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Autore: black_eyes    20/05/2014    1 recensioni
Sebastian Smythe torna a NY dopo 5 anni vissuti a Parigi.
Un incontro nato per sbaglio e dei sentimenti che nascono nuovamente
SEBLAINE
dal primo capitolo
-ebastian sorrise amaramente “ma non è libertà se ti manca qualcosa. Non ti senti pienamente completo o realizzato, in un certo senso.”
Blaine annuì a quelle parole. “La libertà non è niente se non ti senti bene con te stesso. Puoi fuggire da chiunque, dal tuo passato, dal tuo presente, ma non puoi fuggire da te stesso; dal tuo futuro.”-
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed eccomi tornata con un'altra ROBA.
E' composta di 2 capitoli, quindi non è molto doloroso il tutto, purtroppo non è betata, so sorry.
(Il personaggio Zoe Zyth è una mia creazione, e se volete potete pensare che lei sia il grillo parlante di Bas.)
Spero comunque vi garbi questa COSA qui e ... buona lettura!



Sebastian si svegliò sentendo la voce del comandante parlare, si sfregò le palpebre per poi indossare i suoi occhiali; fissò fuori dal finestrino dell'aereo, vide il sole freddo di fine Aprile dietro alle nuvole e sorrise, New York, finalmente, erano passati oramai cinque anni da cui era lontano dall'America, e adesso ci stava per tornare.

Un po' perchè sua cugina lo aveva ricattato, e un po' perchè gli mancava stare assieme all'unica sua parente con cui non aveva mai litigato e che lo aveva aiutato quando era nel pieno della sua crisi.

Chiuse gli occhi ripensando al giorno della sua fuga, lei era stata l'unica che lo aveva coperto, che gli aveva assicurato un modo per costruirsi una vita nuova.

Deglutì pensando che avevano la stessa età, solo che lei aveva avuto il coraggio da dargli l'opportunità di vivere e non sopravvivere.

Gli aveva regalato la vita che aveva sempre voluto. A Parigi.

 

Appena uscì dal gate notò una ragazza fissarlo, indossava un paio di jeans neri e un semplice maglioncino verde, i capelli mossi erano raccolti in uno chignon disordinato, gli occhi di un blu elettrico lo squadravano da capo a piedi.

“Alla buon'ora Smythe” lo rimproverò appena le si avvicinò “stavo mettendo le radici.” Ghignò.

“Ciao Zoe” Sebastian lasciò andare la valigia ai propri piedi e la abbracciò sollevandola da terra, scatenando un paio di urla molto poco femminili “anche tu mi sei mancata.”

“Coglione mettimi giù!” Sibilò la morettina scalciando per aria i piedi “sei un idiota.”

“Sono tuo cugino” Sebastian alzò le spalle sorridendole.

La ragazza strinse le labbra per qualche secondo prima di gettarsi sulla sua valigia “vieni, c'è il mio appartamento che ti aspetta.” Ridacchiò prima di prenderlo per un braccio.

“Allora Zoe, dimmi come va qui a New York.” Sospirò il ragazzo dagli occhi verdi sedendosi sul taxi vicino a sua cugina.

“Ma niente, il solito. Gente che muore, gente che perde il lavoro, io che non riesco a tenermi stretto un ragazzo per più di mezz'ora … però il lavoro sì, a meno che non mordo i miei collaboratori. O per essere più specifici … uno solo. Un deficiente.”

Sebastian rise scuotendo il capo “devi smetterla, hai 25 anni. Una signorina rispettabile non può continuare a saltare di letto in letto” La rimproverò.

Zoe si voltò ghignando verso di lui. “Oh Bas caro … ma io non sono una signorina rispettabile. Sono tua cugina, nel mio sangue scorre il sangue degli Smythe" rise “e comunque … miseria Seb! Non è colpa mia se sono allergica ai rapporti fissi di coppia!” Notò che il tassista stava prestando un po' troppa attenzione alla loro conversazione “e lei si faccia i cazzi suoi” sibilò rivolgendosi al conducente “insomma, io voglio solo … ok, ad alcuni ragazzi farebbe piacere creare una famiglia. A me no.”

“Ok, tranquilla Zoe … io volevo solo …” sbattè le palpebre Smythe alzando i palmi delle mani.

“Un par di palle Bas! Tu sei tornato qui da Parigi, tu non hai dovuto affrontare i parenti che continuavano a dire 'ma quando ti sposi? Ma quando fai un figlio? Ma il ragazzo?' e io …” si prese la testa fra le mani “io sono rimasta sola, tu eri lontano, Francis e Adam erano lontani” si coprì gli occhi nascondendosi alla vista di suo cugino.

“E adesso io sono qui. Avevo capito che c'era qualcosa che non andava. Dalla tua telefonata isterica mi era parso che avevi dei problemi.”

“Stronzo.” Sbuffò la ragazza posando la testa contro la spalla di suo cugino “comunque a te come va? Il ragazzo?” Gli chiese fissandolo nelle iridi smeraldine.

“Ehm … quale tra i tanti? Quello del martedì, del giovedì o del week-end?” Disse facendosi pensieroso. “Era una battuta” disse notando che Zoe lo fissava con il sopracciglio alzato “avrai pure il sangue degli Smythe ma non hai per niente il mio senso dell'umorismo.” Sospirò scuotendo il capo.

Zoe scoppiò in una fragorosa risata scuotendo il capo “quanto mi eri mancato Seb” gli lasciò un bacio sulla guancia coperta di barba “stasera ti porto in un posto.”

“Niente strip club femminili per favore, anzi, niente strip club, abbiamo un bel po' di tempo per cacciare.” Sogghignò mordendosi il labbro inferiore.

Zoe aggrottò la fronte “cosa? Starai qui a NY con me per un bel pò? E come fai per il lavoro?” Gli chiese piegando il capo verso di lui.

“Diciamo che mi sono preso una vacanza,” sorrise mostrandole il biglietto di ritorno sventolandoglielo sotto al naso “e in più sono qui per aiutare lo studio gemellato a quello per cui lavoro.” Alzò le spalle “magari diventerò il più bravo.”

“Sì certo. Contaci francesino.” Ridacchiò Zoe scuotendo il capo “comunque come preferisci per questa sera, se non vuoi divertirti io non posso obbligarti.”

“Brava scricciola.” Le diede un buffetto sul naso “mai dirmi ciò che devo fare.”

Sua cugina alzò gli occhi al cielo scendendo dal taxi che si era fermato “va bene, nonnino. Ma io riesco a farti fare ciò che voglio.” E pagando il taxi prese la valigia di Sebastian. Aspettò che quest'ultimo scese dall'auto per poi salire alcune rampe di scale che li portarono in un piccolo loft.

“Ti sei sistemata alla perfezione Zoe, complimenti.” Il ragazzo si guardò attorno, le pareti azzurre, il tavolino, il televisore e la penisola collegata alla cucina era tutto lì davanti a lui.

Minimale ed essenziale, come sua cugina, semplice, ma pur sempre esigente.

“Grazie” gli sorrise “comunque ho saputo dai tuoi che sei il più grande avvocato divorzista di tutta Parigi.” La voce della morettina gli arrivò dal piccolo balcone che dava su un panorama mozzafiato. Central Park durante il tramonto. Nonostante tutto era romantica e dolce anche lei. Quando le si avvicinò gli porse una sigaretta “i miei complimenti.” Disse accendendole.

Sebastian fece un mezzo inchino a quelle parole “troppo gentile. E tu? Non so che lavoro fai … mi hai detto che hai alcuni collaboratori e che ci litighi con tutti, sopratutto con uno” inarcò un sopracciglio curioso “ti piace per caso?”

Zoe scosse il capo alzando gli occhi al cielo “leggi troppi romanzi Smythe … comunque lavoro ad una testata giornalistica, un mensile.” Alzò le spalle “è un buon lavoro che mi permette di fare ciò che mi piace, scrivere e cercare di verità nascoste. Sono una delle poche donne a quel giornale che scrive di omicidi e politica invece di moda e quant'altro.” Sorrise scuotendo la cenere dalla sigaretta e aspirandone una boccata “quel tizio non mi piace. È uno sbruffone che crede sempre di aver ragione lui, e non è neanche il figlio del proprietario … però ha quel comportamento da stronzo che …” Ringhiò stringendo una mano a pugno.

“E' te al maschile. Hai sudato per avere quel lavoro, tu quando vuoi fare una cosa la fai e raramente ascolti chi ti sta attorno” rise Sebastian abbracciandola “quanto lo vorrei conoscere.”

“Fidati. Non vuoi.” Rispose Zoe poggiando la testa contro al petto dell'altro. “Dai Bas, vai nella tua stanza.” Sospirò districandosi dall'abbraccio “è quella più vicina al bagno. Sistemati, prendi i tuoi tempi, ma stasera si esce e si va dove decido io.”

 

Quella sera fu costretto a vestirsi con un paio di jeans attillati e una camicia bianca, che si chiese perchè non poteva indossare una semplice maglietta colorata per andare a quegli incontri.

Sua cugina lo aveva obbligato a rasarsi e a togliere gli occhiali per mettere un paio di lenti a contatto, e il tutto per dei fottuti Speed Date.

“Ma dico io … perchè?” sibilò fissandola storto “e tu saresti una che si stanca delle relazioni … e perchè siamo qui?”

“Per prendere in giro i tipi che cercando disperatamente la loro anima gemella.” Zoe fece un faccino dolce congiungendo le mani neanche fosse una cherubina. “E anche perchè a questi incontri trovo qualcuno con cui fare sesso.” Spiegò scrocchiandosi le dita ed entrando nel piccolo ristorante.

“Quanto ti odio” sussurrò Sebastian seguendola e ascoltando le 'regole' dell'incontro.

Bisognava prendere un numerino, qualche foglietto, sedersi ai tavoli e aspettare persone interessanti con cui parlare per un massimo di 5 minuti, per poi dover lui girare fra i tavoli e incontrare persone intriganti.

Ma da come progrediva la serata, a lui questi incontri facevano solo cadere il morale a terra.

Ok c'erano bei ragazzi, le ragazze andavano da lui affamate, ma nessuno era il suo tipo; anche perchè Sebastian appena si avvicinava una ragazza chiariva subito la sua preferenza sessuale.

E sua cugina invece si divertiva in un modo che lui non poteva neanche immaginare.

Infatti notò che Zoe era seduta ad un tavolino con un bicchiere di Martini dry davanti e un sorriso sghembo sul volto, ascoltava le chiacchiere dei ragazzi, annuiva, ma con un'unica frase li faceva fuggire a gambe levate.

Tranne con un ragazzo, l'ultimo, che rimase fisso davanti a lei, ordinando due birre e facendo niente altro che ignorarla, per tutta la durata del tempo a sua disposizione.

E da come reagiva Zoe, essere ignorata non era una cosa a cui lei andava a genio.

Scrollò il capo e distolse lo sguardo quando un morettino si sedette di fronte a lui.

“Ti prego dammi un attimo di tregua salvandomi la vita, anche se sei etero fammi stare qui 5 minuti per riprendere fiato e poi me ne vado. Comunque piacere Blaine Anderson.”

Smythe sorrise e gli porse la mano “Sebastian Smythe. Piacere mio di conoscerti. Com'è che ti devo salvare la vita?” Gli chiese mordendosi il labbro inferiore.

“Sono stato portato qui dalla mia coinquilina. Vuole che a tutti i costi trovi qualcuno, anche se in realtà sto bene così.” Lo fissò solo in quel momento e rimase per qualche secondo a bocca dischiusa rimanendo incantato dalle sfumature delle iridi dell'altro. “E tu sei qui per …”

“Perchè mia cugina ha voluto divertirsi. Le basta poco, non è tanto normale.” Scosse il capo Bas ridacchiando “ma le voglio bene.”

“Ok, trovato qualche ragazza interessante? Sempre che tu non sia già impegnato.” Blaine si mise una mano sulla fronte “quanto sono imbranato.” Sibilò. “Parlo troppo vero?” Chiese arrossendo lievemente “e divento ancor più scemo di quello che sono nella vita di tutti i giorni a parlare con i ragazzi belli ...” Strinse le labbra in una linea sottile “e ancora,” alzò gli occhi al cielo. “Ecco perchè odio questi posti.” Spiegò fissandolo.

Sebastian ridacchiò “sei simpatico.” Si inumidì il labbro inferiore “comunque no. Non ho trovato nessun ragazzo appetibile e non sono fidanzato con nessuno. Sono un gay single.” Gli fece l'occhiolino.

“Oh, quindi tu sei … ok, e … ehm … wow.” Blaine balbettò questa frase divenendo rosso come un peperone “posso farti una domanda indiscreta?”

“Certo killer” ghignò il francesino leccandosi il labbro inferiore con fare predatore.

“Come mai sei qui? Insomma, ok che tua cugina ti ha portato qui ma … come mai proprio qui? Ci sono altri posti più interessanti e … meno stupidi.” Ridacchiò il moretto agitando una mano in aria.

“Diciamo che in questi anni non sono stato a NY, e mia cugina sa essere molto convincente quando vuole, ergo sempre.” Gli sorrise “tu vieni spesso?” Si inumidì le labbra maliziosamente. “Intendo qui, a questi Speed Date.”

Blaine deglutì arrossendo “solo quando mi obbligano, non mi piace fare queste … cose.” Lo fissò mordendosi l'interno guancia “tu hai detto che non sei di qui … e di dove? Per sapere …”

“Francia, killer. Ho vissuto a Parigi per quasi tutta la mia vita. Ci sono nato, ci ho vissuto fino a 10 anni, poi mi sono trasferito qui fino al compimento dei miei 18 anni con i miei genitori e poi sono scappato nuovamente per essere libero.” Sebastian sorrise amaramente “ma non è libertà se ti manca qualcosa. Non ti senti pienamente completo o realizzato, in un certo senso.”

Blaine annuì a quelle parole. “La libertà non è niente se non ti senti bene con te stesso. Puoi fuggire da chiunque, dal tuo passato, dal tuo presente, ma non puoi fuggire da te stesso; dal tuo futuro.”

Smythe stava per dire altro, magari qualcosa di filosofico sulla vita e sulle cose importanti, quando una voce richiamò l'attenzione di tutti.

“Serata terminata. Grazie a tutti per essere venuti.” Ripetè una voce femminile ponendo fine all'interessante chiacchierata che si stava svolgendo.

Ci furono rumori di sedie spostate, risate e di bicchieri poggiati sui tavoli in legno. Il moretto stava per alzarsi quando il francese lo bloccò sul posto.

“Possiamo incontrarci ancora? Magari se mi passi il tuo numero possiamo … parlare e magari metterci d'accordo per una colazione …” Lo fermò Sebastian prendendolo per un polso.

Blaine annuì timidamente “certo” e lasciò cadere sul tavolino di fronte a sé un biglietto con un numero impresso sopra “grazie per la chiacchierata e … buona serata Sebashian.”

“Buona serata a te Killer.” E lo vide allontanarsi e uscire da quel posto.

Rimase un paio di minuti seduto lì, a fissare la sedia da cui si era allontanato il moretto sexy dall'aria da bravo ragazzo. E si era divertito a chiacchierare con lui, gli piaceva il tono della sua voce quando diceva il suo nome. Senza rendersene conto stava sorridendo.

Per un ragazzo. Conosciuto grazie a un'idea di Zoe. Sua cugina.

Avrebbe dovuto ringraziarla. Ma non era quello il giorno!

Poco dopo sentì dei passi avvicinarsi alle sue spalle “E quindi, il mio cuginetto francese ha fatto colpo.” Una voce gongolante gli arrivò all'orecchio “chi era quel figo che si è allontanato da qui?” Gli chiese Zoe sedendosi di fronte a lui. Sebastian in quel momento nascose il foglietto all'interno della tasca dei jeans, non voleva mostrarglielo, quella donna sapeva essere stronza e capace di fargli fare qualunque cosa.

Anche chiamare il moretto per dirgli di uscire, o fare un incontro a tre.

Sì, Zoe era ampiamente capace di fare ciò.

Sebastian scosse il capo facendo andare via quei pensieri. “Un moretto veramente sexy dal nome di Blaine.” Si inumidì il labbro inferiore sogghignando “anche il suo nome è sexy e poi ha una pronuncia veramente hot.” Sogghignò finendo il suo drink e mettendosi una mano nella tasca dei jeans, come per assicurarsi che il suo numero era ancora lì.

“Scommetto che il suo viso da studentello timido è super hot. Erro?” Gli chiese la moretta scrocchiandosi il collo e fissando la mano di Sebastian fissa sulla tasca dei pantaloni. “Devo dire che a te la serata è andata bene.” Indicò i suoi jeans “ti ha già dato il suo numero?”

“E come hai fatto a saperlo?” Smythe alzò gli occhi al cielo incrociando le braccia al petto “Non posso tenerti nascosto nulla” serrò la mandibola “comunque sì. Ci risentiremo. Forse.”

Zoe sorrise appoggiando le braccia sul tavolo “così quel morettino ti piace …”

“Non posso saperlo dal primo incontro, però è un bravo ragazzo e a me i ragazzi con la faccia da santarellini … mi intriga molto.” Gli nacque spontaneamente un sorriso dolce sulle labbra.

“Allora Bas, io me ne torno a casa” Zoe si alzò dalla sedia mascherando uno sbadiglio “non so cosa vuoi fare tu, ma io ho avuto una giornata abbastanza stressante.” Alzò le spalle come per chiudere il discorso.

“Ok, e invece dimmi tu del TUO di moretto. Vi ho visti.” Sussurrò Sebastian facendola fermare in mezzo alla sala “lui non ti ha parlato, tu non hai avuto modo di farlo scappare via, ma in compenso lui ti ha offerto una birra. Senza nulla in cambio.” La vide serrare i pugni “cosa c'è? Hai trovato pane per i tuoi denti?”

“No. È solo il mio collaboratore.” Zoe sputò quella parola fuori dalle labbra “Un tipo cretino come non so cosa che … vuole decidere lui cosa fare, quando, dove e come … e io lo mando a cagare ogni volta che apre bocca.” Si voltò verso suo cugino “torniamo a casa.”

“A patto che mi racconti TUTTO mia cara Zoella.”

“Non chiamarmi con quel nome Sebastian Andrew Smythe!” Sibilò la morettina puntandogli un dito contro.

Sebastian strinse le labbra in una smorfia. Se lo chiamava con il suo nome completo voleva solo dire una cosa, era molto incazzata.

“Sai che lo odio” Rabbrividì. “comunque mentre torniamo a casa ti racconto la mia vita degli ultimi anni ...” Continuò Zoe come se non avesse detto nulla.

“Devo prepararmi al peggio?” Chiese Sebastian preoccupato.

Zoe scosse il capo “no.” Alzò le spalle camminando di fretta “perchè può essere riassunta in una sola frase 'mi sono innamorata di uno sposato, senza saperlo. Ci siamo lasciati. Mi ha licenziato. Ho trovato un nuovo lavoro dove litigo ogni fottuto giorno con il mio collaboratore maschio.' Una tragedia in poche parole” spiegò la ragazza aprendo il portone quando arrivarono davanti alla palazzina dove abitava “Uno schifo di vita.” Sorrise amaramente entrando nell'appartamento “E tu? A parte tutto come va?” Gli chiese uscendo sul piccolo balcone e facendo penzolare le gambe, strette da un paio di jeans, nel vuoto

“Parigi non è la stessa senza te che fissi i culi dei ragazzi” Sebastian si sedette accanto a lei accendendo una sigaretta per sé e una per sua cugina “il sesso è appagante, ma manca qualcosa.”

“L'amore?” Zoe aspirò una boccata di nicotina fissando le stelle “che cazzata madornale. Prima di lasciarsi cadere nelle braccia di qualcuno, prima di fasi amare da un terzo, bisogna prima amare sé stessi.” Scosse la cenere della sigaretta verso il basso “e tu? Ti ami Bas?” Lo fissò da sotto la frangia castana “ti saluto, vado a letto. A domani. Buona notte.” E lasciandogli un dolce bacio sulla tempia si alzò per andarsi a coricare.

E invece Sebastian rimase lì, con le gambe sospese nel vuoto e la sigaretta che si stava consumando lentamente fra le sue dita.

Si amava? Questo non lo sapeva, non si era mai fatto questa domanda, o meglio, non si era mai voluto soffermare su queste cose nella sua vita.

In effetti i suoi giorni erano tutti uguali, lavoro, pub, sesso, casa, lavoro. Un continuo altalenante di emozioni che lo riempivano e lo facevano sentire meno solo, ma solo per un breve periodo.

Quando era al lavoro non aveva tempo di pensare a sé stesso; essendo un avvocato divorzista doveva pensare solamente ai clienti e ad alcuni accordi da prendere con gli altri avvocati.

Quando era al suo solito pub beveva, un po' per dimenticare un po' per affogare i pensieri che avrebbero potuto comparire davanti a lui.

E il sesso, quello era la migliore arma che utilizzava per e contro sé stesso. Non doveva pensare a nulla quando baciava, mordeva, leccava e prendeva quel piacere effimero di una notte sola; ma quando tornava nel suo appartamento e si toglieva l'odore di colonia, alcool e sesso dalla pelle rimaneva solo.

Forse Sebastian non si amava, ma non voleva neanche che la sua vita fosse regolarizzata, controllata, da un'altra persona che non fosse lui.

Da ragazzo aveva sempre pensato che amare significasse annullarsi per qualcun altro, qualcuno che avrebbe preso il controllo della sua vita, che la sua felicità, stanchezza, infelicità e voglia di vivere fosse del tutto legata all'altra persona.

Aveva fatto molti pensieri al riguardo, ma quando era vicino a cambiare idea, a pensare che la sua vita potesse essere qualcosa di più della ricerca fittizia della felicità, ecco che cambiava direzione, che fuggiva da sé stesso ubriacandosi e lasciandosi cullare nell'oblio del sesso di una notte.

Smythe scosse il capo gettando la sigaretta, oramai spenta, verso il marciapiede.

Avrebbe potuto cambiare, ma per chi?

La sua mano corse involontariamente alla tasca dei jeans, il numero telefonico del moretto era lì, come a ricordargli che era stato vero.

La chiacchierata, il sorriso del ricciolino, e quella luce nei suoi occhi che gli avevano fatto desiderare che il tempo a loro disposizione non finisse mai.

Si alzò dal pavimento e andò verso la camera che gli aveva riservato sua cugina, era piccola, un letto, un comodino e un paio di armadi, niente di così spettacolare o importante, ma era intimo e sopratutto familiare.

E in un certo senso, quando si coricò a letto, si sentì a casa finalmente, un posto dove poteva essere sé stesso e anche dove qualcuno lo aspettava. Invece il suo appartamento a Parigi era tutto il contrario, sfarzoso, perfetto, ma purtroppo non vi era nessuno ad aspettarlo; lui a Parigi era solo.

 

Una mattina Sebastian, che era seduto da solo al tavolo in cucina, sospirò, era da un paio di giorni che fissava quel biglietto, il numero di Blaine era lì sopra, impresso nero su bianco.

Avrebbe dovuto chiamarlo, magari per invitarlo a bere qualcosa o anche per qualunque altra cosa.

Tutto pur di rivederlo e parlargli assieme, ma era alquanto improbabile dato che aveva paura.

Lui. Sebastian Smythe. Aveva paura.

Si prese la testa tra le mani e gemette sconsolato.

“Bas” lo richiamò la moretta entrando in cucina con i capelli scombinati, la maglietta mezza indossata e le scarpe slacciate “ehy” lo riprese vedendolo in quello stato “che c'è?”

“Il numero, il ragazzo, non so che fare …” spiegò senza alzare il viso dal tavolo.

Zoe si sedette accanto a lui sistemandosi la maglietta e passandosi una mano fra i capelli per ordinarli alla meno che peggio “cioè, tu mi stai dicendo che sei così” e lo indicò sogghignando puntandogli un dito contro “per un ragazzo. Per QUEL moretto.” Scosse il capo, ridendo “che avevi intenzione di fare con lui?”

“Uscire, conoscerlo” Sebastian alzò il capo fissando sua cugina “o è meglio dire, uscire con lui per divertirmi come facevo anni fa?” Domandò.

La moretta alzò gli occhi al cielo “devi dire cosa vuoi fare veramente. Non sei più un ragazzino di 17 anni che esce per scopare e farsi scopare” alzò le spalle “dimmi la verità, ti piace.”

“Zoe, il fatto è che non lo so neanche io … è carino, intriga, ha un comportamento particolare che … non so neanche spiegartelo.” Si prese nuovamente la testa fra le mani.

“Somigli tanto ad un adolescente alla sua prima cotta” gongolò Zoe vedendolo arrossire fino alle orecchie. Gli carezzò i capelli scompigliati. “Ok, dammi il tuo telefono e il numero del moretto. Ti do una mano io francesino.” E dicendo questo compose il numero scrivendo un paio di frasi, infine, sogghignando, ridiede a suo cugino il cellulare. “Secondo me ti richiamerà tra poco.” E facendogli l'occhiolino prese un pacchetto di sigarette, alzandosi dalla sedia, “io vado al lavoro.” Disse avviandosi verso la porta, “Dio dammi la pazienza che se mi dai la forza lo ammazzo.” Sibilò aprendola per poi uscire, chiudendosela alle spalle.

Sebastian ridacchiò scuotendo il capo, anche se poco dopo sbiancò. Blaine lo stava chiamando.

“Pronto?” Rispose senza tentennamento alcuno “ehy ciao Blaine. Sì, ehm … sono Sebastian, il ragazzo dello Speed Date.” Spiegò. “Ti ricordi di me?” Chiese in tono quasi supplicante.

Supplicare? Lui? Chiuse gli occhi rendendosi conto che si stava rammollendo. Ma gli occhi di quel ricciolino, la sua voce, il ricordo del loro incontro allo Speed-Date gli fece comparire un dolce sorriso sulle labbra.

Ciao Bash! Certo che mi ricordo di te” Lo sentì dire felice. “Come stai?” Gli chiese.

“Io benissimo! Comunque io volevo solo …” iniziò a balbettare “ti va di uscire con me?”

Sì Sebashian, mi va, molto volentieri. Quando vorresti?” La sua voce era un bisbiglio ora.

“Stasera ti va Killer? Andiamo al pub sulla 25esima, ho sentito belle recensioni sul posto.” Deglutì inumidendosi il labbro inferiore.

Sarebbe perfetto.” Lo sentì dire con voce tremante.

“Ok, allora … a stasera Killer.” E riattaccò la chiamata. “Ok” sospirò sbarrando gli occhi “ho un appuntamento.” Si portò le mani dietro al collo, “oh cazzo.”

In quel momento si pentì di aver voluto uscire proprio quella sera stessa, riprese in mano il cellulare e compose un numero che mai avrebbe usato, se non in casi disperati.

“Zoe. Aiuto.” Disse passandosi una mano sulla fronte “non dire nulla. Non ridere. Ho bisogno di un consiglio.” Spiegò alla veloce. “Stasera ho l'appuntamento con il moretto sexy.”

Idiota” ridacchiò la moretta “comunque sono in metro. Tra poco arrivo in ufficio, ti richiamo io.”

“NONONONO” la fermò urlando Sebastian “tu mi aiuti adesso. Sei tu che hai mandato quel messaggio e ...”

“E sei stato tu a invitarlo fuori questa sera. Quindi il deficiente sei tu.” Tagliò corto la ragazza.

“Zoe Charlotte Zyth” ringhiò Sebastian “ti prego. Ti sto supplicando.” Sentì dei rumori in sottofondo di trambusto. “Per favore Zoe, un consiglio solo. Come devo comportarmi?”

Sentì la ragazza ridere e il brusio calmarsi “sii te stesso” la sentì maledire qualcuno “se quella sera ti ha dato il suo numero vuol dire che hai fatto colpo. E se hai fatto colpo significa che gli sei piaciuto.” Sebastian la immaginò sorridere “Ti lascio. Sono arrivata al lavoro, c'è la bestia qui vicino a me.” Sentì una voce maschile accanto a lei “sì parlo di te coglione, quindi sta zitto o ti eviro” Zoe ringhiò cercando di coprire la cornetta “ciao Bas, ci vediamo stasera.” E la chiamata si interruppe.

Essere sé stesso, certo, facile da dire. Pensò allontanando il cellulare da sé e appoggiando la fronte contro il bordo del tavolo.

Era fottuto, non sapeva più come comportarsi decentemente per andare ad un normale appuntamento con un altro ragazzo.

 

Quella sera Sebastian indossò un normalissimo paio di jeans e una camicia scura. Non era male, pensò fissandosi allo specchio, per niente, annuì sistemandosi il ciuffo, ma aveva l'impressione che non era abbastanza, non per quella sera.

“E così ti sei imbellettato su alla perfezione.” Si voltò e vide sua cugina appoggiata allo stipite della sua camera “aperitivo, cena e dopocena o con il moretto vai a bere solo qualcosa?” Gli chiese alzando le braccia al cielo e scrocchiandosi la schiena.

“Berrò qualcosina” si chiuse i bottoni della camicia e allacciò anche quelli dei polsini “è il mio primo appuntamento vero.” Disse voltandosi per fissarla negli occhi.

Zoe gli si avvicinò e gli slacciò i primi due bottoni “così stai meglio” gli spiegò “e comunque Bas non devi preoccuparti. Andrà bene.” Gli sorrise “e adesso vai o farai tardi.”

Sebastian indossò il suo giubbino di pelle e uscì per andare al suo appuntamento con Blaine.

Non si era mai sentito così in ansia, un po' perchè era il suo primo appuntamento vero dopo anni; di solito infatti lui usciva, trovava qualcuno con cui bere e poi ci scopava assieme, e un po' perchè si rese conto che quel ragazzo era intrigante, ci aveva parlato due volte, eppure il suo tono di voce, gli argomenti di cui parlava erano come miele per lui.

Arrivò al punto d'incontro senza che ci avesse pensato alla strada, immerso com'era nei suoi pensieri non notò un ragazzo avvicinarglisi.

“Buonasera” Sebastian alzò il volto per vedere da dove proveniva quella voce. “Ciao Sebashian.”

“Ciao Blaine.” Gli sorrise avvicinandosi “come stai? Entriamo?”

Blaine rise annuendo “andata.”

Appena furono dentro al bar, si sedettero nell'angolo più lontano dall'entrata, un tavolo per due, dei salatini mentre aspettavano e diversi segreti raccontati vicino a una piccola lampada da tavolo.

Sebastian quella sera chiacchierò, bevve più di una birra e conobbe meglio il moretto.

“E comunque anche io mi sono trasferito, qui a NY, qualche anno fa.” Spiegò Blaine inumidendosi il labbro inferiore “volevo cambiare la mia vita, studiare, inseguire i miei sogni, e magari diventare una stella;” si mordicchiò il labbro inferiore “ma invece sono uno studioso e bibliotecario.” Rise.

“Non mi hai detto da dove vieni però. Sono curioso di sapere chi ha avuto il piacere di conoscere gli albori di questo topolino da biblioteca super sexy.” Ridacchiò Smythe ordinando altre due birre.

“Sono certo che tu non voglia saperlo” scosse il capo il ricciolino “è un posto dimenticato da dio e abitato da persone omofobe.” Si coprì gli occhi con una mano “Lima.” Disse quasi in un sussurro.

Sebastian spalancò la bocca. “Mi stai dicendo che vieni da Lima?” Gli chiese bevendo un sorso di birra fresca “Ohio? Quella Lima?” Rise “io ho vissuto a Westerville per qualche anno, ma poi, come sai, il resto della mia vita l'ho passata in Francia.” Alzò le spalle appoggiando la birra sul tavolo e inumidendosi le labbra.

“Eri felice lì? Intendo a Parigi, mi hai detto che sei scappato di qui per tornare al tuo paese Natale, ma eri, e sei, felice in Francia?” Domandò Blaine alzando le spalle fissandolo.

“A Parigi sto meglio che qui a NY o a Westerville, di sicuro non ci sono persone che mi intimano di fare cose che non voglio, non sono obbligato a vivere in un modo che non è il mio.” Spiegò semplicemente “tu qui sei felice? Hai una vita felice?” Domandò piegando la testa di lato.

“Diciamo di sì” Blaine alzò le spalle “ho un lavoro che mi piace, vivo in un appartamento con una coinquilina un po' matta, ma ehy, è la vita che ho deciso per me.”

“Ma sei felice Blaine?” Sebastian passò un dito sul bordo della bottiglia “È questo che ti sto chiedendo, una vita felice non è sinonimo di libertà.” Una luce di malinconia gli oscurò le iridi smeraldine.

Blaine alzò le spalle. “Appunto, sono libero come te, ma la felicità completa non sono riuscito ancora a trovarla. O è la felicità che mi snobba.” Un sorriso triste gli comparve sul volto “scusami, sono qui che parlo di quanto la mai vita faccia schifo e non ti chiedo nulla di come sia in realtà la Francia.”

“Non devi scusarti Killer, la Francia è … viola e rossa. Viola come la lavanda e rossa come il sesso e il peccato che si respira nelle sue vie. Il romanticismo lo si può trovare ovunque, ma Parigi è la città del divertimento, della passione, di sentimenti duri che ti entrano in corpo e fanno fatica poi a uscirti dal cuore.” Sebastian si morse il labbro inferiore “Parigi fa rinascere in un certo senso, se vuoi ritrovare te stesso basta che tu vada a Parigi.”

“Mi piacerebbe venire Bash. Tanto.” Sospirò Blaine mordendo il labbro inferiore umido di saliva.

Sebastian a quelle parole strinse le gambe assieme, la voce del moretto, il modo in cui aveva pronunciato il suo nome e … venire … quella parola.

Deglutì annuendo “dovresti davvero andarci. Fa bene al cuore e all'anima” sorrise “e poi anche il corpo avrà i suoi miglioramenti. Se possiamo chiamarli così.”

“Ma a Parigi non fa sempre freddo?” Chiese Blaine, inclinando il capo.

Per Sebastian quegli occhi dolci, e il fatto che non aveva capito i doppi sensi che aveva detto, fu meglio di un buon bicchiere di Courvousier. Quell'innocenza era così sexy!

“Sì ma …” Smythe si morsicò il labbro inferiore fissando il moretto sorridere “la vita migliora lì. È semplice, il profumo, le canzoni che si sentono e …”

“Il sesso.” Sogghignò Blaine inumidendosi il labbro inferiore “aiutano molto a essere più elastici. Dico solo che mi piacerebbe vivere sulla mia pelle Parigi.” Alzò le spalle “ma, tipo che non riuscirò mai a vederla con i miei occhi e sentirla con il mio cuore.”

Il silenzio scese sul tavolo. Un silenzio carico di parole che avrebbero voluto uscire dalle labbra del francesino, ma che questo era troppo impegnato a comportarsi bene e che, invece, avrebbe dovuto essere solo sé stesso, quindi seguire i propri istinti.

Blaine si alzò dal tavolo improvvisamente “è tardi. Domani lavoro e … è stato un piacere parlarti ancora.” Gli sorrise dolcemente “davvero.”

“Ti va se sabato prendiamo un caffè assieme?” Gli chiese Sebastian alzandosi anche lui dalle sedia.

“Molto volentieri.” Annuì il moretto “anche se … questo sabato non posso.” Si morsicò il labbro inferiore “ti va settimana prossima?” Gli chiese esitante.

Il ragazzo dagli occhi verdi annuì “non preoccuparti. Settimana prossima sarà perfetto.”

Blaine sorrise inumidendosi il labbro inferiore “e comunque la serata per noi non è ancora terminata.”

Sebastian gli si avvicinò e gli mise un braccio attorno alla vita “allora lascia che ti accompagni a casa dopo averti offerto un'ultima birra.” Gli sussurrò in un orecchio.

“Niente birra, andiamo a casa mia. Subito.” Disse Blaine appoggiandosi alla sua spalla. “Per favore Sebashian.” Disse terminando la frase con un sorriso languido.

Il francesino annuì e cingendogli la vita con un braccio lo portò fuori dal bar; assieme poi andarono all'appartamento del moretto che appena arrivò alla porta vi si appoggiò sopra sorridendogli.

“Mi sono divertito stasera con te, e spero che per te sia stato lo stesso, poi è ovvio che se invece per te …” Ma Blaine venne zittito dalle labbra di Sebastian che vi si posarono sopra dolcemente.

Un bacio a stampo, leggero, dolce, che poco a poco divenne più languido e umido.

Ma che però venne fermato subito dal francesino che si allontanò seppur di malavoglia da quelle labbra così piene e perfette.

“Buonanotte Blaine, anche per me questa serata è stata perfetta.” Gli disse sorridendogli, e sfiorandogli il labbro inferiore un'ultima volta se ne andò verso il proprio appartamento.

 

Sebastian tornò all'appartamento di sua cugina con un sorriso da orecchio a orecchio.

Serata fantastica, aveva bevuto poco, almeno rispetto alle sue normali serate alcoliche, aveva baciato il moretto ed era riuscito a prendere un altro appuntamento.

E questa volta di mattina. La settimana dopo, quindi avrebbe potuto studiare come comportarsi.

Ripensò al bacio, le sue labbra rosse e piene avevano un sapore particolare, non era solo alcool, ma qualcosa di unico che gli dava assuefazione. Avrebbe voluto divorarlo, o magari morirci su quelle labbra, ma purtroppo non poteva.

Non poteva andare a letto con quel moretto la prima serata, non quella volta, voleva fare le cose per bene; sorrise alzando il capo al cielo, si sentiva bene con quel Blaine Anderson.

Aprì la porta e appena entrò in casa si trovò davanti una scena tra il comico e il dolce.

Zoe lo stava aspettando sulla poltroncina, le gambe raccolte sotto al corpo, la testa appoggiata alle braccia incrociate e il cellulare stretto nella sua mano destra.

“Zoe” la chiamò scuotendola dolcemente. “Alzati da qui e vai a letto.”

Per risposta ricevette solo un mugugno indistinto. Sospirando Bas se la caricò in braccio e la portò nella sua camera. Le sfilò il cellulare e dandole il bacio della buona notte le rimboccò il lenzuolo.

La morettina si stiracchiò aggrottando la fronte “Bas” borbottò stropicciandosi un occhio “sei già tornato?” Si inumidì le labbra “com'è andata?” Gli chiese.

Sebastian le sfiorò il naso “te lo racconto domani francesina, dormi che è tardi.” E dandole un ultimo bacio in fronte la lasciò sola.

Appena si chiuse la porta della propria camera alle spalle, tirò un sospiro di sollievo, ripensando a quel bacio sentì un formicolio al basso ventre; quella serata si era rivelata più che perfetta.

 

Passarono un paio di giorni, Sebastian andò per la prima volta allo studio di avvocati a NY iniziando il suo periodo lavorativo, e da subito venne sommerso da richieste.

Al lavoro comunque si trovava bene, i suoi collaboratori, come si ostinava a chiamarli Zoe, erano affidabili e ligi alle proprie pratiche, chiunque si teneva stretto i propri clienti e ogni avvocato in quello studio aveva la palle cubiche per terminare e vincere le cause che si portavano dietro.

“Smythe!” lo chiamò il capo dello studio una mattinata mentre il francesino stava studiando un caso su un paio di pratiche “la signora Florant vorrebbe andare incontro alle richieste di suo marito. Ergo domani pomeriggio andrai assieme a lei a parlarne con il suo ex marito e avvocato a ruota.”

Sebastian alzò il capo dai faldoni e si tolse gli occhiali “perfetto. Sto scrivendo i vari beni immobili che entrambi dovrebbero possedere. Magari sarà più facile concordare la divisione dei beni” spiegò semplicemente rimettendosi gli occhiali “comunque per domani sarò puntuale.” E annuendo tornò al suo lavoro.

I giorni passavano lenti, di tanto in tanto sentiva ancora il morettino sexy, ma non erano ancora riusciti ad accordarsi per l'uscita, Sebastian ci aveva quasi perso la speranza, quando, una serata ricevette una telefonata da Blaine.

“Pronto?” Rispose il francesino chiudendo la porta della propria camera, tenendo così fuori sua cugina che sbuffò mandandolo al diavolo.

Buonasera Sebastian” la voce dolce del moretto gli arrivò alle orecchie come miele. “Ti va di vederci domani mattina? Sai … per la famosa colazione rimandata.” Balbettò.

Sebastian ridacchiò “ Ehy killer! Sì, certo! Domani sarebbe perfetto. Ci troviamo davanti al bar della quinta?” Sorrise quando affermò il tutto “allora ci vediamo domani Blaine.”

Appena la chiamata terminò Sebastian si lasciò cadere sul proprio letto, un appuntamento, e questa volta sapeva che aveva abbastanza tempo a disposizione per prepararsi al meglio.

A Smythe, in quei giorni, sembrò quasi di poterci vivere per sempre in quella città, ovvio, avrebbe sentito la mancanza di Parigi e della sua passione, ma New York aveva quel qualcosa in più.

Per esempio un moretto molto basso dagli occhi luminosi che aveva conosciuto per sbaglio.

E Zoe irruppe nella sua camera spezzando l'atmosfera felice.

“Perfetto. Sei un grande avvocato qui a NY, parli alla meraviglia quando sei di fronte a un giudice, attacchi e sai difenderti dalle accuse dei deficienti, ma non sei capace di fare un discorso corretto a un moretto che ti piace.” Lo stuzzicò sedendosi a terra, di fronte a lui “e non ci hai parlato neanche a quattrocchi, solo per telefono, e balbetti ugualmente.” Sogghignando lo fissò dal basso verso l'alto e si morse l'interno della guancia quando lo vide arrossire e coprirsi gli occhi con una mano.

“Non è vero. Sono tutte stronzate.” Disse scuotendosi “io non balbetto e comunque domani ho un appuntamento con lui. Di mattina, faremo colazione assieme.” Si passò una mano fra i capelli scombinandoseli ancor di più “secondo te come mi dovrò comportare?”

Zoe alzò gli occhi al cielo sedendosi accanto a lui “prima di tutto, lasciami dire che tu sei un po' sordo d'orecchi. Seconda cosa, come ti ho già detto se quel Blaine ti ha dato un'altra opportunità significa che ha visto qualcosa in te che lo ha colpito.” Gli sorrise dolcemente “quindi tu non devi fare altro che lasciarti andare.” Alzò le spalle “e niente altro.”

“E se volessi baciarlo di nuovo?” Le chiese alzandosi dal letto e girando per la stanza.

“Che cazzo vorresti rifare? Bacio? Tu? Quando cazzo è successo?” Zoe spalancò gli occhi puntandogli contro l'indice.

“Ehm, sì, quando sono uscito con Blaine, al pub, a bere, un bacio. E mi è piaciuto.” Si massaggiò il collo alzando il volto verso il soffitto “quindi tu dici che dovrei essere me stesso. Le mie solite battute, il mio solito comportamento da francesino e la mia solita voglia di ...”

“No” Zoe pose fine a quella sequenza di parole senza senso “non quel te stesso.” Gli prese il volto fra le mani, “non essere il Sebastian coglione che è partito da qui. Sii il Sebastian fantastico che sei diventato.” Gli diede un buffetto sul naso “sei maturato, sono io quella che deve essere la bambina tra noi due.” Lo fece sorridere. “E ora dimmi tutto sul tuo morettino sexy dato che non abbiamo avuto molto tempo.”

“Blaine è … assolutamente perfetto. Simpatico, dolce, ha un paio di occhi che ammaliano e ha una voce veramente sexy e il suo corpo …” Sorrise scuotendo il capo “ti ho già detto una volta tutto questo, ma lui è davvero così. Quando siamo andati a bere quel drink, lui non è solo bello fuori è anche intelligente e sa cosa vuole. Ha un faccino da innocente, ma” si prese la testa fra le mani.

“Avete fatto seriamente quei discorsi? Sesso al primo appuntamento? Sebastian Smythe lo sai che non si fa!” La morettina alzò le braccia al cielo “lo sai che bisogna aspettare almeno 3 giorni prima di parlarne.” Spiegò ridacchiando. “Quindi quel ragazzo ti piace seriamente” restando seduta sul letto di suo cugino accavallò le gambe “che faresti per lui?” Gli chiese fissandolo duramente.

“Non … io non lo so … cioè …” cercò di parlare ma fallendo miseramente per i balbettii che gli uscirono dalle labbra “sarebbe da sogno starci assieme, ma lo sai anche tu che io non sono fatto per legarmi a qualcuno. Non sono …”

“Quello che stai dicendo sono cazzate. Lo sai questo, vero? Lo sai che questi tuoi pensieri da vittima non ti faranno arrivare da nessuna parte?” Si alzò per avvicinarglisi “quindi riprenditi il cervello e le poche palle che ti rimangono, fatti bello per domani e cerca di pensare come l'adulto che sei!” Sibilò fissandolo “o che dovresti essere” puntualizzò minacciandolo per poi uscire dalla sua stanza.


E il primo capitolo è finito!
Ecco la lunghezza del prossimo è come questa ... soooo ... grazie di essere rimasti a leggere, grazie di non essere scappati e se lascerete una minima frase di commento/recensione/qualunque cosa vogliate sia GRAZIE.
Anche per dirmi i vari orrori che ho saltato o piccoli consigli. Scrivete che mi fa piacere ricevere commenti!
Alla prossima! (che probabilmente avverrà quando mi tornerà la linea di internet)
GRAZIE ANCORA!

 
  
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