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Autore: kiku_san    01/08/2008    7 recensioni
E se Murtagh non fosse fuggito dal palazzo di Galbatorix, ma fosse cresciuto alla sua corte tra intrighi e giochi di potere, fino a diventare Cavaliere e a giurargli fedeltà di sua spontanea volontà..E se Brom e Ajihad non fossero morti ...E se L'Imperatore considerasse Nasuada una pedina essenziale per la vittoria contro i Varden...Un NasuadaxMurtagh che inizia con un inganno e si sviluppa tra odio e violenza, in un gioco crudele e perverso nel quale i ruoli di vittima e carnefice non sono così scontati.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Murtagh, Nasuada
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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ULTIMO CAPITOLO ( I SALUTI A DOPO )

LA GUARIGIONE

1. Le due figure entrarono cautamente in una stanza accanto alle stalle, il tremolio di una lanterna, tenuta da Nasuada, li accolse. La ragazza si avvicinò all’alta figura.
“Eragon, Tornac, finalmente! Stendilo qua sopra, Tornac” indicò un giaciglio di fortuna, “delicatamente mi raccomando.”
Una donna si staccò dall’ombra e si accostò a Murtagh.
Gli tagliò la tunica lacerata e incrostata di sangue e cominciò ad esaminarlo attentamente, toccandolo con mani esperte. Murtagh sembrava morto, solo un respiro corto e flebile stava a dimostrare che in lui c’era ancora un alito di vita.
“Allora Angela?” chiese Nasuada con apprensione.
La donna scosse la testa: “Mi dispiace io non posso fare nulla, ha delle lesioni interne che io non posso curare, mi spiace ma fra breve morirà.”
Nasuada trattenne un singhiozzo, si avvicinò a Eragon che stava accanto alla porta, sorvegliando che nessuno si avvicinasse.
“Eragon, hai sentito?”
“Sì, te l’avevo detto che sarebbe stato inutile, è già tanto se è ancora vivo”
“Eragon tu puoi guarirlo”
Il giovane posò il suo sguardo limpido sulla ragazza scuotendo la testa.
“Non erano questi i patti, ti ho promesso che ti avrei aiutata a staccarlo da quella palizzata, non puoi chiedermi nient’altro”
“Eragon tu hai il potere di curarlo, lo puoi salvare”
“Io non voglio salvarlo”
“E’ tuo fratello” mormorò Nasuada.
Eragon si rabbuiò e allontanò il suo sguardo da lei.
“Non devi ricordarmelo, lui non è mio fratello, Roran è mio fratello, lui è un nemico, il mio peggior nemico con Galbatorix”
“Non puoi fare finta che non sia vero, lui è tuo fratello, non puoi lasciarlo morire”
Eragon scosse violentemente il capo.
“Ho fatto già abbastanza per lui”
“Eragon sei in debito con Murtagh” la voce di Saphira gli giunse da poco lontano.
“Che stai dicendo?”
“Lui ci ha lasciato liberi, quando ci ha sconfitti nella battaglia delle Pianure Ardenti e con il suo aiuto hai potuto sconfiggere Durza”
“Dovrei salvarlo?”
“Fai solo quello che ti ha chiesto Nasuada e lascia che sia il destino poi a decidere la sua sorte”
“Va bene, non voglio che muoia pensando che gli sia debitore”

“D’accordo ci proverò” disse rivolgendosi a Nasuada.
Si accostò a Murtagh e mise le mani sul suo corpo, rimase così per più di un’ora. Alla fine si ritrasse pallido e sudato, al limite delle forze.
“Sono riuscito a bloccare le emorragie interne e a sanarne le lesioni. Ho fatto tutto quello che potevo, ora non chiedermi altro, non so se riuscirà a sopravvivere, ma non è più affar mio”
Nasuada lo abbracciò stretto.
“Ti ringrazio Eragon, sarò sempre in obbligo con te”
“No, l’ho fatto perché io ero in debito con Murtagh, con questo ho saldato il mio conto, fa che non lo ritrovi più sul mio cammino”
Così dicendo uscì dalla stanza.
“Dobbiamo caricarlo sul carro e uscire dalla città”
A queste parole Tornac si accostò al giovane e lo adagiò con cautela su di un carro, nascondendolo poi tra sacchi di provvigioni.
Angela salì a cassetta prendendo le redini.
“Aprimi le porte Tornac” disse all’uomo, “e tu non sperare troppo, non ti garantisco nulla, non possiedo le arti magiche, sono solo una guaritrice, farò quello che posso” concluse rivolgendosi a Nasuada.
Il carro uscì nell’oscurità prendendo una strada che conduceva alla porta est di Aberon, quella meno sorvegliata.


2. La prima cosa fu un rumore leggero, ma continuo. Aprire gli occhi gli costò uno sforzo di volontà enorme, le palpebre sembravano piombo e non volevano saperne di alzarsi. Rinunciò al tentativo e rimase in ascolto: il rumore era simile allo scorrere di un torrente. Si accorse di essere sdraiato, la testa appoggiata ad un cuscino. Era morto? I pensieri faticavano a costruirsi nella sua testa. Solo l’udito e il tatto sembravano fornirgli qualche indicazione. Al rumore di fondo, si sovrappose ad un tratto una voce di donna, che canticchiava una canzone. Cercò di muovere il proprio corpo, ma un dolore improvviso al torace lo fermò. Senza accorgersene risprofondò nell’incoscienza. Fu solo molto più tardi che un nuovo rumore lo fece sussultare. Il tempo non aveva senso, si sentiva galleggiare in un eterno nulla. Un cavallo si stava avvicinando. Due o tre voci lontane si mescolarono, erano sommesse, solo bisbigli. Ad un tratto, il rumore di una tenda che veniva scostata e una luce che lo colpì e fece baluginare di scintille rosse il buio che invadeva la sua vista, lo fecero trasalire.
Avvertiva una presenza accanto a sé, si sforzò di nuovo di aprire gli occhi. Le palpebre risposero ai suoi comandi e si sollevarono, anche se a fatica. La luce lo abbagliò, poi lentamente le cose intorno a lui acquistarono una forma. La prima cosa che mise a fuoco fu il viso di una donna: un viso tondo, incorniciato da una matassa di ricci scuri. Sullo sfondo una porta aperta, da cui entrava la luce.
La donna gli sorrise bonariamente e senza timore.
“Bene, alla fine ti sei svegliato. Ce ne hai messo di tempo, ormai pensavo che non ce l’avresti fatta. Sarebbe stato un peccato dopo tutto il tempo e l’energia che ci ho messo.”
Murtagh voleva dire qualcosa, ma le parole non ne volevano sapere di uscire e i pensieri di acquistare un senso compiuto .
“Mi chiamo Angela” disse la donna chinandosi su di lui e mettendogli il palmo della mano sulla fronte. Era tiepida e morbida.
“Non hai più la febbre, questa è una bella notizia. Ti senti debole vero?”
Murtagh non potè far altro che guardarla.
“Il peggio è passato. Ti porto qualcosa da bere”
Scomparve dalla sua vista e Murtagh si guardò cautamente in giro.
Era disteso su di un lettino. C’era una tenda tirata a lato, che separava il letto dal resto della stanza. Le pareti erano di legno, probabilmente era una casa di povera gente. Dalla porta aperta e da una finestra entrava una luce che, se all’inizio gli era sembrata accecante, ora gli appariva morbida. Angela ritornò con una scodella. Il profumo invitante gli solleticò le narici. Si accorse in quel momento di avere sete e fame.
Guardò se stesso: era coperto da un lenzuolo di tela grossa. Non sentiva il suo corpo, come se non esistesse. Cominciò ad avere paura. Cercò di schiarirsi la voce.
Angela prese un secondo cuscino e glielo sistemò dietro alla spalle, facendo scivolare il lenzuolo fino a metà del torace di Murtagh, che era fasciato con bende strette. Ora capiva perché aveva la sensazione che quasi gli mancasse il respiro.
La donna si sedette accanto a lui, su uno sgabello e gli porse un cucchiaio di brodo. Murtagh tenne la bocca chiusa.
“Avanti, avrai sete,questo brodo è caldo e nutriente. Ti darà energia. Forse domani potrai magiare qualcosa, vedremo. Ma ora apri la bocca e non fare troppe storie.”
Aprì le labbra secche e il brodo gli scorse lungo l’esofago fin nello stomaco, tiepido e saporito. Finì il contenuto della scodella. Angela gli tolse il cuscino e gli alzò il lenzuolo, fino a coprirgli le spalle.
“Ora riposa” disse mentre spariva dietro alla tenda, che tirò completamente.
La terza volta che aprì gli occhi, si sentì subito meglio. Mosse le braccia e riuscì ad abbassare il lenzuolo che lo copriva. Il torace e le mani erano fasciate. Alzando un po’ la testa, si accorse di essere nudo e che anche i piedi erano bendati. Per il resto il suo corpo era segnato dappertutto da lividi, graffi, ferite superficiali e alcune più profonde, che erano state ricucite. Si ricoprì, anche il suo cervello si stava rimettendo al lavoro e la memoria gli offrì i suoi ultimi ricordi: inchiodato allo steccato.
Come aveva fatto ad arrivare lì? Chi era Angela? Galbatorix lo aveva liberato? Un sorriso cinico e tirato gli sfiorò le labbra. Galbatorix aveva sicuramente meglio da fare che liberarlo.
Un rumore di passi lo mise in guardia. Dalla tenda sbucò il volto di Angela.
“Allora mi sembra che stai meglio oggi”
Murtagh riuscì a far funzionare le corde vocali.
“ Sì “ disse in un soffio, “puoi spiegarmi cosa ci faccio qui?” cercò di dare alla sua voce un tono sicuro e feroce, ma i risultati non furono incoraggianti.
Angela sorrise: “Non ti sforzare di farmi paura, è tempo sprecato ragazzino”
Ragazzino? Come osava chiamarlo in quel modo. Come osava farsi beffe di lui.
Aveva tra le mani una ciotola.
“Avanti ti aiuto a sollevarti”
Le sue mani erano forti ed esperte. Lo sollevò e come la volta precedente lo imboccò: era una zuppa dolce che Murtagh ingoiò con avidità.
“Mi sembra che tu abbia appetito, è buon segno”
“Rispondi alla mia domanda” replicò lui testardo.
Angela sbuffò: “ Mentre ti cambio la fasciatura, odio perdere tempo in chiacchere”
Prese bende pulite e un unguento dall’odore acuto. Cominciò a sfasciargli la mano destra. Quando la benda fu tolta, Murtagh vide il buco lasciato dal chiodo, che lentamente stava cicatrizzandosi.
Angela con tocchi rapidi spalmò la ferita e si apprestò a rifasciarla con le bende pulite.
“Sei a poche miglia da Aberon, nella foresta dei Sempreverdi. Io sono una guaritrice. Sei qui più o meno da dieci giorni. Ancora qualche curiosità?”
I suoi occhi ridevano divertiti. Murtagh si sentì in imbarazzo sotto quello sguardo.
“Sai chi sono?” disse debolmente.
“Certo che lo so”
“Chi mi ha portato da te?”
“ Alcune persone”
“Chi?” la voce vivrò d’ansia.
“Lo saprai, ma non ora”
“Avrei dovuto essere morto, mi cercheranno”
“Ajihad ha dichiarato la tua morte per tenere buona la popolazione, ma sa che non è vero e ti cerca”
“Non sono al sicuro così vicino ad Aberon”
“ Se vuoi nascondere un albero nascondilo in un bosco, nessuno ti cercherà qui”
“Devi dirmi chi mi ha aiutato” un movimento brusco gli strappò un gemito di dolore.
“Ora basta, ho parlato anche troppo. Stai tranquillo altrimenti ti tornerà la febbre e tutta la mia fatica andrebbe sprecata. Sarebbe seccante non trovi. Hai tre costole rotte, ci vorrà del tempo prima che si sistemino”
“Che ne è di Castigo?” la voce di Murtagh tremò.
“Castigo? Chi è?”
“Il mio drago”
“Non so nulla di draghi”
Murtagh strinse i denti e ricacciò indietro le lacrime, che sentiva pungergli negli occhi.
I giorni seguenti cercò di porre altre domande ad Angela, ma si trovò di fronte un muro impenetrabile.
Fu forse dopo un'altra settimana passata a letto, che Angela gli diede il permesso di alzarsi. Murtagh lo fece con molta cautela. In posizione eretta gli girava la testa e dovette appoggiarsi ad un bastone. Fece qualche passo aiutato da Angela, fino a raggiungere l’uscita. Fuori l’aria era fresca, non lontano un torrente scorreva, occhieggiando tra le piante che diventavano più fitte. Stava riacquistando le forze ma lentamente, avrebbe potuto accelerare il processo di guarigione facendo uso della magia, ma non riusciva ad utilizzarla. Era come se il suo uso non gli fosse mai appartenuto. Non ricordava neppure le parole più semplici, non era in grado di esercitare neppure il più elementare potere: leggere nella mente, percepire oltre i sensi, divinare, curare, usare la forza mentale come un’arma.
“Voglio sapere cosa succederà quando sarò guarito” a mano a mano che stava meglio la sua freddezza e la sua protervia stavano tornando a galla, ma Angela non sembrava preoccuparsene.
“Non lo so, non dipende da me, non so neppure se ti avrei curato” sbuffò.
“E cosa avresti fatto?” sogghignò con astio Murtagh.
“Ti avrei lasciato morire? Può darsi, tu che dici?”
“ Dico che tu non sai con chi stai parlando, io sono un Cavaliere”
“Eh no” la voce di Angela si alzò di tono stizzita, “tu non sei più nulla Murtagh. Non hai più l’arte magica, non hai più una spada, non hai più un maestro….non hai più un drago. Non sei più niente. Questo è importante che tu lo tenga ben presente d’ora in poi.”
“Come fai a saperlo, hai detto che non sai nulla di draghi”
“Non so nulla di draghi, ma so un sacco di cose su di te. So che hai un’anima oscura che ti occupa quasi interamente, so che c’è una piccola luce in tutto quel buio, so che dipenderà da te alimentarla o farla spegnere per sempre”
Murtagh chinò la testa e rimase in silenzio.
Angela gli si avvicinò e fece il gesto di toccargli una spalla. Murtagh alzò la testa di scatto e le afferrò il polso con forza, nonostante la mano ferita.
Angela ebbe un moto di sorpresa, poi si divincolò.
“Sei come una bestia ferita e spaventata, morsichi ogni mano che vedi, senza distinguere quale ti vuole fare del male e quale accarezzare” scosse la testa, “penso che tu sia irrecuperabile. I cani idrofobi devono essere uccisi, non c’è nessuna cura”
Stava per allontanarsi, quando un rumore di zoccoli la fece fermare, anche Murtagh alzò la testa fremendo. Una figura minuta si fece strada tra gli alberi. Era Nasuada, non poteva sbagliarsi. Angela le andò incontro.
“Eccolo, è lì” le disse accennando col capo in direzione di Murtagh, che intanto si era alzato faticosamente in piedi, “stai attenta, morde” aggiunse poi, “lo preferivo prima, quando era troppo debole per parlare”
Nasuada gli si avvicinò. Lui era di fronte a lei, pallido e magro, ma vivo. L’istinto l’avrebbe portata a cercare rifugio nelle sue braccia, a stringerlo forte, ad accarezzare i suoi capelli e a baciarlo di nuovo, ma invece gli si avvicinò con cautela.
“ Sei stata tu a liberarmi?” chiese sorpreso lui.
“ Ho pregato Eragon di aiutarmi a farlo”
“Eragon?”
“Sì, con lui c’era anche Tornac”
“Non è morto?”
“No è stato fatto prigioniero in battaglia, ora è al mio servizio. Ti abbiamo liberato e portato da Angela. Pensavamo che non ce la facessi. E’ un miracolo che tu sia vivo”
“Tuo padre lo sa?”
“No, naturalmente e neppure Brom, anche se sicuramente sospettano qualcosa, venendo qui sono stata seguita, ma ho fatto perdere le mie tracce”
“Perché Eragon ha accettato di aiutarmi?”
“E’ mio amico e aveva un debito con te” disse semplicemente Nasuada.
“Che ne è di Galbatorix?”
“Dopo la sconfitta è fuggito con Shruikan e delle armate scelte, Brom ed Eragon sono partiti alla sua ricerca, ma sembra scoomparso”
“Che ne è di Castigo, è ancora vivo?”
“Sì, i nostri guaritori sono riusciti a curarlo, lui però non voleva più vivere, pensava che tu fossi morto, non ti sentiva più. Ho cercato di parlargli ma è stato inutile, solo l’intervento di Saphira lo ha salvato”
“Saphira? Che c’entra?”
“Lei gli ha parlato, gli ha raccontato di come ti avevamo liberato, che eri vivo.Lui le ha creduto, ha ricominciato a vivere, purtroppo è imprigionato.”
“Tuo padre immagino?”
“Cosa avresti fatto tu al suo posto? Non può permettersi che tu e Castigo vi riuniate.”
“Certo, capisco benissimo. E tu non hai paura che questo possa succedere? Perché mi hai liberato?”
“L’ho fatto perché ti amo” Nasuada arrossì violentemente mentre pronunciava quelle parole. Non avrebbe dovuto scoprirsi così, porsi inerme e senza difese, ma la frase le uscì d’impeto, prima che potesse bloccarla.
Murtagh con un gesto di imbarazzo fece per aprire la bocca.
“No” Nasuada si avvicinò e gli posò una mano sulle labbra.
A quel contatto lui sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Un profumo sottile e fragrante gli solleticò le narici, avvertiva il corpo di Nasuada accanto al suo e la sua vicinanza all’improvviso rianimò quella scintilla di luce che in quelle settimane aveva seppellito nell’oscurità e in batter d’occhio la trasformò in una fiamma calda che lo riempì, scacciando il buio e il freddo.
Quando la mano di lei fece per staccarsi dalle sue labbra, la fermò prendendola delicatamente tra le sue.
La fiamma non scaldava più ma bruciava, divampava con forza e potenza. Nonostante il desiderio si facesse impellente rimase fermo, non sapendo cosa fare.
Che idiota. Sembrava assurdo ma era la verità. Aveva avuto così tante donne da averne perso il conto, ma ora non sapeva come comportarsi con lei. Temeva di compiere anche solo un gesto che potesse ferirla o spaventarla o ricordarle in realtà chi fosse lui.
“Cos’hai?” la voce di lei era tenera, ma incerta.
“Tu non sai cosa stai facendo” si costrinse a dire Murtagh.
A dire il vero quelle parole forse si adattavano meglio a lui: non sapeva veramente cosa stava capitandogli. Aveva sperato che quelle sensazioni strane che l’avevano sorpreso a Uru’baen, fossero passeggere. Aveva sperato che rivederla gli sarebbe stato indifferente, aveva sperato di non dover sentirsi più come si sentiva in quel momento: confuso, smarrito, incerto.
Il fuoco che ardeva dentro di lui era amore? Il cuore che batteva , il calore in tutto il corpo, la testa che non voleva più ragionare ma che era stranamente leggera, il respiro corto, la paura che lei solamente andandosene avrebbe fatto calare di nuovo su di lui il gelo e il buio: tutto ciò era amore?
“Dimmelo tu” replicò lei.
Cercò le parole, la voce faceva fatica ad uscire.
“Da quando ti conosco i miei pensieri che prima mi sembravano grandi, mi sembrano abbietti. Vedo chiaramente come sono: so cos’è il male, ho mentito, rubato, ucciso, ingannato, sono stato preda di ira, lussuria, desideri che non oso neppure confessarti. Sono stato avido, crudele, infido, malvagio. Ho convissuto con infamia, odi, meschinità. Le mie parole sono state pericolose e mortali per molti. Non ho mai badato a cautele o minacce di castighi.Tutti mi hanno rinnegato e li ringrazio perché sono più forte di quanto lo sarei se mi avessero accettato. Tu sai tutto ciò eppure dici di amarmi, ma io non so neppure cosa significhi”
“Lascia allora che te lo insegni” sussurrò Nasuada avvicinandosi di più.
I due corpi si toccarono, le labbra di lei si posarono sulle sue. Murtagh ricambiò il tenero bacio, ma poi cercò di nuovo le sue labbra e la sua bocca per un bacio più intenso che Nasuada ricambiò. In quel momento il mondo scomparve, c’era solo lei tra le sue braccia. Non c’era dolore, paura, diffidenza, solo una sensazione di completezza, di benessere che non aveva mai sperimentato. Toccò i capelli di lei, setosi tra le sue dita, sfiorò il suo viso e il suo collo. Sentì il corpo di lei contro il suo e desiderò che quel momento non finisse mai. Lei lo stringeva con tenerezza e rispondeva alle sue carezze con gioiosa arrendevolezza.
Quando si staccò, lei sussurrò: “Mi ami anche tu, non mi sbagliavo”
Murtagh cercò di riprendere il controllo della situazione.
“Sto impazzendo, solo così si spiega ciò che mi sta capitando. Nasuada io dovrei essere morto e probabilmente fra poco lo sarò. Tu sei la figlia del nuovo re di Alagaesia, io un nemico del popolo da eliminare. Non c’è nulla che ci leghi. Tu sai come sono, io non sono cambiato, anche se quello che provo per te è amore, quello che provo per il resto del mondo è lo stesso disprezzo e la stessa diffidenza di prima”
“Io vedo in te ciò che tu non sai di possedere. Sei stato schiavo della violenza e dell’egoismo del mondo che ti ha circondato finora. C’è un mondo diverso che tu non conosci, se vuoi ti aiuterò a scoprirlo”
“ Non mi interessa il mondo, tu sola mi interessi ed è per questo che ti dico di andartene ora, prima che sia io ad impedirtelo”
“Me ne andrò per oggi. Tornerò quando ti sarai ristabilito del tutto e sarà per stare con te”
Murtagh rise.
“Sogni! Non c’è un posto in questo mondo per noi due, te ne rendi conto?”
“Lo inventeremo, tu non sarai più Murtagh figlio di Morzan ne io Nasuada figlia di Ajihad capo dei Varden”
“E cosa potremo essere?”
“Due persone che si amano”
“Io non ho niente da perdere, tu tutto”
“Se perdo te perdo tutto” gli rispose lei accarezzandolo con lo sguardo,“Ora devo lasciarti, guarisci e riprendi le forze e lascia fare a me”
Con un bacio leggero si accomiatò e Murtagh la vide sparire tra gli alberi.
Passarono parecchi giorni da quell’incontro. Murtagh ormai si era ripreso Riusciva a camminare senza l’aiuto del bastone, Angela gli aveva tolto le bende che gli comprimevano il torace e le costole gli davano solo un lieve dolore quando faceva qualche movimento brusco. Sui piedi e sulle mani le cicatrici biancheggiavano indelebili. Con le forze sperava che riapparissero i suoi poteri mentali, ma di quelli neppure l’ombra.
“L’effetto della droga che ti ho somministrato dura per lungo tempo, dovrai aspettare ancora un po’ e poi vedrai che lentamente i tuoi poteri ricompariranno” gli disse un giorno Angela indovinando i suoi pensieri.
“Non ti fidi di me?”
“Direi proprio di no e a ragione”
“Che vuoi dire” chiese lui bellicoso.
“Il fatto che Nasuada ti ami e che forse tu la ricambi non vuol dire che sei diventato una persona diversa, se vuoi avere la mia fiducia dovrai meritarla”
“Non mi importa della tua fiducia, ne faccio anche a meno” rispose lui rabbioso.
“Sentendoti parlare così, mi convinco di aver fatto bene a drogarti, se solo avessi potuto ti avrei cancellato definitivamente i tuoi poteri”
“Non mi servono, sono in grado di sconfiggere ciascuno di voi anche senza bisogno di magia”
“Sei pericoloso” borbottò Angela allontanandosi.
Murtagh rimase da solo sotto alle fronde di un albero: era ora che quella donna l’avesse capito, in questo modo avrebbe smesso di trattarlo come un ragazzo, avrebbe avuto rispetto e timore. Se ne era approfittata per il fatto che lui stesse male e fosse troppo debole per reagire, ma ora era giunto il momento di rimettere a posto le cose. Era stufo di restare in quel posto senza sapere cosa succedeva nel mondo,ma soprattutto era stufo di aspettare che Nasuada tornasse. Le mancava così tanto da esserne spaventato. Non gli era mai mancato qualcuno, non c’era nessuno di indispensabile nella sua vita, nessuno di insostituibile, uno valeva l’altro.
Il desiderio di lei era così pressante da fargli passare in secondo piano qualsiasi altro problema: come avrebbe potuto liberare Castigo? Dove si era rifugiato Galbatorix? Brom ed Eragon erano riusciti a rintracciarlo? Come era cambiata Alagaesia? Che fine avrebbe fatto se i soldati di Ajihad lo avessero trovato? Che futuro poteva sperare di avere?


3. Fu solo qualche giorno dopo, che Nasuada tornò. Era vestita con abiti da viaggio e portava tre cavalli, uno dei quali carico di bisacce.
Appena scesa lo abbracciò senza neppure parlare e lo baciò. Nelle intenzioni di Nasuada doveva essere un bacio di saluto veloce, era venuta per comunicare a Murtagh notizie importanti e che non tolleravano ulteriori perdite di tempo, ma lui rispose a quel bacio in modo così appassionato e senza freni, che lei subito si ritrovò immersa in un fiume di sensazioni così intense da non avere la forza di dominarle. Murtagh la stringeva con forza, poteva sentire le sue braccia muscolose circondarla, le sue mani accarezzarle la schiena, poi le sue dita intrecciarsi nei suoi capelli e risalire seguendo i contorni del suo viso fino a fermarsi lungo il profilo del collo.
Un tossicchiare insistente li ripiombò nella realtà.
Nasuada senza fiato e con le guance arrossate si girò verso Angela.
“Scusate se vi interrompo, odio fare la guastafeste in queste circostanze, ma non c’è molto tempo”
Murtagh si accorse che mentre parlava, gettava occhiate scrutatrici verso il fitto della boscaglia.
“Hai ragione Angela” rispose la ragazza.
“Che succede?” chiese Murtagh, gettando un occhiataccia ad Angela.
“I sospetti di mio padre stanno diventando certezze, temo che entro breve possa scoprire il tuo nascondiglio. Dobbiamo partire immediatamente. Ho portato un cavallo per te, sull’altro c’è è tutto quello che ci può servire nel viaggio. Qui dentro ci sono dei vestiti da viaggio. E’ meglio che ti affretti a cambiarti”
“Partire per dove?”
“Non lo so, per ora dobbiamo allontanarci rapidamente da qui, poi decideremo la direzione”
“ Tuo padre dove si trova?”
“ Fin’ora è rimasto qui Aberon, ospite di Re Orrin, ma fra qualche giorno si sposterà. Ha deciso da fare tappa nelle varie città di Alagaesia per verificare di persona la situazione e poter insediare i nuovi governatori: si fermerà a Melian, Belatona, Dras-leona, Kuasta, Teirm, Gil’ead e finalmente arriverà a Uru’baen. Ci vorranno parecchi mesi e intanto nella capitale già sono iniziati i lavori per abbattere ogni cosa ricordi Galbatorix e ricostruire un nuovo palazzo. Penso che ci convenga uscire dal Surda evitando le strade più battute, potremo costeggiare il lago Tudosten e proseguire in direzione di Uru’baen, girandogli naturalmente al largo e dirigerci verso la Lunga Dorsale, troveremo qualche villaggio in quei luoghi dove non abbiano mai sentito parlare, se non nei racconti, della guerra, di me e di te, lì potremo vivere”
“E’ un lungo viaggio, come potremo sopravvivere?”
“Ho portato con me del denaro, andremo in città solo per procuraci lo stretto indispensabile, per un paio di mesi possiamo contare ancora su un clima mite e quindi potremo dormire nei boschi e cacciare per nutrirci”
“Sei pazza, tu sei la figlia di Ajihad,il nuovo signore di Alagaesia, cosa posso offrirti io: un letto di foglie, cacciagione, freddo e fatica, per poi arrivare a che.. Quale sarà il nostro futuro in questo villaggio di cui parli, cosa potrei fare io?”
“Ci penseremo, non mi importa come vivremo, quello che mi importa è vivere accanto a te”
“Vivremo sempre col terrore che ci scoprano, che mi catturino di nuovo”
“Ci nasconderemo bene”
“Tu non c’entri, non hai fatto nulla per doverti nascondere, dovresti anzi essere acclamata e riverita”
“Ne posso fare anche a meno. Ora basta! Quello che voglio sapere è se tu sei convinto o hai un’alternativa al mio piano”
“Di che alternativa stai parlando?”
“Potresti metterti alla ricerca di Galbatorix e tornare ad essere il suo Cavaliere”
“Non lo farei mai, lui ha tradito la mia fiducia, non gli è mai importato nulla del mio destino, mi ha solo usato”
“Allora tu vuoi partire con me e scomparire dal mondo che finora abbiamo conosciuto?”
“Io voglio restare con te” disse semplicemente Murtagh, “ma non è così facile, non dimenticarti che ho giurato fedeltà all’Imperatore, se dovessimo rincontrarci, non potrei fare altro che tornare a servirlo, anche se è l’ultima cosa che vorrei fare. E poi tu sai del legame che unisce un cavaliere al suo drago, non posso lasciare Castigo imprigionato, devo scoprire dove lo tengono e devo liberarlo, io e lui ci apparteniamo”
“Dobbiamo sperare che Galbatorix venga ucciso, così sarai finalmente libero, per ora cercheremo di scomparire anche per lui. Per tutta Alagaesia tu sei morto, non ti cercherà. So bene del legame tra cavaliere e drago, non dimenticarti che Eragon e Saphira sono legati allo stesso modo, per questo ho scoperto dove tengono Castigo, sarà la nostra prossima tappa” sorrise Nasuada, “ed ora non ci resta che partire. Cambiati, io intanto saluto Angela”
Mentre Murtagh entrava nella capanna, Nasuada si avvicinò ad Angela che seduta poco lontano dall’uscio, stava prelevando alcune erbe da un cesto ai suoi piedi.
“Siamo pronti”
“Spero che tu sappia cosa stai facendo”
“Lo so”
“Murtagh non è cambiato, è sempre lo stesso: la stessa rabbia, lo stesso rancore, la stessa violenza nei confronti del mondo, solo tu ne sei immune, questo lo sai?”
“Lo so, ma cambierà, bisogna dargli tempo”
“Non ne sarei così sicura e se non cambiasse?”
“Lo amerei comunque”
“E’ la risposta che temevo, bene allora buon viaggio”
Nasuada si chinò a baciare leggermente Angela su una guancia.
“Grazie di tutto”
“Cosa sono queste attenzioni? Così mi farai commuovere, comunque sappi che l’ho fatto solo per te”
Murtagh uscì con indosso abiti da viaggio.
“Hai portato delle armi?” chiese a Nasuada.
“Ho la mia spada e due archi e poi ho questa”
Lentamente aprì un telo scuro e pesante, avvolta con cura c’era Zar’roc.
Murtagh tremò a quella vista, non potè resistere e la impugnò, facendola brillare nell’aria .
“Come hai fatto ad averla?”
“Mio padre l’ha conservava nel bottino di guerra, pensavo che per te sarebbe stato importante averla”
Nasuada salì a cavallo.
“Vieni è ora”
Murtagh rimase un attimo soprapensiero, poi si avvicinò a passi lenti ad Angela che continuava a selezionare le sue erbe.
Murtagh la sovrastava con la sua statura, Angela non alzò neppure gli occhi.
“Il ragazzo si schiarì la voce: “Volevo dirti che lo so che non mi puoi soffrire e che se fosse stato per te mi avresti lasciato morire, comunque mi hai salvato la vita e io… dovrei..”
“Dillo e vattene”
“Ti ringrazio” sussurrò Murtagh, poi si allontanò e i due si inoltrarono nella foresta.
Angela li guardò finché scomparvero.
“Forse c’è una piccola speranza” scosse i suoi riccioli e sorrise tra se, rimettendosi al lavoro.
Mentre il sentiero si inoltrava nella foresta, Murtagh fermò nuovamente il cavallo.
“Devi capire bene una cosa Nasuada prima che tutto abbia inizio, ora che sei in tempo a cambiare idea e a tornartene da tuo padre: io ti amo e tu sei più importante della mia vita, ma io non sono un’altra persona, rimango sempre io con il mio passato e con il mio presente. Non mi sento migliorato, ti posso solo promettere che non farò mai nulla che ti possa recare dispiacere. Ma se guardo dentro di me, vedo solo una piccola luce in un mare di oscurità.”
“Vorrà dire che per ora, faremo in modo che questa oscurità ci faccia sentire a casa”



Lo so che questo finale lascia aperte molte questioni:
1. che fine ha fatto Galbatorix,
2. quale sarà il suo piano per riacquistare il potere,
3. che risultato avrà la ricerca di Brom ed Eragon,
4. riuscirà Murtagh a liberare Castigo,
5. quale sarà il futuro di Nasuada e di Murtagh.
Ho deciso di lasciare per ora senza risposta questi dilemmi.
C’è abbastanza materiale per un sequel, che ne dite?


E ora passiamo ai ringraziamenti:
Grazie a chi ha letto, grazie soprattutto a chi ha recensito:egwine, kia_do87, ambretta peperina, Ifigenia.
Un ringraziamento very special a stefy_81 e a bilu_emo per avermi seguito in questa ff con costanza e incoraggiamento.
  
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