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Autore: edwardandbella4evah    16/05/2014    18 recensioni
Courtney e Duncan ai tempi dell'Olocausto. Courtney è un'Ebrea, Duncan un soldato tedesco.
TRADUZIONE ♪
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan | Coppie: Duncan/Courtney
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale
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Tre anni.
Tre anni da quanto lei se n’era andata e io seguii le sue stesse orme, tre anni dopo. Non ebbi rimpianti. Avevo lottato ed avevo perso. Ero una bestia, tutti noi lo eravamo.
Dopo la morte di Courtney, tornai a casa. Non volevo più uccidere nessuno. Ero un mostro, un mostro della peggior specie e non volevo più commettere tali crimini. Mio padre fu felice di riavermi a casa e mi chiese di raccontargli la mia esperienza, ma io non volevo parlare con lui. Andai al piano di sopra, nella mia stanza, e raggiunsi con la mente Courtney e Channa.
Durante questi anni, avevo spesso chiesto di potermi unire a loro, lassù, in cielo. Alla fine ce la feci, raggiunsi il cielo, ma non il paradiso. Per ora, ero ancora in attesa, nel purgatorio. Avevano preso come mia unica colpa, la mia stessa vita, l’essere vissuto, poi mi dissero che avrebbero impiegato parecchi giorni per rispondere alla mia richiesta. Così rimasi bloccato nel purgatorio un’intera settimana aspettando solo di essere mandato giù, nell’oscurità dell’inferno. Era inevitabile, lo sapevo, ma non mi importava. Sapevo che non sarei mai stato assolto da tutti quei peccati e, quindi, non mi sarebbe mai stato permesso di stare con Courtney e mia figlia. Mi era stato concesso fin troppe volte questo privilegio, quando ero ancora in vita.
“Duncan James Ehrlichmann” alzai la testa dalle mie mani e guardai la figura tenebrosa che aveva pronunciato il mio nome. I miei occhi erano spenti e insipidi e semplicemente in attesa di quelle fatidiche parole. Ero senza speranze, sarei rimasto solo per tutto il resto della mia vita, no, dell’eternità “Sarai sottoposto a un periodo di prova. Abbiamo fatto un’attenta considerazione del tuo essere e siamo giunti alla conclusione di metterti alla prova. Andrai sopra e dimostrerai di essere degno di stare lassù, ma nel frattempo sarai ancora sotto processo. Se non ti dimostrerai all’altezza, verrai spedito in basso per non tornare mai più verso l’alto, è chiaro?”
“Sì, signora” dissi, il mio corpo rigido, in attesa di sentire le parole che mi avrebbero guidato oltre il limite del paradiso, quelle parole che erano fin troppo belle per essere vere. La donna-ombra mi diede una rapida occhiata inquisitoria, prima di indicarmi una porta apparsa dal nulla. Nessun altro oltre a me poteva vedere quella porta. Feci un passo verso di essa con estrema facilità. Dovevo essere grato a quella donna per la possibilità che mi aveva offerto, mi voltai per ringraziarla, ma dietro di me si trovava il nulla. Ero in un luogo sconosciuto, immeritevole per me stesso. Mi guardai attorno solo per sgranare gli occhi ammirando l’ambiente che mi circondava.
Non volevo memorizzare tutti i suoi dettagli, né preservare un ricordo di quel bellissimo luogo perché sapevo che non sarei rimasto qui a lungo. Camminai incerto per qualche metro, prima di imbattermi in una zona arida con al centro un solo grande tronco. Decisi di non proseguire più, di fermarmi lì. Mi faceva molto più onore che andare alla ricerca di Courtney e Channa perché… ero un idiota (come Courtney mi aveva chiamato scherzosamente più volte, ma mi resi conto che era la verità). Mi sedetti e nascosi la testa fra le mani.
Perché mi hanno fatto venire fin qui? Non hanno capito che sono un Nazista? Non vedono tutti i miei peccati? Tutti gli uomini, donne e bambini che ho ucciso? Non riescono a capire che io sono il responsabile della morte della mia figlioletta? Presi un grosso respiro aspettando che il bruciore al mio cuore diminuisse. Tutte le volte che pensavo a Channa, a come era morta, sentivo il cuore bruciare per i tagli che si erano creati in esso. Quella era la peggior cosa che avessi mai fatto in vita: uccidere mia figlia. Non meritavo di vederla, anche se prima volevo scusarmi con lei per l’imperdonabile crimine che avevo commesso. Volevo stringerla ancora una volta, sussurrarle che l’amavo e che ero infinitamente dispiaciuto per quello che avevo fatto alla sua povera innocente anima. Gemendo di dolore nascosi il volto tra le mani, continuando a sentire il mio petto bruciare, sempre di più, ma quel male era tutto meritato.
“Perché stai piangendo?” e quando alzai la testa dolente come se colpita da migliaia di spilli, vidi il volto splendete della donna che amavo con tutto il mio cuore. Era diversa, completamente diversa. L’ultima volta che la vidi, era scarna e morente, il suo corpo privo di muscoli o grasso, il suo viso pallido, la carnagione sbiadita e, soprattutto, mi guardava con tutto l’amore che un uomo potesse desiderare.
Ora, invece, lei era così diversa. Piansi davanti alla sua pura bellezza. Il suo corpo era pieno, con curve snelle nei punti giusti e così perfetta da parer illogico. I suoi occhi brillavano di scintille di vita e, se non fosse stata per quell’ostilità fredda che covava dentro di sé, avrei potuto dire che era incandescente. E i suoi capelli… accidenti, non avevo mai visto dei capelli così belli. Erano ricresciuti, ma non avevo ricordi di lei con i capelli lunghi. Era bella, bellissima. Era perfetta.
Fatta a eccezione per un piccolo aspetto.
Questa volta, mi guardava con astio, con odio, tutto l’odio che l’universo potesse contenere.
“Prinzessin…” i suoi occhi saettarono e prima che me ne accorgessi venne avanti e mi diede uno schiaffo ben assestato su una guancia. Faceva male, oh, cazzo, se faceva male. Questo era solo uno schiaffo, ma doleva come se me ne avesse dati altri dieci, uno più forte dell’altro. Sapevo perché mi provocava dolore: me lo meritavo. Nascosi la mia faccia per la vergogna senza preoccuparmi di ridurre il bruciore alla guancia.
“Non voglio più sentirmi chiamare in questo modo! Sei egoista, crudele, sei una bestia!” Ad ogni parola che usciva dalla sua bocca, era come se mi stessero sparando innumerevoli colpi al cuore. Non sapevo che cosa fare. Non sapevo se dirle qualcosa, almeno per fermare quelle parole taglienti. Onestamente, non la biasimavo.
“Courtney… io… io”
“Tu cosa? Hai spezzato il tuo giuramento, il giuramento che mi avevi fatto! Non valgo proprio niente per te? Hai preso la mia ultima richiesta e messa tra le mie braccia e poi uccisa! La figlia che ti amava così tanto, nonostante tutto quello che avevi fatto, ma per voi Nazisti non è mai abbastanza, vero? No, chiaramente, non lo è visto come ci mancate di rispetto! Che cosa hai da dire in tua difesa? Sentiamo!” Ogni singola parola che pronunciò mi riempì d’ira verso me stesso. Sapevo che tra non molte ore sarei uscito di qui per non tornarci mai più e questo mi faceva venire i brividi, ma pensare alle ferite profonde che avevo inciso nell’animo di Courtney e Channa era peggio.
“E sai un’altra cosa? Gliel’ho detto! Fin da quando era in fasce le ho raccontato che suo padre l’aveva uccisa e mandata fin qui perché lei era una piccina troppo intelligente per stare con quella bestia di suo padre” I miei occhi si chiusero, combattendo per non piangere a quelle indesiderate parole. Avrei mai potuto rivedere mia figlia? Come faceva a non odiarmi se sapeva che l’avevo uccisa? Quanti anni aveva ora?
“So che sei arrabbiata con me… Quello che ho fatto è… indicibile. So di non avere scuse… ma ero arrabbiato, era colpa sua e pensavo che se lo meritasse”
Lei lo meritava!” urlò piena di collera, prima di colpirmi con pugni e calci al punto di provare un dolore insensato, così insopportabile da non sentirlo. Io non reagii. Me li meritavo. Me li meritavo tutti. “Sei un maledetto stronzo! Un Schmeisser tedesco malato! Quella era la nostra bambina! Io sono morta per darla alla luce! Io mi fidavo di te! Come hai potuto ucciderla? Come hai potuto vivere con questa colpa sull’anima? Speravo che tu ti fossi ucciso subito dopo per vivere tutti e tre qui, insieme! Ma no! Hai continuato a vivere! Per tre fottutissimi anni tu hai continuato a respirare l’aria di quel maledetto mondo!”  Si bloccò per darmi un pugno in faccia e una ginocchiata all’inguine “Hai pianto e pianto, per ore e ore! Avresti dovuto ucciderti! Ti avrei perdonato se tu l’avessi fatto! E invece no, sei morto in battaglia, come un perfetto soldato tedesco fedele alla sua fottuta patria! Giusto, tesoro? Beh, vaffanculo!” Mi colpì di nuovo, il colpo finale, per il momento. Il suo petto si alzava e abbassava pesantemente e le lacrime non versate brillavano nei suoi occhi.
Stranamente non sanguinavo, né avevo ferite, ma il dolore riuscivo a sentirlo, nonostante il mio corpo non riscontrò danni visibili. Suppongo che qui funzioni così. La mia mente turbinava intorno alle parole che avevo appena udito. Sapevo che mi avrebbe odiato, era ovvio. Sospirando, strinsi il mio stomaco, dove lei aveva inflitto più colpi, e cercai di alleviare il dolore. “Lei… è qui? Con te?”
Courtney sbuffò posando un piede sul mio stomaco facendo pressione. “Certo che è qui, ma non potrai vederla. Né ora, né mai” Il mio cuore si frantumò nell’udire quelle parole e la testa iniziò a dolermi ancora di più. Sapevo che era tutto meritato. Avevo ucciso mia figlia e ora non meritavo di vederla. “Comunque, come hai fatto ad arrivare qui? Pensavo fossi il primo della lista tra quelli da spedire all’inferno”
“Io… non lo so… sono stato in purgatorio per un po’… lei mi ha detto che mi mandava in paradiso per fare un prova, ma che ero ancora sotto processo…”
“Tu non meriti di stare sotto processo. Meriti solo di marcire all’inferno tra quelli viscidi, come te, bastardo malato” Annuii, alzandomi in piedi e chiudendo gli occhi “Lo so. Non devi dirmi che ciò che ho fatto è sbagliato, lo so già”
“Oh, ma davvero? Non penso che tu lo sappia. Tu… hai mandato nostra figlia a morire… hai rotto la nostra promessa… pensavo che tu mi amassi…”
“Io ti ho amata! E ti amo tutt’ora, davvero! Mi dispiace! Sapevo che stavo sbagliando! Ero arrabbiato, va bene? Ti aveva ucciso! Ti aveva ucciso, Courtney! Io non volevo mettere fine alla sua vita! E’ stata una decisione disperata… terribile… mi dispiace… tanto…” uno sguardo al suo viso e mi resi conto che le mie parole erano state inutili, tutte le mie scuse erano inutili. Avevo ucciso nostra figlia… non c’era niente che potessi fare. Avrei dovuto uccidermi tre anni fa. Era la cosa giusta da fare. Sapevo che le mie parole non avevano alcun effetto su di lei. Sapevo che non sarei mai stato in grado di guardare negli occhi mia figlia. Quindi, perché non mi spedivano giù, all’inferno, seduta stante?
“E’ impossibile che tu possa davvero amarla. L’hai uccisa. Hai ucciso mia figlia strappandole la vita. Io avevo sofferto per nove mesi. Nove schifosi mesi. Ecco quanto tempo avevo sofferto e lei non ha nemmeno avuto il tempo di conoscere la vita. Che cosa ha avuto? Un biglietto di sola andata per la morte. Non mi importa quanto tu sia pentito, l’hai uccisa e questo è imperdonabile. Lei avrebbe dovuto essere tutto per te. Lei avrebbe dovuto renderti felice. Ma lei non era abbastanza per te, vero? Proprio come me. Non valevamo niente..." Lo sguardo affranto dipinto sul suo volto era troppo semplice da gestire, per me. Mantenendo un viso rattristo, feci un passo verso di lei, abbracciandola stretta a me e posandole un bacio sulle labbra, prima che lei potesse accorgersi di ciò che stava succedendo. Si allontanò quasi subito, quasi, e mi fissò ferita, prima di alzare una mano e darmi un schiaffo in faccia. Faceva male, sì, molto male. Ma non male quanto quelli prima. Sembrava più addolorato e svogliato, meno ostile.
“Solo… vai via… stupido… idiota…” la sua voce era soffocata da lacrime non ancora cadute e avevo una disperata voglia di consolarla. Eppure non lo feci, prima volevo vedere Channa. “Non me ne andrò fino a quando non vedrò Channa” Lei mi guardò, quasi per incoraggiarmi a ripetere quella frase.
“Tu non ti avvicinerai nemmeno di un passo alla mia bambina”
Scattai verso di lei “E’ anche la mia”
“L’hai uccisa. Non hai alcun diritto…”
“Lo so che l’ho uccisa! Non è il caso che me lo rinfacci ogni volta!”
“Io devo rinfacciartelo! Mi hai tradito! Ci hai tradito! Hai ucciso tutto ciò che io e te abbiamo mai avuto!” I miei occhi si spalancarono.
“Lo so. Ma io ti amo ancora” Le sue pupille si dilatarono per un secondo, prima di fissare il suo sguardo nel mio “Io invece ti odio e mai, mai, mai ti perdonerò!” I miei occhi furono scossi da lampi di tristezza. Lei non mi perdonerà mai…
“Non c’è niente che possa fare per farti cambiare idea?”
“No. Ho scelto la tua sorte nel momento in cui hai mandato quegli stupidi uomini per ucciderla. E’ finita. Per sempre. Tu non la vedrai mai. Neanche una volta. Ci hai fatto soffrire abbastanza. Divertiti nella tua solitaria vita, perché è così che sarà, la tua vita. Addio, Duncan” E detto ciò iniziò ad allontanarsi. Non potevo stare senza Courtney e Channa per l’eternità. Alla cieca afferrai il suo braccio, pura disperazione era stampata sul mio volto.
“Non puoi farmi questo! Non mi puoi lasciare! Non puoi! Non sono niente senza di te!” Lei fece una smorfia, cercando di ritrarre il braccio “Se davvero queste parole significassero qualcosa per te, avresti fatto qualsiasi cosa in tuo potere per venire il prima possibile qui da noi”
“Smettila di fare la stronza! Cazzo, ti amo! Ti ho detto che mi dispiace e tutto quello che voglio è rivedere mia figlia! Voglio chiederle scusa! Voglio rivedere il suo bel visino da angelo, solo per una volta!”
“Tu non sei più il mio capo! Sono io che comando qui! Non ho intenzione di farti vedere tua figlia, punto e basta. Sei fortunato che io stia qui a parl…” Improvvisamente si guardò intorno con occhi allarmati. Potei impercettibilmente udire piccoli, soffici passi correre verso di noi.
“Mammina! Mammina!” I miei occhi si spalancarono e si accesero di speranza. Potrebbe essere…? Quella piccola, minuscola cosa stava correndo verso di noi, agitandosi impaziente, con un gran sorriso sul volto e un mazzo di fiori tenuto saldamente nelle sue piccole mani. Più correva, più era vicina e riuscii in un solo istante a capire chi era. I suoi grandi occhi azzurri brillavano sul suo pallido viso infantile e sorridevano come gli angoli della sua bocca. I capelli le cadevano morbidi sulla schiena avvolti su se stessi in perfetti boccoli castani tenuti insieme da un nastro rosa brillante. Era semplicemente… perfetta. Un perfetto angelo. I miei occhi non meritavano di posarsi su di lei.
Guardai con il cuore in lacrime come nostra figlia corse nelle braccia della madre, abbracciandola stretta e regalarle due baci su ciascuna guancia. Quelli dovrebbero essere i miei baci. Avrei dovuto essere io quello da cui lei stava correndo per abbracciarlo. Lei mi aveva amato, proprio come Courtney, ma io l’avevo uccisa, le avevo strappato l’anima che aveva avuto l’onore di respirare e di vedere la luce del giorno per non più di un paio d’ore.
Non sapevo che cosa mi era accaduto in quel dunque. Sapevo solo che tutto ad un tratto, mi ero inginocchiato sul terreno, stringendo la mia testa mentre gocce d’acqua salata colavano rapidamente sul mio viso e singhiozzi strozzati stavano invadendo la mia gola.
Lei non mi aveva conosciuto perciò lei non mi riconobbe. Era ovvio che non poteva… sapevo che non poteva, ma io volevo che mi riconoscesse, che mi amasse, che mi volesse con lei e con Courtney. Avevo fatto un disastro. Ero solo un gran cretino. Questo era quello che ero. Meritavo di essere amato da nessuno. Ero una bestia, un malato, un egoista, un brutale mostro. Non riuscivo a vedere più nulla. Tutto quello che riuscivo a vedere erano le mie lacrime che annebbiavano i miei occhi, ricadendo sulle mie guance.
“Mammina, chi è lui?” pigolò una voce senza nemmeno accorgersi che stavo piangendo “Non è nessuno, Channa” La ragazza che un tempo mi amava, ora parlava con parole gelide e amare “Andiamo. Papà vorrà vedere i fiori che hai colto per lui” Lenti passi si allontanarono dalla mia postazione e io rimasi solo. Ero solo e ora stavo solo aspettando di essere inviato giù, all’inferno. Avevo fallito anche questa volta. Non meritavo di rimanere qui, tra i vivi.
Rimasi lì per un po’, senza dire nulla, lasciando che il mondo si sgretolasse sotto i miei piedi. Dopo qualche attimo, un profumo di fiori si diffuse intorno a me. Feci una smorfia, non meritavo quel profumo così piacevole “Io so chi sei” Strillò una voce, ma non mi voltai a guardare il mio interlocutore. Non poteva essere. Lei non poteva essere tornata da me. Non poteva sapere chi ero. La prima volta che mi aveva visto era un neonato, non poteva ricordarsi di me.
“Non è vero. Tu non dovresti sapere chi sono” parlai con voce sorprendentemente ferma.
“Tu sei mio padre, non è vero?”
“… Sì” Lentamente alzai la testa per guardarla, incontrando il suo sguardo curioso.
“Perché piangi?” trillò lei dolcemente, mettendo una mano sulla mia guancia e asciugando una lacrima. Mi aveva toccato, non ci potevo credere. Mi fissò negli occhi azzurri “Perché non parli, papà? Perché stai qui seduto a piangere? Non vuoi parlare con me?” La mia bocca si aprì cercando disperatamente di formulare parole adatte e costringerle ad uscire. Meritava parole di dolce conforto che avrebbero sciolto il dolore nella sua voce.
“Channa… per favore… non è che tutti…”
“Vuoi parlare, papà?” Guardai la bambina di fronte a me con stupore perché nonostante lei sapesse tutto quello che le avevo fatto, mi trattava con estrema gentilezza e calma. “Io… non credo di meritarmelo. Mi dispiace” Eppure, lei afferrò la mia mano e tentò con tutte le sue forze di farmi alzare dal prato. Se la situazione non fosse stata così grave, mi sarei messo a ridere.
“Papà, voglio parlare. Ti prego! Fallo per me! Ti darò una possibilità, lo giuro…” sospirai e lascia che lei mi alzasse, per poi trascinarmi verso un grosso albero e farmi cenno di sedermi. Sopirai nuovamente appoggiando il mento sul palmo della mia mano, guardando Channa e stupirmi di quanto fosse amichevole e comprensivo il suo comportamento.
“Quanto ne sai?” chiesi in silenzio, voltando lo sguardo dal suo viso roseo.
“So tutto, papà…” Io sbuffai amaramente, continuando a tenere il mio sguardo rivolto verso il basso, non osando guardare la sua faccia rigata di tristezza. Perché non dovrebbe essere arrabbiata con me? L’ho uccisa. “Perché non mi guardi? Non vuoi parlare con me? Io non sono… degna del tuo sguardo?” Di quelle parole, ogni singola lettera affondò come una lama nella carne del mio cuore, sempre più in profondità, e io mi ritrassi ancora, e ancora, e ancora.
“Channa…”
“Perché mi hai ucciso, papà?” esclamò, facendo scattare la mia testa verso di lei e fissarla con dolore “Non ero abbastanza buona, per te? Non ero abbastanza carina, come la mamma? Tu… non mi volevi? Io ero… un empio? Un diavolo?” Lessi nei suoi occhi tutto il dolore che covava nel suo corpo da bambina. Guardai con orrore la lacrima che corse lungo il suo viso pallido fino a scivolare fuori dalla linea delle sue gote. Come potevo spiegarle quanto la volevo, quanto la amavo?
“Channa… per favore, non piangere, tesoro mio… ti spiegherò tutto” Che cosa c’era da piangere? Piangeva perché aveva ragione? Perché credeva che io non la volevo? Perché credeva che io veramente pensassi tutte quelle cose orribili su di lei? Forse, non c’era davvero nulla da spiegare. Lei tirò su col naso per poi asciugarselo sul dorso della mano.
“Va bene, va bene. Voglio sapere perché mi hai ucciso, perché mi hai abbandonata e perché significavo così poco per te mentre mamma significava così tanto… posso leggerlo nei tuoi occhi” Quanti anni aveva per parlare in questo modo così addolorato e diretto? Quanto avrei dato per vederla ancora piccola e spensierata come quando era ancora in fasce. Quanto avrei dato per tornare indietro.
“Io… mi dispiace. Lo so che non significa molto… ma tu vuoi tutta la verità?” Lei annuì lentamente e io presi un profondo respiro, prima di iniziare a raccontare “Non avevo mai smesso di pensarti o di amarti, fin dal giorno in cui… ti uccisi. Tua madre… l’amavo, come ora, con tutto il mio cuore. Lei era tutto il mio mondo e significava tanto, davvero tanto, per me… e io non volevo crederle quando mi disse… sì, quando mi disse che aspettava un bambino. Reagii in modo eccessivo e pensai di aver rovinato la sua vita. Così me ne andai e quando tornai seppi che era malata. Molto, molto malata. E seppi anche che se avrebbe dato alla luce quel bambino, sarebbe morta, ma io rifiutai a credere a quelle parole. Eppure era la verità e per questo ti ho odiato… prima che tu nascessi. Però, quando ti tenni… tra le mie braccia… per la prima volta…” Mi fermai, inghiottendo un piccolo groppo in gola “Eri qualcosa per me Channa. Iniziai ad amarti fin da quando vidi i tuoi graziosi occhietti azzurri. Tutto il mio odio nei tuoi confronti si sciolse fin dal momento in cui di cullai… non potevo credere che ero tuo padre. Volevo esserlo, solo per te…”
“Allora… non capisco… perché mi hai ucciso, se mi amavi?” soffocò dolcemente, guardando il pavimento erboso.
“Perché tua madre era morta poco prima. Io reagii d’istinto, quello che solo un diavolo può avere. Allora… pensai che ti dovevo uccidere… ma mi sbagliai.. fu un madornale errore. E’ l’unica cosa che vorrei cambiare, se avessi la possibilità. Mi sarei preso cura di te e dato l’amore che ti meritavi. Volevo vederti crescere, piccola Channa. Non avrò mai più la possibilità di vedere il tuo primo sorriso, né i tuoi  primi passi o sentire le tue prime parole… e ora sei qui, davanti a me, a parlarmi come una vera signorina. Mi dispiace, Channa… Mi dispiace tanto.
“Mi dispiace per non essere stato lì, per voi, durante questi anni… Mi dispiace di aver tradito sia te che tua madre, non ve lo meritavate. Mi dispiace che ora tua madre mi odi con tutto il suo cuore. Ma me lo merito, io non merito di guardare un angelo come te, né meritavo di darti il tuo bel nome. Sono un padre indegno che tu non meriti. Mi dispiace”
“Papino?” I miei occhi si voltarono verso di lei, notando che ora era accanto a me, invece che a un paio di metri di distanza. Mi carezzò la guancia con la sua piccola mano, quasi con curiosità.
“Sì, Channa?”
“Grazie”
“Per cosa?”
“Per avermi mandato qui, a vivere con la mamma e il suo papà. So che mi ami un sacco… ma la mamma ha bisogno di me. E io di lei. Sapevo che alla fine saresti venuto qui e mi piacerebbe che ora fossimo una famiglia felice. Grazie, papino. E… anch’io ti amo, non importa quello che dice la mamma, è solo arrabbiata. Ti perdono” Erano quelle le parole che avevo bisogno di sentire. Con un piccolo strattone, l’afferrai per un braccio e la strinsi forte a me. Le mie braccia si avvolsero dietro al suo collo, per non lasciarla mai andare. Si sedette sulle mie ginocchia e io piansi nei suoi morbidi capelli, abbracciandola sempre più forte.
Lei mi amava e mi aveva perdonato.
Dio benedica la sua anima e possa perdonare la persona che l’ha uccisa.
“Papino… Papino, per favore, non piangere. Sto bene, stai bene, adesso. Stai bene. Papino, ti prego… smetti di piangere… per me?” le mie lacrime smisero di scivolare sulla mia pelle. La guardai, il suo viso piegato in una smorfia preoccupata, incerto su cosa fare o sul perché stavo piangendo. Mi asciugò le lacrime facendo scorrere il suo pollice sulla mia guancia per poi baciarla teneramente “Non capisco, papino… Non c’è ragione di piangere. Io ora sono felice… finalmente ho conosciuto il mio papà e so che mi ama” Presi il suo piccolo mento nella mia mano e la baciai sulle guance, raggiante per il sorriso compiaciuto di mia figlia.
“Piccola mia… ti amo così tanto. Per me significa molto il tuo perdono e, giuro, d’ora in poi sarò qui per te. Non mi importa che cosa succederà… e se tua madre mi vieterà di vederti, io verrò da te di nascosto” Questa volta fu lei ad abbracciarmi e cominciare a piangere “Davvero, papino? Dici sul serio?” Bacia i suoi capelli e la strinsi ancora di più a me.
“Certo che dico sul serio, Channa. Io non ti lascerò di nuovo, lo giuro” Rimanemmo seduti per un po’. Lei sul mio grembo avvolta in un forte abbraccio.
Non sarei mai più stato così sciocco da lasciarla andare.

o 0 O 0 o

La richiamai a gran voce, preoccupata, ma lei non rispose. La cercai, prima dietro quell’albero, ora sotto questo cespuglio, ma non la trovai. Non l’avevo vista uscire di casa e lei non mi aveva detto dove era andata. E se fosse scappata? Se ora fosse nei guai?
Mio padre ora era in città perciò lei non poteva essere con lui. Feci un altro veloce giro della casa, chiamandola sempre più forte, ma di lei nemmeno l’ombra. Avevo giurato, fin dal giorno in cui eravamo arrivati qui, che non l’avrei mai persa di vista, ma ora lei non c’era più.
Niente da fare, lei non c’era.
E se Duncan l’avesse rapita? Il pensiero risuonò come una minaccia nella mia mente. Lui non lo avrebbe mai fatto… vero? Non mi fidavo più di lui. Aveva ucciso nostra figlia e voleva pure riaverla indietro. Non gliela affiderei mai!
Lui non la meritava, non dopo tutto quello che aveva fatto. L’aver posato gli occhi su di lei era più che sufficiente. Feci un ennesimo giro del cortile, cercando di capire dove si era nascosta quella piccola peste.
“Channa” Mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia con mio padre, il mio volto solcato da smorfie preoccupate. Lui mi fece cenno di avvicinarmi, mi abbracciò e mi baciò sulla testa.
“Papà, non riesco a trovarla… le avevo giurato che non l’avrei mai persa di vista… e… e” Tirai sul col naso, incapace di andare avanti.
“Shh, non ti preoccupare, tesoro. Starà giocando in qualche luogo qui vicino… Vedrai che tornerà per cena”
“E se invece è andata da suo padre? Che cosa faccio? Non voglio che stia con lui! Dopo tutto quello che ha fatto…” Piegai la mia testa sulla spalla di mio padre.
“E se lei invece è con lui? Voi due lo osservate da quassù fin dal primo giorno in cui siete arrivate. So che lo ami ancora. Tu sai che ha pagato il prezzo dei suoi errori e sai anche che merita di conoscere sua figlia”
“No, certo che no” Lui l’ha uccisa, papà! L’ha uccisa! Le ha spezzato il cuore…”
“Ha spezzato il suo o il tuo cuore? Channa lo perdonò già tempo fa”
“Beh… non questa Channa… non posso perdonarlo. Solo che… non posso. E’ finita tra noi…” Mio padre ridacchiò e mi carezzò una guancia. Ritrasse le braccia e si allontanò di un paio di metri, squadrandomi.
“Lo sai che non è vero. Tu lo ami. Lo perdonerai e anche presto. So che lo farai. E poi, avrete un altro figlio” Mi voltai rossa in viso e inizia a farfugliare. Stupita delle sue parole, non aveva mai detto una cosa così… impudente. Si limitò a ridacchiare di nuovo indicandomi un punto in lontananza “Lei è lì, lo so. Ora vai, farò io la cena stasera.”
“Non puoi… tu non sai cucinare”
“E’ vero, Channa. Ma per te ci proverò”

Salve!
Duuunque, questo dovrebbe essere l’ultimo capitolo, ma l’autrice originale ha scritto un capitolo bonus, che non ho ancora tradotto, ma cercherò di tradurlo il prima possibile. Accenno che il capitolo Bonus non c'entra niente con il finale della storia ♥
Prima di passare ad altro, volevo farvi una domanda: io sono disposta a tradurre anche il sequel, ovvero il finale alternativo, solo che l’autrice originale non aggiorna da due anni e la storia è ferma al 6° capitolo. Lo traduco oppure potete farne a meno accontentandovi di questa fine?
Potete rispondermi in recensione o tramite messaggio privato ^^
Mi prendo la libertà di dire che nel finale alternativo Courtney, Duncan e Channa non muoiono, ma vivranno altre vicende.
Ora, sinceramente, non me la sento di fare una lista di ringraziamenti dato che non sono né l’autrice originale, né ho tradotto la storia fin dall’inizio. Mi sembra sbagliato ringraziare determinate persone che ho avuto l'occasione di incontrare solo al penultimo capitolo. Vorrei solo dire una enorme GRAZIE a Kissina per avermi affidato la sua traduzione proprio sul gran finale e so che io non sono brava come lei. Vorrei ringraziare anche PiccolaEco, per avermi guidato in questi due/ tre capitoli facendomi notare alcune incongruenze o errori che erano davvero stupidi e vergognosi.
Bene, direi di aver finito. Grazie a tutti ♥
La traduttrice,
Xenja ♥
P.S. Ho deciso di tradurre anche il finale alternativo, perciò lo troverete nell'account sotto il nome di "The Untold Story:Prinzessin"
  
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