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Autore: Nanek    21/05/2014    21 recensioni
«Tu mi vedi?» la interrogò ancora, lei annuì appena.
«Senti quello che dico? Davvero?» il tono della sua voce era forte e chiaro: annuì ancora.
«Dimostrami che mi vedi, guardami» le ordinò, mentre lei alzava piano piano lo sguardo, perdendosi in quell’azzurro che mai aveva notato, perché troppo distante per accorgersene.
Aveva gli occhi azzurri, aveva un viso davvero bello, un viso dolce che, però, lasciava trasparire la sua ansia, la sua paura di essere visto da lei.
E lei lo aveva capito, tanto che mentì «Non ti vedo, ho mentito» disse tutto d’un fiato, vedendolo sorridere, sentendosi pietrificata da quel sorriso.
«So leggere la mente, e tu stai mentendo adesso» il cuore di lei non poteva reggere un ulteriore colpo: ma chi è questo pazzoide?
«Hai una camicia rossa, a quadri, i jeans stretti, gli occhi azzurri… e mi fai paura» confessò lei, vedendo in lui un’espressione quasi di delusione.
«Come puoi avere paura di me?» l’affermazione di lei suonava come un’offesa «Come puoi avere paura di un angelo?» e lei sgranò gli occhi a quella confessione.
Un angelo?
Lui era un angelo?
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Lune's Love'
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City of Angels

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And I'd give up forever to touch you 
'Cause I know that you feel me somehow 
You're the closest to heaven that I'll ever be
 
 
La prima volta che l’ha visto è stata proprio in quel giardino, il giardino di quella vecchia scuola elementare che lei ha ormai quasi completamente rimosso.
 
Quella scuola rosa dal giardino immenso, un giardino pieno di alberi e fiori, un giardino dove i suoi compagni di classe giocavano a rincorrersi, a tirarsi dietro la palla, giocavano alle streghe o a nascondino, mentre lei, seduta per terra, si limitava a fissarli.
La timidezza era il suo secondo nome, la voglia di andare a giocare con gli altri era sempre pari a zero, nessuno la cercava, così come lei non cercava mai nessuno, limitandosi a fissarli da lontano, a guardarli con quegli occhi grandi e blu, che si distraevano solo pochi secondi per rifare quella treccia castana che durante la giornata si rovinava un poco.
 
Ed è proprio lì che l’ha visto, quel bambino strano.
 
Lui sedeva a pochi passi da lei, fissava anche lui gli altri giocare, non si muoveva, era immobile con gli occhi seri e fissi su quelle figure, occhi che lei non aveva mai visto da vicino: quel bambino lo vedeva solo in quel giardino, come se dentro le mura della scuola sparisse nel nulla.
Riconoscerlo, per lei, era semplice: lui si sedeva sempre al solito posto, aveva i capelli biondi e molto strani, non si assentava mai, lui e il suo grembiule blu non sfuggivano mai alle iridi di lei, quel bambino era diventato un nuovo modo di passare la ricreazione, fissandolo da lontano.
Quel bambino però era strano, lei non aveva dubbi in proposito.
E ancora più strana, fu la risposta di Gwyneth quando, all’ultimo anno di elementari, lei le chiese «Tu lo conosci quel bambino?» indicando con l’indice quella figura seduta per terra.
In risposta però, ricevette gli occhi spalancati dell’amica «Quale?» la interrogò nuovamente, mentre lei continuava ad indicare quella figura vicino all’albero, figura che non osava voltarsi nella sua direzione «Quello lì! Biondo, con il grembiule blu!» insisteva, mentre l’amica la fissava in modo strano.
«Vanessa, lì non c’è nessuno, smettila di prendermi in giro!» la rimproverò l’altra, facendola arrabbiare, facendola irritare «Non ti prendo in giro! È proprio lì!» e le sue guance diventavano sempre più rosse dalla rabbia.
«Adesso dico alla maestra che mi prendi in giro! Lo sai che ho paura dei fantasmi!» e giusto per concludere bene l’ultimo anno alle elementari, Vanessa si ritrovò con una nota nel diario, una nota che le provocò una certa inquietudine.
“L’alunna deride la compagna di classe fingendo che ci sia un bambino fantasma sotto un albero”
 
Quella nota se la ricorda molto bene tutt’ora, perché è solo grazie a quella nota che lei ha capito: solo lei poteva vederlo quel bambino.
E ha continuato a vederlo per molto tempo.
 
Lo ha visto crescere con lei, sempre da lontano, sempre di nascosto, perché nessuno può vederlo, perché nessuno è capace di scorgere la sua figura: lo ha visto nel giardino di ogni scuola che lei cambiava, lo ha visto sempre vicino ad un albero, sempre intento a fissare gli altri, sempre intento a non incrociare mai il suo sguardo, come se non si rendesse conto di essere fissato da lei.
 
Ma, finalmente, l’ultimo giorno di liceo, lui si è fatto trovare in un posto diverso dal solito.
 
Vanessa camminava, di ritorno da una giornata di scuola, camminava a testa bassa e con le cuffiette nelle orecchie, camminava eppure la sua presenza l’aveva sentita a metri di distanza: era appoggiato al lampione, le mani nelle tasche dei jeans stretti, una camicia rossa a quadri con le maniche tirate sui gomiti, i soliti capelli biondi che lei aveva visto in mille modi, da fin troppo lunghi ad eccessivamente corti, il viso serio che, quella volta, era puntato proprio su di lei.
Si era sentita avvampare, dopo così tanto tempo, vedere che la stava fissando era stato qualcosa di strano, qualcosa di terribilmente angosciante, perché mai quegli occhi lontani si erano soffermati su di lei e la cosa le metteva paura, una paura folle, la paura di scoprire chi fosse realmente.
Non appena lei fu vicina a lui, quella voce che non aveva mai sentito si fece avanti e «Perché continui a fissarmi?» chiese dal nulla, facendola irrigidire e bloccare, le guance color fuoco e gli occhi bassi sui suoi piedi.
«È dalle elementari che mi sento osservato, oggi ho scoperto che sei tu a fissarmi, la cosa mi turba» le disse sconvolto, tremando un poco, come se lei fosse un pericolo per lui e per l’immagine che si ostinava a nascondere.
«Non lo farò più» rispose lei, cercando di allontanarsi, ma se lo ritrovò di nuovo davanti agli occhi.
«Tu mi vedi?» la interrogò ancora, lei annuì appena.
«Senti quello che dico? Davvero?» il tono della sua voce era forte e chiaro: annuì ancora.
«Dimostrami che mi vedi, guardami» le ordinò, mentre lei alzava piano piano lo sguardo, perdendosi in quell’azzurro che mai aveva notato, perché troppo distante per accorgersene.
Aveva gli occhi azzurri, aveva un viso davvero bello, un viso dolce che, però, lasciava trasparire la sua ansia, la sua paura di essere visto da lei.
E lei lo aveva capito, tanto che mentì «Non ti vedo, ho mentito» disse tutto d’un fiato, vedendolo sorridere, sentendosi pietrificata da quel sorriso.
«So leggere la mente, e tu stai mentendo adesso» il cuore di lei non poteva reggere un ulteriore colpo: ma chi è questo pazzoide?
«Hai una camicia rossa, a quadri, i jeans stretti, gli occhi azzurri… e mi fai paura» confessò lei, vedendo in lui un’espressione quasi di delusione.
«Come puoi avere paura di me?» l’affermazione di lei suonava come un’offesa «Come puoi avere paura di un angelo?» e lei sgranò gli occhi a quella confessione.
Un angelo?
Lui era un angelo?
Un angelo in jeans e camicia? Un angelo che ha visto con un grembiule ridicolo per bambini o con la divisa scolastica?
Un angelo?
«Sono un angelo curioso, mi piacciono gli essere umani, tento di imitarvi» e lui le aveva letto nella mente, di nuovo.
«E dove sono le ali? E l’aureola?» domande che lo fecero scoppiare in una risata, risata che suonava così armoniosa alle orecchie di lei che sembrava davvero la risata di un angelo.
«Vuoi davvero vedere le mie ali? Non sono così belle: sono grandi, scomode, bianche, piume ovunque che vanno in bocca, uno schifo» parlava delle sue ali come se fossero la cosa più normale al mondo, parlava delle sue ali come se lei fosse come lui, parlava delle sue ali e lei non sapeva cosa dire.
«Ma se vuoi… un giorno te le faccio vedere» le fece l’occhiolino, la fece arrossire ancora, le fece abbassare lo sguardo nuovamente, per poi usare di nuovo quel tono serio.
«Perché mi vedi?» la interrogò, lei scrollò le spalle «Non lo so» bisbigliò appena.
Lo sentì sospirare preoccupato.
«Nessuno mi crederebbe se dicessi che ho visto un angelo, quindi non preoccuparti… il tuo segreto resterà tale, non voglio una nota per colpa tua» spiegò lei, sentendo nuovamente quella risata meravigliosa.
«Sì, me la ricordo quella nota» la prese in giro, mentre lei alzò lo sguardo, solo per potersi beare di quell’immagine che rideva: il viso di un angelo, il viso più bello che lei avesse mai visto.
«Mi dispiace, credevo che nessuno potesse vedermi» si scusò, mentre lei scuoteva nervosamente le spalle, mentre la sua voce bisbigliava quel «Non preoccuparti» che tremava come non mai.
«Mi chiamo Luke, comunque» la sua mano si porse verso di lei, mano che lei aveva paura a toccare «Si può davvero sentire un angelo?» lui le sorrise «Non ne ho idea, nessun umano mi ha mai toccato… o visto» ridacchiò, lei indietreggiò di un passo.
Non voleva toccarlo.
«Mi chiamo Vanessa» cercò di mantenere la calma «E credo di non volerti toccare» risposta che lo fece ridere ancora «Credo tu sia l’unica persona ad avere paura di un angelo, sai?» la derise ancora, mentre lei accennava un lieve sorriso per il suo essere così spaventata, ma allo stesso tempo, sorrideva davanti a quegli occhi.
 

 
«Compiere ventun anni è importante, Vane» dice il ragazzo biondo seduto in terrazza, la terrazza del nuovo appartamento di lei, l’appartamento che condivide con un angelo.
«Fa schifo, altro che importante» risponde, mentre sorseggia un po’ di vino rosso, sedendosi vicino a lui.
Da quella prima conversazione sono passati davvero tanti anni.
Anni passati con un angelo, un angelo che non ha mai smesso di farsi trovare, un angelo che l’ha sempre aspettata a casa, un angelo che nessuno può vedere e che lei non ha mai provato a toccare, un angelo che l’ha messa in crisi molte volte.
La gente che la circonda si chiede se lei sia pazza, i suoi colleghi di lavoro l’hanno beccata più volte a parlare da sola perché lui si è presentato nel suo ufficio senza preavviso, quei pochi amici che frequenta la trovano sempre persa a fissare il vuoto e fin troppo disinteressata alla sua vita: non si guarda intorno, non ha mai avuto un ragazzo, non ha mai cercato una persona con cui stare, lei fissa il vuoto perché in quel vuoto lei lo scorge, lo vede ovunque vada, lo vede seduto al tavolo accanto al suo, lo vede mentre la guarda ballare, lo vede sorridere quando lei si muove sensualmente per poterlo provocare un po’, lo vede con il viso corrucciato se un ragazzo si limita a parlarle, lo vede e lo sente arrabbiato se qualcuno si mette a ballare dietro di lei.
Quell’angelo è la sua rovina.
Innamorata di un angelo, questo sì che è il colmo.
Innamorata di un angelo con cui può solo parlare, innamorata di un angelo che non ha il coraggio di toccare, per paura di non sentire niente, innamorata di un angelo che non può darle quello che un umano necessita, un angelo che però riesce ad amarla solo a parole.
La sveglia con la sua presenza, senza bisogno di toccarla.
La fa addormentare con la sua voce, che sente nelle sue orecchie.
La fa sentire desiderata con i suoi occhi che parlano per lui.
La fa sentire importante solo con piccoli gesti.
Come può essere un angelo?
Come può l’unica persona in grado di capirla essere un angelo irraggiungibile?
Come può il mondo o qualsiasi divinità punirla in questo modo?
È sola al mondo, non ha nessuno, è chiusa nella sua bolla, l’unica via di scampo è un angelo che è invisibile agli occhi del mondo ma non ai suoi, l’unica persona in grado di salvarla ha le ali e un viso troppo perfetto per essere umano, un angelo caduto dal cielo per lei, un angelo che lei vuole sentire, che vuole toccare, che vuole stringere quando le cose non sono come lei desidera.
Innamorata di un angelo, l’errore più grande al mondo.
«Sono innamorato di te anche io» e a quella confessione il bicchiere di vino le scivola dalle mani, facendo scheggiare appena il vetro e lasciando quel liquido rosso spargersi per il pavimento.
Le guance di lei diventano rosse anch’esse.
Ha paura a guardarlo.
«Luke, per favore» lo incita a cambiare argomento, non è proprio il momento adatto, non lo sarà mai, quella conversazione è surreale e da persone fuori di testa.
«Beh, si sa, l’amore è per i pazzi» legge ancora nella sua mente.
«Devi smetterla di guardare i miei pensieri, mi dà fastidio» dice irritata, mentre lui sorride davanti a quell’espressione da bambina.
«Scusami, ma solo così ho capito cosa desideri per il tuo compleanno» e lei trema «Tre desideri, sono interessanti, vorrei provare a realizzarli» lei si sente male, perché i suoi desideri sono pericolosi.
«Vedere le mie ali, beh, te lo concedo, non te le ho mai fatte vedere» sorride, mentre lei si sente il cuore in gola e le gambe molli.
«Meglio togliere la maglia, rischio di romperla» ridacchia lui, facendola arrossire, rimanendo a petto nudo davanti ai suoi occhi, occhi blu che davanti a quel corpo restano paralizzati.
Quegli stessi occhi blu si aprono ancora di più non appena scorgono una luce attorno a lui, una luce che illumina il buio di quella notte, una luce che le infonde una pace interna, nel suo animo.
E quella luce mostra quelle ali che ha sempre immaginato, quelle ali grandi e bianche che le fanno aprire la bocca dallo stupore, quelle ali piene di piume che lui tenta di non mangiare, facendo smorfie che la fanno sorridere appena.
«Vuoi toccarne una?» le chiede, prendendo tra le dita una piuma bianca che brilla.
Lei annuisce quasi violentemente, deglutisce e si sente la gola secca, porge le mani in avanti aspettando quella piuma, pregando il cielo di poterla sentire morbida sulla sua pelle, pregando il cielo di poterla sentire davvero, perché se può sentire una sua piuma, lei è convinta di poter sentire anche lui.
E lui soffia su quella piuma, soffia e la fa arrivare sul palmo della mano di lei, lei che non ha più respiro.
Quella piuma la sente davvero.
La racchiude tra le sue mani, guarda quella luce racchiusa nella sua pelle, osserva quella piuma come se fosse la cosa più preziosa al mondo, avvicina il naso e il profumo che sente è così… diverso dai profumi terreni, quel profumo è unico e non possibile sulla Terra, ne è sicura.
Alza nuovamente lo sguardo su di lui, lui che sta volando sopra di lei, muove le ali ed è la cosa più incredibile che lei abbia mai visto: un angelo che vola.
«Devo stiracchiarle un po’, sono peggio delle ossa queste robette» dice lui ridendo, mentre lei continua a non perdersi un solo secondo di quella visione.
Lo guarda atterrare, lo guarda scacciare via quelle piume fastidiose, guarda un’ultima volta quelle ali bellissime, fino a vederle scomparire nel nulla.
«Ora posso vestirmi di nuovo» ridacchia ancora, mentre lei nota che la piuma che teneva in mano non c’è più.
Lui si siede accanto a lei, lei sente la sua presenza.
«Gli altri due desideri… ho paura a farli diventare reali, anzi, uno non lo voglio proprio far succedere» diventa serio, fissandosi i piedi.
«Voglio baciarti» confessa lei, mentre lui sorride appena e «Lo so» afferma, deglutendo a fatica per quello che sta per dire «E se tu non riuscissi a sentirmi sulla tua pelle, ti chiedi come potresti fare per… riuscirci» i suoi occhi azzurri cercano quelli di lei «Dovresti diventare un angelo anche tu» lei si sente il cuore battere più forte «Non ti permetterò mai una cosa del genere, perché sappiamo entrambi che cosa significherebbe diventare un angelo» lei abbassa lo sguardo.
«Dopo che ti avrò baciata, sparirò» e lei sussulta appena: che significa?
«Significa che è colpa mia se tu sei infelice» lei non ci crede.
«Se baciandoti, tu non sentirai nulla, io me ne andrò, perché costringerti a vivere qualcosa di surreale è da egoisti, sono un angelo, non un demone» sospira.
«Ma io… io farei qualsiasi cosa…» lui non le permette di continuare quella frase «Scordatelo! Non ti voglio sulla coscienza, non pensarlo neanche, non osare dire quella cosa» la guarda minaccioso, ed ecco che quella domanda spontanea sfugge dalle labbra di lei «Quando sei morto?» domanda che mai ha osato chiedergli.
«Ventidue anni fa, ero piccolo, non mi ricordo nulla della mia vita terrena» taglia quel discorso come se facesse ancora male «è per questo che spiavo gli esseri umani, è per questo che mi hai visto crescere con te, ero un bambino… quando sono morto» e lei sta per chiedergli ancora qualcosa ma «Non ti parlerò della morte, tu non devi pensare alla morte» lei non osa aggiungere altro.
«Come te lo sei immaginato il tuo primo bacio?» le chiede dal nulla, mentre lei arrossisce a quella domanda così personale.
«Non lo so… » mente.
«Sì che lo sai» la rimprovera lui, alzandosi e andando verso la panchina che c’è in quella terrazza troppo grande.
Si siede «Proprio qui lo vorresti» dice, facendole segno di raggiungerlo.
Lei sta per sedersi accanto a lui, la sua voce la ferma «Non lì, sulle mie gambe» quasi le ordina e lei ha paura.
Ha paura perché teme di non sentirlo.
Tuttavia percepisce qualcosa, lo giura, sente qualcosa.
Ma lui, sembra sull’orlo di un pianto, tanto che la sua voce trema «Io, ora, devo scostarti una ciocca di capelli» e lei sente che qualcosa la sta sfiorando, ma i capelli non si spostano, e una lacrima solca il viso di lui «Sei bellissima davvero» dice prima che un singhiozzo lo travolga, perché lui non è riuscito a spostarle i capelli.
«Baciami e basta Luke, ti prego» lo implora lei, voltandosi verso di lui.
«Non sentirai nulla» un’altra lacrima gli bagna il viso, una lacrima che la fa irrigidire.
«Io ti sento, lo giuro» cerca di rassicurarlo, mentre lui scuote il capo, dicendole di smettere di mentire.
«Ti prego Luke, baciami e basta» lo implora ancora, mentre lui piange, facendola sentire sola, nonostante la sua presenza.
Lei si sporge verso di lui, fa combaciare le loro labbra, può giurare che lo sta sentendo, lo giura che lo sente su di lei, quelle labbra morbide stanno baciando le sue, quelle labbra che hanno un sapore così buono, quel bacio che è così reale.
«Non mentirmi!» esclama lui, pieno di disperazione, pieno di rabbia, mentre lei gli prende il viso tra le mani, gli asciuga le lacrime con le dita, gli sussurra che lo sente, che lo giura, che non sta mentendo, tanto che appoggia ancora una volta le labbra alle sue.
Ma lui piange, lui non le crede «Smettila! Smettila! Tu non mi senti, non mi senti!» la sua voce è disperata e distrutta dal pianto, la sua voce la ferisce perché lei lo sente, lei lo giura, ma lui non le crede, lui le dà della bugiarda, lui si dimena nella sua disperazione.
«Non posso mentirti ora, ti prego Luke, credimi» cerca di farlo ragionare, cerca di non lasciarlo andare via, lui è troppo importante, lui è una parte di lei che non può proprio lasciare andare, lei lo sente sulle sue labbra, lei sente le sue lacrime bagnarle le dita, lei sente ogni cosa e lui non le crede, lui è agitato e fuori controllo.
Lui piange e non la sta ad ascoltare, lui piange e lei si sente abbandonata ogni secondo che passa, lui piange e lei non vuole lasciarlo, lei non vuole rimanere sola.
Lei lo incita a stare calmo, lo incita a parlarle, lo incita a guardarla, perché i suoi occhi blu sono pieni di tristezza e di paura, perché quelle iridi blu sono capaci di farlo restare con lei, lei lo sa bene, quegli occhi blu sono il suo punto debole.
Ma lui lo sa bene, lui la conosce troppo bene, e lui piange, lui tiene gli occhi chiusi e lontani da lei, piange e si dispera ancora, piange e si scusa per non essere riuscito a renderla felice, si scusa per averla delusa, si scusa per tutto il male che un angelo le ha fatto, Luke piange e come d’incanto sparisce nel buio.
 
*
 
«Luke!» Vanessa urla disperata, un urlo travolto da lacrime, un urlo di disperazione che rimbomba nelle pareti di quella stanza buia, un urlo che spaventa lei e pure un’altra persona, tanto che la luce del comodino non tarda ad accendersi, distruggendo le tenebre.
Due braccia l’avvolgono, un petto si unisce al suo corpo, mani che accarezzano la sua pelle, una voce, quella voce, che non aspetta un solo secondo a salvarla.
«Sono qui Vane, sono qui» lo sente sussurrare sul suo orecchio, sente la sua mano che le accarezza il viso, vede con i suoi occhi quel ragazzo sopra di lei, senza schiacciarla, il viso preoccupato e le labbra intente a baciarle le guance.
«Non piangere Vane, sono qui, sono qui» le sussurra sorridendole, sussurra e il cuore di lei non batte più troppo forte, davanti ai suoi occhi, quel ragazzo angelo la sta confortando.
«Io… io… tu… non lo so» balbetta lei, facendolo sorridere.
«Era solo un sogno, sono qui» le bacia teneramente le labbra, mentre lei inarca il sopracciglio: era solo un sogno, un sogno così dannatamente reale.
«Tu eri un angelo, avevi le ali… volevo baciarti e ti sentivo ma tu piangevi e… e… sei sparito» il solo ricordo le fa scendere un’altra lacrima, il solo ricordo le fa male al cuore.
«Il film di ieri sera ti ha fatto male, non guarderemo più “City of Angels”, promesso» sorride lui, continuando ad accarezzarle il viso, spostandole una ciocca di capelli «Le ali, ma quanto sei incredibile?» la prende in giro, baciandole la fronte, mentre lei lo avvolge, stringendolo più a sé.
«Vuoi ancora baciarmi?» le sussurra appena, facendola arrossire ed annuire timidamente «Nel mio sogno ho aspettato anni prima di baciarti, Luke» confessa, mentre lui alza gli occhi al cielo.
«Ecco perché era un sogno: non resisto due minuti distante da te, figuriamoci anni» e le labbra di lui vanno ad intrecciarsi a quelle di lei.
Sente le mani di lui accarezzarle le guance, sente il sapore delle sue labbra che si uniscono alle sue dolcemente, sente la morbidezza dei suoi capelli tra le sue dita, sente quel profumo che la fa sentire protetta, sente, nonostante i suoi occhi chiusi, di essere desiderata ed amata da lui.
«Ti amo» sente in un sussurro quella voce, la voce di un angelo.
Lui, che forse è davvero il suo angelo.
Lui, che l’ha davvero fatta sentire così bene, come se potesse toccare il cielo con una sola carezza da parte sua.
Lui, che per quanto umano possa essere, con i suoi baci la fa sentire più vicina al Paradiso.
 
 
 

Note di Nanek
Ma cosa ho scritto?
Tutto questo grazie a Kellin Quinn e la sua dannata cover “Iris” perché, a furia di sentirla, potrei scrivere one shot per ogni singola riga di quella canzone: “You’re the closest to heaven that I'll ever be” è la frase che mi ha dato l’idea di Luke l’angelo <3
Sono pazza lo so, un angelo, ci mancava solo questa.
Ma che ci volete fare? Luke è davvero il mio angelo <3 io… non so, dovevo scrivere questa cosa e così è uscito tutto questo: una os di 3000 e più parole, una os che è un lungo flashback iniziale, per poi tornare al “presente” che in realtà, solo alla fine, si scopre essere un sogno.
Il mio intento? Farvi disperare quando Luke scompare e farvi rimanere a bocca asciutta quando scrivo che era tutto un sogno: ci sono riuscita? :D se volete dirmelo mi farebbe piacere :D
Luke Luke Luke… mio dolce Luke <3 un angelo caduto dal cielo, perché non puoi cadere davvero in camera mia? Io aspetto eh.
Ringraziamo anche i Coldplay perché nel mio banner ho letteralmente ucciso le loro ali per metterle al mio angelo, spero di non offendere nessuna loro fan, non era mia intenzione.
Spero che questa OS vi sia piaciuta, spero davvero di trovare qualche commentino da parte vostra <3 spero di avervi fatto sentire un po’ di farfalle nello stomaco, perché io al solo pensiero di Luke come un angelo sono sciolta per terra tipo un ghiacciolo, qualcuno mi salvi!
Detto questo io me ne vado :D se no vado avanti a sclerare come mio solito :D
Ringrazio sin d’ora anche solo per aver letto <3 grazie davvero di cuore <3
Nanek 
 

 
  
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