Fanfic su attori > Jamie Campbell Bower
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Autore: calamity julianne    17/05/2014    2 recensioni
Jenelle Victoria Dawson ha diciannove anni, è ribelle, impulsiva, imprevedibile e orgogliosa. Figlia di una delle più nobili e ricche famiglie di tutta Londra, passa la sua vita ad opporsi ai suoi genitori, frequentando gente sbagliata e diventando la vittima preferita dei giornali di gossip.
Il suo essere imprevedibile però, la porterà a vivere a casa di suo fratello William. Quello che non sa, è che con William vive anche Jamie Campbell Bower.
I due sono tanto diversi da sembrare uguali, litigano, si scontrano sempre.
Ma forse quella convivenza forzata, mostrerà loro quello che sono realemente.
Forse, questa convivenza forzata, mostrerò loro l'amore...o l'odio.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jamie Campbell Bower, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Shadow
 
Jenelle Victoria Dawson aveva diciannove anni e grandi occhi marroni. Aveva passato gran parte della sua vita mandando a monte tutti i piani che i suoi genitori avevano fatto su di lei e combattendo una guerra che sembrava non avere fine.
Era la secondogenita di James e Helen Dawson, una tra le più antiche, nobili e ricche famiglie londinesi. Non amava fare ciò che i genitori le dicevano di fare o ciò che la società si aspettava che facesse una Dawson.
Jenelle non partecipava ai brunch organizzati dalle altre élite londinesi, non indossava abiti lunghi né vestiva firmato.

Jenelle era giacca di pelle, jeans scuri e converse.
Jenelle era ribelle, forte, imprevedibile. E proprio per il suo essere imprevedibile in quel momento, si ritrovava a casa di suo fratello maggiore William per chiedergli aiuto. Jenelle non aveva lavori stabili, si stancava facilmente e lo stesso valeva per le relazioni amorose. Ed era proprio per l’ennesimo fallimento amoroso che adesso era andata a vivere a casa di suo fratello.
Nate, il suo ultimo ragazzo, l’aveva letteralmente sbattuta fuori di casa dopo aver scoperto che lei lo aveva solo usato. Non c’era di certo da stupirsi: Jenelle non provava interesse per quasi nessuno dei suoi ragazzi, non reputava nessuno alla sua altezza. Cercava solo passatempi per ammazzare la noia e per cercare di riempire un vuoto inspiegabile che volteggiava minaccioso nel suo petto.
Strano, considerando che essendo figlia dei Dawson, sarebbe dovuta crescere con tutti i privilegi possibili ed immaginabili. E così era stato, solo che a Jenelle mancavano altri tipi di privilegi. Le mancavano le coccole, i baci sulla fronte la sera, la fiaba prima di andare a dormire, gli abbracci di una madre, l’orgoglio di un padre. A quella ragazza mancava l’amore. Così, aveva costruito attorno a sé un muro che nessuno era mai riuscito a scavalcare.
Si nascondeva dietro il suo menefreghismo, il suo odio, il suo cinismo e il suo sarcasmo.
«Puoi restare quanto vuoi», disse William per la millesima volta aiutando Jenelle a sistemare le sue cose nella camera libera del suo immenso appartamento.
«Sì, grazie», mormorò Jenelle.

William e Jenelle erano gli esatti opposti. William era il figlio modello e l’uomo perfetto: si era laureato in giurisprudenza, era tra i migliori avvocati di tutta la città, benvoluto da amici, adorato dalla famiglia e desiderato da gran parte della popolazione femminile.
D’altronde William era oggettivamente un bel ragazzo: alto, con due grandi occhi verdi e capelli scuri.
Viveva in un appartamento che poteva contenere tre volte quello di Jenelle. Era spazioso, luminoso e arredato perfettamente.
Jenelle si sedette sul letto a baldacchino bianco della sua stanza e vide accanto al comodino una rivista di gossip. In prima pagina c’era una sua foto che la ritraeva con occhiali da sole scuri, vestita con una tuta grigia, una canotta bianca e un grosso borsone sulle spalle.
Il titolo era scritto a caratteri cubitali gialli e recitava:
Ecco la piccola Dawson reduce dal suo ennesimo fallimento amoroso. Dove scappi, Jenelle?
Jenelle aprì la rivista e cercò l’articolo che parlava di lei, una volta trovato sbuffò sonoramente.

Abbiamo beccato Jenelle Dawson mentre abbandonava l’appartamento del suo ormai ex ragazzo Nate Lewis armata di valigie e borsoni.
E noi che ci eravamo illusi che avesse messo la testa a posto!
Eccola mentre scappa per la centesima volta, cosa sarà successo stavolta?
E dove sarà dirette la nostra Jenelle?
Lo scopriremo presto.
 
Jenelle gettò la rivista a terra. Un’altra cosa che non sopportava di essere una Dawson era che non aveva una vita privata. I figli delle èlite londinesi erano le prede preferite dei giornalisti esattamente come lo erano attori, cantanti e altre persone famose.
Sapevano tutto. Sapevano cosa avevano mangiato a colazione, quanti respiri aveva esalato, quanti sbadigli facevano al mattino e persino cosa passava per la testa di quei ragazzi.

Jenelle era una delle ragazze preferite dai giornaletti di gossip: il suo essere ribelle era la fonte di denaro migliore per i giornalisti.
William si avvicinò alla sorella e lanciò un’occhiata al giornale a terra. «Non dovresti dar peso a queste cose».
«Come fai ad essere sempre così calmo? Queste persone ci rendono la vita un inferno».
William rise appena. «Io direi che tu non hai bisogno dei paparazzi per renderti la vita un inferno».
Jenelle cambiò discorso. «Perché non posso stare nella stanza blu?».
«Dall’ultima volta che sei stata qui sono cambiate un po’ di cose, per esempio che si è trasferito qui Jamie».
Jenelle si voltò lentamente verso suo fratello e sollevò un sopracciglio guardandolo. «Scherzi?».
«Lo so che non andate proprio d’accordo ma dovrai abituarti».
«Non bastava l’attenzione che hanno i paparazzi verso di noi, tu vai anche a vivere con Jamie Campbell Bower, fantastico».
«Tra te e Jamie non so chi porti qui più paparazzi a dirla tutta», disse William. «E poi non lo vedrai spesso, sta sempre in giro per girare un film e viaggia un giorno si e l’altro pure per fare interviste».
Jenelle annuì e William lasciò un bacio sulla sua fronte. «Comportati bene».
 
***

«Ma guarda un po’ chi si rivede», esordì Jamie quando vide Jenelle in cucina che preparava qualcosa da mangiare per cena. «Ti ricordavo più piccola a dirla tutta».
«Ciao anche a te», disse Jenelle senza guardarlo.
Jamie si sfilò il giubbotto nero e lo poggiò nell’attaccapanni, poggiò le chiavi di casa sul tavolinetto del soggiorno e andò verso Jenelle. Poggiò i gomiti sul bancone che li separava e si sedette su una sedia.
«E così ti sei stancata anche di Nate, eh?», disse Jamie con un sorrisetto sulle labbra e la voce vagamente sarcastica.

Jenelle non rispose.
«Dovevamo aspettarcelo, dopo tre mesi di relazione tu hai bisogno di cambiare aria. Che peccato».
Jenelle rimase in silenzio e aumentò quasi inconsapevolmente la presa nel manico della pentola che aveva tra le mani. «Nate Robert Lewis», mormorò Jamie come se stesse parlando con sé stesso. «Figlio di Jonathan Richard Lewis, un’ altra famiglia milionaria come la tua. Peccato,
davvero. Ma a te questa vita piace no?».
«Coglione», sibilò Jenelle.
E Jamie la sentì. «Come prego?».
«Perlomeno io ricordo i loro nomi, tu sicuramente non ricordi nemmeno di che colore aveva i capelli », rispose Jenelle sollevando lo sguardo su di lui.
«Detto da una che cambia fidanzato come le mutande è un complimento», sputò acido Jamie.
«Mi stai dando della troia?», disse Jenelle guardandolo con tutto l’odio che aveva in corpo.
«Tu mi hai detto che sono un coglione!».

«Lo sei infatti».
E Dio solo sa cosa avrebbero detto se solo William non fosse entrato in cucina guardandoli come si guardano due bambini che si fanno i dispetti. «Toglietevi dalla faccia quelle espressioni omicida che avete e stampatevi un bel sorriso sulle labbra, non voglio spargimenti di sangue in casa mia».
Jamie e Jenelle continuarono a guardarsi in cagnesco e nessuno dei due voleva distogliere lo sguardo dall’altro. «Sono felice di notare che tua sorella non è cambiata di una virgola», disse Jamie guardandola.
«Non che tu abbia fatto molti progressi», disse Jenelle.
William sbuffò. «Sembrate anzi, siete due bambini».
La serata andò avanti tranquillamente, salvo occhiate fulminee e frecciatine acide.
Dopo aver cenato e aver sistemato la cucina, Jenelle andò in camera sua e si vestì per andare ad una festa.
Tirò fuori dall’armadio un vestito blu con le maniche di pizzo e una scollatura vertiginosa sulla schiena.

«Posso?», chiese William bussando alla porta della sorella.
«Sì, entra».
William entrò mentre Jenelle saltellava su un piede per infilarsi le scarpe con il tacco dello stesso colore del vestito.
«Esci?».
Jenelle annuì scostando una ciocca dei suoi capelli ondulati dalla fronte.
«E dove vai?», chiese William appoggiandosi allo stipite della porta.
William aveva solo venticinque anni e aveva l’aria di un uomo saggio che sa tutto della vita. Ed era bellissimo con la sua camicia azzurra con le maniche sollevate sopra il gomito e i pantaloni beige.
«C’è una festa in un locale qui vicino», rispose Jenelle guardandolo.
«A che ora torni?».
«Presto».

William abbassò lo sguardo annuendo. «Stai attenta, i giornalisti sono ovunque e basterà un tuo errore per scatenare l’inferno».
Jenelle annuì. «Lo so, Will. Farò attenzione».
Suo fratello fece per andarsene ma poi tornò nella stanza di Jenelle. «Un’ultima cosa», disse guardando sua sorella. «Dovresti chiamare mamma e papà, dopo l’ultimo articolo erano in ansia per te».
Jenelle fece una smorfia. «Come no».
«Si preoccupano per te, perché non riesci a capirlo?».
«A loro non è mai interessato di me, lo sai benissimo anche tu che mi vedono come la pecora nera della famiglia».
Will non rispose, forse perché in fondo sapeva che aveva ragione.
Jenelle aveva preso tutte le decisioni sbagliate nella vita e i suoi genitori non avevano fatto altro che farglielo pesare.
William si avvicinò alla sorella e lasciò un bacio sulla sua fronte. «Sei bellissima», disse. «Fa’ attenzione».
Jenelle sorrise e annuì, poi lui sparì dalla sua vista.
Cinque minuti dopo Jenelle prese le chiavi della sua macchina, la pochette e andò verso l’uscita.
Ma un biondo dagli occhi luccicanti le bloccò il passaggio prima che potesse muovere un altro passo e le sfilò le chiavi della macchina dalle
mani.

Jenelle sospirò. «Cosa vuoi?».
«Dove vai?», la incalzò Jamie.
«Non ti interessa», provò a sorpassarlo ma lui le si piazzò davanti di nuovo.
«Non pensi che il tuo vestito sia un po’ corto?».
«Il tuo cervello ha le dimensioni di una noce, ma non credo che qualcuno te lo faccia pesare».
Seguirono i soliti istanti di sguardi in cagnesco finché Jenelle non s’impossessò delle chiavi della sua macchina e sorridendogli sparì dall’appartamento.
«Occhio a quello che fai!», urlò Jamie verso le scale.
Jenelle sorrise appena scuotendo il capo.
 
Il Royal era tra i locali più in di tutta Londra. Si entrava solo se eri in lista ma gente come i Dawson non aveva bisogno di questo. Bastava farsi vedere dal buttafuori per ricevere un posto in prima classe. Jenelle, così come Nate, Jamie, William e tutti gli altri, stavano sempre nell’angolo VIP.
Quando Jenelle entrò nel locale le note di She doesn’t mind le infestarono le orecchie.
Jenelle amava le feste ma odiava ballare.
Andò verso il bancone e ordinò un cocktail consapevole di avere gli occhi di molte persone addosso.
Jenelle poggiò la schiena sul bancone e si guardò intorno sorseggiando il suo cocktail.
La sua attenzione fu catturata da un gruppo di persone che urlavano ammassate le une sulle altre.
Si avvicinò sgomitando e per poco non le si staccarono gli occhi dalle orbite quando si rese conto di cosa stava succedendo.
C’era una rissa. Un ragazzone alto con i capelli corvini scaraventava un pugno dopo l’altro sul viso di un ragazzo altrettanto alto con un
giubbotto di pelle nero, i capelli biondi, un anello sull’indice e…

Non è possibile.

Jamie stava facendo a pugni con un tizio e aveva il viso ricoperto di sangue.
Una parte di Jenelle, la più sadica, le diceva di stare a guardare la scena magari ridendo perché in fondo se lo meritava. L’altra parte, la più razionale, non ci pensò due volte a mandarla nel bel mezzo della rissa.
Si mise tra i due urlando di smetterla ma gli occhi di entrambi i ragazzi erano così tanto offuscati dalla rabbia da riuscire a malapena a rendersi conto del corpo che si era messo in mezzo a loro.

Il ragazzo dai capelli corvini sganciò l’ennesimo pugno contro Jamie, che però si adagiò perfettamente sulla guancia di Jenelle.
Due uomini della sicurezza raggiunsero i tre ragazzi e portarono fuori il ragazzo con i capelli neri che ancora di dimenava.
«Che cavolo fai?», disse Jenelle a Jamie cercando di non pensare al dolore che provava nella guancia.
«Ti ha fatto male?», disse Jamie guardandola.
Jenelle sospirò. «No. Andiamo a casa, dai».
Jenelle prese il braccio di Jamie e lo portò attorno alla propria spalla e con qualche difficoltà lo portò fuori dal locale.
Lo trascinò fino al parcheggio, raggiunsero la macchina di Jenelle e lei lo fece sedere sul sedile del passeggero.
Jenelle prese posto nel sedile del conducente e mise in moto l’auto. «La mia moto», disse Jamie con un’espressione di dolore stampata in viso.

«La prenderò domani», rispose Jenelle.
In un’altra situazione Jamie avrebbe protestato in malo modo, ma in quel momento era troppo dolorante per riuscire a parlare.
«Ti fa male?», riuscì a dire Jamie allungando l’ indice verso la guancia di Jenelle dove vi era del sangue.
Jenelle si scostò al contatto con Jamie, quasi l’avesse bruciata.
«No», rispose secca.
Jamie sospirò e rimase in silenzio per il resto del viaggio.
Una volta arrivati a casa, Jenelle lo trascinò fino al suo bagno personale e lo fece sedere sul bordo della vasca da bagno.
Prese il kit del pronto soccorso da uno scaffale e si sfilò le scarpe con il tacco appena prima di inginocchiarsi davanti a Jamie.

Gli prese il viso tra le mani e lo esaminò. Aveva due graffi sulla guancia sinistra e la destra aveva assunto un colore violaceo.
Prese un batuffolo di cotone e lo bagnò con un po’ di disinfettante per poi poggiarlo lentamente sulle ferite di Jamie.
Jamie si trattenne dall’imprecare malamente a causa del bruciore che gli provocava il disinfettante e si limitò a serrare la mascella così tanto che sembrava una statua di marmo.
Jenelle tirò la maglietta bianca di Jamie giù per una spalla per controllare che non ci fossero altre ferite. «Se volevi che mi spogliassi, bastava chiedere», sibilò Jamie sorridendo appena.
Jenelle trattenne un sorriso scuotendo il capo. «Mi spieghi perché ti sei messo a picchiare quel tipo?».
«Aveva la mia stessa maglietta e non voleva ammettere che a me stava meglio», scherzò Jamie.
«Dico sul serio», disse Jenelle facendo un mezzo sorriso.

Jamie sospirò e seguì con lo sguardo le mani della ragazza che curavano le ferite del suo braccio. «Ti fissava».
Involontariamente, Jenelle affondò un po’ di più il batuffolo di cotone nella pelle di Jamie che lanciò un’ imprecazione ad alta voce.
Jenelle parve non notarlo. «Stai scherzando?», disse alzando lo sguardo su di lui.
«Non del tutto», disse Jamie.
«Che vuol dire?», lo incalzò Jenelle.

Jamie sospirò sonoramente, come se fosse seccato da tutte quelle domande. «Vuol dire che non l’ho picchiato solo perché ti fissava. Stava dicendo ai suoi amici scimmioni che appena fossi uscita dal locale avrebbe fatto del tuo corpo ciò che credeva», fece una smorfia a quel ricordo.
Jenelle gettò i batuffoli sporchi di sangue e disinfettante nel piccolo cestino della spazzatura del bagno e si voltò verso di lui.
«E alla fine ha fatto quello che voleva del tuo corpo», disse lei per sdrammatizzare.
Jamie accennò un sorriso e si alzò dal bordo della vasca. «Già».
Jenelle si passò una mano tra i ricci. «Dovresti andare a dormire».
«Sì, capo», disse Jamie. «Buonanotte».
«Buonanotte», disse Jenelle. Ma Jamie era già uscito e non riuscì a sentirla.
 
***
La mattinata sarebbe stata perfetta, se solo William mentre lui, Jamie e Jenelle stavano facendo colazione non avesse acceso il telefono.
Non fece in tempo a rispondere che il mittente della chiamata riattaccò, ma lasciò un messaggio in segreteria che i ragazzi ascoltarono.
«Will, tesoro sono io, la mamma. Volevo solo dirti che domani faremo un brunch qui a casa e volevamo che tu ci fossi anche perché non ti vediamo da tanto. Io e tuo padre abbiamo letto l’articolo che parla di tua sorella e suppongo che anche tu l’abbia letto… anzi, sono sicura che tutta Londra l’ha letto. Ad ogni modo, spero sia lì con te adesso e non a casa di uno sconosciuto. Dille del brunch, dovete esserci tutti e due. Oh, quasi me ne dimenticavo, anche Jamie è invitato. Mi raccomando Will, tue e tua sorella dovete venire. Occhio all’ abbigliamento! Un bacio».
 
Jenelle per poco non si strozzò con il tea. Non era la prima volta che sua madre organizzava eventi simili, la cosa che dava sui nervi a Jenelle era che la maggior parte delle volte, sua madre organizzava questi ricevimenti con il solo scopo di dimostrare a tutta la nobiltà londinese che sua figlia non era una drogata, una sbandata o una che vive alla  giornata.
Ma non aveva altra scelta.
Doveva andare a quel brunch e cosa peggiore, ci sarebbe stato anche Jamie.   
  
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