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Autore: Koori_chan    21/05/2014    1 recensioni
[Questa fanfiction ha partecipato al contest "OC!Nazioni celtiche" di darllenwr sul forum di EFP]
Le chiamano "Nazioni Celtiche" eppure, ancora oggi, difficilmente la loro indipendenza viene riconosciuta.
Lucille, indipendente e leale, fatica a conciliare l'affetto che nutre per Francia e il desiderio di una Bretagna autonoma come una volta.
A Evelyn, sfrontata e libera come le onde, all'inizio non piace l'idea di sentirsi legata alla terra d'Irlanda da un vincolo che lei non ha chiesto.
Iona, silenziosa e e resistente come il diamante, è spezzata dentro da una scelta che, ad ogni modo, le negherà un futuro felice.
E' il sangue che scorre nelle vene, è una tradizione vecchia come il mondo, è una promessa che riempie d'orgoglio e che lega l'anima.
Tre ragazze, tre donne, tre Nazioni Celtiche.
E il cuore perennemente diviso fra la fierezza della Terra e la libertà del Mare.
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Irlanda, Nuovo personaggio, Scozia
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kentoc'h mervel~Piuttosto che il Disonore, la Morte
 








Bretagne era sdraiata per terra, quando la voce del Generale De Gaulle l’aveva richiamata all’ordine.
Stava leggendo un vecchio libro di storie di fate sgraffignato alla libreria di Locronan un paio di settimane prima. Conosceva quei racconti a memoria e lei stessa li aveva narrati infinite volte a Normandie, in quei lunghi cent’anni di buio che avevano inghiottito la Francia ai tempi di Jeanne D’Arc.
Aveva appena girato a pagina trentasette, storcendo il naso di fronte al titolo della nuova storia –come poteva la Légende d’Ys essere considerata un racconto di fate? Quella era una storia vera!- quando la radio aveva preso a gracchiare disordinatamente dalla vecchia seggiola di paglia.
Qui Radio Londra!
Radio Londra, il motivo per cui aveva dovuto lasciare la sua casetta a Brest e rifugiarsi in una vecchia fattoria dimenticata da Dio a Ouessant. France l’aveva praticamente obbligata a lasciare la città, e in tutta onestà non aveva avuto troppi problemi ad assecondarlo: non le andava poi così tanto di farsi catturare dai Nazisti senza nemmeno avere il tempo di contrattaccare.
Sì, Bretagne era sempre stata una ragazza impulsiva, impetuosa e pericolosamente testarda, ma nel corso degli anni aveva capito che le ritirate strategiche potevano valere molto più di un azzardato scontro frontale.
Chiuse il libro premurandosi di tenere il segno con il dito indice intrappolato fra le pagine e si mise a sedere.
La voce di De Gaulle risuonò potente e decisa all’interno dell’umile stanzetta, quasi avesse ignorato il fatto che a Parigi Adolf Hitler passeggiava indisturbato e si faceva scattare fotografie come un turista, di fronte ai più significativi monumenti francesi.
Le gouvernement français, après avoir demandé l'armistice, connaît, maintenant, les conditions dictées par l'ennemi.” tuonò il soldato attraverso l’apparecchio radiofonico.
Bretagne storse il naso una seconda volta e incrociò le gambe, poggiando i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle mani.
Sì, sentiamo a quali condizioni la Germania ha intenzione di calpestarci.
On peut donc dire que cet armistice serait non seulement une capitulation mais encore un asservissement.” continuò De Gaulle, la voce grave che sarebbe entrata nella storia.
La ragazza scosse la testa e si alzò in piedi, cercando di ignorare la rabbia che le bruciava le viscere.
Schiavi. Erano diventati schiavi.
La Francia era caduta, Calais distrutta, Rouen occupata. Il tricolore era stato strappato e gettato a terra, destinato alla polvere dell’oblio.
Era questo ciò per cui erano nati? Arrendersi, gettare la spugna, sottomettersi?
L'honneur, le bon sens, l'intérêt supérieur de la patrie commandent à tous les Français libres de continuer le combat là où ils seront et comme ils pourront.”
L’onore.
Bretagne arrestò la sua marcia nervosa di fronte al camino, spiata dalla sua immagine riflessa nello specchio appeso lì sopra.
I capelli mossi e gonfi d’umidità se ne stavano quieti nella stretta del nastrino rosso, scivolando giù per la spalla destra come un’ondulato mazzetto di carote.
Il visetto affilato, che Fran non perdeva mai occasione di paragonare al muso furbo di una volpe, era punteggiato di lentiggini, fitte come i papaveri che stavano pian piano conquistando i campi aggrappati alle falesie.
Gli occhi azzurri, grandi e sinceri come quelli di un bambino, erano ora  impegnati a rimproverarla con severità.
“Lucille, la coerenza adesso sarebbe cosa gradita.” sembravano dirle, delusi dal suo comportamento.
Già, la coerenza. Bell’affare.
La verità era che all’inizio il Nazionalsocialismo le era sembrato interessante.
Spazio vitale, tradizioni, purezza del sangue…
Forse che quel ridicolo omino venuto dall’Est avrebbe potuto restituirle la sua libertà, la sua indipendeza?
Forse che dopo tutti quegli anni di pigra e arrendevole abitudine avrebbe finalmente potuto tornare ad essere Breizh e non più Bretagne?
Dopotutto, in fondo al cuore, lei sapeva di non essere Francese, non lo era mai stata...
- Ma sei pazza?! Non dirai sul serio, keniterv?! – aveva esclamato un piovoso pomeriggio dell’anno precedente suo cugino Cornovaglia, un kouign-amann fumante e appiccicoso stretto fra le mani piene di graffi.
- Secondo te quel tipo parla sul serio? Credi davvero che questo sia il modo giusto di ottenere la libertà? – aveva domandato ancora, le sottili sopracciglia arcuate in un’espressione rabbiosa.
Lucille aveva addentato il suo kouign-amann facendo spallucce.
- Le premesse sembrano buone… - aveva borbottato a sua difesa, la bocca piena di dolce.
Cornovaglia aveva scosso la testa, sulle spalle una maturità che aveva poco a che spartire con il suo aspetto di bambino.
- No, Brit. La libertà non si ottiene con un pugnale piantato nella schiena. Ricorda l’ermellino, cugina… -
L’ermellino, candido emblema della purezza, di certo non si sarebbe macchiato di una colpa meschina come il tradimento, e questo Lucille lo sapeva bene.
Si era chiesta cosa avrebbe pensato la sua famiglia, e per un momento aveva avuto la sensazione che Irlanda l’avrebbe spalleggiata, ma l’immagine delle labbra pallide e serrate di Scozia si era presentata rapida e concreta al suo cuore, assieme alla frase che la giovane amava ripetere alle chiassose riunioni di famiglia: il Clann prima di tutto.
Si dava il caso che Bretagne avesse due famiglie, e che, pur votata al mare anima e corpo, i suoi piedi necessitassero comunque di sentire il calore del suolo francese.
Distolse lo sguardo dallo specchio, scacciando quei ricordi che le pungolavano il cuore, non desiderati.
Dalla radio, De Gaulle continuava il suo discorso: la Francia era caduta, ma poteva rialzarsi. Bastava solo che il popolo trovasse il coraggio di combattere, bastava solo mettere insieme un esercito che ricacciasse i Nazisti da dove erano venuti.
J'invite tous les Français qui veulent rester libres à m'écouter et à me suivre. Vive la France libre dans l'honneur et dans l'indépendance!
Viva la Francia libera nell’onore e nell’indipendenza.
Il discorso era concluso, la battaglia appena incominciata. Chi avrebbe risposto all’appello del Generale?
Lucille spense la radio e uscì di casa, diretta alla spiaggia.
Un forte vento da ovest spazzava il cielo e increspava di bianco la superficie del mare, mentre i cormorani stendevano le ali al sole e i gabbiani schiamazzavano nei loro giochi aerei.
Ma cosa le era venuto in mente?
Come poteva aver anche solo pensato di tradire Francia, che nonostante le incomprensioni aveva sempre mostrato di provare per lei un affetto smisurato?
Come aveva potuto osare pensare di abbandonare Normandie, per lei più che una sorella, sempre al suo fianco anche nei momenti più difficili?
E tutto questo per cosa?
Frankiz, Libertà.
Una parola il cui sapore era quello del mare, e non quello del sangue.
Lei era Breizh, sì, ma era anche Bretagne, la bambina sveglia e scalmanata che amava vestirsi da maschio, la spumeggiante ragazzina che ridendo sfidava l’oceano a viso aperto, la giovane donna che aveva fatto dell’onore la sua più alta morale.
“Piuttosto che il disonore, la morte.”, questo era il suo motto.
Avrebbe lei gettato l’onore alle ortiche, avrebbe calpestato i suoi ideali, distutto la sua famiglia, tradito la più solida delle amicizie?
Sarebbe stata in grado, una volta libera, di convivere con una simile onta, o forse sarebbe stata proprio la libertà a metterla in catene davanti alla sua coscienza?
De Gaulle aveva bisogno di uomini saldi e valorosi, di un esercito per scacciare il nemico e riprendersi l’orgoglio da esso strappato.
Bretagne puntò gli occhi sull’orizzonte, le labbra tese in un ghigno di determinazione.
La Francia chiamava alle armi?
- Kentoc'h mervel, Lucille.-
La Bretagna avrebbe risposto.














 
Note:

Riporto qui la traduzione del discorso di De Gaulle e di alcuni termini in Bretone che non sono spiegati nel testo.
 
“Il Governo Francese, dopo avere chiesto l’armistizio, conosce, ora, le condizioni dettate dal nemico.”
“Si può quindi dire che questo armistizio sarebbe non già una capitolazione, bensì un vero assoggettamento.”
“L’onore, il buon senso, l’interesse superiore della Patria comandano a tutti i Francesi liberi di continuare a combattere laddove si trovano e nel modo in cui riusciranno.”
“Invito tutti i Francesi che vogliono rimanere liberi ad ascoltarmi e a seguirmi. Viva la Francia libera nell’onore e nell’indipendenza!”
 
Keniterv cugina
Kouign-amann dolce tipico bretone
  
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