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Autore: darkrin    20/05/2014    3 recensioni
Klaus per l’ennesima volta si chiese cosa avesse fatto per meritarsi tutto quello: nessuno sterminio di massa, nessun genocidio potevano giustificare una cosa del genere. / O di Klaus, Caroline e del mostro sotto al suo letto.
(Established Klaroline - Future!fic - Fluff ma che più fluff non si può - NOW A THREE-SHOT BECAUSE I SAID SO)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Caroline\Klaus, Klaus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta (storia di un mostro)
 
 
 
 
Sentì i passi fermarsi davanti alla soglia e le tavole lignee del pavimento scricchiolare sotto il suo peso (e Klaus poteva immaginarla mordersi il labbro, mentre ondeggiava incerta oltre l’uscio).
Socchiuse gli occhi e sospirò:
- Puoi entrare. –
Gli parve di sentirla sussultare, sorpresa. Per un lungo istante gli unici rumori udibili furono quelli del cuore che, dietro la sua porta, batteva come un tamburo da guerra e del respiro accelerato che lo accompagnava, infine la sentì trarre un respiro profondo (e poteva quasi vederla portarsi una mano al petto per calmarsi e sollevare il mento perché era lei e non aveva paura di lui, grazie tante!) prima di vedere la maniglia girare, cigolando, e la porta aprirsi.
- Cos’è successo? – chiese, mentre si tirava a sedere passandosi una mano sugli occhi.
La bambina si irrigidì al suo tono e si mordicchiò il labbro inferiore, giocherellando con l’orlo della lunga camicia da notte. Klaus per l’ennesima volta si chiese cosa avesse fatto per meritarsi tutto quello: nessuno sterminio di massa, nessun genocidio potevano giustificare una cosa del genere.
- Vieni qui – sospirò, allungando un braccio verso la bambina.
- No. Sei arrabbiato – esclamò lei con la sua vocina acuta, puntandogli un dito accusatorio addosso. I boccoli biondi le ricadevano sulle spalle e le incorniciavano il volto corrugato ed aveva di nuovo quel fuoco negli occhi azzurri. Klaus non poté trattenersi dal sorridere.
- Non è divertente! – sbottò la bambina, sbattendo un piede per terra e incrociando le braccia davanti al petto in una posa che Klaus aveva visto mille e mille volte in lei.
- Non sono arrabbiato con te, - sussurrò abbastanza forte perché anche lei potesse udirlo. - Vieni qui. –
Per un attimo la bambina indugiò sul posto; lanciò un’occhiata al corridoio buio che si estendeva alle sue spalle e che la separava dalla sua stanza e da quello che si nascondeva nella sua stanza e rabbrividì. No, tornare indietro non era un’opzione praticabile.
Un battito di ciglia dopo e Klaus si trovò una massa di capelli biondi stretta contro il petto. L’uomo sorrise, sollevandola per farla sedere sul letto accanto a sé.
- Ciao, - borbottò lei, quando gli si fu inginocchiata compostamente accanto. Aveva le guance rosse e lo sguardo basso.
- Ciao, Caroline – ghignò lui, prendendole un boccolo tra le dita, - cosa ti porta qui in quest’allegra serata, tesoro? –
Caroline storse il naso e incrociò le braccia davanti al petto.
- Niente – affermò, con tutta la sicurezza che riuscì a trovare nel suo corpicino di bambina.
- Caroline – la ammonì.
- Non dovrei dirtelo. – borbottò. - E non voglio dirtelo – aggiunse.
- Car… -
- Riderai di me. –
- Non riderei mai di te, amore. –
A quelle parole, Caroline, alzò finalmente lo sguardo per lanciargli uno sguardo incredulo.
- L’hai appena fatto, - esclamò sbalordita, saltando in piedi e barcollando verso la testa del letto per lanciarli un cuscino addosso. Se pensava di poterla prendere in giro a quel modo si sbagliava. Era una bambina, non stupida!
- Caroline, tesoro… -
- E non puoi ridere! È tutta colpa tua. Quindi non puoi ridere. – sbottò lei, con il volto paonazzo per la rabbia.
 
Klaus avrebbe potuto farle presente che, tecnicamente, non era stata colpa sua, ma poteva capire perché Caroline sostenesse quell’assurda teoria e Caroline, tecnicamente, aveva otto anni aveva quindi il diritto di commettere certi errori di valutazione, no? Una volta cresciuta avrebbe capito anche lei che questa volta lui era assolutamente innocente.
Inoltre era quasi certo che mettersi a discutere con lei l’avrebbe solo portata a chiudersi nel suo bagno, sbattendo la porta, e farla uscire sarebbe stato molto più difficile che ingoiare quel rospo (sì, ci erano già passati e non aveva alcuna  intenzione di ripetere l’esperienza).
 
Klaus sollevò le mani in segno di resa. Caroline lo scrutò severamente per qualche istante prima di sospirare e abbassare lo sguardo sulle sue dita, abbandonate in grembo. Grattò leggermente la pelle del pollice, sotto lo sguardo dell’ibrido originale che la scrutava in attesa. Sentiva i suoi occhi pesarle addosso come un’incudine e non avrebbe dovuto essere più gentile, darle spazio e tutta quella storia lì? Era una bambina, per Dio! Ed era colpa sua e ugh-
- C’è un mostro sotto il mio letto, – sputò tutto d’un fiato.
Klaus provò a resistere, ma quello (una Caroline bambina, nel suo letto che si lamentava di avere un mostro sotto al letto) era semplicemente troppo anche per lui che aveva vissuto per mille anni e visto tutto ciò che quel mondo aveva da offrire.
- Avevi promesso di non ridere, – gridò la bambina, oltraggiata e sarebbe tornata di corsa in camera sua se non ci fosse stato il mostro, ma il mostro c’era e quindi si limitò a saltare giù dal letto e a correre in un angolo della stanza e a guardarlo imbronciata.
 
Dio, cosa aveva fatto per meritarsi tutto ciò?
La risposta era semplice: aveva sterminato la famiglia di quella che si era rivelata essere la strega più stupida che avesse mai camminato sulla faccia della terra (parole di Caroline). A sua discolpa erano stati loro a iniziare tentando di trovare un modo per ucciderlo, non che fossero mai stati un pericolo, ma lui aveva un nome e una reputazione da far rispettare.
Il problema sembrava essere risolto, solo che, avevano scoperto mesi dopo, c’era una nipote che studiava legge ad Harvard e nel tempo libero faceva l’aspirante hippy (quando l’avevano scoperto, Caroline aveva storto il naso e aveva affermato che questo la diceva lunga sulla donna), che era sopravvissuta e che aveva preso quello sterminio come un affronto personale. Così aveva deciso che era suo dovere vendicarsi.
E come puoi vendicarti dell’essere più potente della faccia della terra e che non puoi uccidere? Rendendolo indifeso, ovviamente. E cosa c’è al mondo di più innocente e indifeso di un bambino? Nulla. La strega era giunta alla saggia decisione di trasformare Niklaus Mikaelson in un tenero e innocuo pargoletto (Caroline inorridiva al solo pensiero di aver rischiato di dover gestire un Klaus bambino e certo c’era quel mostro sotto al suo letto, ma-). Solo che la donna oltre che stupida era anche incapace: aveva sbagliato qualcosa nell’incantesimo e una mattina Klaus si era svegliato con la stessa età di sempre e una Caroline bambina addormentata al suo fianco.
Una Caroline bambina che ora aveva paura di un mostro sotto al suo letto.
Splendido.
Davvero fottutamente splendido.
 
- Caroline – la chiamò ancora, alzandosi dal letto. Lei si limitò a scuotere la testa, con i capelli che le ballonzolavano intorno al volto.
- Caroline, tesoro, non c’è nessun mostro sotto al tuo letto… - tentò di placarla.
- Io l’ho visto, – ribatté lei piccata. - E se esistono i vampiri, perché non dovrebbero esistere anche i mostri? –
- E se anche ci fosse un mostro, - continuò come se la bambina non avesse parlato.
- Oh, per favore ora non iniziare con la storia del maschio alfa, – lo interruppe di nuovo con uno sbuffo, le braccia ancora saldamente incrociate davanti al petto. Klaus alzò gli occhi al cielo, divertito.
- Stavo per dire che non sarebbe così sciocco da tentare qualcosa in questa casa. –
- Come puoi esserne sicuro? Ne hai mai incontrato uno? Hai mai parlato con un mostro? Hai mai visto Monsters & co.? Io sì. I mostri entrano nelle stanze dei bambini perché usano la loro paura come energia elettrica e ne hanno bisogno, lo capisco, ma… Ma non voglio urlare perché loro possano usare la piastra e… -
Caroline sapeva di star blaterando e sapeva che c’era un’alta probabilità che quella che aveva visto fosse solo un’ombra sul muro e se anche ci fosse stato davvero qualcosa, Klaus se ne sarebbe accorto prima di lei e non gli avrebbe permesso di farle del male, ma da quando una mattina si era svegliata e si era ritrovata nel corpo di una bambina aveva scoperto che sapere come stavano le cose non bastava per impedirle di avere paura. Aveva scoperto che era quasi impossibile mantenere il controllo (e Dio, quando odiava doverlo ammettere anche solo nel segreto dei suoi pensieri) tra quello che sapeva e quello che il suo corpo e il suo istinto da bambina dicevano. E se esistevano i vampiri, le streghe, i licantropi, perché non poteva esistere anche un qualche mostro nascosto sotto il suo letto o dentro l’armadio pronto a divorarla come Damon aveva fatto anni prima? E se l’avesse attaccata e Klaus non fosse arrivato in tempo, cosa ne sarebbe rimasto di lei?
Quando una mattina si era svegliata e aveva visto quelle mani paffute là dove un tempo c’erano state dita lunghe e sottili, aveva pensato che non era un problema: avrebbero chiamato Bonnie e Bonnie avrebbe risolto tutto e nell’attesa Caroline avrebbe potuto guardare tutti i film della Disney usciti negli ultimi vent’anni e mangiare cereali e biscotti e dare il tormento a Klaus. Sembrava un buon piano, ma Bonnie non aveva risolto tutto: la strega ha sbagliato qualcosa, le aveva spiegato con tono contrito, per poter creare un contro incantesimo devo prima capire cosa ha sbagliato o rischio di peggiorare le cose. Caroline aveva liquidato il tono preoccupato della sua migliore amica e il suo: Care stai attenta, potrebbero esserci degli effetti collaterali,con l’arroganza tipica dei bambini. Che male può accadermi?, le aveva chiesto, vivo sotto lo stesso tetto dell’ibrido originale.
Ora, stretta in un angolo della stanza di Klaus, con le braccia intorno al petto, pensò che avrebbe dovuto prestare più attenzione alle parole di Bonnie. I primi effetti erano stati la stanchezza che la coglieva la sera e l’energia che sembrava riempirla come una pila carica durante la giornata; poi erano arrivati i capricci che non sembrava poter evitare; infine era arrivata, improvvisa e strisciante, anche la paura. Caroline si era svegliata una notte e l’aveva trovata lì a stozzarle la gola. Aveva paura di qualsiasi cosa e Caroline sapeva che non ne aveva motivo, ma aveva otto anni e non poteva evitare di sentirsi di nuovo come quando, da piccola, se ne stava rannicchiata sotto alle coperte, chiedendosi se qualora fosse arrivato un mostro a portarla via i suoi genitori se ne sarebbero accorti o avrebbero continuato a litigare anche mentre la loro bambina veniva mangiata nel segreto della sua stanza.
- Caroline, - la chiamò e Caroline alzò lo sguardo per ritrovarlo inginocchiato davanti a lei e non poté fare a meno di chiedersi quando si fosse mosso e di sorridergli timidamente.
- Caroline, - sembrava che non si stancasse mai, neanche ora, di pronunciare il suo nome, di far rotolare le lettere sulla lingua, contro il suo palato e tra i denti bianchi – sembrava non si stancasse mai di fare l’amore con il suo nome, una Caroline non bambina avrebbe pensato.
- Posso, - iniziò e poi si interruppe, stringendo tra le dita la stoffa del vestito e mordicchiandosi il labbro inferiore.
- Tesoro? –
- Posso, posso fermarmi a dormire qui? – domandò tutto d’un fiato. – Lo so che non vuoi, che avevamo deciso che… ma c’è il mostro e ho paura e non voglio tornare in quella stanza ed è tutto buio e… -
Le sue parole si persero in un urletto sottile, quando Klaus si limitò a prenderla spalla con un sospiro e a depositarla poco cerimoniosamente sul letto, accanto a lui. Caroline rise e gattonò fino alla testa del letto, mentre Klaus tirava le coperte su entrambi.
Era come tornare a casa, averla accanto e sentire il suo profumo riempire l’aria che respirava e la sua risata scuotere il cuscino accanto alla sua testa.
 
- Spero che Bonnie si sbrighi con il contro incantesimo – borbottò Caroline qualche minuto dopo, con la voce impastata dal sonno, una mano infilata sotto e il cuscino e l’altra stretta tra le dita dell’ibrido.
- Se tu mi lasciassi usare i miei metodi, Bonnie Bennet sarebbe molto più motivata – le mormorò contro i capelli.
Caroline si limitò a dargli un calcio e grugnire:
- È la mia migliore amica. Non ci provare. -
Klaus stava ancora ridendo, quando sentì il respiro della bambina farsi regolare e la presa della sua mano allentarsi sui suoi polpastrelli. Non importava, pensò scostandole delicatamente una ciocca di capelli dal volto, la sua stretta sarebbe stata abbastanza salda per entrambi.





 
Note:
- NO BETA perché sono stupida quindi segnalatemi qualsiasi errore/svista/strafalcione.
- IDEK. No, seriamente non ho idea del senso di tutto ciò. Se non che avevo bisogno di fluff gratuito nella mia vita. (GAIA SE PASSI DI QUI, ABBI PIETA' DEL MIO CERVELLO E NON CHIAMARE IL CIM.)
- Ho il sospetto che Klaus sia leggermente OOC. 
- E' una storia completamente diversa da quelle che scrivo di solito (HA PERSINO UNA TRAMA, per quanto dubbia) e di conseguenza anche lo stile non è quello a cui sono abituata. 
   
 
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