Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Shu    01/08/2008    4 recensioni
La luce nera, il cielo bianco.
All'improvviso, è fermo immobile al centro di un mondo al negativo.
I suoi amici continuano a camminare, non si accorgono di niente. E sono contenti lo stesso, scherzano e chiacchierano come pochi minuti prima, quando lui era ancora lì, in mezzo a loro -nello stesso identico modo.
Anche senza di lui.
-ambientata nel cap. 132, è SPOILER per i vol.11 e 12; pur non contenendo grosse anticipazioni, diciamo la storia tratta di tematiche che verranno introdotte solo in questi volumi più avanzati.-
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Himawari Kunogi , Kimihiro Watanuki , Shizuka Dômeki , Yūko Ichihara
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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[La storia è stata concepita per la writing community a tema CLAMP Daisuki, e fa quindi parte della mia raccolta "Aenigma"; ma è stata scritta anche per la sesta sfida di True Colors "Non esistenza", indetta da Crimsontriforce. I prompt erano: per True Colors appunto la non esistenza e un tema simbolico da scegliere tra un set di 15 (il mio è stato "Il labirinto"), per Daisuki invece #13 - "But we breathe, we breathe". Spero di essere riuscita a incastrarli tutti decentemente!
Ringrazio Crimson per aver indetto questo contest così interessante e suggestivo, e per avermi assegnato addirittura il primo posto *___*, e poi Harriet per i suoi indispensabili sproni.
Dedicata alle meravigliose Harriet e Kinnara... che mi hanno fatto sognare, per un giorno, di essere caduta dentro a "xxxHOLiC"... guardate e ammirate!]  

 

 

 

Non gli è mai piaciuto molto l’inverno. No, cioè, in realtà non è che non gli piaccia: è bella la neve, il silenzio, a volte sono belli anche il gelo e la pioggia. Quello che non gli piace è quando escono da scuola, il pomeriggio, e fuori è già buio, i lampioni sono tutti accesi di quell’alone di luce sempre un po’ gialla, opaca dietro la nebbia, e fa un freddo, con la strada appiccicosa e bagnata, e…

E un sacco di altre cose che gli danno fastidio, che gli fanno sveltire i passi verso casa.

Un sacco di altre cose che, stasera, non mancano, ma non è per questo che cammina veloce per la strada, questa volta. E’ distratto da un sorriso, un piccolo sole che ride con i tratti di una ragazza carina, e dolce, che parla parole calde, ringraziamenti e contentezza. E’ per starle al passo che si affretta, e non può fare a meno di sorridere a sua volta: è come un riflesso, la vede piena di gioia e non può fare a meno di essere felice anche lui.

Ed è distratto, anche, a guardarsi ogni tre passi sempre indietro, l’idiota non è nemmeno capace di camminare abbastanza veloce, accidenti a lui. E, ovviamente, figuriamoci, neanche una parola per quel regalo, neanche una parola! Si fosse sprecato mai a ringraziare, quello, non si meritava neanche che… ma voltandosi alle spalle, vede il ragazzo flettere le dita nei guanti nuovi, gli stanno proprio precisi, e se li è messi subito… Sul fondo rassicurante delle chiacchiere dei due, Watanuki si lascia sfuggire un piccolo sospiro. Qualche volta, è bello anche il freddo. Nel ricordo, ora, la fatica per cucire quei regali è dimenticata: ogni punto di maglia era stato un pensiero d’affetto, lo scegliere i colori rievocare di volta in volta un sorriso, un silenzio, i drappi e i vestiti nelle stanze della maga.

“…non è così, Watanuki-kun?”

Ops, dev’essere stato per un attimo soprappensiero. Alza gli occhi da terra. “Eh? No, Himawari-chan, è che…”

Alza gli occhi da terra, e non vede più nulla.

E’ tutto buio.

Cos’è successo? Sarà andata via la corrente dall’isolato? Ma così, di botto? Non è che la vista gli sta giocando brutti scherzi di nuovo? Ehi, ma loro…

“Himawari-chan? Doumeki?”

Non rispondono…?

Che cosa sta succedendo? Come mai è tutto buio?

E dove sono, loro?

Sente ancora le loro voci, sì, ma dove sono loro?

Oh, ecco, meno male, li ha visti. Sono più avanti, e lì non è buio, lì è tutto come prima. Chissà come ha fatto, a rimanere indietro, molto strano, ma ora corre a raggiungerli…

No. Un momento. Ma… no, non è possibile… Ci prova di nuovo. Niente. E’ bloccato, inchiodato lì, nel punto in cui si trova.

E loro due vanno avanti, nella luce. Il sottofondo basso della loro conversazione, la risata di lei, l’altro che la guarda e le risponde qualcosa.

Una risposta che lui, troppo lontano, non può sentire.

Una luce che lui, immobile ed esterrefatto, non può raggiungere, perché comincia precisamente appena al di là dei suoi piedi, come se nel mezzo ci fosse un fossato, e lui fosse rimasto sulla riva sbagliata, una riva che il sole non tocca mai. I lampioni spandono luce nera, e in alto, sopra di lui, sopra le case buie si squaderna un cielo tutto bianco, tutto sbagliato.

E’ fermo immobile al centro di un mondo in negativo.

E la netta divisione della luce si allontana sempre di più, seguendo i due ragazzi.

“Hi-Himawari-chan? Doumeki!”

Li chiama, ma loro non sentono. Non si accorgono di niente.

Forse sono troppo presi dai loro discorsi, visto che lei continua a sorridere, e lui ad annuire. Si guardano negli occhi. No, non hanno notato che lui è rimasto indietro, che quel mondo al rovescio lo ha catturato, nessuno si è accorto di niente, non è possibile…

“Ehi! Doumeki!”

Quando mai, quando mai l’arciere non è corso in suo aiuto, quando ne aveva bisogno? Quando mai non si è voltato se lui lo chiamava?

Eppure, ora non lo ha fatto. Continua semplicemente a camminare.

E all’improvviso, tutto d’un tratto si accorge di una cosa.

Le mani, le mani di Doumeki. Non hanno più i guanti.

E anche Himawari-chan non li indossa più. Sulla sua spalla non c’è l’uccellino giallo che lui le ha regalato, per cui hanno speso un pomeriggio a trovare un nome.

Ma i due continuano a camminare, a parlare di chissà che cosa.

E sono contenti lo stesso, scherzano e chiacchierano come pochi minuti prima, quando lui era ancora lì, in mezzo a loro –nello stesso identico modo.

E ora capisce perché può urlare quanto vuole, ma loro non lo sentiranno mai. Capisce perché non si accorgono di lui, il motivo per cui lui non può raggiungere quella luce.

Perché quello laggiù è un mondo nel quale lui, semplicemente, non esiste.

Un altro mondo, anzi, è il solito mondo, nelle sue strade e nei suoi palazzi, quello di sempre, banale –ma come sembra adesso straordinario, acceso di qualcosa di più, in quella luce, ora che non lo può raggiungere! Eppure, è il solito mondo. Esattamente lo stesso.

Anche senza di lui.

Gli precipita addosso il pensiero che il mondo sarebbe lo stesso, senza di lui.

Lui potrebbe non esistere, essere soltanto un sogno, non essere mai nato, e tutto avrebbe funzionato allo stesso modo. Anche senza i suoi regali, anche senza averlo intorno, i suoi amici chiacchierano lo stesso. Stanno bene lo stesso, anche da soli.

Un mondo dove lui non esiste è così semplicemente… possibile. Così terribilmente uguale a se stesso.

Si dice a volte che il mondo sono le persone a cui vogliamo bene, ma eccole lì, due delle persone a cui lui tiene, due pietre d’angolo del suo piccolo mondo, che non riescono nemmeno a vederlo. Che continuano ad esistere, come se nulla fosse, anche se la sua presenza è stata cancellata da un momento all’altro.

Se adesso, in quel preciso istante, l’universo al contrario lo avesse inghiottito per sempre…

Loro si sarebbero voltati?

Perché non hanno fatto una parola, non si sono nemmeno accorti che lui è scomparso?

“Perché...?”

O forse… non è scomparso…

…possibile che non sia…

…che non sia mai… esistito?

La vista gli si annebbia, lui china la testa, sfinito. Si sente svuotato, poco presente, la realtà e le sensazioni ondeggiano incostanti intorno a lui. Le lacrime scompongono le case nere e il cielo bianco davanti ai suoi occhi in un’infinità di frammenti, come schegge di specchi che conservano ognuna un pezzetto diverso di riflesso. Qua resta in piedi un muro, là una porta, laggiù un brandello della strada s’interrompe brusco in un ritaglio abbacinante di cielo. Cammina in un labirinto fatto di frantumi della realtà, senza sapere nemmeno se lui c’è veramente oppure no. Ecco, forse l’improvviso capovolgersi del mondo, poco prima, era per rivelargli questo. Stop, basta, la corsa è finita. Sei pregato di scendere. Scendere da questo mondo.

Se è così, vuol dire che lui non appartiene a quel mondo, a quello vero. Ma, spirito tra gli spiriti, irreale in quel labirinto dell’impossibile, non ha mai fatto altro che percorrere quelle strade di specchi, e aprire ogni tanto qualche porta, scoprendo le vite di una maga, di un tipo taciturno che abita in un tempio, di una ragazza sorridente sempre circondata da un alone di buio. E gli sono piaciute quelle vite, sì, gli si è scaldato il cuore a posare gli occhi su quella bambina dagli occhi grandi, su quella vecchia chiromante, su una signora sola su una panchina del parco, e una fantasmagoria di spiriti, creature, sulle meraviglie di ogni sorta che passano in processione davanti alle porte di quel mondo, alle finestre da cui gli è concesso di affacciarsi. E allora lui, un sogno confinato nell’universo dell’irreale, ha cominciato a sognare: a immaginare di insinuarsi in mezzo a quelle vite, di entrare nel negozio della maga, di essere un ragazzo e frequentare anche lui la scuola dell’arciere e della studentessa carina, di parlare con loro. E camminando infinitamente dentro quel dedalo che è il suo spazio e la sua prigione, si è inventato la sua storia, ha raccontato e continua a raccontare a se stesso la vita che si è costruito, al punto di crederci lui stesso, di cadere nella sua stessa finzione, per la sua troppa bellezza…

… può un sogno sognare a sua volta?

“No.” dice una voce ferma da un punto imprecisato del labirinto.

E le case, gli specchi, la luce nera non esistono più. C’è solo una mano che gli accarezza la guancia.

“Yuuko-san…?”

“Sei svenuto per la strada, al ritorno da scuola. Doumeki-kun e Himawari-chan ti hanno portato qui al negozio.”

Nel panico per l’assurdità di quella visione, l’aveva perso di vista. Quello che ha imparato con fatica ma con immensa gioia. Che ci sono persone che avrebbero sofferto se lui fosse scomparso. E’ una verità semplice, ma lui ci ha messo un po’ a capirla, da quanto è stato sempre abituato a considerarsi solo. Ora non deve dimenticarla mai più.

Sono altre lacrime, è un'altra sera, adesso, un ennesimo sogno o forse un’altra realtà incomprensibile. Ma è la stessa la mano della maga sul suo volto.

“Forse io… non sono un essere umano?”

Perché ha perso tutti quei ricordi? Perché sembra che ci siano persone che non riescono a vederlo? Perché tante cose che non hanno senso, tutte a lui?

Allora magari è vero che lui è soltanto un abitante di quel labirinto, che sta per essere bandito da un mondo in cui ha provato a intromettersi, ma che non gli appartiene?

Un sogno può sognare a sua volta? No, gli aveva risposto la voce della maga dal buio.

“No, niente affatto.” gli dice anche questa volta. Ma ora ha davanti il suo viso, il suo sorriso più dolce. “Sei un essere umano.”

“Ma se tutto… se tutta la mia vita fosse solo un sogno…” insiste lui, piangendo.

“Questo ti farebbe soffrire?”

“Sì.”

“Perché?”

Una verità semplice.

“Perché ci sono persone che sarebbero tristi se io non ci fossi più. E se penso alla loro tristezza…”

“Sei triste anche tu?”

“Sì.”

“E per il semplice fatto che riesci a pensare in questo modo… il futuro sta già cambiando.” La voce non ha una goccia d’esitazione.

Cambiare se stessi significa cambiare il futuro, così gli ha detto, un’altra volta, Yuuko.

E lui, solo al mondo, senza genitori, perseguitato dagli spiriti, considerato strano da tutti… lui che ha sempre pensato che avrebbe percorso la sua esistenza in solitudine, e si era anche abituato a questa idea… ha imparato ad accettare la meraviglia di essere importante per qualcun altro. Di non appartenere più soltanto a se stesso.

E ora le parole misteriose della maga sul futuro, sui sogni e sulla forza dei desideri sembrano dirgli questo. Che può anche darsi che un giorno, o in un’altra vita, in una dimensione parallela forse, lui fosse stato una creatura di quel labirinto dell’inesistente. Un qualcosa in potenza, che non era detto sarebbe mai venuto alla luce. Ma schiudere quelle porte, sporgersi da quelle finestre non è stato inutile. Perché il semplice rimanere incantato davanti a quel vetro, il desiderare con tutte le sue forze di appartenere al mondo di cui si era innamorato… con tutte le sue forze…

“La realtà di cui hai fatto esperienza ti ha reso più forte. E se userai quella forza per continuare a desiderarlo, il sogno si trasformerà in realtà.”

Se anche fosse tutta una costruzione della sua immaginazione…

…affacciato alla finestra dell’impossibile, lui la sta guardando, desiderando con tanta fermezza che la finestra già non esiste più, si scioglie nel mondo del reale…

Non capisce come questo possa essere possibile, si sente confuso e un po’ come ubriaco di tutte quelle ipotesi, ragionamenti e discorsi davvero contorti. Già, non ci ha capito molto, probabilmente. Ma qualcosa di sicuro sì. E anche se non riesce a rendersi bene conto di che cosa si tratti, ha smesso di piangere. E con decisione, con serietà afferra il polso della maga.

Lei che esaudisce i desideri di tutti… non ne ha per sé?

“Yuuko-san… se c’è una cosa, qualsiasi cosa che tu vorresti… se è in mio potere di farla, io… io farò del mio meglio per renderla realtà. Quindi, per favore, dimmelo.”

Ed è un abbraccio, sorprendente perché è il primo che lei gli regala, dolce perché ha il sapore di cose lontane che ha quasi dimenticato. E in quell’abbraccio, sente battere il cuore della maga, il ritmo del respiro di Yuuko. E il suo, ora tranquillo, in pace.

-…niente affatto, sei un essere umano…-

Sotto tutti i rivolgimenti e le stranezze dell’invisibile, i discorsi e i sogni, gli spiriti, le visioni che non riesce a capire, i poteri sconfinati di colei che tiene in equilibrio le dimensioni…

…c’è la cosa più naturale di tutte, ci sono i loro respiri.

Si tengono abbracciati, e respirano, piano.

Una verità semplice.

   

 

 

   
 
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