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Autore: DorotheaBrooke    17/05/2014    6 recensioni
I pensieri di L, diviso fra la tentazione di abbandonare il caso Kira e la consapevolezza di essersi spinto troppo in là per tornare indietro
[ SECONDO classificato al contest "Shakespearian quotations contest [originali e multifandom]" indetto da _juliet sul forum di Efp ]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: L, Watari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: ho usato il numero 144000 per quantificare il numero delle vittime di Kira. Non perché le abbia realmente calcolate (ho cercato in internet, ma non ho trovato nulla al riguardo), ma perché nell’Apocalisse di Giovanni, quello è il numero dei salvati, in quanto ottenuto tramite 12X12X1000. 12 compare nella Bibbia per segnalare la completezza di un gruppo umano (le tribù di Israele, gli apostoli, ecc), 1000 indica L’infinito. Mi sono ispirata ai primi minuti dell’episodio 25, in cui dopo, una serie di flashback, L si reca da Watari e lo osserva in silenzio, mentre questi gli domanda interdetto che succede.
 
"Mi sono spinto tanto avanti ormai nel sangue,
che, se dovessi fermarmi, tornare indietro
sarebbe penoso quanto avanzare”

Macbeth III, IV, 135-7
 
 
 
“Riuzaki…”
 
Watari. Non sono mai riuscito a fare a meno dei tuoi occhi saggi. Ero un bambino, una creatura sola e fragile, mi hai preso per mano e hai alleviato le mie paure. Il pensiero di non avere vicino a me quella mano calda e salda mi è insopportabilmente doloroso. Sono un egoista. Ti ho portato lontano da altri che avrebbero avuto bisogno di te e ti ho trascinato nel mio inferno.
Shinigami. Chi avrebbe detto che ci saremmo dovuti imbattere in simili creature, anni fa, quando mi stringevo a te e non capivo perché l’universo intero non precipitava nel caos, mentre vedevo tutto il mio mondo mutare in polvere? Abbiamo percorso così tante e tortuose strade. Mi volto. Il terrore mi assale. Il labirinto che ho alle spalle è orribilmente vasto. Da dove provengo, Watari? Puoi prendermi per mano, ora come allora, e aiutarmi a ritrovare la via di casa?
È solo un  vano delirio. Non ho una causa  cui fare ritorno. Sono così vicino … Mi basterebbe un leggero bagliore, una scintilla per portare a termine il mio compito … Ma se la luce mi è così necessaria, perché  non ho mai desiderato il buio come adesso?
 
“Che c’è?”
 
Paura. Il gelo che coglie improvviso nel cuore della notte e priva del respiro. Una regola. Se non fosse per essa … Se fosse falsa … Se lo Shinigami mentisse … Se li stesse proteggendo … Ti ho condotto a misurarti con una forza molto più grande di noi.  Hýbris. Tracotanza, che mi precipiterà nell’abisso. Superbia. Insano vaneggiamento di un folle. Attenderai al mio fianco l’inevitabile nemesi? La tua volontà rimarrà salda e inflessibile nell’ora più oscura? Insostenibile. L’idea che la tua mano, la mia ancora nella tempesta interminabile, possa essere scossa anche da un solo fremito di angoscia. Mi stai dinnanzi. Osservo il volto, di cui amo ogni ruga. Sei invecchiato. Sei stanco. Lo sono anch’io. Tutta la morte che abbiamo attraversato ha lasciato una traccia indelebile su di noi. Mi sembra che il mio corpo sia pieno di piaghe. Come vorrei poter tornare sui mie passi, ritirarmi al sicuro a leccare, una a una, le mie ferite. Troppo tardi. Troppa strada abbiamo percorso. Impavidi, come degli sciocchi bambini in cerca d’avventura, ci siamo addentrati nel profondo della foresta. Chi avrebbe detto che potesse esistere una notte così oscura? Morti. Li vedi? Il cammino alle nostre spalle è costellato di lapidi. I riflessi della luna sul marmo latteo mi accecano e mi abbattono. Muovo un passo indietro, dalla terra emergono mani putrefatte. Mi afferrano le caviglie. Mi accusano e mi chiedono vendetta con voci mute. Non li ho salvati. Se solo fossi stato meno ingenuo, se avessi commesso meno errori, sarebbero ancora in vita. A cosa è servita la mia intelligenza, la mia arguzia, la mia saggezza? Mio caro Watari, i tuoi occhi antichi e saggi conoscono e condividono la mia mancanza. La responsabilità tremenda e inconfessabile di tutti gli omicidi compiuti da Kira, che hanno avuto, per l’esattezza, 144000 vittime. Posso vederli levarsi dalle tombe e osservare, con occhi accecati dalla terra e dal fango, le mie mani sporche di sangue. Li ho uccisi io. Sì, sì, lo confesso, è anche per mia colpa, mia colpa, mia grandissima, inespiabile colpa. Se tornassi indietro ora, sarebbe come privarli della vita per la seconda volta. Non li ho salvati, posso ancora rendere loro giustizia.
 
“Allora…”
 
 Allora non so se sia peggiore la possibilità della sconfitta o della vittoria. Infantili e odiamo perdere. Così diversi, eppure così simili. Non so se sia più orribile l’idea che io l’abbia perseguitato ingiustamente o l’idea che sia realmente colpevole, cha sia Kira e abbia fatto tutto questo … a me. Non volevo dargli il mio affetto. Comprendi anche questo, Watari? Sai che mi sono spinto così in là nella finzione da farla divenire realtà. Perché non mi hai fermato? Perché non mi hai stretto più saldamente la mano e mi hai impedito di precipitarmi verso la rovina? Domande insensate. Solo io posso essere biasimato. La vittoria è vicina, ma il prezzo è troppo elevato. Le mie passioni, inutili orpelli che soffocano la mia mente, le ho vissute fine in fondo. Come posso metterle da parte? Tutto è falso. Tutto è solo parte del suo sterminato disegno. Non è mai esistito nulla. Allora perché mi è così penoso lasciarlo andare? La vita mi ha servito l’amicizia in una coppa avvelenata. Avrei dovuto immaginarlo. Avrei dovuto presagire che sarebbe finita così. Sono rimasto vittima dei miei stessi intrighi. Osservami, mio vecchio compagno. Fissa il tuo sguardo e dimmi, non sono patetico, mentre mi dimeno disperatamente, prigioniero della tela che io stesso ho intessuto? Finirò divorata da quel mostro che mi somiglia così tanto? Come è amaro questo calice, Watari. Tuttavia, ti prego, non allontanarlo da me. Questo veleno, che la vita mi serve sotto le gentili sembianza  di un amico, non mi stancherei mai di berlo. Eppure la fine è vicina, non senti le campane? Non percepisci l’odore di cenere e pioggia che profuma ogni cosa? Dopo tutto ciò che abbiamo fatto, vissuto e sofferto, non è possibile la fuga. Dopo tutte le persone che hanno creduto in noi, la ritirata è tradimento e vergogna.  Aiutami ad accettarlo. Aiutami a sopportare l’idea che tutto debba svanire. Prendi il mio capo fra le tue mani segnate dal tempo e costringimi a guardare avanti. Se mi volto e vedo il sangue che mi sono lasciato alle spalle, sono perduto. Ne sono certo, sarai al mio fianco. L’ho saputo fin da quel giorno terribile, spaventoso e meraviglioso, in cui mi hai preso la mano sotto la neve che cadeva.  Mio caro amico, uomo di immenso coraggio, guardami bene, che nei tuoi occhi buoni e saggi rimanga una traccia del mio viso, ora che giunge la fine .
 
“…che ti prende?”
 
 
 
  
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