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Autore: Sharaka    21/05/2014    1 recensioni
A chi non è mai stata detta la frase ''Non fidarti di...''?
Io me la sono sentita ripetere mille volte da mia madre, da mia sorella, da mio fratello, dalle mie amiche..da chiunque in pratica. Ma quando arrivi al punto in cui non sai più chi sei, quando la tua mente si dimostra il territorio più inesplorato proprio da te stessa, forse qualcuno di cui ti fidi e confidi potrebbe essere utile. Mi chiedo solo perchè nessuno mi ha mai detto di non fidarmi di me stessa; io non so di cosa sono capace.
-Delia.
Genere: Dark, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Un urlo lacerante e più tagliente di una lama squarciò l'aria senza il minimo preavviso.
Secondi di puro terrore avevano attanagliato il cuore della ragazza che non era riuscita a domare la volontà delle proprie corde vocali di produrre quel suono così stridulo e prorompente, che ora causava l'abbaiare frenetico del suo cane in giardino, evidentemente spaventato. 
Si era svegliata così, gridando per un dolore e una paura che sentiva propri, ma che non erano realmente collegati a lei. Un sogno, le venne da pensare; il peggiore degli incubi che potesse mai immaginare mentre le sue palpebre erano calate,  doveva essersi insinuato nella sua mente per distruggere la pace e la serenità del proprio sonno, fino a turbarla emotivamente e a lasciarla tremante in quegli istanti dopo il brusco risveglio.
Portò istintivamente le proprie mani al volto, per scostare quelle corte ciocche bionde che le ricadevano sul viso, infastidendola, e si accorse che era umido, imperlato da quelle che credeva essere gocce di sudore, sebbene non pensava di essersi agitata tanto durante il sonno; ma si ritrovò a dover formulare una nuova ipotesi quando prese coscienza che ciò che le bagnava il viso erano le lacrime amare che i suoi occhi continuavano a lasciar cadere, come espressione di quell'angoscia che pareva non volerla abbandonare. 
Capire cosa le stava succedendo quella notte era l'enigma più grande che la mente della giovane si fosse mai applicata a risolvere, soprattutto considerando che era ancora scossa e in balia del terrore, per niente certa di cosa la circondasse nella penombra della sua stanza, in cui la sua mente si divertiva a scorgere le forme più strane, paurose e lugubri possibili, nonostante,in teoria, lei di quel luogo conoscesse ogni singolo angolo. Con mano tremante ed incerta si sporse verso il suo comodino, alla ricerca di quel piccolo bottone un po' duro da premere, che le avrebbe permesso di accendere la luce a sé più vicina, con la speranza che quel barlume illuminasse anche i sempre meno piccoli dubbi che la torturavano.
Ma era troppo positivo e splendente come proposito; Delia nel profondo lo sapeva. Quando il chiarore della lampadina rischiarò parte della stanza in cui si trovava, le tenebre graffianti tornarono a circondare con dita affusolate e artigliate il suo debole cuore, stringendolo con tanta brutalità da farla urlare nuovamente, con note sicuramente più alte delle precedenti. Due piccole lacrime, che ancora erano incerte se cadere o no dalle sue palpebre, vennero raggiunte da altre innumerevoli sorelle, che presero a rigarle il viso senza sosta.
Un solo colore dominava intorno a lei.
Tutto intorno a lei era colorato di una sola tonalità: le pareti della camera, il pavimento chiaro, i mobili in acero, le lenzuola, la maglia leggera che indossava, il comodino, le sue braccia, le sue mani e possibilmente il viso che tanto sentiva appiccicoso. Il cremisi era talmente tanto scuro da non poter essere frainteso. 
Proprio come il nero tetro della notte e del male sembrava aver preso dominio di tutto il suo animo, il rosso sangue sembrava voler prendere possesso del resto di lei. 
Delia era incredula, annaspante ed impaurita da ciò che vedeva e a cui non voleva rassegnarsi a credere. Doveva solo essere un incubo, magari non si era ancora svegliata completamente, sebbene dentro di sé sapeva che tutto ciò era fin troppo reale. Doveva calmarsi, riprendere il controllo sulle proprie emozioni e trovare una spiegazione sensata al delirio in cui era immersa.
Con lentezza sovrumana le sue gambe scivolarono sul letto, sfiorando quella superficie morbida e tentennando minimamente prima di poggiare i piedi in terra. Cercava di non camminare sul sangue riverso ovunque su quel parquet, tentativo vano, e aveva un brivido lungo tutta la spina dorsale ogni volta che, camminando, la sensazione di sporco viscido sulla sua pelle si faceva sentire. 
Una parte di lei si augurava che fuori dalla sua stanza tutto fosse normale, speranza nuovamente mal riposta vista la traccia scarlatta che con grande terrore si ritrovò a seguire fino al piano inferiore. 
Il suo progetto era semplice, arrivare in cucina, poi al frigorifero e prendere un bicchiere d'acqua da sorseggiare provando a recuperare la calma, ma una superficie specchiata a muro, accanto alla fine delle scale, catturò la sua attenzione. 
Delia non si riconosceva, si specchiava, si guardava ma non ritrovava nulla in quel viso di suo, se non le lacrime che aveva pianto fino a qualche minuto prima.
I capelli corti e biondo cenere erano terribilmente sporchi dello stesso sangue che aveva lasciato sul volto con le proprie mani; gli occhi gonfi erano circondati da delle occhiaie che nei suoi ventitré anni non aveva mai avuto e le sue labbra rosee erano spaccate in più punti, quasi strappate a forza.
Ma c'era di più. 
Il suo sguardo non era naturale e sul suo viso leggeva un'espressione insolita e, soprattutto, malsana.
Chiunque, in quel momento, l'avrebbe dipinta come la persona più sadica esistente, emanava un'aurea maligna e demoniaca che faceva rabbrividire anche se stessa.
E fu lì che i ricordi la invasero di colpo, mentre si concentrava nel ritrovarsi nella sua immagine, distruggendo qualsiasi paura precedente. Quel sangue non le risultava più strano ed insolito, aveva un suo perché, una sua storia. 
Deglutì avvicinandosi allo specchio e prendendo sempre più coscienza di cosa aveva fatto. 
Aveva aggredito un uomo. Nel sonno, lo aveva seguito lungo una via solitaria e gli si era quasi avventata addosso, pugnalandolo alle spalle, e poi dilaniandone le membra senza pietà. I sensi di colpa per quel momento di perdita di sé, poi, l'avevano portata a nascondere il corpo nella sua stessa casa; ovunque un misero pezzo di quell'uomo potesse entrare, lei lo aveva posto, insanguinando così l'intera abitazione.
Era un mostro, un'assassina, un demone.
O, forse, era semplicemente stata maledetta.
  
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