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Autore: Decmidia    21/05/2014    3 recensioni
Eirene era una ragazza che ha santificato la sua vita ad Atena, diventando sua sacerdotessa. Inflessibile sulle sue decisioni e decisa a continuare una vita rigorosa e religiosa, un misterioso ragazzo fa vacillare le sue certezze, facendole mettere in discussione tutto ciò per cui ha lottato contro ogni giudizio e decisione di amici e parenti.
Genere: Fluff, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Ho cancellato e modificato il capitolo! Ho ritenuto più giusto correggere questo che aveva diverse imperfezioni piuttosto che rimediare con quello successivo. Buona lettura e spero di aver fatto un lavoro migliore. Peace!

***


  Le lune passavano e Eirene viveva con tormento questa sua doppia vita: di giorno, straziata dai sensi di colpa, era diventata ombrosa e schiva; di notte, raggiante di felicità, tornava la ragazza gioiosa di un tempo. Nonostante l'assiduità con la quale vedeva Herakleides, il loro rapporto non si era mai spinto oltre: lei aveva ancora la forza di mantenere la sua purezza, nonostante l'enorme desiderio di amore e di affetto. Lui, nonostante fosse abituato ad avere tutto quello che volesse subito, vedeva il lei qualcosa di speciale, e rispettava la sua pudicizia. Si limitavano a sfiorarsi le mani o accarezzarsi il volto. Il loro respiro si interrompeva ogni volta che i loro occhi si incontravano nell'oscurità. Nessuno sospettava che Eirene avesse rapporti con una persona esterna al tìaso: aveva preso tutte le sue accortezze per restare in incognito. Il tìaso era diventata la sua casa, ormai. Era diventata una maestra per quel gruppo di ragazze che venivano educate per essere poi date in spose a uomini importanti. Amava quel posto, con tutte le sue contraddizioni e i suoi torbidi segreti. Più volte, passando silenziosa nei corridoio, sentiva spasmi d’amore placarsi nell’ombra. Lei ha preferito non avvicinarsi a questa realtà troppo sensuale: troppo radicata ai suoi fondamenti, nonostante la curiosità e il desiderio che divampavano.  
Lui passava le giornate illuminate da Apollo che scruta i cieli a nascondersi nella città e a pensare a Eirene. Aveva trovato alloggio presso una signora malata che gli dava alloggio in cambio di cure mediche. Non amava esporsi, non usciva mai dall’abitazione se non di notte, e poi scappava invisibile con l’aiuto dell’oscurità. Aspettava che la signora dormisse prima di indossare il suo mantello nero e prendere la strada verso la tanto desiderata ragazza. Neanche lui sapeva cosa lo aveva spinto a seguirla quella notte. Nel corso della sua vita le donne venivano da lui a vendere il loro corpo per avere medicine, non le aveva mai considerate se non come oggetti e non aveva mai sentito tale sentimento divampare nel suo petto. Quando la guardava gli sembrava che il tempo si fermasse, che nient’altro era importante in quel momento se non loro due. Era ormai un uomo, deciso e ambizioso, e niente lo avrebbe distolto dalla fonte della sua felicità. Almeno era quello che lui pensava.
Ultimamente la situazione politica si era fatta complessa, e la paura di tutti si erano avverata: Atene aveva deciso di scendere in guerra contro i Persiani. La città era già stremata dalle guerre precedenti, e anche il sistema interno ne stava molto risentendo. I giovani già fremevano e aspettavano di andare in guerra contro i Barbari per dimostrare quanto fosse forte la loro patria, mentre le madri piangevano disperate cercando un modo di convincerli a non partire in qualche modo: in pochi tornavano dalla guerra, chi moriva e chi scappava, chi si stanziava e chi passava dalla parte opposta. Le speranze di vittoria si frantumarono nel momento in cui scoprirono che i Persiani erano già nel Peloponneso, e si muovevano con velocità incalzante verso l’Attica. A niente sono servite le truppe ausiliari e gli alleati per rallentarli, l’avanzata era inesorabile e la loro furia distruttrice non poteva essere fermata. Ovunque passassero distruggevano le città, razziavano le campagne, massacravano la popolazione e facevano schiavi donne e bambini. Herakleides non poteva sopportare l’idea di staccarsi dalla sua amata, e più volte ha provato a convincerla ad andare via con lui e a mettersi in salvo. Non riuscì mai a convincere Eirene, perché lei sentiva sulle spalle il dovere di proteggere quella che era la sua famiglia. 
I giorni passavano, e non si decisero mai ad andarsene e lasciare tutto e tutti, per vivere una vita insieme, più tranquilla e lontano dalla guerra. Lei aveva un peso sul cuore, di dover aiutare le altre in un momento tanto difficile e di rendere grazie a loro per averla accolta come una sorella; lui, nonostante lo volesse con tutte le sue forze, sentiva in fondo che il suo dovere di medico era rimanere e aiutare chi era stato abbastanza fortunato da rimanere ancora in vita. 
Era l’ultima notte, i nemici erano ormai alle porte di Atene, la città un tempo potente invincibile, adesso era piegata e in preda all’anarchia.
"Scappiamo insieme Eirene, ti prego. Abbiamo fatto tanta fatica, perchè buttare la nostra vita in pasto ai Barbari?"

Ogni volta che Herakleides toccava questo argomento le veniva una fitta al cuore. Come poteva abbandonare le sue compagne? Rimaneva pur sempre una sacerdotessa: il suo compito era rimanere e aiutare la popolazione. Rimase in un doloroso silenzio, finchè lui non le scrollò le spalle.

"Ragiona, Eirene. Se rimarrai qui morirai, se verrai via con me ti salverai e potremmo vivere insieme senza più nasconderci."

"Non abbandonerò nessuno. Se pensi sia meglio andarsene vai pure, nessuno ti costringe a rimanere."

"Ti supplico Eirene! Vien via con me!"

Gli occhi di lui erano pieni di dolore, nella loro fermezza. Le fissava il volto, ma lei guardava per terra, afflitta: non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi e dirgli di no. Una lacrime scese sulla sua guancia, per la stanchezza e il dolore, era ormai al limite. Se l'asciugò, rapidamente; non le piaceva mostrarsi fragile.

"Te lo ripeto un ultima volta -disse con voce spezzata- io rimango. Tu fai quello che ti pare."

Lui aspettò qualche istante, prima di rispondere.

"Senza di te non vado da nessuna parte."

La abbracciò forte, e rimasero così per un tempo che loro non riuscirono a quantificare. Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, che scesero veloci sulla guancia; non un singhiozzo uscì dal suo petto. Da lontano si sentivano le urla che laceravano l’aria e il cuore dei due innamorati, e la luce fiammeggiante dell’esercito nemico accompagnato da canti pieni di terrore in una lingua esotica. Lui non riusciva a pensare ad altro che non si sarebbe mai perdonato se lei non ne fosse uscita viva, ma soprattutto per non averla convinta ad andarsene; lei preferiva godersi quegli ultimi istanti con la mente vuota e stanca, concentrandosi sul calore dei loro corpi uniti. Lui la staccò con dolcezza e guardò intensamente i suoi occhi gonfi di dolore rimanendo ancora una volta sorpreso da quanto fossero belli. Non poteva lasciarla così, fece ciò che il cuore ordinava di fare da tanto tempo: si avvicinò velocemente alle sue labbra e la baciò, lasciandola sbigottita. Eirene non capì subito cosa stesse succedendo, ma la guidò l’istinto: schiuse la labbra e le lingue si incontrarono, scambiandosi un lungo bacio caldo e pieno di tenerezza. Lei era piena e vuota allo stesso tempo, sentiva l’amore che le infiammava tutto il corpo e il basso ventre contorcersi piacevolmente. Tutto era chiaro per lei, adesso. Eros che scioglie le membra si era impossessato dei loro corpi legandoli indissolubilmente. Si staccarono e si guardarono negli occhi. Lui le asciugò le ultime lacrime rimaste sul viso.

“Ti amo” –le disse Herakleides scandendo con dolore le parole, sapendo a cosa stavano andando incontro.

“Non mi lasciare, ti prego”

Herakleides sperava davvero di poter mantenere quella promessa, ma non disse niente: troppo dolore nel suo petto per proferire parola. La prese per mano e la invitò ad alzarsi. I Persiani erano entrati dalle porte della città. A passo spedito la guidò verso i corridoi presi dal panico, tanto che nessuno si preoccupò della presenza dell’uomo. Le donne correvano di qua e di la, chi andava a prendere le bambine che piangevano terrorizzate e chi cercava di trovare un modo per aiutare gli altri. I Persiani avrebbero profanato l’area sacra? Si sperava di no, ma comunque non avrebbero potuto custodire tutta la cittadinanza all’interno dell’acropoli. I primi rifugiati già erano arrivati, prevalentemente erano donne coi bambini e anziani. Il flusso si faceva sempre più intenso e per la coppia andare contromano verso l’uscita era sempre più difficile. Herakleides si faceva spazio con forza col braccio libero, mentre con l’altro la teneva stretta a sé per non perderla nella folla. Arrivati all’uscita le diede un ultimo bacio sulle labbra e poi teneramente sulla fronte, poi le lasciò la mano. La guardò qualche istante prima che lei lo perse di vista in mezzo a tutte quelle persone. Eirene si sentiva vuota, e scoppiò in un pianto pieno di dolore, in preda agli spasmi che le sconquassavano il petto mentre immergeva la faccia nelle mani. Non pensava ad altro che la sua vita non sarebbe potuta andare avanti senza di lui e che sarebbe dovuta scappare, aveva condannato entrambi. Poi alzò il viso e si guardò intorno: era lì e non poteva rimanere inerme, quello che era stato deciso non si poteva cambiare e avrebbe dovuto fare tutto il possibile per rimanere in vita, per rivedere lui. 
  
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