Note
E con questo quarto, ultimo capitolo si chiude la vicenda di Rosa Almagià.
Ritrovare e rileggere questa storia è stato tenero e imbarazzante al tempo stesso: disseppellire vecchi appunti è come portare alla luce una parte di ciò che si era e non importa quanto banali o scarabocchiati essi possano essere ... si tratta sempre di un pezzo della propria vita :)
Probabilmente quesa è una storia che oggi non scriverei e a cui non penserei nemmeno, tuttavia sono contenta di aver riscoperto quel periodo al liceo in cui non avevo in mente che storie d'amore finite male.
Bé, per non dilungarmi troppo non mi resta che salutare tutti e ringraziare. A chi c'è stato e chi non c'è stato, a chi avrebbe voluto esserci e a chi mi auguro ci sarà: un grazie di cuore anche solo per aver aperto questa storia ed esservi interessati un pochino a Rosa!
Un saluto,
Lechatvert
Occhi
di ghiaccio, cuore di terra
Capitolo
quarto
Si
svegliò di soprassalto, quando fuori era ancora buio, con
l’improvvisa sensazione di stare per soffocare. Sognando le
era parso di sentire odore di fumo, di vedere la sua casa natale
bruciare. Qualcuno in lontananza aveva gridato “Al fuoco! Al
fuoco!” e allora aveva immediatamente aperto gli occhi.
Non appena arrivò a focalizzare l’ambiente,
però, si rassicurò. Era stato solo un incubo: la
chiesa dove si erano sistemati il giorno prima era fresca,
l’aria umida e gelida della notte penetrava attraverso le
crepe nei muri scrostati, un raggio di luna passava attraverso i pochi
lucernari che ancora non erano stati cementati e illuminava debolmente
l’altare alle sue spalle.
Giovanni e Ludovico dovevano essersi già svegliati: i
giacconi in cui avevano dormito erano abbandonati tra le navate e il
portone di legno era socchiuso e sbatteva lievemente ad ogni folata di
vento. Anche Hermann sembrava sparito, ma all’esterno
dell’edificio qualcuno parlava.
Deglutendo, Rosa si mise in piedi. Tastò il pavimento in
cerca della pistola, poi il suo pensiero andò a quel
pomeriggio, e dovette constatare con rammarico di trovarsi nuovamente
disarmata.
«Hermann?», bisbigliò,
inquieta.
Scivolò lungo la navata,
tirandosi in piedi con titubanza. Il silenzio della montagna, appena
incrinato dal discorso sommesso che qualcuno stava avendo nel
camposanto, le aveva gettato addosso uno strano senso di panico.
«Ludovico? Giovanni?»
Non ricevette risposta.
Si avvicinò cautamente al portone, sfiorandone la superficie
ruvida con la punta delle dita. Là fuori, qualcuno cantava.
«E' in un
giorno di pioggia che ti ho conosciuta, il vento dell'ovest rideva
gentile …»
«Hermann!» Rosa sorrise, affacciandosi
all’uscio. Una ventata gelida la investì
scompigliandole i capelli sciolti sulle spalle.
«…
e in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti, mi hai preso per mano
portandomi via. Oh, buonasera, signorina
Almagià. Ha dormito bene?»
In un istante, tutto il mondo che il giorno prima si era creato, quello
fatto di carezze e spensieratezza, di suoni ovattati nel bosco e di
ricordi, andò in frantumi come la superficie liscia di uno
specchio lasciato cadere a terra. Tutte quelle sensazioni, quelle
piacevoli fitte allo stomaco sparirono all’istante,
improvvisamente prive di significato dinanzi all’orrore che
si presentava nel camposanto.
Il corpo di Ludovico giaceva ai suoi piedi, immobile in una pozza di
sangue. Aveva il volto emaciato buttato all’indietro, gli
occhi castani spalancati rivolti verso il cielo e un rivolo rosso gli
sporcava le labbra sottili. Accanto a lui c’era Giovanni,
supino sul suo compagno senza vita.
Hermann era di fronte a loro, il viso scavato contorto in ghigno di
quello che sembrava essere sadico divertimento e, alle sue spalle,
decine di uomini armati con la sua stessa uniforme.
«È stato così facile!», rise,
non appena Rosa mosse un passo per raggiungerlo.
«L’unico in grado di darmi problemi è
stato messo a tacere da una ragazzina insensata come te. Povero, guarda
com’è finito!»
La ragazza lo guardò, terrorizzata.
«Che
significa?», balbettò, incerta. «Hermann
…!»
Qualcosa le toccò il piede, scuotendola debolmente.
Abbassò lo sguardo sui corpi dei suoi compagni, scostandosi
inorridita da quello spettacolo raccapricciante. Quello che un tempo
doveva essere stato Giovanni, ora con il viso sfregiato e le gambe
spezzate, stava allungando un braccio nella sua direzione.
«Giovanni!»
Seppur moribondo, il ragazzo le sorrise.
«Non starlo a
sentire», mormorò. Un lembo di pelle gli pendeva
dalla fronte. «Tu non …»
Un colpo di pistola alla fronte lo fece ricadere a terra.
Spietato, Hermann allargò il suo sorriso.
«Guardali, Rosa
Almagià, guarda la tua famiglia. Ti amavano, ti volevano
salvare, lottavano per farti vivere il futuro in una città
libera e invece tu, egoista come sei, non li neanche
ascoltati.» Si piegò verso uno dei soldati per
farsi accendere una sigaretta. «Eri talmente concentrata su
di me che non ti sei resa conto del pericolo che hai fatto correre agli
altri. Ti sei persino disarmata per uno sconosciuto!»
Rosa sussultò, tremante, ma raccolse tutto il suo coraggio e
scavalcò i corpi dei suoi compagni per raggiungere il
soldato.
«Ma …», singhiozzò,
mortificata. «Tu mi amavi! Avevi detto che sarei venuta con
te, che avremmo vissuto in Germania, una volta sposati!»
Hermann sospirò, infilando la pistola nel
cinturone.
«Ma certo»,
rispose, allargando le braccia e sfoggiando il suo sorriso
più gentile. «Cuore di Terra, come potrei
lasciarti qui?»
Rosa gli saltò addosso gioiosa, baciandogli il mento ruvido
e accarezzandogli le spalle. Come aveva potuto dubitare di lui,
l’unica persona in grado di comprenderla? Hermann la amava,
l’avrebbe resa la donna più felice del mondo, in
Germania, una volta che la guerra fosse giunta al termine. Con o senza
la sua famiglia, quelli che la attendevano erano giorni felici. Mai
più lacrime soffocate sotto le coperte per le ingiustizie di
Ludovico, assieme a quell’uomo, la sua vita sarebbe stata
gioiosa e…
«… Hermann?»
Deglutì, irrigidendosi al contatto dei suoi seni caldi con
la gelida canna della pistola. Osservò il rigido profilo del
suo amante, lasciandosi scivolare sull’erba umida del
camposanto.
«Vorrei chiamarti Cuore di Terra»,
sibilò, lui, affondando l’arma contro il suo
petto. «Perché all’esterno sei fragile e
rigogliosa di buoni sentimenti come la più verde della
foreste, mentre all’interno sei vuota e arida, come il
più spoglio dei campi.» La guardò,
quasi disgustato. «Non potrei mai pensare di condividere
nemmeno il letto, con una carogna simile. Rosa Almagià,
avevi ragione: sei inutile. Inutile e schifosamente egoista.»
La squadrò per bene, poi le sparò dritto nel
petto, lasciandola cadere addosso ai suoi compagni.
Mentre lui e la sua squadra si allontanavano vittoriosi, Cuore di Terra
rimase immobile ad osservare il cielo stellato che la sovrastava per la
prima volta dopo tanto tempo e, on le ultime forze rimaste, strinse le
mani gelide dei suoi compagni.
Lei, Rosa Almagià, affranta e carica di rimpianti, moriva in
lacrime. Giovanni, quello tradito, quello che fino alla fine aveva
pensato alla sua innamorata, sorrideva come era sempre stato capace di
fare, spiegando le labbra arricciate in una smorfia dolce e comprensiva.
Nell’istante prima di esalare l’ultimo respiro,
Rosa sentì le guance avvampare e di nuovo quel tanto
piacevole disturbo nel ventre esplose dal nulla, cullandola nel freddo
della notte. Era strano, come quella sensazione così simile
a quella che aveva provato con Hermann in realtà fosse cento
volte più forte adesso che la ragazza stringeva la mano di
Giovanni.
Forse era quello, il vero amore.
O forse, pensò Rosa, era semplicemente l’arrivo
del dolce abbraccio della morte.
E potrò consolare i tuoi occhi bagnati.