Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _Bec_    19/05/2014    13 recensioni
Inghilterra, 1845. Emma Marie Wimsey, giovane aristocratica in rovina, è costretta ad accettare la proposta di matrimonio di Charles Edwin Wilkinson, figlio del più caro amico del suo defunto padre.
Emma ha sempre desiderato sposarsi per amore, avere un matrimonio perfetto, ma è presto costretta ad abbandonare i suoi sogni per salvare la sua famiglia dalla povertà, scoprendo così che la vita segue spesso un corso totalmente inaspettato.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Direi che ci sta un “nelle puntate precedenti” visto tutto il tempo che è passato dall’ultima volta che ho aggiornato:

Direi che ci sta un “nelle puntate precedenti” visto tutto il tempo che è passato dall’ultima volta che ho aggiornato:

Emma e Charles si devono sposare per volere dei genitori; l’una perché ha la famiglia indebitata fino al collo (il padre, prima di morire, giocava d’azzardo), l’altro perché glielo ha imposto il padre – amico del simpaticone che giocava d’azzardo – ed è troppo “figo” per mettersi a discutere per una sciocchezza di poco conto come un matrimonio. Quindi accetta di sposarla e basta, anche per non essere diseredato.

Emma, in passato, ha avuto una cotta per lui, mentre Charles, al contrario, non l’ha mai considerata, se non per deriderla quando erano bambini per il fatto che lei leggesse sempre e “parlasse” con gli animali (Lo faccio anche io, tra l’altro. Il mio gatto ne è stufo). Quindi ora si ignorano amabilmente.

Nel capitolo precedente si parlava di un ballo, ricordate? Emma e Moira, la cognata, sono andate in paese a comprare delle stoffe e hanno incontrato Lady Eveline Crampton, amore impossibile di George, l’amico di Charles – sì, incredibile ma vero, Charles ha un amico che lo sopporta.

Questo capitolo sarà incentrato solo sul ballo, pronte? Via.



Image by Sara and Tania

 

 

 

 

Chapter 4. The ballroom dancing

 

 

Aveva già visto più e più volte la sala in cui si svolgeva il ballo degli Shaftesbury, ricordava perfettamente di essersi nascosta sotto uno dei tavoli che ora erano posizionati vicino a una parete per sfuggire ai rimproveri di sua madre, da bambina. Era come se non ci avesse mai messo piede, tuttavia: rimase minuti interi a fissare la scena, estasiata e terrorizzata allo stesso tempo. Delicate tende bianche, fluttuanti e quasi impalpabili nella brezza estiva, facevano da contrappunto ai pesanti tendaggi di broccato che incorniciavano le finestre. Sprazzi di un giardino fresco e illuminato solo da qualche torcia si intravedevano tra il tessuto chiaro, un giardino in cui avrebbe disperatamente voluto scappare. Le candele che illuminavano la sala coloravano ogni cosa con una leggera tinta dorata che faceva risaltare il biancore dei volti, la lucentezza degli abiti, lo sfarzo dell'arredamento. Al centro della stanza, in un turbinio di stoffe colorate, alcune coppie già danzavano sulla musica allegra di un'orchestrina, quasi nascosta in un angolo. Sopra la musica si levava qualche risata acuta, subito nascosta dall'ondeggiare di un ventaglio, dal movimento rapido di una mano guantata.

Nel momento in cui fece il suo ingresso in quell’enorme salone, Emma percepì distintamente lo sguardo di ogni presente posarsi su di sé.

Il vestito stretto nei pugni delle mani, il petto che si alzava ed abbassava ritmicamente contro il bustino troppo stretto, e il battito del cuore irregolare e rumoroso, almeno alle sue orecchie. Riusciva a sentirlo nitidamente nonostante la musica ed il chiacchiericcio intorno a lei.

Cercò di contenere il tremore delle gambe mentre faceva la riverenza di fronte a gentiluomini e nobildonne che cortesemente si avvicinavano a salutarla o le venivano presentati, ma ogni volta che rialzava la testa avvertiva un leggero capogiro. Le guance le scottavano e l’aria le mancava, nonostante più di una finestra ai lati del salone fosse aperta.

Era la prima volta che partecipava ad un ballo di quelle dimensioni da fidanzata. Avrebbe dovuto essere una liberazione per lei: il fatto che fosse ufficialmente impegnata avrebbe sicuramente tenuto alla larga pretendenti indesiderati, eppure si sentiva tremendamente irrequieta.

Era presente gran parte della nobiltà inglese, tra cui il Duca e la Duchessa di Greyton e Lord Hertman e Lord Cosgriff, due dei più ambiti scapoli di Londra. Per quanto si guardasse intorno, però, non riusciva proprio a scorgere la figura di Lady Eveline Crampton. La cosa la tranquillizzava immensamente, contando che non aveva alcuna voglia di incontrarla e salutarla in presenza del suo futuro sposo.

Si accorse per sua sfortuna di essere rimasta uno dei più ghiotti pettegolezzi mormorati dietro ai ventagli delle signore, lei e il suo imminente matrimonio con il figlio del Marchese di Winchester.

Sospirò con rassegnazione: doveva abituarsi, sarebbe stato così per i mesi successivi. Inoltre, quello era il primo ballo a cui partecipavano entrambi, quindi era comprensibile che l’attenzione fosse puntata su di loro.

Proprio quando stava per rilassarsi e rendere più spontaneo il suo sorriso, i suoi occhi notarono il giovane di bell’aspetto che, a passo sicuro, si stava dirigendo verso lei e sua madre.

Deglutì a vuoto e si guardò istintivamente intorno, sperando fino all’ultimo che Charles Wilkinson deviasse la sua attenzione su qualcuno nelle vicinanze o alle sue spalle. Così non fu, purtroppo per i suoi nervi.

Aveva un’espressione rilassata e sicura di sé sul volto, il portamento altezzoso ma impeccabile come sempre, un sorriso appena accennato e chiaramente di facciata. Niente di malizioso o esagerato, una piccola curva all’insù delle labbra che non contagiò in alcun modo gli occhi.

Come avrebbe voluto essere altrettanto brava a dissimulare qualsiasi emozione, così impassibile e tranquilla.

Lord Wilkinson si fermò a porgere i suoi saluti a sua madre, momento di cui Emma approfittò per cercare di calmare il respiro e il battito.

Dopo aver scambiato i consueti convenevoli con Lady Wimsey, Charles le si avvicinò per prendere la sua mano guantata e posarci sopra le labbra. Fu silenziosamente grata della presenza del guanto, un contatto diretto l’avrebbe certamente infastidita.

Prese tempo e nascose una smorfia dietro al ventaglio, per poi scansarlo e forzare il miglior sorriso del suo repertorio.

Falso, bugiardo, ipocrita, borioso, arrogante e superficiale Charles Wilkinson. Era talmente presa da quella serie di aggettivi gradevoli da rivolgere al suo futuro marito, che non ascoltò una parola di quello che disse. Quando lui inarcò un sopracciglio, presumibilmente in attesa di una risposta, la ragazza si ritrovò a boccheggiare incerta. Chiedergli di ripetere era fuori discussione, solo una sciocca non avrebbe udito e compreso le sue parole ad una distanza così ravvicinata. Sarebbe risultata terribilmente svampita. Cielo, perché si distraeva così spesso? Distratta ed impacciata; si era sempre sentita fuori luogo a quegli eventi.

Rimase in silenzio per cinque lunghi e imbarazzanti secondi; era pronta a giurare che, se avesse potuto voltarsi a guardare sua madre, avrebbe letto terrore puro nei suoi occhi.

Sbatté le palpebre e si riprese, giusto in tempo per azzardare una risposta consona a qualsiasi tipo di frase rivolta da un uomo. -Vi ringrazio.- Allargò lentamente il sorriso, tentando di addolcirlo e di non farlo sembrare un ghigno ben poco signorile. Sia che le avesse fatto un complimento, cosa molto probabile, sia che le avesse detto che era un piacere incontrarla di nuovo, cosa ugualmente probabile, la sua risposta non sarebbe sembrata fuori luogo.

-È un piacere rivedervi- Mormorò incerta, benché un piacere non lo fosse affatto.

Con la coda dell’occhio vide sua madre rilassarsi al suo fianco, perciò dedusse di non aver detto nulla di sciocco. Fortunatamente.

-Certamente non quanto lo è per me rivedere voi.-

Hm. Era preparato e bravo con le frasi ad effetto, doveva concederglielo. Chissà a quante dame doveva averlo già detto, si ritrovò a pensare.

Era così falso e costruito. Non che conoscesse un solo nobiluomo spontaneo e credibile, a parte suo fratello, ma se ci fosse stata una classifica degli uomini più falsi d’Inghilterra, Emma avrebbe sicuramente messo al primo posto il suo fidanzato.

Sua madre si lasciò sfuggire una risatina stridula e mosse la mano davanti a sé con finta modestia, quasi quella frase fosse stata rivolta a lei e non alla figlia. Santo Cielo, che situazione ridicola. Quanto avrebbe voluto congedarsi e lasciare loro due a quelle frasi di rito, spontanee e genuine quanto il gesto altruistico di un gentiluomo che sentiva l’improvviso bisogno di offrire dei soldi in beneficenza, per pura coincidenza proprio nel momento in cui aveva l’attenzione dei giornali e della nobiltà inglese su di sé.

Probabilmente avrebbe dovuto reagire come sua madre: ridere in modo ridicolo e ringraziare, ma lei non era sua madre. Piegò il capo di lato con fare ingenuo e sollevò un sopracciglio. -Non vi sembra di essere un po’ presuntuoso ad insinuarlo? Non trovate, inoltre, che la vostra precisazione sminuisca le mie parole?-

Sua madre stava per avere un collasso, ne era certa. Diventò improvvisamente rossa ed iniziò a sventolarsi violentemente con il ventaglio, guardandosi intorno allarmata per assicurarsi che nessuno avesse sentito il tono oltraggioso e sgarbato di sua figlia. -Emma!- Sussurrò, gonfiando le guance.

Charles, invece, non si scompose minimamente, anche se, benché solo per un secondo, ad Emma parve di scorgere un lampo di stupore attraversare i suoi occhi.

Se era vero che aveva già utilizzato diverse volte quella frase, quel che era ancora più certo era che nessuna nobildonna gli aveva mai risposto in quel modo. Non se lo aspettava e la cosa la fece gongolare interiormente.

-Non era mia intenzione offendervi. Vi chiedo di scusarmi se avete percepito le mie parole come un tentativo di vanificare il significato delle vostre.- Assottigliò lo sguardo, forse leggermente infastidito.

Meraviglioso. In qualche modo sentiva che se lui si fosse innervosito, lei avrebbe potuto rilassarsi. Sorrise per quella piccola vittoria, questa volta in modo molto più istintivo. -Siete perdonato.-

Se si fosse vista dall’esterno si sarebbe certamente vergognata del modo in cui stava sorridendo e sbattendo le ciglia, come una qualunque sua coetanea in cerca di un buon partito da accalappiare.

Il colorito di sua madre tornò ad una tonalità più normale e salutare, ma l’espressione di rimprovero non abbandonò il suo volto.

-Bene, bene- Borbottò tra sé e sé, facendosi aria e lasciando scorrere lo sguardo dall’una all’altro.

Lord Wilkinson inclinò di poco la testa e stese le labbra nell’ennesimo sorriso di circostanza, guardandola di sottecchi in un modo che, se fosse stata ancora una quattordicenne ingenua, l’avrebbe certamente fatta arrossire. -Spero mi concederete l’onore del primo ballo.-

Riapparso il sorriso del Lord, scomparve quello della giovane. Non aveva possibilità di scelta, sapevano entrambi che, in quanto fidanzati, il primo ballo avrebbero dovuto riservarlo l’uno all’altra.

-Naturalmente- Replicò, senza nemmeno sforzarsi di mostrarsi entusiasta.

Fu lieta di vederlo congedarsi qualche minuto dopo, non avrebbe retto ancora per molto quella vicinanza.

-Emma, non mi piace il tuo atteggiamento con Charles! Sai bene come stanno le cose, è il figlio di un Marchese, il suo titolo…- Ci mancava solo un altro rimprovero. Stando attenta a non farsi notare, fece roteare gli occhi verso il soffitto e si chiese mentalmente per quanto sua madre sarebbe stata capace di andare avanti.

-Sono stata chiara?- Approfittò di quel momento per rispondere svelta: “Certo”, prima che ricominciasse a sgridarla per la sua scarsa attenzione.

-Bene.- Concluse soddisfatta, sfoggiando un sorriso cortese e ruffiano quando Lord e Lady Winchester, genitori di Charles e quindi suoi futuri suoceri, si avvicinarono per salutarle.

Un giorno o l’altro avrebbe chiesto a Lady Winchester il nome della sua cameriera e parrucchiera personale, pensò Emma mentre eseguiva la riverenza. E il nome delle pettinature sempre più bizzarre che aveva il coraggio di portare.

-Siamo così contenti di rivedervi! Oh, cara Emma!-

La giovane si sforzò di riportare il suo sguardo sul viso della sua interlocutrice e, come da copione, sorrise. Non era tanto difficile sostenere una conversazione con Lady Winchester, tutto sommato la trovava simpatica. Senz’altro più gradevole del figlio.

-Che delizioso evento, non trovate?- Chiese sua madre in tono civettuolo, proprio nel momento in cui Lady Shaftesbury passava accanto a lei per accogliere nuovi ospiti.

Dopo aver dato il suo contributo alla conversazione con un altro sorriso e un cenno affermativo della testa, Emma incominciò a guardarsi intorno con discrezione, in cerca di sua cognata. O di qualsiasi altra possibile via di fuga. Aveva un disperato bisogno di respirare un po’ e di fare una pausa da tutti quei saluti e scambi di formalità.

-Sono impaziente di vedere il nostro Charles ballare con la vostra Emma, sono sicura che saranno stupendi!-

Stupendi non era proprio la parola che avrebbe usato per definire lei e Charles insieme, ma non si sarebbe mai azzardata a farlo presente ad alta voce. Che Lady Winchester sognasse pure.

-Oh, Emma era così emozionata che non ha parlato d’altro per tutta la settimana!-

Cielo, si stavano sfiorando livelli ridicoli di ipocrisia!

Dovette impiegare tutte le sue energie per non mutare espressione: ridere sarebbe stato poco opportuno, così come fare un qualunque tipo di smorfia.

Incontrò un paio di occhi familiari e a lungo cercati dall’altra parte della sala e si trattenne a malapena dal sospirare per il sollievo.

-Vogliate scusarmi, credo che mia cognata abbia urgente bisogno di me.-

In realtà Moira l’aveva semplicemente guardata per pochi secondi, inconsapevole di essere la sua salvezza, ma Emma era certa del fatto che quella sarebbe stata la sua unica occasione per liberarsi dei Marchesi.

S’inchinò e tentò a passo svelto di raggiungere la donna. Aveva intenzione di chiedere a Moira di tenerle compagnia e passeggiare con lei per un po’ a braccetto, giusto per rilassarsi un po’ e prendersi una pausa.

Non aveva calcolato il giovane dai capelli corvini che le si parò davanti, un sorriso malandrino sul volto.

-Non dovreste girare da sola per la sala, Lady Wimsey- La rimproverò amichevolmente, una luce divertita nello sguardo.

Spalancò gli occhi sorpresa, le labbra schiuse in un modo molto poco decoroso.

Non si aspettava di essere fermata da un uomo, tantomeno da un uomo così sfacciato da rivolgerle la parola per primo, senza nemmeno aspettare un suo saluto.

Era sicura di averlo già visto da qualche parte, ma non riusciva a ricollegarlo a nessuna delle sue conoscenze. Difficile dire se fosse più maleducato lui per la libertà che si era preso, o lei che non aveva affatto memoria del suo nome.

Resosi conto della sua espressione scioccata, il giovane raddrizzò la schiena e s’inchinò. -Vi chiedo perdono per la mia impudenza, milady. Sono George Blackley di Cherhill. Siamo stati presentati quando non eravamo che bambini, quindi è naturale che non abbiate memoria del mio volto.-

George Blackley. Associò in meno di un secondo quel nome a quello del suo futuro marito, ecco perché quel giovane le sembrava familiare. Lo aveva visto spesso conversare con Charles, ma era sicura di non averci mai parlato in tutti quegli anni.

Blackley. Richiuse la bocca con uno scatto, mentre ricordava il bambino dai capelli scuri e sempre ben pettinati che aveva incontrato alcune volte da piccola a Winchester House, quando vi andava con suo padre.

-N-no, io…- Si schiarì la voce, un po’ impacciata. -Vi chiedo perdono io per la mia reazione. Mi ricordo di voi, Lord Blackley – mentì spudoratamente, un leggero rossore sulle guance per quella bugia, – solo non mi aspettavo… d’incontrarvi- Azzardò incerta, rigirandosi il ventaglio tra le mani. In realtà non si aspettava proprio che le rivolgesse la parola, non lo aveva mai fatto lui e non l’aveva mai fatto lei. Si erano sempre comportati come due estranei mai presentati, ora che ci pensava bene.

Il suo sorriso si accentuò, quasi avesse intuito il corso dei suoi pensieri. -Non abbiamo mai avuto molte occasioni di parlarci, purtroppo.-

Si morse il labbro nervosa e fece un mezzo sorriso, incerta. Non sapeva cosa rispondere e non riusciva a capire perché lui avesse deciso di interrompere anni di silenzio proprio in quel momento. Doveva essere per via dell’amicizia che lo legava al suo futuro marito, forse stava semplicemente cercando di essere gentile con lei in vista delle nozze, si disse pensierosa.

-Spero avremo occasione di rimediare a questa mancanza- Proseguì lui, per nulla a disagio o turbato dalla sua scarsa capacità di dialogare.

-Uhm, sì, lo spero anche io.- Arrossì impercettibilmente. Si sentiva una completa imbecille, una ragazzina incapace di articolare una frase di senso compiuto o di sostenere una conversazione con un nobile. Non aveva fatto altro che dire “sì” e “no” come una sciocca. Buon Dio, se solo lui non l’avesse colta così alla sprovvista! Non le piacevano e non era troppo abituata alle conversazioni con gli estranei, non andava oltre i soliti convenevoli e non si intrometteva mai nei pettegolezzi delle altre dame alle feste; aveva sempre preferito la compagnia di un buon libro, di suo padre o di suo fratello. E, nel corso degli anni, non si era mai sforzata di parlare molto, c’era sempre stata sua madre a coprirle le spalle e a parlare abbastanza per entrambe. Solitamente non le era mai neanche importato di quello che gli altri pensavano di lei, ma George Blackley, un po’ come Charles, la rendeva nervosa, specie perché non sapeva cosa aspettarsi da lui.

Si arrischiò a lanciargli un’altra fugace occhiata, ma l’espressione gioviale di poco prima pareva rimasta intatta. Niente di quello che vedeva in quegli occhi la faceva sentire stupida.

-Oso sperare che mi concederete un ballo, allora.-

Si irrigidì ed esitò. Le sfuggiva il motivo per cui George Blackley, che mai l’aveva degnata di tante attenzioni prima di allora e che avrebbe potuto ballare con molte altre dame, le stesse chiedendo di danzare con una tale cortesia. La cosa era un po’ sospetta. O forse era solo troppo paranoica e stava facendo inutili e maligne supposizioni su un gesto che non aveva alcun secondo fine.

Le serviva un modo gentile per rifiutare e alla svelta, comunque. Non se la cavava male con il ballo, ma non sopportava di essere al centro dell’attenzione, lo avrebbe tollerato solo se strettamente necessario.

-Naturalmente attenderò pazientemente il mio turno, so bene che Charles, in quanto vostro futuro marito, avrà l’onore di poter danzare per primo con voi.- Il sorriso del ragazzo si distese ulteriormente, così tanto che Emma si chiese se non gli facessero male le guance. Era strano che, invece di sembrare un ritratto mal riuscito di un pittore sbadato, apparisse incredibilmente affascinante. Non era sicura del fatto che con quella stessa espressione in faccia sarebbe riuscita ad ottenere un risultato altrettanto soddisfacente. Probabilmente le avrebbero chiesto se si sentisse poco bene.

Le scure sopracciglia del giovane si arcuarono appena, ricordandole che non aveva ancora spiccicato uno straccio di risposta.

Cielo, era nei guai. Cosa poteva rispondere? Non ebbe cuore di pronunciare un rifiuto, non quando il suo interlocutore le sembrava così sinceramente impaziente e lusingato al pensiero di ballare con lei. Il motivo le era ancora estraneo.

-Sarò felice di concedervi il mio secondo ballo, Lord Blackley- Accettò infine, esitante.

Non aveva mai dovuto concedere molti balli in vita sua, era sempre passata piuttosto inosservata a quel tipo di eventi. Non che ne fosse mai stata dispiaciuta, il più delle volte era lei stessa ad isolarsi. Quale uomo, del resto, badava o desiderava ballare con la giovane, acerba e distratta Emma Wimsey? Non aveva i capelli biondi e meravigliosi di Eveline Crampton, non aveva il portamento di Rebecca Sherman, gli occhi azzurri di Katherine Locksmith o la bellezza disarmante di Celine Norfolk. Non amava civettare, sbattere le ciglia un numero spropositato e inutile di volte e ridere per le sciocche battute che non capiva degli uomini, quasi sempre riguardanti il tema della caccia o della politica.

Gli occhi di Blackley si illuminarono come quelli di un felino in penombra, ma il bagliore fu talmente breve che Emma si chiese se non fosse stato uno scherzo della sua mente.

-Voi mi onorate, Lady Wimsey. Vi ringrazio per questa generosa concessione.-

Lui fece un inchino e si congedò, ancora prima che lei avesse il tempo di eseguire una dignitosa riverenza.

Due balli riservati a due affascinanti gentiluomini che fino a qualche mese prima non le avrebbero nemmeno rivolto la parola. Buffo quanto poteva cambiare le cose una semplice proposta di nozze.

Non aveva più tempo per raggiungere Moira e trascorrere qualche minuto in sua compagnia, così si dispose in fila con le altre dame per il suo primo ballo; addosso, incollatole alla pelle come il tessuto del vestito, un senso di rassegnazione con cui ormai aveva imparato a convivere nelle ultime settimane. Non c’era modo di opporsi a tutto quello e, se anche avesse potuto farlo, non l’avrebbe fatto.

Stropicciò nervosamente tra le dita la gonna del vestito e fece la riverenza, rialzando con titubanza lo sguardo per incontrare i gelidi occhi del suo fidanzato che la scrutavano impassibili dall’altro lato.

Eseguì i primi passi in silenzio, aspettando che fosse lui a dire qualcosa, ma il giovane non parve nemmeno accorgersi dello sguardo insistente puntato su di sé. Era come se non stesse ballando con lei, come se lei non esistesse e fosse da solo. Come se lei fosse completamente invisibile ai suoi occhi.

L’attenzione di Charles si spostò ben presto sulle altre coppie, in particolar modo su una giovane che Emma ricordava di aver visto a qualche altro recente evento.

Miss Thompson? Sì, doveva essere la graziosa nipote del Duca di Heathrow, le era stata presentata alla sua festa di fidanzamento.

Carnagione chiarissima, capelli neri come la pece che ricadevano sulle guance arrossate in due morbidi boccoli sfuggiti all’acconciatura, sopracciglia fini lievemente arcuate, Miss Thompson era certamente bella e sapeva di esserlo. Si accorse subito di aver suscitato un certo interesse e, dopo aver sorriso e ricambiato lo sguardo da sotto le folte ciglia scure, lo distolse con fare civettuolo.

Gli occhi di Charles si accesero di una scintilla di malizia ed eccitazione, l’espressione di un cacciatore davanti alla sua preda. Un sorrisetto compiaciuto prese forma sulle labbra, prima tese in una perfetta linea retta.

Senza quasi rendersene conto, Emma strinse con più forza la mano del suo compagno quando il ballo richiese un avvicinamento. Si sentiva stupida e mortificata, nella sua testa già sentiva i pettegolezzi delle anziane matrone che speculavano su un possibile adulterio da parte di Charles Wilkinson.

-Siete stato molto credibile prima con mia madre- Sibilò a bassa voce, facendo voltare, chiaramente controvoglia, il ragazzo verso di sé.

Non fece commenti sulla presa fin troppo salda della sua futura sposa, si limitò a guardarla con aria vagamente irritata. -Mi duole non poter dire altrettanto di voi, la vostra capacità di fingere lascia molto a desiderare.-

Girarono l’uno intorno all’altro, ma i loro sguardi, questa volta, restarono incatenati. -Non sono molto brava a mentire- Ammise fieramente lei, sottintendendo che lui, al contrario, fosse particolarmente bravo a farlo. -Eppure non riesco a considerarlo come un difetto.- Inarcò le sopracciglia in un’espressione involontariamente ostile e di sfida.

A lui sfuggì uno sbuffo simile ad una contenuta risata. Ciononostante, anche se all’apparenza la sua reazione poteva sembrare davvero spontanea, Emma era pronta a scommettere che anche quella fosse stata calcolata. Era come se, quando parlava, Charles Wilkinson seguisse un copione immaginario scritto nella sua testa, come se sapesse esattamente cosa fare o dire e nulla al mondo potesse coglierlo impreparato.

-Non ho insinuato che lo fosse- La assecondò divertito, sorprendendola. -Credo semplicemente che questo vi renda più esposta agli altri, vi si legge in faccia quello che pensate.- Lui mostrò un’espressione di sfida decisamente più convincente della sua e ciò le fece abbassare la testa furiosa con sé stessa.

Cielo, era davvero così evidente? Emma arrossì per l’umiliazione. Glielo aveva sempre detto anche suo padre, quando era più piccola. Diceva che leggere il suo viso era semplice come leggere le pagine di un libro per bambini. Ma lui era suo padre, Charles un perfetto sconosciuto.

Si mordicchiò l’interno guancia, mentre il ballo le lasciava del tempo per pensare ad una risposta. Quando si riavvicinò a lui non aveva ancora deciso bene cosa replicare, così improvvisò: -Non credete che sia stancante recitare sempre una parte? Essere costruiti e non lasciarsi mai andare ad emozioni umane?- Chiese di getto, notando di sfuggita il sorriso di George Blackley, intento a ballare con una fanciulla di cui non conosceva il nome.

Charles socchiuse le palpebre e le riservò una fredda occhiata. -Ho come l’impressione che il vostro non sia un discorso generico.-

Ah-ah. Aveva forse la coda di paglia il suo fidanzato? Lo esaminò bene in volto, cercando di capire cosa gli stesse passando per la testa. Invano.

-Vi ho forse offeso? Non sarete permaloso, spero- Lo provocò con un sorriso derisorio.

Lui sollevò appena il mento ed una ciocca di biondi capelli gli ricadde sugli occhi. -Affatto. L’essere permalosi implica il sentirsi toccati da qualcosa, ma la vostra frase non ha sortito alcun effetto su di me.-

Avrebbe voluto poter cancellare quell’espressione di superiorità, quel suo modo di fare arrogante, quel suo avere sempre la risposta pronta. Non riusciva mai a metterlo veramente in difficoltà e la cosa era sempre più demoralizzante.

-Dunque non sarà un problema per voi rispondere alla mia precedente domanda.-

Aveva passato anni della sua vita a farsi valere e rispettare da un fratello maggiore, non sarebbe stato così semplice per lui sopraffarla.

William, quando non erano che bambini, trascorreva ore intere a prenderla in giro o provocarla. Non era stato sempre il meraviglioso e premuroso fratello che lei aveva la fortuna di avere ora.

La melodia stava per finire, Emma riconobbe le note di chiusura e sapeva che di lì a poco si sarebbe dovuta nuovamente mettere in fila con le altre dame.

Distratta da quel pensiero, sussultò sorpresa ed incespicò sui suoi piedi quando Charles la tirò a sé nel momento in cui ebbe modo di prenderle nuovamente la mano. Non era una vicinanza eccessiva o scandalosa, poteva tranquillamente essere la massima vicinanza concessa a due promessi sposi innamorati, ciononostante Emma si sentì arrossire quando il viso di Charles si avvicinò al suo. Non era mai stata così a stretto contatto con nessun uomo e il fatto che fosse proprio lui ad esserle così vicino, sotto gli occhi di tutti, la metteva profondamente in imbarazzo e le causava uno strano nodo allo stomaco.

-No- Wilkinson scandì bene quella semplice parola, piegando un angolo della bocca all’insù, gli occhi accesi di un divertimento sadico che le ricordava tanto quello di William quando da bambino si svagava tirando la coda al gatto della domestica. -Non trovo che sia stancante recitare una parte.-

Le altre coppie proseguirono il ballo e si staccarono. Emma cercò di fare lo stesso, ma notò, non senza una certa agitazione, che il ragazzo non mollò la presa. Sentì la bocca farsi sempre più secca, la gola e le guance bruciare, mentre intorno a lei iniziavano a levarsi preoccupanti mormorii.

-Siete soddisfatta della mia risposta, Emma?-

La giovane rabbrividì nel sentire il modo in cui pronunciò il suo nome, una freddezza che ben si intonava al colore dei suoi occhi. Una freddezza che fece sparire la sensazione di calore che il corpo di lui così vicino le aveva donato poco prima.

Realizzò con rabbia e indignazione che non l’avrebbe lasciata andare finché non avrebbe chinato la testa e mormorato un obbediente sì.

Si guardò intorno, consapevole di essere al centro della sala e sotto gli occhi di tutti. Maledetto Charles Wilkinson.

Il suo ghigno sembrava dirle “Lo so a cosa stai pensando. Abbassa la testa e striscia come il verme che sei se non vuoi che questa gente continui a fissarci”.

Si morse il labbro con talmente tanta forza da rischiare di farlo sanguinare.

-Difficilmente qualcosa mi soddisfa pienamente.- Mormorò infine, alzando il mento più che poté per fronteggiarlo. -Ma per questa volta credo mi farò bastare la vostra risposta.-

Non aveva vinto, ma aveva miseramente cercato di trovare comunque una risposta dignitosa.

Lui assottigliò di poco lo sguardo ed accentuò il suo sorriso. -Bene.-

-Ora, se non vi spiace…- Emma puntò gli occhi sulla sua mano, ancora imprigionata tra le dita di lui. Le fece uno strano effetto vederla ed un pensiero fuori luogo riportò il calore di poco prima sulle sue guance.

Il giorno del suo matrimonio quella stessa mano le avrebbe infilato una fede nuziale al dito.

Deglutì a vuoto e cercò di sottrarsi a quella presa. Quel contatto fisico le mandava strane idee in testa e le provocava strane reazioni su cui non voleva indagare.

Il ballo era finito e le coppie, apparentemente incuranti della loro presenza, stavano prendendo posizione per il successivo.

-Ho promesso il mio secondo ballo al vostro amico Blackley e sono sicura che da qualche parte in sala ci sia la fortunata dama a cui voi avete concesso lo stesso onore che ho avuto io.- Digrignò tra i denti sarcastica, facendo scorrere febbrilmente lo sguardo intorno a sé. -Non vorrete farla attendere.-

Senza smettere di fissarla in un modo che Emma odiava, Charles lasciò andare la sua mano. -Non potrò che invidiare il mio caro amico George per tutto il tempo- Replicò infine, con lo stesso stucchevole sarcasmo usato da lei poco prima.

-Ed?-

Emma sussultò, mentre il suo fidanzato si limitò a voltare lentamente la testa quando Lord Blackley comparve proprio in quel momento accanto a loro.

-Chiedo scusa, ho interrotto una conversazione privata?- Spostò con cautela lo sguardo da uno all’altro, vagamente confuso.

La bocca di Charles ebbe un guizzo ed Emma faticò a capire se fosse irritato o divertito.

-Non dire assurdità, George- Replicò asciutto, senza una particolare intonazione, facendo un passo indietro per congedarsi e lasciargli il posto.

-Siete ancora disposta a concedermi questo ballo, vero Lady Emma? Spero non abbiate cambiato idea- Scherzò Lord Blackley, accennando un breve inchino ed un sorriso.

Lei ricambiò con sincero trasporto. -Assolutamente no, sono una donna di parola.- Fu un sollievo dedicare la sua attenzione al volto amichevole e rilassato di George Blackley, Emma non avrebbe retto ancora per molto gli occhi inespressivi e penetranti di Charles Wilkinson.

Per lei trovarsi in sua presenza era come affacciarsi alla finestra della sua stanza, la sera, quando non era visibile nulla in giardino, se non la luce della luna riflessa nell’acqua della fontana. Le faceva venire in mente quel vento gelido che tagliava letteralmente la pelle del viso, quel freddo che intorpidiva le dita, quel buio pesto, spaventoso e, tutto sommato, intrigante e misterioso che la accoglieva nelle notti d’autunno.

Scacciò via quel pensiero e si allineò con le altre dame per il seguente ballo, più tranquilla e meno rigida nei movimenti.

Certo, sapeva di non potersi comunque permettere di abbassare la guardia con lui, ma l’erede dei Blackley la metteva meno a disagio rispetto al suo futuro marito.

Quasi senza rendersene conto, sollevò di poco il mento e girò la testa in direzione delle altre coppie intorno a sé.

-Non vi ho ancora detto che siete incantevole stasera.-

Si voltò nuovamente verso Blackley, un sorriso gentile sulle labbra. Era abituata a complimenti del genere, i gentiluomini dell’alta società erano in pratica obbligati a ripetere sempre le stesse frasi a tutte le nobildonne. Ciononostante Lord Blackley le parve sincero e il suo giovane ego femminile ne fu lusingato.

-Vi ringrazio.-

Restarono in silenzio per un po’, mentre Emma seguiva a memoria i passi di una danza che non rammentava di aver ballato molto spesso.

Ruotò su se stessa e prese la mano del suo compagno, aggrottando la fronte nello scorgere una chioma bionda qualche metro più avanti.

Charles Wilkinson stava ballando con Miss Maryann Thompson; gli occhi, completamente privi di qualsiasi tipo di interesse finché era stata Emma la sua compagna, ora rilucevano di una malizia che mai si era manifestata in sua presenza e il volto, solitamente impassibile, mostrava una cordialità e un’armonia che Emma sapeva essere fittizia. Il sorriso pigro e ruffiano di un bambino viziato che voleva ottenere qualcosa dai genitori e che sapeva avrebbe raggiunto il suo scopo.

La giovane si morse l’interno guancia ed osservò Miss Thompson arrossire lievemente, le piccole e carnose labbra strette severamente tra loro in un tentativo assai scarso di non sorridere.

Perché Charles Wilkinson la detestava così tanto da mortificarla in quel modo? Perché suo padre aveva deciso di condannarla in quella maniera, promettendola in sposa ad un uomo che l’avrebbe fatta impazzire?

-Vi vedo distratta.-

Solo quando inciampò sull’orlo del vestito, come una sciocca, e finì addosso a Lord Blackley si ricordò di dove fosse e cosa stesse facendo.

-Mi dispiace- Balbettò, profondamente avvilita.

George sorrise e riprese i suoi passi come se nulla fosse accaduto. -Non vi crucciate troppo, Lady Emma.-

Pensava si stesse riferendo al suo errore, invece la sorprese riprendendo il discorso quando la danza li fece riavvicinare.

-Non sforzatevi di capirlo, mia cara. Certe volte fatico a comprenderlo persino io e lo conosco da quando eravamo nient’altro che bambini.-

Buon Dio, non sarebbe uscita viva da quella serata, stava ricevendo una mortificazione dopo l’altra. Credeva di essere stata abbastanza discreta nell’osservare il suo futuro sposo, ma a quanto pareva la sua non era stata che una mera illusione.

Non negò quanto detto dal giovane, sapeva che ai suoi occhi sarebbe apparsa ancora più stolta se lo avesse fatto.

-Non dev’essere affatto semplice essergli amico.- Le parole le uscirono di bocca prima che potesse fermarle e si pentì subito dopo averle pronunciate.

George rise genuinamente e quella reazione attirò più di uno sguardo curioso. -Non lo è, ma ormai ci sono abituato. Temo comunque che nemmeno per lui sia semplice avermi come amico, so essere piuttosto fastidioso a volte.-

Solo per un secondo, il tempo di qualche passo e qualche nota musicale, Emma si domandò perché suo padre non avesse potuto prometterla a George Blackley. Sentiva che le cose per lei sarebbero andate molto meglio se fosse stato lui a prenderla in moglie. Non avrebbe avuto tutta quella tensione addosso, quel senso di inadeguatezza, quei brividi lungo la schiena e quelle morse allo stomaco se avesse saputo che avrebbe dovuto sposare lui qualche mese dopo.

Dopo una piccola pausa di riflessione, Emma accennò un sorriso amichevole. -Vi conosco poco, Lord Blackley, ma per quel poco che abbiamo parlato questa sera posso garantirvi che non mi sono sentita infastidita nemmeno una volta.-

Cielo, era così semplice farlo sorridere! Non aveva mai fatto sorridere Charles in quel modo. In verità non lo aveva proprio mai visto un sorriso così vero sulle sue labbra.

-Sono lieto di saperlo- Affermò con il candore e l’entusiasmo di un bambino.

Il buon umore appena acquisito, però, svanì così com’era apparso nel momento in cui notò per la seconda volta Charles e Miss Thompson. Maryann si guardava intorno con discrezione, probabilmente temendo per la sua reputazione di fanciulla in età da marito.

Emma sapeva che al suo compagno di ballo non era sfuggita quell’occhiata, così sospirò rassegnata. -Se non siete riuscito a comprenderlo pienamente voi in tanti anni, dubito di essere in grado di farlo io. Credo proprio che dovrò rinunciarvi.-

Almeno per non impazzire, aggiunse mentalmente.

Una piccola ruga si formò tra le sopracciglia del ragazzo, che appariva alquanto svagato. -Non è detto che voi non possiate arrivare laddove io abbia fallito, col tempo. Dopotutto sarete sua moglie.-

Preferiva non ricordarlo, quella parola le faceva venire la nausea, eppure sembrava ci fosse sempre qualcuno pronto a ricordargliela, a sussurrargliela nell’orecchio.

Moglie, moglie, moglie…

-E siete una donna. Non credo esista qualcuno al mondo in grado di comprendere meglio le persone di una donna.- Non c’era alcuna traccia di scherno nella voce di Lord Blackley e ciò la stupì. Era raro che un uomo facesse discorsi su come le donne fossero in grado di “comprendere le persone”, come se fosse un’abilità utile o da lodare.

-Il vostro amico non sembra pensarla così.- Il suo tono era aspro e ciò le dispiacque. Non era giusto prendersela con lui, non era Blackley la causa del suo malumore.

Prima di fare il passo indietro che lo avrebbe riportato in fila con tutti gli altri uomini per l’inchino finale, George la osservò con un cipiglio – forse per la prima volta – serio.

-Charles tende, un po’ come tutti, a sottovalutare le donne. Temo tuttavia che stia sbagliando a sottovalutare voi.- Il sorriso riapparve prima che le sue labbra potessero sentirne la mancanza. -Se ne accorgerà da solo, mia cara, vedrete.-

E detto quello, dopo essersi inchinato e averla scortata al suo posto, se ne andò ringraziandola e lasciandola ai suoi interrogativi.

Le parole pronunciate dal Lord continuavano a girarle in testa, senza possibilità di uscita per il momento. Che cosa aveva voluto dire con quell’ultima frase?

Scosse la testa e si sedette su una sedia libera, rifiutando cortesemente il successivo ballo ad un giovane stempiato a cui aveva dedicato il suo tempo a qualche festa precedente. La stanchezza era sempre una buona scusa da usare in quei casi.

Non aveva certamente fatto una bella figura, ma dopotutto sua madre non avrebbe potuto rimproverarla più di tanto.

Le restavano ancora due balli in compagnia di Charles, si meritava un po’ di respiro, no?

Fortunatamente il suo futuro sposo non le parve in vena di chiacchiere – non che lo fosse mai stato con lei, del resto –, così non si sforzò di conversare nuovamente con lui, né badò troppo agli sguardi che dedicava alle altre fanciulle.

Terminato il terzo ed ultimo ballo, prese Moira a braccetto e ne approfittò per isolarsi in un angolo della sala.

-Ne uscirò pazza, vedrai.-

Lei rise, in un modo dolce e melodioso, talmente perfetto da risultare quasi irritante. Accidenti, perché lei non produceva lo stesso meraviglioso suono quando rideva?

-Sei andata benissimo. Eravate davvero molto belli insieme.-

Le riservò un’occhiata scettica ma evitò di commentare. Moira era troppo buona per dirle che era stata goffa ed impacciata, completamente fuori luogo accanto a lui.

Fece un respiro profondo e rilassò i muscoli del corpo. Ancora poco, doveva resistere ancora per poco e poi si sarebbe potuta rintanare nella sua stanza.

Due basse e cospiratorie voci le arrivarono all’improvviso alle orecchie e, quando si voltò, notò due donne sedute a pochi passi da loro. Le stavano dando le spalle, lo sguardo rivolto verso le coppie danzanti e i ventagli innalzati fino alla punta del naso.

Cautamente, certa di aver sentito pronunciare il suo nome, Emma vi si avvicinò. Moira la guardò dapprima perplessa, poi, intuendo le sue intenzioni, scosse la testa contrariata.

-Vi dico di sì, un amico di mio marito, Mr Groundon, l’ha visto con i suoi occhi. Del resto è piuttosto risaputo che Harold Wimsey eccedesse di frequente con il gioco d’azzardo.- Stava dicendo una delle due, la più corpulenta e anziana da quel poco che Emma poteva vedere.

-Giusto cielo! Non riesco a credere che Lord e Lady Winchester abbiano acconsentito a questo matrimonio, dopotutto non hanno che da perderci…- Commentò l’altra, ondeggiando sulla sedia in un modo che ad Emma parve decisamente buffo.

-Avete visto la ragazza?- Un sorriso maligno si formò sulla bocca della prima. –Buon Dio, la mia Celine è indiscutibilmente più graziosa! Wilkinson è un giovane così affascinante, sarebbero stati perfetti insieme, è un vero peccato.-

Emma si morse il labbro inferiore così forte da farsi male, mentre dentro di sé avvertiva una rabbia sempre più pressante.

Poteva sopportare qualsiasi cattiveria su di lei, non le importava di essere meno carina di chicchessia, ma non avrebbe tollerato una sola altra parola su suo padre.

Giocava d’azzardo, sì, esagerava, sì, le aveva lasciate in mezzo ai debiti, , ma aveva sempre pensato a loro, anche dopo la sua morte, combinando quel matrimonio con Charles Wilkinson. Non avrebbe potuto pensare ad un padre più buono e affettuoso.

Fece un altro passo in avanti, con l’intento di mostrarsi a quelle due e di salutarle con un largo sorriso, ma una mano la afferrò per il braccio e la tirò indietro prima che potesse mettere in pratica il suo piano.

-Oh cielo, Emma, cosa volevi fare?- La rimproverò Moira preoccupata.

-Stanno infangando il nome di mio padre.- Si sentì un po’ come una bambina piccola che spiegava il perché di una marachella al genitore.

Sapeva di aver agito impulsivamente e di aver sbagliato. Avrebbe creato inevitabilmente tensione ed imbarazzo fra la sua famiglia e quella delle due donne se si fosse mostrata e sua madre non glielo avrebbe mai perdonato.

-Emma, sai anche tu che i pettegolezzi sono all’ordine del giorno. E sai quanti ne sono circolati e quanti ne circoleranno ancora su di me e tuo fratello. Non si possono fermare, sono inevitabili. Che cosa pensi di ottenere mostrandoti?-

Irrigidì le spalle e la mascella e annuì, reprimendo l’odio e il dolore che il sentir parlare in quel modo di suo padre le aveva causato.

Aveva ragione Moira, come sempre. Aveva ancora molto da imparare da una donna come lei, non era che una ragazzina al confronto.

Sospirò ed infilò nuovamente il suo braccio sotto quello di Moira. -Allontaniamoci da qui.- Prima che potesse fare qualche sciocchezza.

 

 

*****

 

Charles Edwin Wilkinson aveva un rapporto un po’ controverso con i balli.

Vi erano delle volte in cui li apprezzava, in cui non disdegnava la compagnia di qualche graziosa dama o una chiacchierata con qualche altro gentiluomo, e volte in cui invece avrebbe voluto far tacere tutti e chiudersi nel suo silenzio fino alla fine della serata. Quello era decisamente il caso.

Strinse tra le dita il delicato bicchiere di vetro – pieno di un raffinato vino di cui non ricordava la provenienza – e sorrise forzatamente, lanciando di sottecchi un’occhiata complice a George. Stava ascoltando le chiacchiere inutili di Miss Thompson e di sua cugina da troppo tempo, più di quanto fosse disposto a sopportare.

-Ho saputo che vi sposerete in autunno… un po’ insolito, se mi è concesso dirlo- Stava dicendo Maryann, il tono di voce vagamente deluso e dispiaciuto.

Quel traditore di George non parve disposto ad intervenire in suo aiuto per liberarlo dalla fastidiosa presenza delle due giovani, così fu costretto a rispondere:

-Avete ragione, è quello che penso anche io, ma sapete… mi è stato detto che è meglio non contraddire la propria fidanzata.- Sollevò un sopracciglio ed allargò il sorriso, un’espressione che ormai aveva imparato a sfoggiare a proprio comando.

Non ricordava più quante volte avesse ripetuto quella frase, ma era riuscito man mano a renderla sempre più credibile. Solitamente causava una serie di risatine in risposta, esattamente il tipo di reazione che ebbe Miss Thompson. Prevedibile, pensò annoiato.

-Vi è stato detto il giusto, Lord Wilkinson.- Miss Thompson rise di nuovo e la presa di Charles sul bicchiere si rafforzò. Sperò di non romperlo.

La risata di Maryann Thompson era quanto di più fastidioso e raccapricciante avesse mai sentito, simile al suono prodotto dalle unghie sfregate sulla lavagna.

Non riusciva sinceramente a capire perché le donne ridessero tanto e per ogni singola sciocchezza. Con il tempo aveva iniziato a credere che non conoscessero altro modo di comunicare, risate e battiti di ciglia talmente veloci da far pensare ad un qualche tic incurabile. Trovava più attraente e stuzzicante un sorriso, molto più discreto e meno rumoroso.

Il modo in cui guardò George – gli occhi socchiusi, una scintilla d’irritazione nelle iridi ed un sorriso sempre più tirato – costrinse l’amico ad intromettersi garbatamente nella conversazione.

-Chiedo scusa, Miss Thompson, non credo di aver compreso bene da dove veniate… siete qui in visita da qualche parente?-

Miss Thompson distolse svogliatamente lo sguardo da lui per posarlo sul giovane moro al suo fianco. Sembrò soppesarlo attentamente, come se stesse decidendo se comprare o meno un cavallo, prima di sorridere amabilmente e rispondere. Dopotutto, pensò Charles mentre la ragazza blaterava, per lei sarebbe stato più semplice e interessante entrare nelle grazie di uno scapolo. E dire che, mentre ballava con Emma, gli era sembrata molto più appetibile di così. Se solo avesse sospettato che fosse una tale lagna non le si sarebbe mai avvicinato nemmeno sotto tortura. Sospirò di sollievo quando le due dame si dovettero allontanare per salutare un parente.

-Ti devo un favore, ricordami di andarci più leggero con te la prossima volta che duelleremo.- Sorseggiò un po’ del suo vino e nascose un sorriso dietro il bicchiere.

George sbuffò, un suono molto più simile ad una risata trattenuta che ad un vero e proprio soffio infastidito. -Sarebbe inutile ricordartelo, Ed. Duelleresti comunque come se fosse una questione di vita o di morte.- Si toccò il petto con una mano e scosse la testa, aggiungendo in finto tono melodrammatico. -A volte mi chiedo come faccia ad essere ancora illeso, prima o poi finirai con l’affettarmi.-

-Se al posto di allenarti continui a preoccuparti di cose futili come il corteggiamento a Lady Crampton probabilmente hai ragione.- Non gli andava proprio giù il fatto che il suo migliore amico sprecasse il suo tempo dietro ad una donna che aveva chiaramente il solo intento di prenderlo in giro. Senza contare che non gli piaceva vincere così facilmente, il suo avversario stava diventando un rammollito.

-Parlando di cose futili…- George aveva l’incredibile capacità di cambiare discorso in un lampo quando l’argomento non lo entusiasmava, -Per quanto tempo ancora hai intenzione di continuare con questo comportamento infantile nei confronti della tua futura sposa?-

Sbatté le palpebre fintamente perplesso e colto alla sprovvista. In realtà aveva già previsto una domanda del genere, il suo amico aveva aspettato solo il momento più opportuno per porgliela.

-Che cosa intendi?- Non s’impegnò molto per metter su un’espressione confusa, gli uscì una smorfia annoiata piuttosto. Con George non aveva senso fingere, sapeva che lo avrebbe smascherato in un attimo.

-Lo sai benissimo. E togliti quell’espressione dalla faccia, mi dispiace dirti che non serve. E oltretutto non ti fa sembrare particolarmente intelligente.-

Charles si concesse un sorriso lievemente più spontaneo e meno calcolato dei soliti. -Ho accettato la decisione di mio padre, come ti ho già detto, ma questo non significa che debba per forza esserne entusiasta- Disse semplicemente, sperando invano di chiudere in fretta la conversazione.

-Sì, lo so. Ma il fatto che tu non ne sia entusiasta non mi sembra un motivo sufficiente per comportarti in quel modo con la tua fidanzata, soprattutto in pubblico. Normalmente, conoscendoti, ti saresti limitato ad ignorarla il più possibile, eppure a quanto vedo…-

-A quanto vedi non è che una ragazzina incapace di comportarsi come una donna del suo rango dovrebbe fare- Concluse seccamente, indurendo i lineamenti del viso.

Sapeva dove stava cercando di arrivare il suo amico e la cosa gli creava un certo fastidio, molto simile alla sensazione che dava il pizzico di una zanzara; un qualcosa di tranquillamente trascurabile ma ugualmente noioso.

Si era prefissato di restare in silenzio durante tutta la durata dei balli con Emma, invece si era lasciato provocare e aveva reagito non appena lei aveva aperto bocca. Certo, aveva sempre mantenuto il controllo e la sua invidiabile facciata di sicurezza, ma non aveva previsto di parlarle in quel modo, né di trattenerla a sé per sfidarla a rispondergli. La sua fidanzata si stava rivelando persino più irritante di quanto pensasse, se fosse stata sempre zitta sarebbe stato più semplice tollerarla.

-Può darsi.- Maledetto George, era insopportabile quando faceva il saputello con lui. -Ciononostante, non ho potuto che aver conferma di quanto già pensassi: la trovo deliziosa.-

Charles abbandonò il bicchiere sul vassoio di un servitore della padrona di casa che, dopo essersi inchinato, li lasciò nuovamente da soli. -Tu troveresti deliziosa persino mia zia Prudence- Considerò sarcastico.

-Beh, devo ammettere che il neo peloso sul mento ha il suo fascino.- George rabbrividì e congedò l’argomento con un cenno della mano. -Comunque penso davvero che dovresti provare a darle una possibilità. Non ti sei comportato bene e a quanto pare lei non ti sopporta.- Scosse la testa rammaricato. -E non vi siete ancora sposati. Non oso immaginare come andranno le cose dopo.-

Charles soppesò le sue parole per un secondo; era divertente pensare che Emma Wimsey non lo sopportasse. Come se lei avesse voce in capitolo in quel matrimonio, come se lei, assolutamente insignificante rispetto a lui, potesse anche solo permettersi di non tollerare la sua presenza. Non era che un irrilevante moscerino, una bambina che si atteggiava come una signora e della cui opinione non gli importava nulla.

-Non ci dormo la notte, George, per questo- Mormorò infine annoiato, piegando gli angoli della bocca all’insù quando captò lo sguardo di Lord e Lady Griever.

Non era nelle sue intenzioni andare d’accordo con Emma Wimsey in privato, non gli importava di piacerle, ma a quanto pareva il suo amico non riusciva a comprenderlo.

-Ti ricrederai amico mio, vedrai. E a quel punto, se vorrai un consiglio, io, da gran signore quale sono, sarò comunque disposto ad aiutarti.-

Non lo stava già più ascoltando, ora tutta la sua attenzione era concentrata sui due nobili che si erano avvicinati per salutarli.

Forse avrebbe dovuto farlo, George raramente si sbagliava su qualcosa. Ma in quel momento quello era l’ultimo dei suoi pensieri, esattamente come Emma Wimsey.

 

 

*Note dell’autrice*

 

Quindici pagine di Word. Dite la verità, vi siete annoiate, eh? Non finivano più, mamma mia.

Sorvoliamo sul titolo del capitolo pessimo, io non sono proprio in grado di trovare dei titoli decenti. Tra l’altro non sono nemmeno sicura che “ballo” inteso come “ballo” di quei tempi si dica così in inglese. Va beh, amen, facciamo finta di sì (che autrice pessima, sto perdendo ogni briciolo di credibilità – sempre che ne avessi – grazie a queste note).

Mi dispiace per l’attesa, avevo il capitolo pronto da un po’ – non linciatemi! – ma avevo aspettato a postarlo perché volevo prima riuscire ad aggiornare le altre mie due storie in corso. Cosa che non sono riuscita a fare alla fine.

Vi rimando al mio gruppo facebook per qualsiasi informazione sugli aggiornamenti delle altre due storie.

Per quanto riguarda questa… che dire? Io prenderei a sprangate sui denti Charles, lui e il suo titolo nobiliare del cavolo se ne possono tranquillamente andare a quel paese :D

Emma, sono con te sorella, uccidilo nel sonno… muahahah

Momento di follia a parte, ho intenzione di approfondire il personaggio di Lady Eveline Crampton, che sarà una vera stronza. La sua “storia d’amore” con George sarà parallela a quella principale, anche se devo ancora decidere se avrà un esito finale positivo o negativo.

E, per farmi perdonare del ritardo, ho deciso di mettervi come spoiler un pezzo mooolto futuro, precisamente un pezzo della prima notte di nozze di Emma. L’ho già scritta, sì, ed è stato divertente entrare nella testa di una ragazza vergine di quel tempo. Vi lascio un pezzo qui sotto e uno nel gruppo facebook.

Non manca molto al matrimonio comunque, ci siamo quasi. E soprattutto non manca molto ad un lievissimo avvicinamento tra i due.

Vado, attendo i pomodori, gli insulti o il silenzio…

Un bacione e, se siete arrivate fin qui, grazie davvero di esserci ancora.

Bec

 

 

Come promesso, ecco lo spoiler sulla prima notte di nozze. Vai così Emmaaa! ;D

 

 

 

 

Non sapeva come comportarsi, si sentiva spaesata e fuori posto come non si era mai sentita prima in vita sua. Nella sua testa ronzavano continuamente le raccomandazioni di sua madre, un susseguirsi talmente veloce di parole da risultare quasi incomprensibile.

Stai ferma.

Emma raddrizzò la schiena contro la spalliera del letto e trattenne il respiro, sentendo il cuore battere tanto forte nel petto da farle chiedere se non stesse per scoppiare.

Stai zitta.

Forse stava facendo troppo rumore, forse quel fruscio di lenzuola lo avrebbe infastidito, così come il rumore dei suoi battiti.

Charles avanzava lento verso di lei, ma non sembrava curarsi troppo della sua presenza, non aveva incrociato il suo sguardo nemmeno una volta. I suoi occhi si erano posati sul letto soltanto per un secondo, di sfuggita, mentre sfilava i bottoni della sua giacca dalle asole.

Aveva osservato quelle dita muoversi pigramente sul tessuto con un’autentica sensazione di panico addosso, le unghia affondate nel materasso sotto di sé.

E ora? Deglutì a vuoto e si sfiorò una guancia con la mano, sentendola bollente contro la pelle fredda dei polpastrelli. Non l’aiutava vedere che lui fosse completamente a suo agio, sicuramente consapevole di quello che stava per accadere a differenza di lei.

Avrebbe voluto rassicurazioni più confortanti di un semplice “sopporta e basta bambina mia, finché non sarà tutto finito”. Sua madre l’aveva guardata con compassione e l’aveva baciata sulla fronte, prima di sorridere e di dirle che era fiera di lei, che era la più bella sposa che avesse mai visto.

Non aveva idea di cosa dovesse effettivamente sopportare, non aveva idea di quanto sarebbe durato, sapeva solo che aveva paura di scoprirlo e che non riusciva a smettere di tremare. Lui non le avrebbe mai fatto del male, giusto?

Abbassò svelta e imbarazzata gli occhi sulla sua camicia da notte quando notò che era rimasto a petto nudo. Oh, santo cielo. Il respiro accelerò e un’ondata di calore la investì al solo pensiero di ciò che aveva appena intravisto. Era proprio necessario che si mostrasse a lei in quelle condizioni?

Non ne fu certa, ma le sembrò di aver scorto un sorrisino di scherno su quelle labbra poco prima di distogliere lo sguardo. Si era accorto della sua reazione.”

 

   
 
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _Bec_