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Autore: Shinra    29/07/2008    1 recensioni
[...] Prendiamo sempre il primo treno. Per dove non si sa, è una non-scelta affidata al caso...
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il treno arrivò alla stazione.
Lui era lì ad aspettarmi, al solito binario numero 1 - perchè c'è sempre il binario numero 1 in una stazione -, come il 3 di Luglio di ogni anno.
Il modo della sua attesa cambia di volta in volta, un anno è seduto, un anno sdraiato ammirando il soffitto di pietra, altre volte a leggere un libro o a giocare a dribblare con il tappo di una bottiglia.
Non so perchè ma il momento del nostro incontro si ripete sempre uguale, e non riesco ad immaginarlo diversamente...
Io scendo dal treno, mi dirigo verso di lui fissandolo. Lui non mi saluta né fa cenno di avermi vista, appena arrivo davanti a lui alza gli occhi e mi guarda. I suoi occhi celesti hanno un cerchio giallo attorno all'iride che li fanno sembrare ipnotici. Rimango sempre incantata a guardarli, e mi sembra che il tempo si blocchi. Poi lui mi da un bacio sulla bocca. Non dice ciao o buongiorno o heylà, non dice niente. Si volta e inizia a camminare, e io lo seguo.
Prendiamo sempre il primo treno. Per dove non si sa, è una non-scelta affidata al caso. Non prestiamo attenzione alla destinazione. “Treno in partenza per... al binario...”
Adesso i tempi sono cambiati, bisogna fare il biglietto per la tratta specifica che è valido solo per l'orario specifico. Un tempo era come per gli autobus. A volte compriamo il biglietto sul treno. Una volta Renero li ha rubati a dei viaggiatori distratti. Poi abbiamo sbagliato treno. Ci hanno fatti scendere alla stazione successiva e abbiamo buttato i biglietti.
Viaggiare senza sapere la destinazione è bello. Ti mette in aspettativa, non sai mai cosa ti attende ed è elettrizzante. Spesso neanche ci sediamo, restiamo nel corridoio e guardiamo fuori dal finestrino aperto, a volte fumando una sigaretta, se troviamo qualcuno che ce la offre. Dipende dal treno. I treni moderni non ti permettono di stare affacciato fuori dal finestrino, sono scomodi, puzzano di plastica e mi sembra di soffocare. Anche Renero li odia, aspetta che siamo dove si sente a suo agio prima di cominciare a raccontarmi le sue storie.
Non è mai prevedibile nei suoi discorsi, dice quello che gli passa per la testa in quel momento. Non mi dirà mai ad esempio “Allora, che mi racconti, cos'hai fatto di bello?” Lui osserva ciò da cui è circondato e segue i suoi pensieri e le sue sensazioni. Poi, d'un tratto...
“Vedi le cime degli alberi laggiù in fondo, sembrano una muraglia di picche che mirano al cielo...”
Renero è un poeta. Se si mettesse a scrivere diventerebbe famoso, ne sono convinta. Gliel'ho detto una volta, che dovrebbe scrivere quello che pensa, al posto di lasciarlo scorrere via, ma non lo conoscevo ancora bene. Lui non ha risposto, non mi ha guardata, non ha detto né fatto niente, è rimasto immobile, forse riflettendo sulle mie parole. Dopo un po' ha cominciato a parlare di un altro argomento. Da allora non gli ho più dato consigli.
Sono diventata anche io di poche parole. Lascio la mia mente scorrere prima di parlare, come un fiume lento che segue il suo corso senza accelerare né fermarsi, stabile ed equilibrato, tranquillo. Cerco di non constatare mai l'ovvio.
Le nostre discussioni sono così lente e ambigue che la gente ascoltandoci potrebbe pensare che siamo due matti.
A volte momenti di lungo silenzio arrivano a durare anche per delle ore... predicono una confessione.
“Ti ho tradita con una sudamericana.” o polacca, o coreana, o lituana.
“Mm.” dico io. Penso a un possibile nome da affibiare alla soddisfatrice dei suoi bisogni, ma non credo che per Renero sia stata così importante da tenerlo a mente.
Lui non dice altro, guarda fuori dal finestrino. Dopo qualche minuto si volta verso di me, mi guarda negli occhi con i suoi occhi azzurri e gialli, e come se avesse ascoltato i miei pensieri dice: “Il tuo nome lo ricordo”
“Sì.” dico io, come assolvendolo dal peccato.
Non credo di dovergli perdonare nulla in ogni caso.
Ad un certo punto del nostro viaggio, quando in una stazione ci dirigiamo verso un treno, mi fermo a guardare la sua schiena salire nel vagone e scomparire al suo interno.
Poi il treno parte, e io resto ferma lì sulla banchina. Non lo cerco con lo sguardo nei vagoni che passano. Il nostro viaggio insieme è finito.
A volte dura pochi giorni, altre volte settimane, ma potrebbe durare anche cinque minuti.
Il tempo di incontrarci alla stazione, il 3 di Luglio di ogni anno, solo per sentire quegli occhi che mi guardano, e le sue labbra per un istante sulla mia bocca, e vedere le sue spalle allontanarsi verso il primo treno in partenza.
  
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