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Autore: pandosea    16/05/2014    4 recensioni
C’era una volta, molto tempo fa, in una vallata fra due montagne, la terra di AAA. Si racconta anche di una leggenda che interessasse tale terra, molte sono le teorie su come quella leggenda nacque, chi interesso e quale fosse il suo nome, ma poche sono davvero attendibili, così, oggi, ho deciso di raccontare la mia versione della storia. Innanzi tutto, devo presentarmi, io sono Fionna l’avventuriera, vivo con la mia gatta in una casa su un albero, ormai sono vecchia e passo le mie giornate a scrivere, ma quando ero giovane ogni giorno per me era un’avventura, ma in questa storia non voglio parlare di me, bensì di una persona speciale, una persona che forse potrà leggere ciò che sto scrivendo anche fra trecento anni e quella che sto per raccontarvi è una storia d’amore, ma non una di quelle tutte rose e fiori, anzi, questa forse è la più triste delle storie d’amore che vi capiterà mai di leggere, perciò potete ancora chiudere il libro e sceglierne un altro se per caso siete in biblioteca. Se invece vi piacciono le storie malinconiche e drammatiche, beh, allora potete continuare a leggere.
(Gumlee, what else?)
- pandozeus.
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Gommorosa/Gumball, Marshall Lee
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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~ La maledizione dell’amore.

 
 
C’era una volta, molto tempo fa, in una vallata fra due montagne, la terra di AAA. Si racconta anche di una leggenda che interessasse tale terra, molte sono le teorie su come quella leggenda nacque, chi interesso e quale fosse il suo nome, ma poche sono davvero attendibili, così, oggi, ho deciso di raccontare la mia versione della storia. Innanzi tutto, devo presentarmi, io sono Fionna l’avventuriera, vivo con la mia gatta in una casa su un albero, ormai sono vecchia e passo le mie giornate a scrivere, ma quando ero giovane ogni giorno per me era un’avventura, ma in questa storia non voglio parlare di me, bensì di una persona speciale, una persona che forse potrà leggere ciò che sto scrivendo anche fra trecento anni e quella che sto per raccontarvi è una storia d’amore, ma non una di quelle tutte rose e fiori, anzi, questa forse è la più triste delle storie d’amore che vi capiterà mai di leggere, perciò potete ancora chiudere il libro e sceglierne un altro se per caso siete in biblioteca. Se invece vi piacciono le storie malinconiche e drammatiche, beh, allora potete continuare a leggere.
Questa storia parla di un ragazzo, ma non un ragazzo qualunque, il suo nome è Marshall Lee. Era un ragazzo normale, con una vita normale, gusti un po’ eccentrici, ma nulla di troppo esagerato. Marshall Lee era ambito da molte ragazze anche perché era figlio di potenti signori che vivevano nella terra di AAA. La sua vita era perfetta, fin quando Marshall Lee non fece il madornale errore di far innamorare di sé una strega molto potente che, dopo aver ricevuto un rifiuto da parte sua, gli scagliò contro una maledizione terribile che lo trasformò in un vampiro. Da quel giorno Marshall Lee sarebbe stato costretto a vivere per sempre vedendo perire le persone che amava. Per sua fortuna però, anche essendo un rubacuori, il suo cuore era difficile da conquistare. Ancora tutt’oggi una parte del mio cuore gli appartiene, nonostante io abbia in seguito trovato la felicità con il sovrano del regno del fuoco, il principe Fiamma. Ecco allora di chi in realtà tratta questa famosa leggenda, che, in fondo, era reale. Questa leggenda narra di come quel ragazzo faceva innamorare, viveva serenamente e.. di come si innamorò.
 
A quei tempi ero ancora giovane e spensierata, sognavo l’amore della mia vita e nel frattempo mi dedicavo ad avventure spericolate in giro per la valle di AAA. Ne ho combattuti di mostri cattivi ai miei tempi. Fu proprio durante una delle mie spedizioni speciali che conobbi Marshall Lee. Certo, il nostro incontro non fu dei migliori dato che cercammo di ucciderci l’un l’altro, ma dopo un po’ mettemmo da parte le nostre divergenze e iniziai a conoscere il vero Marshall Lee, non quello che si mostrava con gli sconosciuti. Mi raccontò la sua storia, la sua condanna e mi confidò di non essere mai stato innamorato. Come tutte le ragazze, la mia prima reazione fu quella di dirgli «Chissà, magari sarò io la prima.» Ma così non fu mai. Eh già, lui non mi considerò mai più di una semplice amica, mentre io cadevo sempre di più nella sua trappola. Non saprei spiegare cosa quel giovane avesse in più degli altri, ma la sua libertà, la sua spensieratezza erano così coinvolgenti che presto finì con il ritrovarmi a passare con lui sempre più tempo. Ricordo che una volta mi disse di raggiungerlo in cima ad una rupe che affacciava su un fiume e mi chiese «Tu salteresti o ti lasceresti cadere?» La mia prima reazione fu quella di spalancare gli occhi incredula e confusa, ma non solo perché era qualcosa di terribilmente pericoloso e illogico, ma anche perché solo un folle avrebbe fatto una domanda del genere, che poi tra l’altro era come chiedere “L’acqua la ingoi o la bevi?”. Mi accigliai e timidamente risposi. «Non farei né l’uno né l’altro, perché dovrei farlo?» Lui sorrise e poi fece qualcosa che ricordo ancora oggi in maniera nitida e chiara nella mia mente: si lasciò cadere. Per un attimo trattenni il respiro e rimasi congelata sul posto incapace di reagire, ma dopo qualche minuto vidi risalire un Marshall Lee completamente fradicio, ma perfettamente intatto. «Vedi, se fossi saltato non ti avrei vista mai più, invece, lasciandomi cadere all’indietro, precipitando avevo la tua immagine fissa nella mente. Credo che questo sia il miglior modo per dire addio alla persona amata.» Dopo aver finito il suo discorso, solo Dio sa quante gliene ho date per la paura che mi aveva fatto prendere. Ecco un altro lato strano di quel ragazzo: era terribilmente malinconico e pessimista, ma aveva momenti di estrema simpatia e allegria. E proprio in un giorno che lo rispecchiava poiché pioveva con il sole, Marshall Lee fece l’errore più grande della sua vita. Bussò alla porta del palazzo reale di Dolcelandia chiedendo riparo fin quando il diluvio non sarebbe terminato. Da lì inizio il suo declino, morale, fisico e spirituale.
 
Il palazzo reale apparteneva al Principe Gumball, un ragazzo interamente rosa, dalla testa ai piedi, compresi occhi e capelli. Era un ragazzo dolce e gentile, non negava mai il suo aiuto a nessuno quindi perché farlo con un povero ragazzo bisognoso di ospitalità durante un temporale? Marshall Lee, da bravo rubacuori qual’era, però non si limitò solo a ricevere l’accoglienza, ma si divertì a stuzzicare il principino. Alloggiò al castello per qualche giorno facendo di tutto pur di far innamorare perdutamente il ragazzo di lui, ma non c’era verso. Le aveva provate tutte: infiltrarsi nel bagno mentre lui faceva la doccia, fluttuargli addosso mentre dormiva, ma niente aveva funzionato. Così, un giorno, prese la drastica decisione di portare il principe in giro per la valle di AAA per farsi vedere in azione. Purtroppo nulla di ciò che fece quel pomeriggio provocò nel principe nemmeno un velo di rossore o un minimo segno di cedimento. Capì che c’era solo una cosa da fare.. diventare il suo stalker personale. Più il tempo passava, più io e le altre ragazze continuavamo a sperare che ci rivolgesse le stesse attenzioni che dedicava al principe. Più passava il tempo, più ci illudevamo. Un giorno uscimmo in tre, come al solito Marshall dovette sempre fare il cretino così ci portò ad ammirare le bolle d’arcobaleno del lago Cioccolatoso. Per far ingelosire il principe, mi prese per mano e mi portò con sé in una delle bolle, ma una volta notato che Gumball rimaneva estraneo a tutto continuando a sorridere sulla soglia del lago, si innervosì e apparve dietro le spalle del roseo prendendolo abbracciandolo da dietro per poi sollevarlo in aria. «Cos- Marshall Lee, mettimi subito giù!» Certo, le imprecazioni non erano esattamente la reazione desiderata, ma erano pur sempre una reazione. Il vampiro sorrise tra sé e sé ed entrò in una delle bolle dove iniziò a ballare con Gumball che, finalmente arrossito in volto per la prima volta, si muoveva peggio di un peggio di legno suscitando le risate degli altri. Da quel giorno il principe divenne molto meno restio nei confronti di Marshall che la considerava una piccola vittoria, ma non gli bastava perciò continuava a infastidirlo, anche in giornate importanti come ricevimenti reali o feste del regno. Teneva sempre sott’occhio il principe e non appena vedeva qualcuno avvicinarsi troppo il suo braccio andava ad avvolgere il collo di Gumball che sospirava soltanto. Da quel piccolo e semplice gesto, le azioni di Marshall diventarono delle vere e proprie molestie, tant’è che spesso e volentieri il vampiro, con una confidenza che il principe non ricordava di avergli mai dato, si permetteva di allungare un po’ troppo le mani, ovviamente sempre rimesso poi a posto dal ragazzo rosa. Io lo avevo soprannominato il suo “molestatore personale”. Non mancarono però i momenti in cui l’opprimente e fastidiosa presenza di Marshall si rivelò di vitale importanza per il principe. Come far innamorare una persona di sé? Salvale la vita. E fu proprio quando Gumball era salito sul corrimano del balcone per sistemare un problema che i servitori, troppo bassi per il caso, non erano riusciti a risolvere, che l’aver messo un piede troppo fuori, costò quasi la vita al poverino. Esatto, quasi. Perché, fortuna volle, che Marshall Lee si trovasse nel posto giusto al momento giusto per afferrarlo in tempo prima che si schiantasse al suolo. Gumball dopo essersi, in un primo momento, aggrappato saldamente alla camicia del vampiro per non cadere, si allontanò un po’ rosso in volto e quella visione fece sorridere il salvatore. «Guarda dove metti i piedi, principino, se facessi una brutta fine non riuscirei a sopportarlo.» Il roseo gli diede un colpetto sulla spalla e mormorò un «Stupido.» Ci furono episodi meno piacevoli, come quando Marshall si era stabilito sul letto del principe e lo buttava giù ogni singola volta che quello cercava di salirci. «Marshall Lee, scendi immediatamente dal mio letto!» Aveva quasi urlato Gumball con i nervi a fior di pelle, ma l’altro si era limitato a fargli l’occhiolino e rispondere un semplice «Costringimi.» Ma avete presente il detto “chi disprezza vuol comprare”? È proprio il caso del giovane principino Gumball. Aveva disprezzato per lungo tempo quegli atteggiamenti opprimenti di Marshall soltanto per poi rendersi conto di essere anch’egli caduto nella trappola del vampiro. Gumball sapeva delle voci che giravano sul conto del vampiro corvino rubacuori, per questo si era ripromesso di non farsi abbindolare, ma il suo piano era riuscito con scarso successo. Quello che però Gumball non sapeva era che non era l’unico ad essersi fatto trarre in inganno dall’amore. Che sentimento crudele è l’amore, è qualcosa che succede e basta senza che tu te ne accorga e possa rimediare. Fu esattamente così, come respiravano, Marshall Lee ed il principe Gumball si ritrovarono ad amare, anzi.. ad amarsi. Il giorno in cui i due capirono che vi era più di un’amicizia, Gumball si era ritrovato esattamente dove tutto aveva avuto inizio, al lago Cioccolatoso. Dopo una mezz’oretta anche Marshall fece la sua comparsa fluttuando fino al principe e facendolo cadere a terra bloccandogli le mani con le sue sull’erba morbida, ma restando comunque sospeso in aria. «Chi l’avrebbe detto che ti avrei incontrato qui.» disse con un sorriso malizioso dipinto sul volto mentre Gumball voltava il viso paonazzo da un’altra parte sentendo le dita di Marshall accarezzare piano le sue. Dopo un po’ voltò il viso verso di lui sorridendo appena nonostante il rossore. «Marshall, sai cos’è la Sindrome di Stoccolma?» sussurrò piano, quasi fosse un segreto e dopo uno sguardo confuso da parte dell’altro iniziò a spiegare, sempre a bassa voce. «La Sindrome di Stoccolma si ha quando una qualunque vittima si innamora del suo violentatore, assassino oppure, in questo caso, del suo molestatore.. e io credo di esserne affetto.» Una specie di scintilla scattò negli occhi di Marshall che fece un mezzo sorriso prima di chinarsi verso le labbra del principe e fermarsi a pochi millimetri da esse. «E come si chiama la sindrome che si ha quando è il molestatore ad innamorarsi della vittima?» «Non credo ci sia un nome.» «Peccato.» E dopo questo scambio di battute, la condanna di Marshall finalmente iniziò, sigillata da un bacio.
Una volta resosi conto dei propri sentimenti, il vampiro si maledisse mille e mille volte, non voleva innamorarsi e pensava di essere in grado di raggirare la maledizione e sfruttarla a suo vantaggio, ma aveva fatto male i calcoli. Non aveva calcolato un soggetto rosa, un principe, un ragazzo di nome Gumball e si maledisse ancora e ancora. «Perché?!» Urlò sferrando un pugno contro il muro della sua casa. «Perché?!» Un altro pugno che quasi non disintegrò la parete. Tanto era un vampiro, non doveva preoccuparsi del farsi male. Passò la notte così, a prendere a pugni il muro e a respingere le lacrime che gli premevano sugli occhi.
 
La relazione si evolse talmente velocemente quanto segretamente, io stessa non avrei saputo niente e ora non sarei qui a scrivere se solo non fossi stata la migliore amica di Marshall e la sua unica confidente. All’inizio, dopo avermi confidato della loro relazione, avevo il cuore spezzato e faticavo ad essere felice per lui, ma poi, con il passare del tempo, ascoltare i suoi racconti su come passassero le giornate divenne per me oggetto di interesse e spesso spendevo notti intere ad ascoltare Marshall parlare, anche perché non mi sarei mai aspettata un’indole così romantica da quel poetucolo che si fingeva un vampiro. Mi ha raccontato di come Gumball gli avesse insegnato a fare i biscotti e come, dopo aver distrutto mezza cucina, lui ci era riuscito; mi ha raccontato di avergli scritto una canzone intitolata “Thank you for loving me” e di avergli fatto una serenata, privata e segreta, ma pur sempre una serenata. Ahimè, Marshall non mi risparmio nemmeno i racconti sulle loro notti piene di passione. Il più triste racconto che rimembro e che vi riporto però, è quello di come la felicità di Marshall Lee iniziò a svanire come sabbia tra le mani. La strega che gli aveva lanciato la maledizione, si era premunita di specificare che, nel caso lui volesse mordere qualcuno per renderlo altrettanto immortale, doveva essere più che certo che quella persona fosse l’amore della sua vita, altrimenti il diretto interessato sarebbe morto. Marshall pensava a quella situazione notte e giorno e non si decideva a prendere una decisione. Amava Gumball, ma se la strega gli avesse mentito? Se il morso avrebbe ucciso comunque, a prescindere dalla persona? Cosa avrebbe fatto? Eppure non voleva perderlo, non voleva vederlo invecchiare e morire mentre lui sarebbe rimasto così per millenni e millenni, ma il rischio era troppo grande. L’umore di Marshall iniziò a mutare notevolmente con il passare dei giorni e Gumball non capiva perché. Una sera prese le mani del compagno tra le sue e lo costrinse a sedersi sul letto, alzandogli poi il capo per farsi guardare negli occhi. «Marshall, ehi, piccolo.. guardami.» Gli accarezzò il viso con il pollice. «Marshall, io sono totalmente consapevole che tu sei un vampiro, so cosa succederà, ma nonostante tutto ti ho aperto il mio cuore perché sono convinto che ne valga la pena.» Disse con un sorriso sereno su volto, nonostante il vampiro stesse per piangere. «Non voglio che questo pensiero ci impedisca di goderci il momento e buttare tutto all’aria. Carpe diem, è la tua filosofia di vita, no? Ti amo e questo non lo potrà cancellare nessuno.» Disse prima di essere preso per i fianchi dal vampiro ed essere steso piano sul letto mentre le loro labbra si incontravano, si scontravano, si mordevano mentre i due si amavano e fu proprio quella notte che entrambi capirono.
 
Marshall decise di portare il suo amato in cima alla rupe dove portò anche me tempo prima. La stessa rupe, lo stesso fiume, la stessa domanda, ma persone diverse. «Sei proprio sicuro di volerlo fare?» soffiò Marshall a pochi centimetri dal viso di Gumball con un’espressione triste e rassegnata. Quello annuì in risposta. «E se non dovesse funzionare? E se ti.. e se ti uccidesse?» Il principe prese il viso dell’altro tra le mani e gli asciugò una lacrima sorridendo nonostante anche i suoi occhi fossero lucidi. «Saprò che ne sarà valsa la pena.» E così fu, un secondo, un morso e poi.. buio pesto.
L’indomani uscì la notizia della morte del principe Gumball, tutti gli abitanti piangevano e si disperavano. Anche io versai la mia buona parte di lacrime e poi tornai moggia verso la mia casa. Non riuscivo a crederci, non mi sembrava possibile. La notizia ufficiale fu “suicidio da una rupe”. Tre giorni dopo ci furono i funerali, anche se senza un corpo, ma io non piansi, me ne stavo con la visiera del cappello nero abbassata, ma non per nascondere i miei occhi lucidi, piuttosto per nascondere i miei sorrisi. Eh sì, perché il principe, con l’aiuto del suo complice amante, era riuscito a beffarsi di noi, tutti. E quando i due si presentarono a notte fonda in casa mia e mi spiegarono tutta la situazione, io quasi mi commossi. Capii anche, da una cosa che mi dissero in particolare, che io non sarei mai potuta essere ‘il suo primo amore’ perché io non fui capace di rispondere a quella domanda, su quella rupe, in una situazione completamente tranquilla. Gumball invece, mentre si stava trasformando, cambiando il suo essere, cadendo nel vuoto tra le braccia del suo amato, alla domanda «Tu salteresti o ti lasceresti cadere?» aveva risposto: «Precipiterei con te.»



 
Angolino autrice:
Salve a tutti. Lo so, sto invadendo EFP con le Gumshall/Gumlee/Marball, ma è più forte di me, questi due mi ispirano troppo.
Nulla, credo che questa storia fa schifo, ma una delle mie migliori amiche mi ha convinta del contrario perciò boh, eccola qui.
Fatemi sapere, pareri positivi e/o negativi, mi renderebbero felicissima.
A presto.
- pandozeus.
  
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