raccogliere dei fiori, finendo con il perdersi. Ricordava di come si era spaventato ma di come silenziosamente e coraggiosamente aveva cercato di nuovo la strada di casa. Quel giorno, fino al tramonto, aveva vagato in quella che pensava essere la strada giusta e che per fortuna si era rivelata tale, quando un corvo del padre lo aveva raggiunto iniziando a gracchiare rumorosamente. Poco dopo erano arrivati i genitori e sorprendentemente la madre sembrava più arrabbiata del padre, quando aveva iniziato a sgridarlo dopo averlo abbracciato così forte che gli era mancato il respiro. D’istinto, Inigo avrebbe voluto piangere per scaricare la paura, ma quando Olivia aveva incominciato a piangere aveva timidamente tirato fuori la manina paffutella, porgendole un Iris viola.
La madre lo aveva guardato sorpresa, prima di sorridere tra le lacrime ed il padre lo aveva preso in braccio, per accompagnare entrambi a casa. Non aveva capito, a quel tempo, come mai si fossero spaventati così tanto.
Ma sapeva che non avrebbe mai dimenticato quel giorno.
Il terzo ricordo che aveva, risaliva circa durante i suoi sei anni. Ricordava lo spavento, il sentimento di paura, di codardia, di imbarazzo mentre riverso a terra si era ritrovato circondato da due Risorti, allora troppo piccolo per impugnare una vera spada. Sino ad allora aveva solamente sentito parlare di quegli esseri che distruggevano l’impero che Chrom cercava disperatamente di salvare. Ricordava di come era uscito a giocare con Cynthia e di come alla fine si erano ritrovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ricordava di averla spinta via e urlato di correre più veloce che potesse e di come era rovinosamente inciampato per schivare le braccia di un risorto, restando così indietro.
Avrebbe giurato, quasi, che in quel momento sarebbe tutto finito e quindi aveva chiesto scusa mentalmente ai genitori, troppo grande nel suo corpo da bambino ed aveva immaginato che per colpa sua la madre avrebbe pianto di nuovo.
Invece, contrariamente a quanto si aspettava, fu proprio quella madre che sembrava fragile a venire in suo soccorso combattendo così leggiadra che, mentre muoveva la spada, sembrava quasi stesse danzando.
Lo aveva preso subito in braccio mentre il padre teneva lontani gli altri Risorti con la magia ed alla fine erano tornati a casa, completamente sani e salvi.
Quel giorno la madre non aveva pianto, solo guardato preoccupato con gli occhi lucidi.
Ripensandoci, doveva immaginarlo dal momento in cui erano arrivati i suoi dieci anni e suo padre era morto in una battaglia, che la felicità non durava per sempre. Benché si fosse ripromesso di far sorridere la madre, di proteggerla, a dieci anni Inigo passava le serate a fingere di non sentire la madre piangere in camera, a fingere di non sapere che prima o poi era ovvio, lei avrebbe fatto di tutto per proteggerlo.
Anche morire.

« … Mi stai ascoltando? » Quelle parole lo distrassero dai propri pensieri, ed Inigo si volse verso la ragazza al suo fianco, il solito sorriso che non voleva lasciarlo sulle labbra.
« Non potrei mai ignorare le parole di una dolce ragazza pronta come te, mia Signora. » la ragazza sembrò compiaciuta e quindi sorrise, avvicinandosi al ragazzo e posando una mano sulla sua.
« Allora, » cominciò « che cosa stavo dicendo? »
Avete presente il momento in cui la testa non produce altro che un ronzio inesistente ed il sorriso non lascia il volto solo perché è occupato a pensare? Ecco, quello era esattamente ciò che stava macchinando la testa altrui, mentre decisamente, Inigo si sentiva fregato per l’ennesima volta.
Di fatti di lì a poco la ragazza iniziò a capire e, puntualmente, arrivò lo schiaffo insieme alla solitudine.
Sospirò, Inigo, finendo con l’alzarsi e pagare il conto, pronto a tornarsene all’accampamento. Benché ce la mettesse tutta, quando sembrava andare bene qualcosa puntualmente finiva con il disturbarlo, facendogli pensare altro, o peggio, pesare altro.
Come al solito percorse la strada più lunga per far passare il tempo per bene, passando lungo il bosco che costeggiava l’accampamento ed il villaggio, separando gli uni dagli altri.
Passò per le coste di un fiumiciattolo, dove gli abitanti andavano a raccogliere l’acqua e fu lì che li vide.
Quei fiori viola che non crescevano più nel suo futuro, sostituiti da fredda terra bruciata.
Gli Iris.

«Mamma, mamma! » Corse verso di lei, quasi inciampandole addosso, ridacchiando nella sua tenera età.«Inigo, con calma, ti farai male! » lei rise, di una risata cristallina, dolce. Rise, mentre il figlio le si aggrappava ad un braccio, rosso tra l’imbarazzo e la corsa.
«Che cosa fai, mamma?»
«Raccolgo gli Iris.»
« Ma lo fai seeeempre, sempre. Perché? Ci sono fiori più belli e di colori super variopinti! » Olivia rise di nuovo, prendendone uno e porgendolo al figlio, che lo prese tra le proprie manine guardandola confuso.
«Sai, hanno un significato particolare. Significano “Ho un messaggio per te”, generalmente di buon auspicio.» Inigo lo guardò a lungo, prima di porgere il fiore alla madre, nuovamente, che lo guardò interrogativa. Il bambino arrossì ancora di più, se possibile ed alla fine tirò fuori tutto d’un fiato la frase.
«T-Ti voglio bene!» Olivia lo guardò un attimo, prima di arrossire a sua volta, ridacchiando contenta.
«KAH! Potrei essere geloso, sapete? Inigo, non vuoi bene a me?» Entrambi sobbalzarono, girandosi e vedendo Henry che li guardava, sorridendo.
«Caro…»«Papà, ci hai spaventati!»


Si chinò vicino a quei fiori, così belli e così crudeli, restando seduto lì, sul terriccio umido. Li guardò a lungo, accarezzandone i petali, osservandone le striature. Li guardò attentamente e per un attimo volle strapparli da terra, crudeli nel loro colore, nel loro crescere così apertamente dove nel suo tempo non vi era più nulla.
Si morse il labbro, lasciandosi cadere a terra e cercò di cacciare indietro quelle lacrime che crudelmente sembravano voler venir fuori, persino dopo tutto quel tempo passato da quando aveva perso i suoi genitori.
Andare nel passato, ritrovarli, vederli felici e sorridenti trattarlo come un figlio semplicemente perché sapevano che lo era, solo per un richiamo di sangue, gli faceva bene quanto male.
Non erano i suoi “Veri” genitori, Inigo lo sapeva benissimo. Eppure non riusciva a fare a meno di pensare che, volente o nolente, erano lì ed erano vivi. E che forse non avrebbe potuto riavere indietro i suoi genitori, forse il suo futuro nonostante tutto non poteva cambiare completamente. Ma non poteva fare a meno di sentirsi felice di riaverli accanto.

Freddo, pallido. Osservava quel corpo, quei corpi, stagliarsi dinanzi a lui come un prato, uno sopra l’altro, zolle di terra di un rosso fuoco.Ancora qualcuno combatteva, in piedi in mezzo a quel mare di cadaveri, tra tutto quel sangue e quando Inigo trovò i capelli familiari della madre sia vvicinò di soppiatto per non farsi vedere o farsi prendere, semplicemente per portarla via con sé.
« Madre! » Un richiamo, nessuna risposta. « E-ehy, madre! M-mamma, ehy! Sono venuto a prenderti! » Raggiunse il corpo, immobile in mezzo agli altri, e lo toccò per scuoterla dal suo torpore. E fu allora che il gelo della pelle finì sui suoi polpastrelli e la consapevolezza gli mozzò il fiato. Scavò tra i corpi, la trascinò fuori con solo la forza dei suoi dieci anni e ne vide lo squarcio sul petto, con un moto di terrore.
« M-mamma…? Sono io, Inigo. Mamma, a casa ci sono gli Iris che vanno curati, i-io non so farlo. »
Nulla, niente di niente. « M-mamma? » Gli accarezzò il volto, freddo e gli occhi violacei ora puntarono il loro essere vitrei contro di lui. Inigo rimase fermo, le mani che lentamente si tingevano del sangue del suo sangue, di quello della sua amata madre. La fissò, a lungo e per momenti interminabili, fino a quando qualcuno non lo scosse e lui quasi non urlò. Si girò, verso la figura, ritrovandovi la somiglianza in Lissa che, con gli occhi lucidi passava lo sguardo da lui ad Olivia.
« Inigo, andiamo via di qui. » Il ragazzino si girò verso la madre, guardandola ancora e fu allora che Lissa si sporse, chiudendone gli occhi.
« … Zia Lissa, la mamma non si muove più. E’ morta? Ha raggiunto papà? »
« … Inigo… » Non vi fu una vera risposta, semplicemente la donna lo abbracciò, prima di convincerlo ad alzarsi.« Mamma…? » 


Si risvegliò di scatto, quando un brivido gli corse lungo la schiena. Notò il cielo dei colori del tramonto ed ansimò appena, sentendo una stretta soffocante al petto. Faceva male, doleva, sentiva che gli mancava qualcosa e quando portò la mano al viso per scostare i capelli, lo trovò bagnato da calde lacrime.
Si morse il labbro, picchiò il terreno e poi si alzò velocemente, respirando a fatica. Gli ci vollero minuti per calmarsi, forse ore visto il buio che si infittiva. Ma si lavò il volto alla fine e scacciò ogni pensiero, mentre lo sguardo cadeva di nuovo verso quei fiori maledetti, che la madre gli aveva lasciato quasi più come ricordo in una casa vuota, che era bruciata prima che potesse rientrarvi, prendere una loro foto.
Tutto in cenere, come qualsiasi cosa Grima toccasse.
Sentì le mani tremare, quando ne accarezzò il gambo e si ricordò di Olivia, quella di quel mondo, quella del presente che non gli apparteneva. Con delicatezza ne recise uno dal terreno, mentre per un attimo rivide le proprie mani macchiate di un sangue rosso, vivo, fresco.
Sentì un presentimento orribile e corse fino all’accampamento, trafelato.

Quando vi arrivò c’erano in corso i preparativi della cena e tutti parlavano, chiacchieravano tra di loro, finendo con il ridere o litigare. Con una guancia rossa, nessuno si preoccupò di chiedere ad Inigo cosa avesse fatto, perché tutti sapevano come finivano quelle uscite.
Fu il passo sostenuto con la quale si avvicinò ad Olivia che attirò l’attenzione dei presenti, il fiore stretto nella mano ed il volto un po’ pallido che fece chiedere agli altri che cosa stesse accadendo a quel ragazzo che non faceva altro che sorridere e fare lo stupido.
« …. Inigo? » La voce timida della madre lo colpì  di getto, come se fosse una boccata d’aria fresca dopo minuti di apnea e si calmò, cercò di farlo. «Va tutto bene…? »
Alla fine, Inigo si rese conto di essere stupido. La guardò, in quel silenzio che sembrava aver riempito l’aria e poi guardò il padre, sentendosi come sollevato.
Ridacchiò, scrollando le spalle e la tensione sembrò spezzarsi. « Sono solo stato rifiutato. » La madre sembrò tirare un sospiro di sollievo, guardandolo poi con rimprovero, ma Inigo sapeva che il padre leggeva oltre la sua espressione. «Tornando a casa ho trovato questo. Nel mio futuro non ve ne sono più, oramai, ma da piccolo li amavo. »
Lei sembrò guardarli sorpresa, stupida e sorrise per un attimo, quel sorriso tanto dolce che Inigo non aveva visto per anni. «Oh, l’Iris. E’ il mio fiore preferito, il suo significato… »
«E’ “ho un messaggio per te”, di buon auspicio. » Olivia lo guardò sbattendo le palpebre per un attimo e lui sorrise, porgendogli il fiore che lei prese dolcemente dalle sue mani. Fu allora che Inigo si chinò, e le baciò la guancia. Sorridendogli. Sorrise al padre e semplicemente fece un passo indietro, ora con più colore sul volto.
«Vado a sciacquarmi il viso. Lo schiaffo ancora scotta, eheh.» Si voltò, mentre gli altri avevano ripreso il loro tran tran e qualcuno commentava come suo solito il due di picche preso dal ragazzo, ma stavolta Inigo ignorò tutto, tornando per un attimo nella propria tenda, la tensione cancellata, la risolutezza ora sotto la pelle.
Si ricordò perché era tornato nel passato, perché era lì e non gli importò più se nel futuro avrebbe riavuto i suoi genitori o se quelli non fossero veramente i suoi, appartenenti ad un’altra linea temporale.
Voleva dare al sé di quel presente, un futuro felice.

Ed il sangue di nessuno, avrebbe macchiato le sue innocenti mani.
  
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