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Autore: Frostsliver    18/05/2014    5 recensioni
“Lo, there do I see my father.
Lo, there do I see my mother,
and my sisters, and my brothers.
Lo, there do I see the line of my people,
Back to the beginning!
Lo, they do call to me.
They bid me take my place among them,
In the halls of Valhalla!
Where the brave may live forever!”
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Questa storia narra le vicende delle quattro figlie di Iwaldi,creature cresciute nel grembo di una terra fertile,nate per compiere grandi imprese.
Alla corte del re Odino vivono e prosperano queste fanciulle, protette unicamente dalla loro bramosia di vita.
Sigyn, Nanna, Lofn ed Idun, quattro sorelle legate dal sangue, dal dolore, da un segreto che minaccerà di distruggerle.
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Questa fanfiction è nata dall'unione del mondo di Thor e di Game Of Thrones, due racconti molto differenti che qui si fondono per dare vita ad un racconto di amore, guerra, sangue e fedeltà.
Enjoy!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Sigyn, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
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Would you do it with me
Heal the scars, and change the stars?
Would you do it with me
Turn loose the heaven within?







Il fiume.
Solo il fiume  ed il suo silenzioso, eterno scorrere.
 L’argentea voce delle sue acque non era altro che un soffio proveniente dal passato, racconti antichi come il tempo fatti a nulla più di un sussurro.
 Le acque giocavano allegre, s’intrecciavano con il vento in un’eterea, incalzante danza nell’aria mattutina, sottile come un filo di seta.  Gocce d’acqua cristallina s’infrangevano evanescenti contro le rocce che costellavano il corso d’acqua come oscure stelle . Esse erano immobili, tolleravano benevole il vocio leggero delle onde ed il lento, inesorabile incedere della terra sotto di loro, spinta dalla linfa vitale di quel mondo in continuo mutamento.
Quanti luoghi come quello avesse visto il fiume, quante terre avesse solcato, nessuno lo sapeva.
Le betulle, fiere guardiane della maestosa radura, seguivano impassibili lo spettacolo, cogliendone ogni forma.
Ne bevevano avidamente l’odore, ne assaggiavano l’anima attraverso le radici fitte come ragnatele, incastrate, avvinghiate le une alle altre per formare una rete talmente grandiosa da arrivare fino al cuore della terra.
Il sole, appena sorto, dal suo trono di limpido azzurro inondava la foresta con i riflessi della sua luce. Il tenue chiarore colorò la cima degli alberi, accarezzando le foglie assopite, correndo tra i rami ed esortandoli ad abbandonare il loro profondo torpore.
Tutto era pace, tutto era armonia.
Improvvisamente la serenità venne scalfita dal  lontano rumore di cavalli lanciati in un disperato galoppo.
Il musicale suono di una risata si fece prepotentemente strada tra il ritmico tuonare degli zoccoli contro la terra, una risata giovane, piena di vita ed innocente noncuranza.
Fecero la loro comparsa due enormi, nervosi stalloni. Bestie magnifiche  che simili a frecce sfolgoranti scoccate dal più potente degli archi attraversarono la radura.
Uno in particolare, bianco come una colomba, sembrava in procinto di spiccare il volo.
Al suo collo si stringeva una fanciulla dai capelli corvini, la risata apparteneva a lei. Balsamo purificante, il più prezioso dei cristalli dominato dalla luce del sole. Lei ed il suo destriero fantasma parevano non toccare terra mentre procedevano nella loro rovinosa fuga, ed il secondo cavallo dal manto color bronzo fuso seguiva le loro orme, portando con se il suo fiero cavaliere.
La corsa sembrò finire quando entrambi gli animali giunsero alle rive del fiume.
 Il rombare di tuono cessò e venne rimpiazzato da un ben più discreto brusio di voci frementi.
“Maledizione Sigyn, potevi farci ammazzare” Disse il giovane uomo tra gli ansimi, la slanciata figura piegata su stessa per cercare di placare il fuoco che pompava rovente nelle vene dilatate fino all’inverosimile.
“E tu dovresti essere un soldato?”Controbatté la fanciulla trattenendo a stento un risolino di scherno. I grandi occhi risplendevano di adrenalina.
L’uomo la scrutò divertito per qualche istante dalla sua posizione china, per poi ergersi con un sospiro in tutta la sua imponente statura.  
Osservò la fanciulla allontanarsi, spingersi fino alle placide acque del fiume con l’enorme stallone alle calcagna. Quell’animale seguiva la padrona come un cagnolino da compagnia, una scena quasi comica pensò il guerriero.
Non distolse lo sguardo dalla giovinetta neanche quando iniziò pacatamente a sfilarsi la lunga veste , rivelando il forte, florido corpo alla radura. Era girata di spalle, i muscoli della schiena vibravano inquieti al tocco dell’acqua che le inghiotti le gambe, le cosce, i glutei ed infine i fianchi, lasciando alla vista solo le candide spalle.
D’improvviso si voltò. 
Incastrò gli occhi in quelli di lui, intrappolandolo in una morsa di ghiaccio rovente.
Quegli occhi avevano la stessa potenza della natura,  era come se il creato avesse incastonato in quell’universo di cerulea meraviglia la stessa arcaica forza che spingeva il fiume, che donava vita agli alberi, che illuminava il sole.
Quegli occhi da guerriera gli ordinarono di affrettarsi.
Lui era solo lo schiavo di uno sguardo.
“Inizio a diventare troppo vecchio per queste cose” disse allo stallone che brucava, noncurante delle parole del suo padrone.  Sorrise sornione, ma tornò serio non appena si mosse verso il fiume per unirsi alla furia che silenziosamente lo aspettava. 
Quella ragazza lo terrorizzava più di qualsiasi cosa avesse mai vissuto nella sua longeva esistenza, e si odiava per essere cosi volubile al suo desiderio.
Durante il breve tragitto si sbarazzò dei vestiti, la stoffa gli bruciava la pelle. Le scarpe, la camicia, i pantaloni, tutto volò nell’aria adagiandosi poi qua e la, senza un rigore logico.
L’acqua era più fredda di quanto avesse immaginato, gelida, la pelle venne schiaffeggiata malamente mettendosi immediatamente sul chi vive.
L’uomo non se ne curò, aveva ben altro in mente.
Fu presto abbastanza vicino alla fanciulla da poterla toccare, le mani trovarono immediatamente il loro posto nell’incavo dei fianchi.
La ragazza sorrise, gli passò le dita tra i riccioli ramati, solcando poi la pelle tesa del collo possente e delle larghe spalle.
“Saresti in grado di trascinarmi ovunque” Disse l’uomo sommessamente. Poteva sentire i prosperosi seni contro il petto.
“E tu ti faresti trascinare” Rispose lei, il sorriso era ormai svanito da quel volto angelico.
Le labbra s’incontrarono.
Inizialmente il contatto fu lieve, quasi insicuro, ma ben presto la voracità crebbe. 
Lingue intrecciate fino a sfiorarsi l’anima, le mani esperte di lui desiderose di donare qualsiasi cosa a quel corpo che si plasmava come creta tra le dita.
 Voleva dimostrare di essere degno della fiducia che gli dimostrava concedendosi a cuore aperto al suo tocco, d’insegnarle a vivere, di regalarle un’esistenza lontana dal dolore e dalla paura.
Con lui sarebbe stata felice, la sua valichiria avrebbe deposto le armi per prendere le vesti di moglie.
Gli era stata promessa tutta la forza e la fragilità di una donna straordinaria, e a lui spettava la custodia di questo onore.
 
Uscirono dall’acqua ormai incapace di contenere il loro desiderio solo per gettarsi nell’erba ancora fresca di rugiada.
Iniziò una lotta di carne e bramosia in cui lui ebbe la meglio quando la sovrastò, inchiodandola a terra.
Con il viso affondato nella pece dei lunghi capelli poteva sentirla ansimare il suo nome, più e più volte, contorcersi sotto il peso di tanto ardore.
La bocca violò l’alabastrino collo, i denti grattarono la pelle come per forarla. Le mani si muovevano freneticamente, mosse da vita propria, stringendosi infine ai morbidi glutei solo per spingerla verso di sé.
Quando tutto esplose davanti ai suoi occhi sentì per un momento di non avere più paura.
 
Rimasero stretti l’uno all’altro, e per molto tempo non dissero una parola.
Fu lui a rompere il silenzio
“Credo che dovremmo muoverci, prima o poi qualcuno verrà a cercarci e sono pronto a scommettere che tuo padre mi farebbe tagliare la testa se ci trovassero cosi”
Lei rise sommessamente
 “Mio padre non ha interesse nel sapere dove sono o cosa fanno le sue figlie. Non preoccuparti, in fondo è stato lui ad unirci, no?”
“Non siamo ancora sposati Sigyn”
La ragazza si sedette di scatto
“Non usare quel tono con me, lo sai che lo odio”
“Quale tono?” rispose lui, sorridendo beffardo
“Quello da insegnante insoddisfatto”
“Beh, insoddisfatto non è proprio il termine che utilizzerei per qualificare il mio stato in questo momento”
Sigyn colpì l’uomo sul petto a mano aperta “Sei un idiota” disse, per poi alzarsi.
Subito dopo balzò in piedi anche lui.
“Ehi, stavo scherzando” disse, cingendole le spalle da dietro “Cosa ti è preso?”
L’uomo poté sentire il fremito della fanciulla tra le sue braccia
“Niente”
“Sei preoccupata per qualcosa?”
“Non voglio tornare a casa, voglio rimanere qui dove non devo abbassare lo sguardo appena mi passi davanti.”
L’uomo sorrise dolcemente
“Mio dolce amore, presto sarà tutto diverso.”
“Presto? Domani te ne tornerai alla corte, e non so nemmeno se potrò riaverti vivo”
“Sono una guardia reale, è il mio compito. Cosa pretendi che faccia?”
“Non lo so Theoric” ammise liberandosi dalla presa del suo compagno “Non lo so”
Theoric le afferrò una mano, la strinse per non lasciarla andare
“Tornerò, lo sai che tornerò. E quando lo farò ti porterò con me, te lo prometto” disse, portandosi la mano al volto. Lei si avvicinò
Lo sguardo si fissò nuovamente su di lui, le mani si strinsero al suo viso.
“Attenzione con le promesse” rispose.
 
Ripartirono  malvolentieri e con la nostalgia nel cuore, e questa volta lasciarono che i cavalli si muovessero con più calma.  Non avevano alcun desiderio di tornare indietro.
Presto furono costretti a separarsi per non destare sospetto. Si scambiarono qualche parola d’addio, lei promise che sarebbe venuta a salutarlo prima della partenza.
Osservò l’uomo che tanto amava allontanarsi, per poi spronare lo stallone a continuare in direzione del castello. 
 
Nello stesso momento in cui varcò la soglia dell’imponente costruzione in pietra seppe che qualcosa stava per accadere. L’atmosfera era tesa, era come se l’aria stessa fosse in attesa di qualcosa.
“Sigyn, si può sapere dov’eri?”
La voce allarmata la colpì come un pugno in faccia. Si girò in direzione del grido, e vide Nanna in piedi in cima ad una rampa di scale. 
Sua sorella era conosciuta in tutto il regno per la sua bellezza, ed in quel momento era più radiosa che mai. Indossava uno dei suoi abiti da cerimonia, quello bianco che lasciava scoperte le spalle, l’ampio scollo era bordato con pelliccia di coniglio.
La cinta di cuoio le cingeva la vita mettendone in risalto la lieve curva, ed il tutto era accompagnato da un collare in argento costellato di piccoli  turchesi, stessa pietra che era stata sapientemente incastonata nelle lunghe trecce dorate.
Meravigliosa ed infuriata come una vipera.
 “Come mai ti sei tirata a lucido, che succede?”
“Cosa non succede vorrai dire. È arrivato il re, vuole parlare con nostro zio. Vatti a preparare che dovremo presenziare alla cena.”
Sigyn ebbe difficoltà ad incamerare le parole
“Il re?”
Nanna alzò gli occhi al cielo
“SI,  re, regina e principi. Tutta l’allegra compagnia e senza il minimo preavviso. Ti conviene muoverti, se ti vede Freya è la fine. Se la sta già prendendo con la servitù”
“Tanto per cambiare quindi”
Le fanciulle trattennero a stento una risata. Conoscevano entrambe il carattere tutt’altro che accondiscendente della madre.
“Vieni, ti aiuto” disse Nanna, allontanandosi dalle scale. Sigyn non poté fare altro che seguirla.
 
“Mi sento ridicola” Disse Sygin scrutando perplessa la sua immagine allo specchio.
Il viso era pulito, il pallore messo in risalto dal colore scuro del vestito. La morbida pelliccia bruna che contornava  lo scollo della stessa fattezza di quello di Nanna stuzzicava la pelle facendola prudere fastidiosamente, mentre il pesante tessuto blu notte l’avvolgeva in una morsa che le rendeva difficile anche solo respirare.
“Non lamentarti, sei bellissima” Rispose la sorella senza distogliere lo sguardo dalla spessa treccia che lentamente si andava formando tra le sue dita. 
“Secondo te cosa vuole il re?” chiese Sigyn, pizzicandosi le guancie nel disperato tentativo di dargli un minimo di colore.
Nanna scosse la testa “Non ne ho idea. Sarà qualche tediosa questione politica” rispose
“Ma perché non ha convocato lo zio a corte, che senso ha venire fin qui con tutta la famiglia?”
“Potrebbe trattarsi di politica matrimoniale”
Sigyn si voltò di scatto
“Sta ferma” esortò Nanna, sorpresa della reazione della sorella.
“Mi stai dicendo che andrai in moglie ad uno dei principi?”
La sorella abbozzò un piccolo sorriso
“è solo una teoria. Ma pensaci, Frey è uno degli uomini più potenti del regno, è il comandante dell’esercito reale ed il più fidato dei consiglieri di sua Maestà. Direi che siamo un ottimo partito per i principi”
“Peccato che io sia già impegnata allora” Disse Sigyn con tono canzonatorio. La sorella la colpì in testa con la spazzola. Era l’unica che sapeva quanto Sigyn e Theoric fossero entrati  in confidenza.
La fanciulla fremette al ricordo della giornata trascorsa in riva al fiume.
Nanna era più piccola di Sigyn di un anno, eppure sembrava molto più grande sotto qualsiasi punto di vista.
Educata, discreta, bella come un fiore, dall’ultima visita alla corte tutti avevano iniziato ad osannare la figlia di Iwaldi e Freya.
Improvvisamente l’idea di vederla sparire insieme ad un principe di Asgard non le sembrò cosi remota.
 
Il filo dei pensieri di entrambe le fanciulle venne spezzato dall’irruenta entrata di Idun e Lofn, entrambe vestite come delle vere nobildonne in due abiti dal taglio assolutamente identico.
Le gemelle parlottavano vivacemente finchè non notarono la presenza delle due sorelle maggiori, a quel punto le voci si fecero chiare e squillanti come campane nel porre domande di ogni tipo come “secondo voi cosa succederà?” “come saranno i principi?” “cosa mangeremo?” “ci sarà della musica?”, continuando in questo modo finchè sia Sigyn che Nanna iniziarono a considerare la possibilità di staccarsi le orecchie pur di non starle a sentire.
 Di certo non mancavano d’entusiasmo, le creature.
 
   
 
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