Serie TV > Castle
Ricorda la storia  |       
Autore: delilahs    17/05/2014    1 recensioni
La detective si girò, e se gli sguardi avessero potuto uccidere, adesso sarebbe stata in una cella isolata per omicidio plurimo. Javier da nero diventò bianco, e incespicò sui suoi passi, parlando di pratiche da sistemare. Si girò e corse via, più velocemente di un gatto con la coda tra le gambe.
Ryan guardò Kate, e fu sorpreso di vederla sorridere. “Fa piacere vedere un po’ di sano terrore non dovuto al momento in cui mi si romperanno le acque.” Commentò tranquilla, prendendo la mano di Castle. Il detective e lo scrittore sbuffarono di sollievo, visto che erano gli unici rimasta a ricordare com'era affrontare una donna incinta, questa volta con l’aggravante della pistola di servizio.

***
“Non guardarmi come se potessi divorarti in qualsiasi momento..” disse, accoccolandosi sulla spalla dello scrittore. Sorrideva furba. Lui le accarezzò i capelli.
“Questo è più o meno il mio sguardo da quando ci siamo incontrati, credo.” Replicò lui. Lei rise, e gli mollò un pugno. Lui gemette in silenzio.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'This is war'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ispirazione






"Kate, sono venuto a prenderti.”

“Grazie davvero dell’offerta, ma sono incinta, non invalida.”

L’uomo rise, annuendo bonariamente mentre la detective si alzava dalla sua sedia. Altre otto ore passate seduta ad una scrivania. Erano settimane che ormai non gli permettevano più di andare in azione, Ryan e Esposito in prima fila. Finalmente, quel giorno sarebbero iniziate le sue meritate ferie di maternità. Il suo corpo iniziava ad esigerle. Solo due giorni prima si era addormentata alle due di pomeriggio, e per di più mentre guardava i tabulati telefonici di un sospettato. Ok che erano noiosi, ma esisteva un limite a tutto.
Mentre si alzava recuperare il cappotto, intravide con la coda nell’occhio i due detective che uscivano dall’ascensore, Esposito con un taglio sull’occhio e Ryan con il braccio su un ragazzo di soli vent’anni. Il fratello della vittima, che poi si era scoperto essere l’assassino. Che bastardo.
Lo portarono nella cella, chiusero la porta e tornarono alle loro postazioni. Kate li sentiva sghignazzare.

“… e poi quel bestione ti ha guardato ed era tutto adesso ti stendo” concluse Esposito, accomodandosi, per non dire stravaccandosi, sulla scrivania di fronte alla sua. Kevin, dal canto suo, continuò ad annuire, asciugandosi una goccia di sudore dalla fronte. Javier era sporco di fuliggine.

“Ma dove l’avete preso, in una canna fumaria?” domandò perplesso Castle, che aveva una mano sul pancione della moglie. Lei sorrise, mentre Kevin le rivolgeva uno sguardo esasperato.

“Vecchio forno.” Disse invece Esposito, spazzolandosi un po’ di fuliggine dalla manica della camicia. “Allora, come sta?” chiese poi, indicando la detective.

“Intendi me o la bambina? E poi, smettetela di parlare come se io non ci fossi!” rispose esasperata lei, indicando ripetutamente il suo pancione e la pistola sul tavolo, come a ribadire il concetto. Per fortuna, Castle lo comprese bene, e allontanò lentamente l’arma dalla portata della donna. Esposito deglutì.

“Scusa, ma dopo la scorsa volta hai perso tutta la mia stima, Beckett. Addormentarsi sul posto di lavoro? Ma dai..” scosse la testa con finto disappunto.
Lei sbuffò. “Vorrei farti presente che io devo dormire per due, e anche mangiare per due!” concluse, mentre da dietro le sue spalle Castle faceva dei gesti inequivocabili, della serie che Ryan comprese bene, essendoci passato ormai due volte.  Perciò si girò, e diede un calcio al collega. “Ricordati i livelli di ormoni e la donna in questione, bro.” Javier decise saggiamente che era ora di abbassare il tiro.

“Sta diventando grande, eh?” chiese, poggiando una mano sul pancione della donna. In quel momento la temperatura precipitò sotto lo zero. Perfino i carcerati avevano i ghiaccioli tra le sbarre. Kate smise di respirare, e Castle, se è fisicamente possibile, lo fece ancora di più, e sbiancò. Javier si girò lentamente verso il suo migliore amico, che scuoteva la testa come un furetto impazzito e lentamente cercava di allontanarsi dalla scrivania che, ne era certo, sarebbe stata la loro prossima scena del crimine. Capì di aver commesso un grosso errore.

Ritirò la mano. “I-intendevo la bambina” Kevin gli mollò un calcione. Accidenti.

La detective si girò, e se gli sguardi avessero potuto uccidere, adesso sarebbe stata in una cella isolata per omicidio plurimo. Javier da nero diventò bianco, e incespicò sui suoi passi, parlando di pratiche da sistemare. SI girò e corse via, più velocemente di un gatto con la coda tra le gambe.
Ryan guardò Kate, e fu sorpreso di vederla sorridere. “Fa piacere vedere un po’ di sano terrore non dovuto al momento in cui mi si romperanno le acque.” Commentò tranquilla, prendendo la mano di Castle. Il detective e lo scrittore sbuffarono di sollievo, visto che erano gli unici rimasta a ricordare com’era affrontare una donna incinta, questa volta con l’aggravante della pistola di servizio.

“Andiamo?” domandò poi la donna, tirando via suo marito. Salutò Ryan, che ancora sorrideva per lo scherzo fatto ad Esposito, e si infilò nell’ascensore. “Stasera che facciamo?” chiese, prendendo in contropiede suo marito. Castle stava giusto pensando a come scappare da un ascensore corazzato, quando il suono della risata di sua moglie gli arrivò alle orecchie.

“Non guardarmi come se potessi divorarti in qualsiasi momento..” disse, accoccolandosi sulla spalla dello scrittore. Sorrideva furba. Lui le accarezzò i capelli.

“Questo è più o meno il mio sguardo da quando ci siamo incontrati, credo.”  Replicò lui. Lei rise, e gli mollò un pugno. Lui gemette in silenzio.

“Comunque non fraintendermi, Castle. Sono solo stanca.”  Come per sottolineare l’affermazione, sbadigliò. Uscirono dall’ascensore e si diressero verso la loro macchina.

“Vuoi che ti porti in braccio?”

“Ma sei scemo o cosa?”

“Oh.” Scherzò lui. “Non venirmi a dire che sei stanca se poi non accetti che il tuo aitante principe azzurro ti porti in braccio, Kate.” Per tutta riposta lei storse la bocca ed entrò. Il viaggio di ritorno fu silenzioso. Una volta davanti al suo appartamento, Castle, preoccupato di averla fatta arrabbiare, le scrollò una spalla.

“Kate.” Sussurrò. Dalla sua parte provenne un gemito, poi lei si spostò contro la portiera. Lui, sempre più incuriosito, scese dalla macchina ed aprì la sua portiera. Il respiro controllato, le mani infilate nel cappotto, gli occhi chiusi. Si era addormentata.
Trattenne un sorrisino soddisfatto e si chinò per slacciarle la cintura. Era probabilmente la prima e l’ultima volta che gliel’avrebbe lasciato fare in una vita, e aveva sempre voluto farlo, quindi si chinò e la prese in braccio. Chiuse la portiera con la punta del piede, e fece schioccare la lingua. Salì fino al suo appartamento. Lei dormiva ancora placida. La depositò sul divano e sbuffò per lo sforzo. Lui era diventato anziano o lei più pesante? (Non chiedeteglielo, per carità).
Si sdraiò ai piedi del divano, cercando aria. Ad un tratto la mano di Kate scivolò dal pancione e cadde a pochi centimetri dalla sua faccia. La osservò divertito e incuriosito. Le unghie erano belle, ben curate, la mano soffice e delicata. Decise che voleva provarle tutte, finché Beckett non si sarebbe svegliata e gli avrebbe (probabilmente) tirato un cazzotto.

Depositò un bacio sull’indice. Il dito del comando. Dell’ordine, dell’intonazione, della detective che aveva incontrato per la prima volta. Il medio. La ribellione. Il passato di Kate, e buona parte del suo lavoro. L’anulare. L’amore. Il dito dove si porta la fede, e dove ora un cerchio d’oro con i loro nomi incisi sopra scintillava. Per ultimo, proprio quando Beckett si svegliava, il mignolo. Il dito della promessa. Come quando i bambini se lo stringono per fare pace, o per dire lo giuro.

“Castle.” Mugugnò lei, ancora intontita. “Che stai facendo?”.

Lo scrittore si inventò una mezza bugia, per essere dolce e per non essere picchiato. “Niente di importante.” rispose, quando si alzò per lasciarle una bacio leggero sulle labbra. Sorrise. “Stavo solo cercando un’ ispirazione.”



















 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: delilahs