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Autore: KuromiAkira    23/05/2014    3 recensioni
Il ragazzo annuì mentre la ragazzina si avvicinava, ammirata. - È ciò che hanno usato anche quelle persone? - chiese, sottolineando le ultime due parole con un tono disgustato.
L'uomo rise. - È molto di più, Kyoka. È molto di più. Con questo potrete fare quello che volete. Ma saremo soli, ve la sentite lo stesso? -
- Ma certo! - rispose lei, sorridendo. - Non abbiamo nessun dubbio, vero fratellino? - domandò poi, rivolgendosi all'altro.
- Nessuno - confermò il fratello, avvicinandosi a sua volta e chinandosi appena verso il contenuto della valigia.
- Ora, finalmente, potremo avere la nostra vendetta - mormorò.
Entrambi i ragazzini sogghignarono e il buio della stanza rendeva le loro espressioni estremamente sinistre.
[Sun Garden/Aliea Academy + Original Characters]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Midorikawa Ryuuji, after Reize and the Aliea Academy'
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Kyoka era rimasta immobile, con lo sguardo puntato sulle proprie scarpe, quando i medici uscirono dalla sala operatoria pronti a dare un responso.
Aveva atteso per un tempo che le era sembrato infinito, stretta tra braccia dei suoi tutori, che si trovavano già all'ospedale militare quando lei era tornata insieme agli altri.
Essendo troppo in pena per il fratello, non aveva ascoltato i discorsi degli altri, che oltre alla preoccupazione generale per Minoru si erano interessati anche alle condizioni della città e degli abitanti, alla fine che avrebbe fatto il corpo di Kenzaki, degli agenti e di ciò che sarebbe accaduto alle basi della Aliea, come per essere sicuri che non ci fosse più nulla che potesse minacciarli in futuro.
Ma quando la porta della sala operatoria si aprì, il silenzio calò improvvisamente nella stanza.
Uno dei medici si avvicinò subito ai tutori legali del paziente, e Saburo avanzò di qualche passo, come se avesse fretta di raggiungere l'uomo.
Il frammento di meteorite era stato estratto con prudenza e, com’era accaduto con Midorikawa, ora sembrava che il ragazzo avesse bisogno di un lungo periodo di riposo per riprendere abbastanza forze da essere in grado anche solo di aprire gli occhi.
Tranquillizzata in parte da quello che aveva sentito, Kyoka sollevò lo sguardo posandolo, speranzosa, sul dottore.
Anche Midorikawa e gli altri orfani, che già avevano vissuto una cosa simile, sospirarono.
Il medico, tuttavia, mantenne un'espressione cupa in volto.
- Molti muscoli del corpo sono danneggiati - lo sentì continuare. - E anche molti organi interni, seppur in misura minore, hanno risentito del lungo stress. Non posso dire quando si sveglierà, ma dubito riuscirà mai a riacquistare completamente le capacità motorie - dovette specificare.
Kyoka rabbrividì, non riuscendo ad impedirsi di ragionare su ciò che quella frase avrebbe potuto dire. Minoru sarebbe rimasto paralizzato? O avrebbe potuto muoversi, anche se a fatica?
Immersa in quei pensieri, quasi non si accorse che Asako l'aveva stretta più forte a sé.
- Non sembra aver riportato lesioni al cervello, almeno - volle poi aggiungere il medico, abbozzando un sorriso.
Saburo rimase in silenzio qualche istante, poi annuì.
- La ringrazio per quello che ha fatto - mormorò, accennando un inchino.
- Possiamo vederlo? - domandò con impazienza Kyoka, staccandosi dalla madre adottiva e facendo un passo verso l'uomo. Non ebbe il coraggio di chiedere altro sulle condizioni di Minoru, voleva solo andare da lui e stargli vicino.
Al cenno affermativo del dottore Kyoka si diresse subito verso la stanza, prontamente bloccata dal padre adottivo.
- Aspetta che venga trasferito in una stanza, Kyoka - le disse col solito tono severo, a cui lei non era quasi più abituata.
La ragazzina fremette, ma il padre aveva ragione, così cercò di stare calma e avere pazienza. Abbassò lo sguardo, rassegnata, e solo allora Saburo le lasciò il braccio, e la avvicinò a sé accarezzandole la testa.
Quando il dottore salutò e se ne andò, Kyoka si concesse di piangere.
- Cosa succederà a Minoru? - domandò ai suoi tutori, ma i due adulti non seppero cosa risponderle.

Dalla morte di Kenzaki erano passate due settimane.
Il corpo dell'uomo era stato prelevato dalla polizia, e il frammento era stato tolto, seppur a fatica e con invasivi interventi, dal cadavere che, non più influenzato dal potere alieno, era tornato alla forma normale.
Né Seijirou né gli orfani avevano voluto sapere altro, preferendo rimanere vicino a Kyoka e ai suoi tutori.
Minoru non si era ancora svegliato e, seppur i medici continuassero a ricordare loro che le condizioni del ragazzino erano stabili, l'angoscia era quasi palpabile.
Asako e Saburo trovavano un leggero conforto nel discorrere con i ragazzini dell'orfanotrofio, sebbene fossero in parte i responsabili del loro dolore.
Midorikawa si era scusato più volte, ma era proprio lui, essendo sopravvissuto a condizioni simili a quelle del giovane Kirishima, a rappresentare la speranza maggiore.
Sia loro che Kyoka erano pronti a lasciarsi alle spalle quella brutta avventura e a concentrarsi solo su Minoru, senza più pensare a chi fosse colpevole o chi meritasse punizioni o meno.
Ma per il fondatore del Sun Garden era giunta l'ora di tornare in prigione e, sebbene Onigawara avesse messo in chiaro fin dall'inizio che, una volta risolta quella strana e complicata situazione, l'uomo sarebbe dovuto tornare in carcere, Kira non poteva che essere dispiaciuto per la nuova separazione con i suoi figli.
- Dovete davvero riportarlo dentro? - pigolò Ruru, sfoderando con sfacciataggine la sua più dolce espressione, con tanto di occhi lucidi e mani strette l'una sull'altra quasi in segno di preghiera.
Il detective, che era venuto per scortare Seijirou, li fissò con la solita indifferenza.
- Mi dispiace, ma devo farlo - rispose.
Ruru decise allora di cambiare completamente strategia, assumendo immediatamente dopo un'espressione malevola, ma un'occhiataccia di Reina, che conosceva fin troppo bene la ragazzina di buffi codini viola, bloccò sul nascere qualsiasi sua altra intenzione.
- Non potreste rilasciarlo per buona condotta? O almeno dargli i domiciliari? - insistette Rumi, ex-Moll alla Epsilon.
All'ennesimo rifiuto dell'agente, gli orfani iniziarono a parlare tutti insieme, per quanto alcuni, come Hiroto o Saginuma, cercassero di placare gli animi.
Nel caos generale si poterono distinguere esclamazioni come un "Ma ormai si è pentito" detto da Maki, e Gigu sbottò un secco "Ormai non ci condizionerà più" con tanto di sfogo prendendo a pugni il braccio di Netsuha. Il malcapitato si massaggiò l'arto colpito e diede una leggera spinta al fratello per vendetta.
L'ordine venne ristabilito solo quando Hitomiko gridò loro di fare silenzio, ricordando che si trovavano comunque in un ospedale, e che nella stanza in cui si trovavano in quel momento c'erano ancora i loro fratelli feriti.
E, in effetti, Nagumo, Diam, Nemuro, Karon, a cui Minoru aveva rotto il braccio durante l'ultimo scontro, e chi era rimasto ferito in precedenza, stavano assistendo alla scena chi steso sul rispettivo letto chi in disparte, questi ultimi come se si sentissero impotenti di fronte all'allontanamento forzato del padre.
Seijirou accorse in aiuto di Onigawara frapponendosi tra loro.
- Calmatevi, per favore - esordì col solito tono conciliatorio. - Mi piacerebbe stare con voi, ma ho ancora parecchi anni di galera da scontare. È giusto così. -
- È vero che aveva detto che nostro padre sarebbe dovuto tornare in carcere quando sarebbe finito tutto - disse allora Hiroto, più calmo ma non per questo meno addolorato degli altri, - ma con tutto quello che è successo, ormai dovrebbe aver capito che non è più malvagio. -
Accanto a lui, in molti annuirono.
Onigawara sospirò. - Questo lo so anch'io, ma ho potuto far uscire il signor Kira solo con la promessa di riportarlo in prigione - spiegò. - Non sono io a decidere, in ogni caso. -
- Se noi, o i Kirishima, non l'abbiamo meritato, perché nostro padre sì? - s’intromise Midorikawa, il cui pensiero di meritare a sua volta il carcere stava ancora torturando la coscienza.
Il detective rifletté qualche istante sulla risposta da dargli, ma Seijirou prese nuovamente parola: - Io non ho solo spinto voi a fare quello che avete fatto. Per poter avviare il progetto Aliea ho commesso innumerevoli altri reati, ed è giusto che paghi per ognuno di essi. Non mi sento buono, benché io ora abbia capito che aver fatto troppi errori. Ho certamente la coscienza più sporca della vostra. -
"Non che io ce l'abbia più pulita, comunque" pensò Ryuuji, abbassando lo sguardo al ricordo di aver ucciso una persona.
Lui non l'aveva fatto con quell'intenzione, mentre Seijirou aveva sempre agito con consapevolezza, per questo i giudici avevano ritenuto giusto punirlo. Midorikawa aveva infine capito che era solo quella, la differenza tra loro e il padre. Ma non era ancora facile, sopratutto per lui, accettare quella situazione.
L'uomo aveva intenzione di continuare, ma venne interrotto da Touji.
- Ma tu sei buono, padre! - esclamò, afferrandogli il soprabito blu. - Certamente, non sei paragonabile a Kenzaki, o noi non saremmo vivi! -
- Hai sbagliato a quell'epoca, ma avevi le stesse ragioni dei Kirishima! - fece notare Kazuo, ex-Satosu della Prominence, in tono quasi offeso.
- E poi noi abbiamo bisogno di te - affermò invece Ai. - Vogliamo ritornare ad essere tutti uniti! -
Ma, a quelle ultime parole, Seijirou sorrise e scosse la testa.
- Oh no, non avete affatto bisogno di me per esserlo. Siete molto forti, e l'avete dimostrato. Sono davvero fiero di voi. Non credo di avere il diritto di sentirmi un padre orgoglioso dei propri figli, e ancora adesso stento a credere che voi mi vogliate ancora bene dopo tutto quello che vi ho fatto, ma non posso fare a meno di essere contento per come avete affrontato i pericoli, preoccupandovi sempre gli uni per gli altri e aiutandovi a vicenda - disse, osservando i volti quasi increduli dei suoi figli. - Ricordate di aver sempre fiducia in voi stessi, ma anche negli altri. Nessuno è perfetto, ma si può sempre chiedere aiuto. Rimanete sempre legati, come una famiglia. -
Molti degli orfani abbassarono lo sguardo, non riuscendo a trovare le parole adatte per ribattere. Alcuni erano sul punto di piangere.
Hitomiko sorrise, come sempre quando vedeva certe scene. Anche a lei dispiaceva vedere ancora il padre andare via, per quanto cercasse di nasconderlo.
Infine Hiroto annuì con convinzione.
- Sì. Noi siamo una famiglia grazie a te, padre. Anche se adesso tornerai in prigione, non è detto che prima o poi non ti concedano di uscire. La promessa che ti feci due anni fa è ancora valida. Io... noi ti aspetteremo sempre. -
Seijirou li guardò un'ultima volta, osservò i loro visi tristi e commossi, e allargò la bocca in un sorriso di sincera felicità.
"Sono davvero così fortunato..." pensò, mentre si voltava e usciva dall'ospedale scortato da Onigawara e un paio di agenti di polizia. "Forse è solo grazie al loro affetto che ho potuto redimermi, al contrario di Kenzaki."

Una volta che il padre se ne fu andato, si percepì una certa mancanza tra gli orfani.
Era strano, pensava Midorikawa, durante quei due anni si erano abituati a vivere senza quell'uomo, ma pochi giorni erano bastati per convincersi, ancora una volta, di poter dipendere solo da lui.
Persino i più indipendenti tra loro avevano gli occhi velati di nostalgia, per non parlare poi di Reina che aveva lo stesso sguardo che le aveva visto durante i primissimi giorni al Sun Garden dopo la fine della Aliea.
Il silenzio venne interrotto solo da Hitomiko, che annunciò ai fratelli minori l'imminente trasferimento a un ospedale comune.
Ormai non correvano più pericoli, ed era meglio tornare alla normalità il prima possibile.
Chi non era ferito poteva tranquillamente tornare nella seconda casa di sua proprietà, attendendo che l'orfanotrofio venisse ricostruito.
Ciò indusse Midorikawa ad andare ancora una volta a trovare Minoru; non lo faceva tutti i giorni, ogni volta desiderava ma temeva il suo risveglio, ma sentiva fosse suo dovere interessarsi fino alla fine delle sue condizioni, e affrontarlo quando questi se la sarebbe sentita.
Mentre percorreva con calma i corridoi dell'ospedale militare, seguendo un percorso che ormai conosceva memoria, Ryuuji udì dei passi dietro di sé.
Sì voltò, e notò Suzuno ad un paio di metri da lui. Il ragazzo dai capelli bianchi osservava il pavimento con aria assorta ma, dato che stava distrattamente ascoltando il rumore dei passi di Midorikawa, appena il fratello adottivo si fu fermato sollevò la testa e lo fissò. Si irrigidì appena, come se non avesse voluto farsi scoprire, ma subito riprese a camminare. Midorikawa lo attese fino a che non fu al suo fianco, poi tornò ad avanzare insieme a lui.
Non gli disse niente, benché lo stupisse che fosse lì.
Né Suzuno né Nagumo si erano mai mostrati interessati a Minoru e Kyoka. L'ex-capitano della Diamond Dust era sempre stato accanto all'amico-rivale, che sarebbe dovuto rimanere su un letto dell'ospedale ancora per parecchio tempo, battibeccando quando potevano ma più che altro vegliando su di lui come un angelo custode.
Persino quando fu raccontato loro dell'ultimo scontro contro Kenzaki quei due non avevano avuto particolari reazioni.
Le conseguenze delle torture a cui era stato sottoposto Haruya l'avrebbero condizionato per tutta la vita, e questo non valeva solo per lui. Anche molti dei suoi fratelli serbavano ancora rancore verso i due gemelli. Ryuuji li aveva perdonati subito perché si sentiva in colpa verso di loro, ma i brutti ricordi di quell’ultimo periodo lo perseguitavano giorno e notte.
Per questo Midorikawa non se la sentiva di biasimarli, e questo riguardava sopratutto gli ex-capitani della Chaos.
Non sapeva con quale stato d'animo Suzuno stava ora per incontrare quei due, ma il solo fatto che avesse deciso di andare a trovare Minoru lo tranquillizzava.
Arrivati davanti alla porta della stanza del ragazzo, Midorikawa bussò. L'ultimo colpo fu però interrotto dal movimento improvviso dell'uscio che si apriva.
Ryuuji si voltò stranito verso Suzuno, che aveva aperto la porta senza attendere alcuna risposta.
La medesima espressione poté scorgerla nel volto di Kyoka, ancora seduta sulla sedia accanto al letto dove giaceva il fratello. A quanto pareva era sola a vegliare su Minoru, e non aveva fatto nemmeno in tempo ad alzarsi una volta udito bussare.
Ma, appena notò la presenza di Suzuno, i grandi occhi di lei comunicarono solo terrore.
Rimase immobile e, quando Fuusuke si fu avvicinato di pochi passi, scostò lo sguardo in segno di timidezza.
L'ex-capitano della Diamond Dust la fissò qualche istante, poi si volse verso Minoru.
Midorikawa non sapeva davvero come comportarsi, e nemmeno riuscì a salutare Kyoka come al solito. Rimase persino sulla soglia della porta, come se temesse qualcosa.
Ma Suzuno si avvicinò, pur rimanendo a qualche passo distante da Kyoka.
La ragazzina iniziò a giocherellare nervosamente con l'orlo della maglia color lilla, pensando di dover essere lei la prima a dire qualcosa. Ma non riuscì a trovare le parole.
Infine fu proprio il ragazzo dai capelli bianchi a parlare: - Sono qui anche su richiesta di Haruya - precisò, con voce monocorde.
La notizia stupì sia lei che Ryuuji, che avanzò silenziosamente e si fermò solo poco dietro Kyoka, in modo da osservare il fratello adottivo.
Vide nel suo volto la solita espressione neutra, vagamente fredda, e pensò che in fondo quello era solo il suo modo di porsi agli altri.
Sorrise e abbassò lo sguardo verso la giovane Kirishima, che ancora evitava il contatto visivo con entrambi.
Kyoka era in parte sollevata da ciò che quel ragazzo aveva detto, ma ricordava bene cosa aveva fatto al suo amico, e ripensandoci, stentava quasi a credere di essere stata capace di azioni così violente.
- Come sta tuo fratello? - le domandò allora il ragazzo con i capelli verdi.
Kyoka sussultò e sembrò riscuotersi solo in quel momento.
- Ah, b-bene - rispose frettolosamente. Ma si accorse di aver fatto una gaffe. - Cioè, come al solito... - si corresse.
Naturalmente Minoru non stava bene; non si era mai svegliato da quando era stato ricoverato, ma le avevano ripetuto innumerevoli volte che era una normale conseguenza alla fatica, e che presto si sarebbe ridestato.
Midorikawa si sedette di fianco a lei, e Suzuno avanzò fino ad arrivare all'altro lato del letto, poggiò la schiena contro il muro e osservò a debita distanza il volto emaciato del ragazzo che fino a pochi giorni prima era un loro nemico.
- Gli organi interni sono a posto, pare, - continuò Kyoka, studiando a sua volta il viso del gemello. - Ma i muscoli non sono affatto migliorati. Sembra che su lui gli effetti della pietra non facciano effetto... -
- Mi sembra strano, in effetti, - convenne Ryuuji. - Perché io mi sono ripreso subito, e ancora adesso guarisco dalle ferite più velocemente del normale - spiegò.
Kyoka annuì, ma il suo volto si fece triste.
- Ma fai conto che quello era un pezzo di meteorite alieno, ed emetteva radiazioni. Proprio per questo, a differenza della stragrande maggioranza degli altri meteoriti che cadono sulla Terra, donava poteri non umani. E per smaltire delle radiazioni ci voglio anni, a seconda di quanto vi si rimane a contatto. E io ancora ne sono condizionato, nonostante ci sia rimasto solo poche ore. Tu e Minoru, invece, siete rimasti a stretto contatto con le pietre per anni. Sinceramente, è un miracolo che sia tu a non avere problemi di salute. -
- Anche la cicatrice che mi ha lasciato il frammento è svanita dopo poche ore, - lo informò Kyoka. - Ma perché anche le ferite di mio fratello non guariscono subito? - domandò con veemenza, voltandosi di scatto verso Midorikawa, come se volesse sfogare su di lui l'irritazione.
Ryuuji rimase in riflessione qualche istante, poi scosse la testa e disse l'unica ipotesi che gli veniva in mente: - Forse perché le sue ferite sono state causate proprio dalla pietra. Sono state le troppe radiazioni a danneggiare così il suo corpo. Hai visto che fine ha fatto Kenzaki dopo aver abusato eccessivamente del potere del meteorite. Temo che Minoru sia andato molto vicino a fare la sua stessa fine. Forse migliorerà solo quando smaltirà queste radiazioni ma, come ho già detto, ci vorranno molti anni. Anzi, nel vostro caso, forse non svaniranno mai - disse schiettamente.
- Ma non è giusto! - gracchiò lei, stringendo i pugni sopra le ginocchia. - E poi anche voi, in passato... - ricominciò, ma si bloccò subito, pensando che quello che stava per dire avrebbe potuto farli soffrire.
Ma Midorikawa sospirò.
- Noi portavamo la pietra con noi, ma mai a contatto diretto con la pelle. Inoltre, recentemente mio padre mi ha detto che la pietra bianca che ora teniamo al collo veniva usata per ridurre ulteriormente l'effetto del meteorite - raccontò desolato, poiché non poteva confortare la ragazza in alcun modo.
"E questo dimostra che, nonostante ci trattasse alla stregua di meri strumenti, in realtà voleva proteggerci da ogni conseguenza" si ritrovò a pensare. "Mi sono sempre chiesto cosa gli passasse per la testa in quel periodo, ma anche quando ce l'ho avuto accanto non ho avuto il coraggio di porgergli questa domanda. Anche perché è tornato il padre affettuoso di un tempo. E poi non era proprio il caso."
Pur perso tra questi pensieri, sentì subito i singhiozzi di Kyoka. Benché cercasse di farsi forza, infatti, spesso la ragazzina cedeva alle lacrime.
- Perché lui sì e io no? - chiese, dando voce a ciò che più di tutto, in quei giorni, la stava torturando. - Siamo rimasti entrambi a contatto con quella roba, e alla fine lui ha solo voluto salvarci tutti. Non si merita tutto questo. Sono io, piuttosto... - un altro singhiozzo interruppe il suo discorso, e la ragazzina premette la mano destra sulla bocca.
Midorikawa non rispose, si limitò a distogliere lo sguardo. Lui si chiedeva la stessa cosa. Alla fine, proprio grazie alla pietra che aveva avuto per poco tempo, il suo corpo era rimasto illeso. Ma numerosi suoi fratelli erano a letto, gravemente feriti. Eppure era lui l'assassino, e se c'era qualcuno che avrebbe dovuto rimetterci era proprio lui.

- Minoru. -
Sentì una flebile voce chiamarlo, un suono basso e ovattato che, seppur lo disturbasse, non lo convinse a ridestarsi dal torpore del sonno.
Si sentiva stanco, e il corpo pesante non sembrava essere disposto ad ascoltare gli ordini del suo cervello.
- Minoru - ripeté la voce, questa volta con più forza.
Minoru mugugnò assonnato, cercò di aprire gli occhi. Non ci riuscì del tutto. Intorno a lui apparve uno spazio bianco e una sagoma sfocata.
- Coraggio, svegliati - disse la voce, con una punta di tenerezza e divertimento.
In quel momento il ragazzino riconobbe il tono particolare, e spalancò gli occhi.
Lo sfondo non cambiò, ma ora era in grado di osservare chiaramente la figura del fratello, seduto sul materasso, anch'esso bianco, pareva, e leggermente chinato su di lui.
- Hiroki! - esclamò, stupito. Poi si chiese perché doveva esserlo. Era solo suo fratello maggiore, in fondo.
Eppure provò una strana tristezza e, dimenticando completamente la debolezza, non riuscì ad impedirsi di stringere forte la vita del fratello. Improvvisamente si ritrovò in piedi, sembrava che il letto non fosse mai nemmeno esistito. Ma Minoru non ci fece caso.
Hiroki rise dolcemente e gli accarezzò la testa. La persona davanti a lui era un bambino, e gli arrivava all'altezza del petto - Cosa c'è? Non è da te essere così affettuoso. -
Minoru affondò il viso nella stoffa della maglia del fratello, e chiuse gli occhi.
- Solo perché di solito Kyoka ti
monolizza - rispose, sorridendo.
- Monopolizza, intenti? - lo corresse ridendo il fratello maggiore.
"Ah sì. Monopolizza. Da piccolo non riuscivo mai a pronunciare quella parola" ricordò distrattamente il più piccolo dei due. "Chissà come mai anche adesso ho sbagliato..."
Minoru strinse più forte a sé il fratello, beandosi del calore rassicurante del corpo di lui.
Era piacevole farsi coccolare, percepiva una sorta di strana nostalgia, come se lo stesse abbracciando per la prima volta dopo tanto tempo. Si disse che avrebbe dovuto abbracciarlo più spesso, anche a costo di litigare con la capricciosa sorella.
- E Kyoka dov'è, adesso? - sentì la voce del fratello nominarla, calma come sempre ma senza più quella nota divertita.
" 'Dov'è?' Non lo so" volle rispondere l'altro, ma per qualche motivo si limitò a pensarlo.
- Non lo sai, Minoru? -
Minoru mugugnò, poco interessato. Ma Hiroki lo allontanò da sé prendendolo per le spalle. Si chinò ancora e gli sorrise. - Kyoka è proprio qui, accanto a te - gli disse.
Il fratello minore lo fissò stranito, poi si guardò attorno. Ma appena distoglieva lo sguardo dal fratello non vedeva più nulla, solo del bianco così immenso da stordirlo.
Il disagio lo convinse ad abbassare la testa per sfuggire a quella visione.
- Non la vedo - rispose imbronciandosi, benché in fondo al suo cuore sentì di doversi preoccupare.
Nella sua mente riecheggiò la propria voce "Sono solo. Sono solo e sono triste."
Spaventato da quel pensiero improvviso, la sua testa tornò ritta, e nuovamente la vista del fratello sorridente lo tranquillizzò.
- Hiroki - esalò allora con esitazione. Ma lo sguardo di Hiroki si addolcì ancora di più. - Io... non sono solo, vero? - domandò.
- No, non lo sei. Non lo sei mai stato. -
- Davvero? -
- C'è sempre stata Kyoka, no? E poi anche io. -
Minoru, tranquillizzato da quella risposta, sorrise sereno e provò ad abbracciare ancora il fratello. Ma lui lo respinse.
- Però, Minoru, ora devi tornare da Kyoka. Lei è accanto a te, e sta aspettando che tu torni da lei. -
Il più piccolo piegò la testa, confuso. Il discorso di Hiroki non aveva senso. Se Kyoka era lì, come poteva attendere che lui tornasse? Erano già insieme, no?
- E tu? - domandò Minoru, angosciato. Fu come se qualcosa gli stesse tornando in mente, sebbene cercasse inconsciamente di scacciare quella consapevolezza.
- Io sono sempre con voi. E anche papà e mamma - gli rivelò, allontanandosi di un passo da lui.
- No! - gridò Minoru, allungando il braccio. Improvvisamente si rese conto che l'arto che più lungo di prima, e più robusto. Ora aveva l'aspetto di un adolescente.
Ma quando la sua concentrazione tornò sul fratello, questi era già parecchio lontano. Ma lo guardava, nella stessa posizione di prima, come se in realtà non si fosse mai mosso.
- Hiroki! Non andartene! - lo chiamò Minoru, disperato.
- Tu devi tornare da Kyoka. Insieme potrete andare avanti, senza più dipendere da me. Sarà difficile, e soffrirete ancora. Discuterete, e un giorno prenderete strade diverse. Ma siete fratelli, e so che in caso di necessità vi aiuterete. Cercate di essere felici, va bene? - disse.
Ma, seppur fosse immobile, Minoru lo vedeva allontanarsi sempre di più. Voleva rincorrerlo, ma il suo corpo si fece improvvisamente pesante. Dovette persino abbassare il braccio, non più in grado di sostenerne il peso.
Vide Hiroki in procinto di voltarsi e, poco dietro di lui, altre due figure sembravano guardarlo, sorridendo. Un uomo e una donna.
- Papà? Mamma? - credeva di aver gridato, ma non ne era sicuro.
- Ora dobbiamo andare. Ma veglieremo sempre su di voi. Questa è una promessa che io faccio a voi - la voce di Hiroki riecheggiò in quello spazio, o forse, si disse Minoru, era solo nella sua testa.

Con fatica, riaprì gli occhi. Ancora bianco, solo bianco, nel suo campo visivo. Ma era diverso.
Provò a muoversi, ma non ci riuscì. Udì la voce di Kyoka, i suoi singhiozzi.
"Stai ancora piangendo, sorellina? Non avevi detto che saresti cambiata?" pensò. Non riusci a dirlo a voce, e nemmeno a voltarsi per osservarla.
“Il mio corpo…” rifletté, allarmato. Sentiva come se non ce l’avesse nemmeno più un corpo. Non lo percepiva.
Ma qualcun'altro sembrò cogliere un impercettibile movimento.
- Ehi! - esclamò improvvisamente Suzuno, staccandosi finalmente dal muro, per attirare l'attenzione di Kyoka e Midorikawa.
Entrambi si voltarono stupiti, negli occhi di Kyoka persisteva una leggera paura verso quel ragazzo, ma Fuusuke non ci fece caso. Si avvicinò al letto, lo sguardo fisso su Minoru.
- Ha gli occhi aperti! - affermò.
Kyoka seguì lo sguardo del ragazzo e appena notò quel particolare si alzò di scatto dalla sedia, facendola capovolgere all'indietro.
- Minoru! - gridò, muovendosi talmente forte che le lacrime caddero sulla stoffa del lenzuolo.
Il ragazzo roteò gli occhi verso di lei, unico movimento che, a quanto pare, gli era concesso.
Provò a chiamarla, ma gli riuscì solo di muovere appena le labbra.
- Vado a chiamare i medici! - annunciò Midorikawa, ma Fuusuke lo precedette.
- Lascia, faccio io - gli disse con voce calma, uscendo subito dalla stanza.
- Minoru! Come stai? Parlami, ti prego! - continuava a dire la ragazzina.
Ryuuji immaginò che in quel momento Minoru non fosse in grado di muoversi, per cui posò una mano sulla spalla di Kyoka.
La ragazzina annuì; ma non smise di piangere, questa volta di gioia.

Kyoka continuò a porgergli una domanda dopo l'altra, benché consapevole che il fratello non potesse risponderle, e si zittì solo quando Suzuno tornò con un medico e degli infermieri.
Mentre Minoru veniva visitato, i tre ragazzi attesero in corridoio. Kyoka, visibilmente agitata, chiamò i tutori, camminando velocemente avanti-indietro per il corridoio. I lunghi capelli ricci volteggiavano in aria ad ogni suo passo, spesso coprendole le spalle, e la facevano sembrare un leone dalla criniera scura.
Midorikawa rimase poggiato al muro e la seguiva con lo sguardo, ascoltandola in silenzio, mentre Suzuno, in disparte, guardava fuori dalla finestra.
- Adesso che si è svegliato non c'è più pericolo, no? - domandò la ragazzina una volta conclusa la telefonata, fermandosi e osservando gli altri due con l'evidente aspettativa di essere rassicurata.
Midorikawa volle placare il suo entusiasmo: - Sicuramente sarà ancora molto stanco. Non stupirti se dormirà ancora per giorni interi - la informò, sorridendole.
Kyoka sospirò delusa e iniziò a fissare con insistenza la porta della stanza, attendendo che si aprisse.
Dovette attendere diversi minuti, prima di poter rientrare nella stanza.
Minoru aveva ancora gli occhi aperti, ma era nella stessa posizione di prima.
I medici la avvertirono che, per il momento, il fratello non riusciva né a muoversi né a parlare; ma, voltandosi in direzione di Midorikawa, aggiunsero che, a quanto pareva, era una normale conseguenza, e che sarebbe stata una cosa temporanea.
Kyoka, a sua volta, si voltò verso Ryuuji, che annuì.
La ragazzina si avvicinò con prudenza al letto del fratello, e si chinò appena su di lui. Minoru roteò gli occhi viola e la fissò. Mosse appena le labbra, da cui non uscì alcun suono.
Kyoka gli sorrise. - Non preoccuparti, fratellino. Presto ti riprenderai - lo rassicurò, anche se era consapevole di quanto il corpo del ragazzo fosse messo male.
Ma l'espressione del gemello si fece più serena a quelle parole.
- Ho chiamato Saburo e Asako, - lo informò la sorella, - presto saranno qui. -
Dovette zittirsi qualche istante, poiché la commozione non le permetteva di parlare bene.
- Ora è tutto finito. Kenzaki è morto, e noi siamo liberi dal potere di quella pietra - ci tenne a dirgli.
Seguì qualche istante di silenzio, poi Kyoka si voltò verso gli altri due ragazzi che erano nella stanza.
- Volete parlargli? - domandò, certa che volessero dirgli qualcosa. Magari scusarsi con lui.
Suzuno non disse nulla; una volta rientrato nella stanza si era accostato alla porta e lì era rimasto, e non diede segno di volersi avvicinare. Ma Midorikawa si strinse le labbra, quasi fosse indeciso. Poi annuì e avanzò verso al materasso, per potersi far vedere da Minoru.
Ma, appena lo vide, il ragazzo dai capelli neri scostò lo sguardo, dirigendolo dalla parte opposta. Ryuuji, di conseguenza, fece un passo indietro per uscire dal suo campo visivo.
- Fratellino! - lo rimproverò allora Kyoka. Non capiva perché volesse evitarlo; sapeva che sarebbe stato difficile, per Midorikawa, ottenere il suo perdono, ma anche durante lo scontro con Kenzaki Minoru gli aveva parlato. Perché, quindi, non affrontarlo?
Dal canto suo Minoru sapeva di dover ascoltare quel ragazzo. Sapeva che si sarebbe scusato, che sarebbe stato gentile e che si sarebbe preoccupato per lui. Ma non era nelle condizioni di sentire cosa aveva da dire. Non si sentiva ancora bene, lo infastidiva non potersi muovere né avere l'opportunità di ribattere a ciò che gli avrebbe detto, doveva anche riflettere bene su cosa rispondere alle sue parole. E, in ogni caso, rimaneva pur sempre l'assassino del fratello che aveva appena sognato.
"Fratello..." pensò, quasi volesse nuovamente ricevere una sua visita.
Sperava che Kyoka capisse e lo lasciasse stare per il momento.
Fortunatamente per lui, fu Midorikawa a comprendere. - Non fa nulla - si rivolse a Kyoka. - Forse è meglio lasciarvi soli. Presto noi lasceremo l'ospedale, ma tornerò a farvi visita. -
- Ah. V-va bene - gli rispose la ragazzina, dispiaciuta.
Midorikawa e Suzuno lasciarono la stanza, e nel corridoio si imbatterono in Saburo e Asako, che in tutta fretta stavano raggiungendo i due figli adottivi.

Midorikawa attese qualche giorno, prima di tornare in ospedale.
Nei giorni immediatamente successivi al risveglio del ragazzo, infatti, era tornato insieme agli altri nella seconda casa dei Kira, e lì aveva cercato di godersi la ritrovata tranquillità.
Ma nessuno poteva dimenticare ciò che era successo in quei giorni, né i sentimenti che quella brutta esperienza aveva lasciato in loro, senza contare che mezza città era stata distrutta e molti degli orfani avevano voluto aiutare, per quanto possibile, almeno a sistemare le macerie, e fu quindi difficile comportarsi in modo relativamente normale.
Fu quando Hitomiko lo informò che Minoru si era un po' ripreso che l'ex-numero 13 della Inazuma Japan decise di fargli visita.
Quando arrivò, nella stanza c'erano anche i genitori e Kyoka, ma, intuendo cosa stava per accadere, preferirono uscire per lasciar loro un po' di privacy.
Midorikawa rimase un po' in disparte, ma notò che, questa volta, Minoru lo stava osservando apertamente.
- Avvicinati - mormorò il ragazzino, in tono affaticato ma duro.
Ryuuji ubbidì, ma iniziò a sentirsi a disagio. In un certo senso, avrebbe preferito che almeno Kyoka fosse rimasta.
"No" si disse subito dopo. "È giusto che lo affronti a quattrocchi. Da solo."
Minoru non poteva ancora muoversi, ma i medici avevano predisposto dei cuscini per farlo perlomeno rimanere seduto quando mangiava.
Era già stato informato delle condizioni del proprio corpo, ma non si era disperato, pensando semplicemente di meritare un destino del genere. In un certo senso, pensava che non si sarebbe davvero più ripreso proprio per quello che aveva fatto.
Quando Midorikawa gli fu accanto, Kirishima tornò a guardare davanti a sé, come per evitare ancora di vederlo.
- Apprezzo che tu voglia scusarti - esordì, parlando quasi con indifferenza. - Perché è di questo che si tratta, vero? -
Ryuuji annuì, il suo volto si fece triste.
- Mi dispiace per quello che è successo - iniziò, con un sospiro. - Non avevo intenzione di fare del male a qualcuno, per quanto possa suonare strano e ipocrita dirlo dopo due anni. So che l'impressione che ho dato a quei tempi suggeriva tutt'altro. E non basterà scusarsi, per cancellare il vostro dolore. Mi ritengo soddisfatto di essere riuscito ad evitare che diventaste come me. Ma avrei voluto che... finisse meglio. -
Minoru capì che quel ragazzo sapesse delle sue reali condizioni. Sentiva nella voce mortificata dell'altro la consapevolezza che, con tutta probabilità, lui non sarebbe più riuscito a recuperare del tutto le capacità motorie.
- Non voglio la tua pietà - gli disse bruscamente, benché non riuscisse a modulare la voce come avrebbe voluto. - Questo è ciò che merito. -
- No, ti sbagli - contestò l'ex-capitano della Gemini Storm. Chinò la testa, non riuscendo a non pensare che, se Minoru meritava un destino del genere, allora lui avrebbe dovuto subire altrettanto. - Non dovresti parlare in questo modo. -
- Detto da uno che ha accettato di farsi uccidere... - commentò Kirishima, sarcasticamente.
Ma Midorikawa scosse la testa, come per scacciare via il ricordo di ciò che aveva fatto quel giorno, quando si era sacrificato per gli altri. - Forse nessuno di noi merita alcuna punizione. Non credo di essere malvagio, e so che né tu né Kyoka lo siete. Non lo era nemmeno mio padre, o i miei fratelli. È solo che la vita è ingiusta, e il dolore a volte ci spinge a fare degli sbagli. Io a quei tempi pensavo davvero fosse giusto cambiare il mondo, per mio padre e le persone che consideravo la mia famiglia. Non ero del tutto convinto di quello che facevo, ma non volevo deludere la persona che si era presa cura di me quando sono rimasto solo. Voi, così come mio padre, pensavate fosse giusto punire chi vi ha tolto una persona cara. La vedetta è una cosa terribile, ma non penso che chi la voglia attuare spinto dalla disperazione sia davvero malvagio. Forse... solo debole. -
Rimase pochi istante in silenzio, poi trovò il coraggio di rialzare lo sguardo, puntandolo su Minoru. - Per questo penso che persone come noi meritino una seconda possibilità. Per poter diventare più forti. -
Il ragazzino ascoltò con attenzione quelle parole, e si rese conto di concordare su tutto. Midorikawa Ryuuji aveva capito di non meritare alcuna vendetta e sapeva di non dover odiare lui o sua sorella.
C'era differenza tra una persona malvagia e qualcuno che, come loro, aveva agito in nome del dolore.
La stessa differenza tra Kenzaki e tutti loro.
Sospirò e tornò nuovamente a sostenere lo sguardo dell'altro.
- Riconosco i miei errori e quelli di mia sorella; abbiamo fatto esattamente ciò che avete fatto voi, e ora riesco a comprendere ciò che provi. Ciò che voglio dirti è che ora non penso che tu e i tuoi fratelli meritaste tutto questo, e ti ringrazio per aver cercato, nonostante tutto, di salvarci - si bloccò, necessitando di una pausa a causa della gola secca. Ma subito dopo riprese a parlare: - Hai evitato che provassimo un dolore di cui tu non potrai mai disfarti. Sarebbe stato semplice vendicarti a tua volta lasciandoti uccidere, mettendo fine alle tue pene e lasciando noi con i sensi di colpa. Invece, quando hai compreso che saremmo stati noi a rimetterci, hai abbandonato il proposito di farti uccidere per risolvere le cose - continuò, mostrando di aver compreso perfettamente il modo di pensare del ragazzo che aveva di fronte. - Ma non posso scordare che tu hai ucciso mio fratello e, per questo, non riuscirò mai a perdonarti del tutto. Semplicemente, finiamola qui. Io e Kyoka convivremo per sempre col ricordo e la consapevolezza delle nostre azioni, e so che anche per voi sarà lo stesso. Quindi non ho più motivo di cercare una qualsiasi rivalsa. Così è più che sufficiente. Non abbiamo più nulla a che fare con voi - concluse freddamente e frettolosamente.
- Non ho mai cercato il vostro perdono. So di non meritarlo - mise in chiaro Midorikawa, serio. - Ho solo fatto quello che pensavo di dover fare. Mi spiace solo che per te non sia finita bene come per Kyoka. Anche tu hai salvato noi, in fondo. Avresti potuto proteggere solo Kyoka, invece hai esteso la barriera anche a noi. Forse, se non l'avessi fatto, non avresti utilizzato così tante energie da danneggiare il tuo corpo. -
- Proteggervi non è stato un gesto di altruismo. Sapevo che Kenzaki voleva la vostra morte, così gli ho solo messo i bastoni tra le ruote. E ora noi siamo vivi, lui no. Meglio di così non poteva finire. -
Midorikawa annuì in silenzio, e distolse lo sguardo.
Minoru fissò il muro davanti a sé e rifletté ancora su cosa dire, poi decise semplicemente di essere sincero.
- Non voglio più avere a che fare con voi - confessò. Ryuuji lo guardò ancora. - Non è detto che non possa, un giorno, recuperare almeno in parte le capacità motorie. Voglio tornare a casa mia, impegnarmi nella riabilitazione e dimenticare per quanto possibile tutto questo. Per cui non voglio vederti mai più. -
Midorikawa abbassò appena le palpebre, comprendendo il discorso. Annuì. - Lo capisco. Forse è meglio per tutti - disse, voltandosi per uscire.
Si bloccò in mezzo alla stanza e si voltò appena. - Ti auguro di essere felice - gli disse.
L'altro ragazzo non ribatté e Ryuuji, semplicemente, uscì dalla stanza.

Come aveva detto Minoru, nel giro di poche settimane fu organizzato il viaggio di ritorno nella città natale dei Kirishima e dei loro tutori.
Furono proprio Saburo e Asako, accompagnati da Kyoka, ad avvertire gli orfani del Sun Garden andandoli a trovare direttamente a casa loro.
Ma non fu solo quello il motivo della loro visita. Saburo e Asako chiesero a Hitomiko di ringraziare il padre per il finanziamento per la riabilitazione di Minoru.
Kira Seijirou aveva informato Onigawara delle proprie intenzioni, e fu il detective a prendersi la responsabilità di sistemare tutto e di recapitare l'assegno alla famiglia dei due gemelli.
A giorni, quindi, i quattro avrebbero lasciato la città.
- Minoru ora può uscire, anche se con la sedia a rotelle - disse Kyoka, ancora un po' triste. - Ma dice che è sicuro di riuscire a migliorare, e io voglio credergli! -
Midorikawa, nel salotto insieme a Hitomiko e alcuni dei suoi fratelli, sorrise.
Sembrava che la famiglia avesse conservato l'allegria, ed era ottimista.
- Midorikawa-kun - lo chiamò poi Kyoka, quando fu ora di andarsene. Gli rivolse uno sguardo mortificato. - Minoru mi ha detto di quella vostra discussione. Volevo solo dirti che io ho perdonato te, tuo padre e tutti gli altri - ci tenne a dirgli. Era strano ma, forse perché era stata salvata direttamente da lui, o perché aveva trascorso più tempo con loro, o ancora a causa della consapevolezza di non essersi comportata meglio di loro, sentiva che, nonostante il dolore fosse rimasto, il risentimento verso quei ragazzi era svanito. - Mio fratello è più orgoglioso, o forse, come sempre, pensa semplicemente di più alle cose rispetto a me - aggiunse ridacchiando. - Comunque, spero che anche tu possa lasciarti alle spalle questa storia. Qualunque cosa tu abbia fatto, hai rimediato salvandoci e te ne saremo entrambi grati per sempre. -
Ryuuji le sorrise senza rispondere, non del tutto convinto di poter riuscire a dimenticare. La salutò cordialmente, sapendo che non si sarebbero più incontrati, se non per puro caso.

Si era ormai fatta sera.
Midorikawa, non riuscendo a rimanere dentro casa, si era fatto una passeggiata nei paraggi, per poi fare una pausa in un parco vicino la seconda casa dei Kira.
Fino a pochi giorni prima non poteva permettersi di girare da solo per la città, a causa del pericolo che lui e gli altri, ma soprattutto lui, correvano.
Il cielo era sereno e costellato di stelle, e l'ex-capitano della Gemini Storm, seduto su una panchina, le scrutava assorto.
Nella mente riecheggiavano così tanti pensieri che ormai non sapeva più a quale dare la precedenza, e non poteva impedirsi di ripensare a tutto quello che era successo in quei giorni.
Sembrava irreale che ora, finalmente, fosse tutto finito.
- Va tutto bene? - si sentì chiedere all'improvviso.
Midorikawa sussultò e si voltò. Hiroto, dietro di lui, gli sorrise e si avvicinò con calma alla panchina per sedersi accanto a lui.
Subito si mise a fissarlo. Nonostante fosse buio, la luce dei lampioni gli permisero di intravedere dei piccoli segni rossi sul labbro inferiore di Ryuuji, prova che il ragazzo dai capelli verdi se lo stava torturando con i denti.
Di fronte allo sguardo interrogativo dell'amico, Kiyama sentì il bisogno di giustificare la sua presenza: - Sono preoccupato. Sembra che tu non stia ancora bene. -
Ryuuji voltò la testa e si mise a fissare il terreno. - Mi dispiace. Tutto questo mi ha scosso molto, e ancora stento a credere che sia tutto finito. -
L'ex-capitano della Genesis gli sorrise e gli diede una piccola pacca sulla schiena.
- È così per tutti. A poco a poco tornerà tutto alla normalità. Ma non hai un bell'aspetto, e temo che tu ci stia ancora male. -
Midorikawa sospirò, quasi rassegnato. - Mi devo ancora abituare a convivere con tutto questo - gli rispose, piegandosi col busto e massaggiandosi la fronte con la punta delle dita. Hiroto lo guardò con apprensione, consapevole che l'amico avrebbe conservato per sempre il senso di colpa dentro il cuore.
- E ancora non riesco a dormire una notte intera senza sognare Minoru e Kyoka - riprese il più piccolo dei due, con la voce che gli tremava. Anche se per loro era una questione chiusa, non riusciva a non ripensare a quanto erano stati disposti a fare quei due gemelli per ottenere la loro vendetta, e quanto era stato odiato i primi tempi.
- Pensavo ci fossi diventato amico - gli disse qualcuno.
Ancora una volta, Midorikawa si voltò all'indietro.
Suzuno e Saginuma si stavano dirigendo verso di loro.
Hiroto sorrise, capendo di non essere l'unico a preoccuparsi per le condizioni di Ryuuji.
Quando furono entrambi arrivati vicino alla panchina, Suzuno si voltò, dando le spalle ai due ex-giocatori della Inazuma Japan, e poggiò la schiena sulla spalliera della panca.
Anche Fuusuke era tornato a vivere con gli altri, trovando finalmente il coraggio di allontanarsi da Nagumo.
L'ex-capitano della Diamond Dust afferrò con entrambe le mani il bordo della spalliera, e alzò lo sguardo verso il cielo.
- Non ha senso avere incubi su di loro - lo rimbeccò, pur sapendo che i sogni erano frutto dell'inconscio, e che era inutile sgridarlo. - Non vedo perché debbano avercela ancora con te. Anche se ci vorrà un po' per dimenticare. -
Midorikawa gli sorrise, e tornò dritto con la schiena, abbassando lo sguardo senza cambiare espressione. - È difficile perdonare gli altri, ma lo è ancor di più perdonare se stessi. Credo sia questo. -
Saginuma, di qualche passo distante da loro, fissò la schiena dell'amico e prese parola: - Non hai più nulla da rimproverarti. Tu li hai salvati, affrontando Kyoka. Se non l'avessi fatto, non solo noi ma anche quei due non sarebbero più qui - gli ricordò, pronunciando quelle parole col tono più comprensivo che riusciva a fare.
Midorikawa si rattristò e iniziò a sfregarsi le dita delle mani le une sulle altre. - Non è solo questo. Mi sento in colpa anche verso di voi. Nagumo, Nemuro, Hiromu... per molti dei nostri fratelli le cose non torneranno più come prima - affermò. Se Minoru avrebbe avuto bisogno di una riabilitazione a causa del potere della pietra, era anche vero che chi era stato ferito da loro o da quel maledetto pallone viola, aveva riportato ferite tali da compromettere per sempre, se non la loro mobilità, la loro carriera da calciatori.
Hiroto comprese cosa l'amico voleva dire e gli posò la mano sulla spalla. - Nemmeno per te. Non hai lesioni fisiche, ma dovrai sopportare ben altro tipo di dolore, e non svanirà mai - gli fece notare. - E hai rischiato veramente la vita, in più di un'occasione. In un certo senso, chi tra di noi è rimasto maggiormente ferito sei proprio tu. Non credi sia abbastanza? -
Ryuuji aprì la bocca, ma inizialmente ciò che uscì fu solo un lungo sospirò.
- Lo so - trovò la forza di rispondere poi.
- Noi siamo qui, ok? Troviamo la forza di andare avanti, tutti insieme - provò rassicurarlo Kiyama.
Midorikawa sospirò ancora, non del tutto convinto.
A quel punto anche Saginuma si avvicinò, a si sedette vicino a lui, dalla parte opposta rispetto Hiroto. Suzuno rimase dov'era, in silenzio.
Ryuuji sapeva di non essere solo e, come aveva detto una volta Reina, quell'esperienza aveva unito tutti loro come famiglia.
Lui aveva ucciso una persona, e questa era una consapevolezza pesante, che mai avrebbe potuto dimenticare. Ma accanto aveva persone che lo comprendevano e lo sostenevano, e questo gli dava perlomeno la speranza di riuscire, un giorno, a convivere con quella colpa e riuscire a vivere quasi serenamente il resto della propria vita.
Chiuse gli occhi. - Grazie - mormorò, con voce stanca.
- È quasi ora di cena - sussurrò dopo qualche minuto Hiroto. - Torniamo a casa. -
Midorikawa annuì e, con lentezza, si alzò. Immediatamente dopo Osamu e Hiroto lo imitarono e tutti e quattro si riavviarono verso casa.
Percorsero un breve tratto, poi Ryuuji si bloccò e osservò ancora il cielo. Strinse le labbra e gli occhi si fecero tristi. - Mi dispiace - sussurrò, come rivolto alle stelle, prima di raggiungere gli altri in silenzio.








Note finali: Oooooh! Finalmente è finita! *__* Non ci credo ancora, mi mancherà questa fiction XD
Come dire... ci ho messo un po', e non so bene se questo capitolo va bene così. Mi sembra troppo lungo, però era necessario concludere tutte le questioni.
È un finale dolce-amaro, ma più dolce che altro. Tra gli innocenti non è morto nessuno, ma volevo sottolineare l’ingiustizia della vita mettendo Minoru in una condizione negativa, proprio lui che alla fine aveva cercato di risolvere tutto.
In realtà volevo fare un 'dieci anni dopo' dove Midorikawa vedeva per caso Minoru e Kyoka, con Minoru ancora sulla sedia a rotelle e notava che almeno le braccia le muoveva, ma per come ho impostato questo capitolo non ci stava per niente bene.
Probabilmente, quindi, davvero non si rincontreranno mai più, ma credo che Minoru e Kyoka riusciranno ad essere felici, e anche Midorikawa, con l'aiuto della sua famiglia.
Il 'mi dispiace' finale, invece, era rivolto a Hiroki. Ho pensato fosse carino finirla così, anche perché non mi veniva in mente nient'altro.
A proposito di Hiroki, non ero certa di inserirlo nel capitolo. Però ho voluto dare spazio anche a lui, alla fine. Volevo anche inserire i genitori biologici dei fratelli, poi ho rinunciato.
E, non so... questo è proprio l'ultimo capitolo, e non so come concludere come si deve le note. XD
Spero sia una long passabilmente decente, ecco.
Fondamentalmente volevo torturare Midorikawa, perché non mi piaceva come si era scusato con gli altri nella terza serie. Ha rischiato davvero, nel canon, di ammazzare qualcuno, cavolo! Però gli voglio bene, quindi non voglio pensare che soffrirà per sempre XD
Ringrazio chi ha letto questa fiction, chi l'ha commentata e chi no. Spero di non aver deluso nessuno, e che vi abbia lasciato qualcosa. Ho avuto momenti no, durante la stesura, e le recensioni mi davano la forza per continuare, quindi grazie davvero.
Odio lasciare le fiction incompiute, e in questo senso ho ancora molto da fare XD Ma almeno questa è andata.
Forse, ad un certo punto, non è più uscita come immaginavo, però ho dato il massimo.
Dunque, quindi ora che fa Kuromi? Continua le fiction incompiute? L’ho detto prima, no?
No.
Ho iniziato un’altra long nel frattempo XD In realtà sono in crisi da mesi su questa nuova storia, ma comunque ci sto lavorando, sfogandomi sclerandoci sopra su Twitter XD
È sempre su Inazuma, è una what if, ci sono ancora i ragazzi del Sun Garden ma dovrebbero apparire anche i ragazzi della Inazuma Japan. E degli OC.
Spero di rivedervi lì :)
Grazie davvero a tutti se sono riuscita a concludere questa long è anche grazie al vostro sostegno.
  
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