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Autore: Silver Shadow    23/05/2014    1 recensioni
Okay questa è la mia seconda fanfiction e io sono tipo "aiuto" (?) La scrivo per tutti gli appassionati di Percy Jackson che è un pezzo della mia vita. E' ambientata fra La maledizione del titano e La battaglia del labirinto, ed è incentrato sul dolore dei ragazzi dopo ciò che è successo in quella vecchia discarica degli dei. In quanto a Percabeth non attiene del tutto alla storia del libro ma a me piaceva così; spero piaccia anche a voi. Chu! >
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Percy Jackson, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La serata fu molto piacevole, tra scherzi e risa con Annabeth, Talia e Tyson e tra un’abbuffata di quelle meraviglie esposte sui tavoli  la cena passò molto in fretta. Troppo in fretta, continuavo a ripetermi, mentre sgombravano il terreno da tavoli e divani per fare spazio per il ballo. Cominciai a pensare che avrei dovuto pensare prima al fatto che non so..
- Ti va di ballare? – mi domandò timidamente Annabeth, stringendo la mia mano nella sua, calda e piccola, guardandomi con un’espressione imbarazzata e implorante. Ecco fatto. Temevo proprio che me lo chiedesse.
- Ehm, Annabeth.. Dovrei dirti una cosa.. – cominciai, pieno di vergogna, sentendo il sangue defluire alle mie guance e dipingerle di rosso, mentre mi grattavo la nuca cercando le parole. Lei, per tutta risposta, mi guardò con un’espressione dolce.
- Lo so che non sai ballare – mi disse solamente, lasciandomi di sasso. Sono inutile.
-
Però a chi importa? Mica è un Gran Ballo di Gala. E’ per divertirci! – cercò di tirarmi su, e ci riuscì. D’altra parte dovevamo inaugurare bene la prima edizione del ballo del campo, no?
Ci trascinammo in pista assieme a Talia e a Tyson, scatenandoci su pezzi dei Green Day o dei 3STM, ballando a caso e ridendo ogni volta che ci muovevamo. Dopo una buona mezz’ora, quando eravamo stanchi e accaldati e i capelli di Talia e Annabeth iniziavano a sciogliersi dalla loro acconciatura, misero un lento. Talia abbandonò definitivamente la pista e Tyson non si sentì bene per il troppo cibo ingerito. Io e Annabeth restammo soli.
- Beh.. Ultimo ballo? – mi chiese lei, sorridendo da un angolo delle labbra.
- Ultimo ballo – le risposi, sorridendo di rimando.
Allacciò le braccia al mio collo e io le avvolsi la vita con le mie. Cominciammo a muoverci lentamente da un lato all’altro, mentre io la guardavo affascinato e lei evitava il più possibile il mio sguardo, visibilmente imbarazzata.
- E’ stata una bella serata – esordii, più per rompere il silenzio. Riuscii a ottenere la sua attenzione e a far si che portasse il suo sguardo nel mio, poco prima di allungarsi e protendersi verso di me, per lasciarmi un bacio a fior di labbra. La mia mente tornò a quel giorno in infermeria, sul letto di Annabeth, e sentii le mie guance diventare ancora più rosse, anche per la rabbia di aver rovinato un momento di quel genere perché non riuscivo ad aprire un gancio. Ammetto che pensare a queste cose mentre avevo Annabeth, splendidamente vestita, proprio fra le mie  braccia, non faceva un gran bene al mio intelletto.
- Vorrei che fossimo soli – sussurrai, con lo sguardo basso, un po’ sperando di non essere sentito, pronunciando quelle parole prima di pentirmene. Vidi con la coda dell’occhio Annabeth sgranare gli occhi e schiudere la bocca in un’espressione di sorpresa e incredulità. Fece per dire qualcosa, ma la canzone finì e il signor D annunciò al microfono che il ballo era finito e potevamo, anzi, dovevamo tornarcene a dormire prima che lui potesse lanciarci non so quale maledizione.
Mi staccai da lei, ancora più in imbarazzo, e fui grato a Tyson quando si proiettò davanti a me, evitandomi di continuare ad ascoltare quel silenzio. Mi stritolò in un abbraccio mozzafiato per poi posarmi le mani sulle spalle con gli occhi lucidi.
- Tyson va, fratello. Papà ha bisogno di Tyson nel palazzo. – mi disse, con la voce rotta da un imminente pianto. Rimasi sorpreso. Non credevo se ne sarebbe andato così presto.
- Okay Tyson, tranquillo. Ci rivediamo presto, e salutami papà – gli sorrisi, posandogli una mano sulla spalla. Ci abbracciammo un’ultima volta, poi lo guardai sparire tra le ombre con la signora O’Leary.
- Torniamo insieme? – mi chiese all’improvviso Annabeth,come se non fosse successo nulla. Annuii, e ci incamminammo.
La passeggiata di ritorno fu molto silenziosa (e buia, dato che erano passate le 11 di sera), e quando arrivammo davanti alla cabina di Atena, Annabeth sembrò esitare.
- Qualcosa non va? – le domandai, un po’ preoccupato, sporgendomi verso di lei che mi dava le spalle, fissando la porta della cabina.
- Non avevi detto che volevi che fossimo soli? – mi rispose lei con un’altra domanda, con un filo di voce. Mi si mozzò il respiro e la mia mano cercò subito la sua, come fosse un riflesso incondizionato. La voltai verso di me e la baciai a lungo, pressando le mie labbra sulle sue. Lei rispose al bacio stringendomi in un abbraccio talmente forte che mi permise di sentire il battito del suo cuore. Quando mi allontanai, le sue guance erano rosse.
- Non mi va di dormire qui stanotte – mi disse solo, accigliata. Io non potevo credere a quello che stava succedendo, ma le presi delicatamente il braccio, portandola con me verso la mia cabina. Il mio cuore batteva all’impazzata e non ero sicuro di cosa stavo facendo. Tutti i miei sensi erano offuscati. Ma perché mi sentivo così? Si trattava solo di dormire insieme per una notte. Lo avevamo fatto tutte le volte che eravamo insieme in un’impresa. Cosa c’era di diverso? Stavo pensando troppo in grande?
Il resto delle domande mi morì in testa quando chiusi la porta della cabina e accesi la luce per vedere meglio. Annabeth si guardò intorno e si sedette sul mio letto, cominciando a frugare nella sua pochette blu. Cercò un po’, infilando il braccio nella borsa fino a metà (un’altra borsa magica, immaginai) e tirò fuori un semplice pigiama grigio che faceva pandan con suoi occhi. Si tolse il maglioncino leggero e lo appoggiò su una sedia, poi mi guardò. Ero rimasto immobile da quando eravamo entrati in cabina, così scrollai la testa e mi avvicinai a lei, un po’ titubante, sedendomi al suo fianco sul letto. La sua mano sfiorò la mia e io intrecciai le mie dita alle sue, riuscendo finalmente a trovare il coraggio di guardarla negli occhi. Lei mi sorrise e, in contemporanea, io mi sporsi verso di lei e lei mi avvicinò a sé tenendomi per la nuca. Fu un bacio lento e languido, durante il quale istintivamente avvicinai il corpo al suo, facendo scorrere le mani lungo la sua schiena. Le sue mani si ancorarono ai miei capelli e sentii il mio autocontrollo abbandonarmi. Le mie dita, intorpidite, raggiunsero la zip del suo vestito e l’abbassarono lentamente, mentre Annabeth rabbrividiva contro il mio corpo. Il vestito scivolò sulla sua pelle fino alla vita, ma io la distesi con cautela sul letto in modo da sfilarlo per intero, lasciandola in intimo. Le sue mani scesero dai capelli al collo alle spalle per poi togliermi la giacca e la cravatta, cominciando a sbottonarmi la camicia mentre io ricominciavo a baciarla. Sentivo il suo respiro sulle labbra gonfie e i suoi gemiti repressi in fondo alla gola mentre mi sfilava finalmente la camicia e mi sbottonava i pantaloni. Giuro che non capivo più nulla. Le mie mani, gentili, continuavano ad esplorare il suo corpo e a tastare la pelle morbida della sua schiena fino ad arrivare al gancio del reggiseno. Ero piuttosto deciso a non litigarci ancora. Cercai di individuare il punto d’attacco e (conquista!) riuscii a sganciarlo. Annabeth si premette contro di me e stavolta,per chiederle il permesso, la guardai. I suoi occhi grigi mi scrutarono per un tempo decisamente troppo lungo e, quando annuì, lasciai uscire il fiato che non mi ero accorto di trattenere. Il suo corpo si scostò dal mio solamente il necessario per sfilarle il reggiseno mentre sentivo la pelle d’oca sulle braccia. Ci liberammo piuttosto in fretta anche del resto e senza prevederlo ci trovammo stesi sul mio letto, ansanti e senza vestiti, desiderosi l’uno dell’altra. Le mie labbra vagarono lungo il suo viso e scesero suo collo dove lasciarono diversi marchi, per fermarsi fra le clavicole, che carezzai lentamente con la lingua. Quando Annabeth affondò le unghie nella mia schiena strappandomi un gemito di dolore non ci vidi assolutamente più. Mi feci strada in lei lentamente, attento a non farle male mentre i suoi mugolii riempivano la stanza crescendo gradualmente d’intensità. Ricoprii il suo corpo col mio e ci abbandonammo totalmente l’uno all’altra, dimenticando il resto del mondo, dimenticando la guerra, le minacce, i pericoli che ancora dovevamo affrontare. Dimenticammo i nemici, i dolori, le lacrime che avrebbero avuto una spalla su cui adagiarsi, finché c’eravamo l’uno per l’altra. Dimenticammo la vita prima di incontrarci e gli ostacoli che avrebbero potuto farci tornare a quella vita grama e triste. C’eravamo solo noi due, e questo bastava. In quel momento, ho sperato con tutto me stesso che sarebbe bastato sempre.
Quando, stanchi e ancora ansimanti, avvinghiati sotto le lenzuola nel buio della notte, i miei occhi incontrarono i suoi, vidi in essi accesa una luce di cui prima di allora erano sempre stati privi. E mi resi conto che non volevo che quel luccichio l’abbandonasse.
- I tuoi occhi.. – sussurrai, sfiorando le mie labbra con le sue.
- Cosa? – mi chiese con voce roca, aggrottando le sopracciglia in un’espressione squisita.
- Brillano. Voglio salvare la loro luce. – le dissi solamente, e dopo un ultimo bacio, Morfeo ci accolse fra le sue braccia.
  
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