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Autore: Serpentina    24/05/2014    1 recensioni
Faith Irving è una giovane londinese non tanto normale dalla vita monotona con una grande passione per la musica e amici stravaganti. Tutto cambia quando conosce i fratelli Cartridge ed entra a far parte di una scalmanata band che movimenterà la sua vita più di quanto avrebbe potuto mai immaginare.
Dal capitolo 4:
"- Come sempre la tua sfiducia è commovente!- sospirò Brian, più divertito che offeso o preoccupato- E se invece portassi buone nuove?
- Tsk! Impossibile!- soffiò Faith, con le palpebre quasi completamente chiuse che davano al suo volto un che di serpentesco- Da quando ti ho conosciuto hai sempre fatto parte di eventi della mia vita che vanno dall’imbarazzante al deprimente, quindi…
- Dovresti essere meno diffidente, sai? Avere fiducia nel prossimo allunga la vita- asserì Brian inzuppando un biscotto nella cioccolata di Faith, che lo lasciò fare, limitandosi a fissarlo accigliata, per poi ribattere, perfida - Non se il prossimo sei tu!"
dal capitolo 7:
"Bramosa di vendetta ringhiò tra i denti e sibilò – Quale parte di “non toccare Puffy” non ti è chiara?
Brian, per niente intimidito dall'atteggiamento aggressivo della ragazza, sorrise e rispose tranquillamente – Ci annoiavamo! Tu eri di là con Abigail, ci avevi abbandonati ed... E' successo! Mi è praticamente saltato addosso, F, non ho potuto resistere! Mica è colpa mia se hai pupazzi maniaci omosessuali!
Faith, rossa dalla rabbia, gonfiò le guance e sbraitò – Puffy non è... E' una femmina, idiota!
Oh- esclamò Brian, palesemente divertito dall'ira della brunetta – Questo spiega molte cose- dopodichè, vedendo che Faith non smetteva di fissarlo con espressione truce prese il peluche e lo posò sul comodino, infine asserì serio – Puffy, sono stato bene con te, ma tra noi non può funzionare. Conserva il ricordo dei nostri momenti felici e... Addio-"
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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E’ giunta l’ora. Non dico altro.
Buona lettura!

 
Epilogo

Faith, ringraziando mentalmente chi aveva messo di turno la notte precedente entrambi i suoi genitori, finse di dormire per non costringere Kyle a darle spiegazioni stiracchiate sul perché dovesse sistematicamente andarsene dopo che avevano fatto sesso.
In realtà, ne era parzialmente sollevata: Kyle Riley era decisamente bravo a letto e i suoi addominali (per sua stessa ammissione) parlavano, cantavano e facevano magie, ma aveva un involucro superiore al contenuto. In altri termini… non era quel che si dice “una cima”. Non era innamorata di lui, bensì del suo corpo, e aveva bisogno di sentirsi desiderata: ecco spiegata la loro relazione.
A dire il vero, ogni tanto la sorprendeva con un gesto dolce o una parola carina, ma erano episodi talmente sporadici che li riteneva allucinazioni.
Quella mattina, poi, aveva di meglio a cui pensare: sarebbero usciti i risultati degli esami.
Sfogata la tensione su Puffy, il tenero papero di peluche che le faceva compagnia da tanti anni, fece una doccia veloce, andò in cucina e preparò una colazione luculliana; aveva sempre avuto un rapporto conflittuale col cibo, e non era nuova a digiuni e altre pratiche malsane, ma se c’era un pasto che non avrebbe mai saltato, anche a costo della vita, era la colazione.
Tanto per non restare inattiva mentre lavorava di mascelle, si concesse una sana lettura, resa ancor più soddisfacente dal gusto del proibito: Führer Rose, infatti, vietava tassativamente di leggere a tavola. Forse fu proprio questa la ragione che la spinse a imparare a leggere in tenera età: nulla le procurava maggiore divertimento che piazzare sul tavolo un fumetto o un libro e assistere alla reazione di sua madre. Trasformata in atto di ribellione, la lettura esercitò su di lei un’attrattiva irresistibile.
Si vestì frettolosamente, quasi con frenesia: per evitare una predica di Abigail, al posto dei soliti pantaloni scelse una gonna a ruota, che abbinò a una camicetta a fiori molto poco nel suo stile, ma comoda e fresca, e ballerine del colore dei fiori sulla camicia. Pur non essendo una fashion victim, Faith si sforzava di mostrarsi in pubblico ordinata e con un abbigliamento adatto all’occasione.
Inviò un sms alle sue migliori amiche, Abigail Venter e Bridget McDuff, informandole che si sarebbero incontrate direttamente davanti alla scuola, perchè prima voleva sistemare le foto e i souvenir di Reykjavìk.

Per colpa, o, forse, merito della sbadataggine di Bridget erano finite in Islanda, invece che in Irlanda, come programmato. All’inizio l’imprevisto le era seccato parecchio -già sognava di immortalarsi accanto alla statua di Oscar Wilde, di ammirare con timore reverenziale il Book of Kells e di prendere parte alla baldoria che animava le notti di Temple Bar- poi, però, aveva soppresso la rabbia con calma zen e aveva scoperto che la capitale islandese riservava diverse sorprese; avevano visitato Hallgrìmskirkja, l’edificio più alto d’Islanda, il Museo Nazionale Þjóðminjasafn, dov’erano esposti alcuni manufatti addirittura mitologici, come la statua in bronzo di Thor e una copia in argento del suo famoso martello, la Galleria Listasafn, il caratteristico Museo all’aperto Árbæjarsafn e, su richiesta di Faith, il Museo della medicina Nesstofa, avevano folleggiato (lei e Bridget, Abigail si era limitata a mormorii di disapprovazione) nei locali di Laugavegur, cuore pulsante della vita notturna. Insomma, si erano divertite.
Peccato fosse giunto il momento di tornare alla realtà.
Come previsto Abigail, semplicemente radiosa in un vestitino da bambola con tanto di fiocco posteriore, la accolse con un abbraccio stritolante e uno strilletto gioioso alla vista della gonna, mentre Bridget, stretta in un paio di shorts decisamente troppo “short” e una canotta da meccanico sexy la salutò da lontano, avvinghiata al suo nuovo Buzzurro, ehm, la sua nuova fiamma.
- Meno male che sei arrivata, F!- gnaulò Abigail, tormentandosi le mani. - B sta facendo la stronza, caricandomi di ansia!
- Rilassati, Ab, sono sicura che hai conseguito i voti necessari per ottenere la borsa di studio- la rassicurò l’amica, scoccando un’occhiata di rimprovero a Bridget, che rispose con una scrollata di spalle.
Il torrente di dubbi e preghiere a ogni divinità nota di Abigail si interruppe soltanto quando, fattesi largo tra la calca di studenti, si trovarono davanti al tabellone con i risultati del C.A.S.E.
- Sapevo che saresti stata la migliore, F- chiocciò la Venter, più bendisposta verso la bravura di Faith, ora che aveva appurato di avere la seconda migliore media dell’anno, pari merito con Bridget.
Le tre amiche, liquidato il nuovo Buzzurro di Bridget, festeggiarono con un gelato e una passeggiata sul lungofiume. Se prima Faith era contenta e tranquilla, dopo quella conversazione venne travolta dall’ansia: non avevano fatto che discutere di futuro e altri argomenti che lei aveva relegato agli angoli più reconditi del proprio cervello. Ben presto, la soddisfazione per aver felicemente concluso il liceo venne sostituita dal terrore per un futuro troppo prossimo per i suoi gusti. Persino Vince Bull, lo sfigato dal cervello più piccolo di un uovo di colibrì, aveva dei progetti, e lei, la prima della classe, no.
Salutate le amiche, ancora preda di un inguaribile nervosismo, Faith decise di recarsi di persona a comunicare la lieta novella ai genitori. Prese la metropolitana, scese a Queen’s Park, attraversò la strada e si diresse con la consueta andatura basculante (sua madre le ripeteva che camminava come se poggiasse sempre i nudi sulla sabbia) al Queen Victoria Hospital, comunemente noto col nome di Queen’s.
Chiese di sua madre e suo padre, quindi, dato che entrambi erano impegnati, pensò di aspettarli al bar; mal sopportava il caldo, e quel giugno sembrava voler fare concorrenza ad agosto.
Stava tergendosi il sudore dalla fronte mentre era in fila per la cassa, quando una voce femminile commentò - Perdona l’impertinenza, tesoro, ma dovresti evitare capi bianchi, se sai di sudare tanto.
Faith si voltò, trovandosi davanti una biondona col camice di età indefinita: le rughette sul collo e ai lati degli occhi la collocavano sulla cinquantina, ma il resto del viso e il decolleté facevano scendere di parecchio l’età presunta.
Sorrise e rispose - E’ fortunata, sono una di quelle persone che considerano l’impertinenza una forma di sincerità.
- Bene- replicò sbrigativamente l’altra, spettinandosi ad arte la folta chioma, libera dalla costrizione di un vistoso fermaglio a forma di pavone. –Sei una paziente? No, sei troppo sana… sei una studentessa?
- In questo momento, in verità, non sono niente- sospirò mestamente Faith. - Ho appena terminato le superiori e… beh… non ho la più pallida idea di cosa fare della mia vita.
La donna, Astrid Eriksson, le rivolse un sorriso bonario: comprendeva i dubbi e le paure della giovane, nonché il meccanismo psicologico che rendeva più facile confidarsi con gli sconosciuti. Si schiarì la voce e asserì - Dì un po’… mai pensato di diventare medico?
- Onestamente… no. Non fa per me.
- Come mai? Paura del sangue?
- Oh, no!- esclamò Faith, agitando le mani. Il cassiere richiamò la sua attenzione, distogliendola momentaneamente dall’interessante conversazione. Prese un muffin al cioccolato e un beverone al tè verde, attese che la bionda ricevesse l’ordinazione e si sedette insieme a lei a un tavolino appartato.
- Tornando a noi- riprese la più anziana. - Ti consiglio di riflettere seriamente sulle mie parole: segui il cervello, il cuore non ti porterà mai da nessuna parte. Per carità, non nego che la scelta della carriera da intraprendere possa includere una piccola percentuale di emozionalità, ma deve essere innanzitutto una scelta di testa.
Faith alzò la testa, incrociando lo sguardo con quello della sconosciuta: i suoi occhi chiari ardevano di determinazione. Capì che quella donna non era tipo da contraddire, e, sorseggiando il tè, si chiese se non avesse ragione.
In quel preciso momento accorse un uomo alto e occhialuto, la cui dentatura bianchissima contrastava magnificamente con il color cioccolato fondente della pelle. Anche lui portava il camice, nella cui tasca si intravedeva una fiala piena di liquido verdastro.
- Astrid, ti prego, vieni subito, o giuro che la prossima autopsia che eseguirò sarà quella di Sullivan!
Astrid si alzò a malincuore, salutò educatamente Faith e si allontanò. La ragazza, sconcertata, addentò voracemente il muffin, gli ingranaggi del cervello in movimento.
“Segui il cervello…”

 
***

Un’altra estate era finita, e un altro autunno stava per tingere dei suoi colori la campagna e le città inglesi.
Faith Irving, però, non riusciva a cogliere la poesia del momento, impegnata com’era a spingere con tutto il suo peso sulla valigia restia a chiudersi.
Il tutto condito da un flusso interminabile di imprecazioni, naturalmente.
- Chiuditi! Cazzo, chiuditi, figlia di una…. AARGH!
- Cucciola, urlare non serve a niente. Fa un bel respiro e, se necessario, disponi il contenuto diversamente- osservò sua madre.
- Mami, credimi, non c’è disposizione che tenga. E’ la valigia delle scarpe, non so se mi spiego- replicò Faith, mettendo a tacere Mrs. Irving, cui era ben nota la passione a tratti ossessiva della figlia per le scarpe: ne aveva più di cinquanta paia, e sognava, un giorno, di possederne, più di Imelda Marcos.
- Faith, cucciola, questa per le scarpe è una vera mania! Una mania costosa, per dipiù- sbottò Rose Irving, ex Miss Taylor, alzando gli occhi al cielo.
- Senti chi parla! Sbaglio, o sei stata tu a dirmi che “siamo ciò che calziamo”?- ribattè Faith, premendo con tutte le sue forze sulla valigia.
Il miracolo avvenne: il rumore della cerniera che si chiudeva annunciò a Mrs. Irving la lieta novella: sua figlia avrebbe smesso di imprecare… almeno fino alla prossima valigia ribelle.
- Non capisco perché debba portarti appresso tanta roba- bofonchiò il dottor Irving a bocca piena, lanciando occhiate preoccupate alla montagna di bagagli della sua “Tartarughina”. - Abbiamo una Ford, non un furgoncino.
- Papino, sei uomo, non puoi capire- sospirò melodrammaticamente Faith, scuotendo il capo.  - Questo è il minimo indispensabile per una ragazza che vuole tutto a portata di mano e sarà troppo occupata a studiare per fare shopping.
- E’ stata una tua scelta, Faith. Io ti avevo sconsigliato di fare Medicina- asserì Mrs. Irving.
- Mami, credimi, se ci ripenso non me ne capacito neanche io, ma ormai la frittata è fatta. E poi sai come la penso...
- Come la pensa Astrid, vorrai dire- la rimbeccò sua madre. - Sapevo sareste andate d’accordo… per questo non te l’ho mai presentata.
- Condivido pienamente il suo pensiero: seguire il cuore non mi porterà da nessuna parte; dopo la sudata laurea devo lavorare, e, da questo punto di vista, sono coperta: finchè esisterà l'umanità esisteranno le malattie, e finchè esisteranno le malattie ci sarà bisogno di qualcuno che le curi.- asserì Faith in tono pratico.
- Per carità, fa come ti pare… del resto, è quello che fai sempre- concluse Rose e se ne andò in cucina.
- Per quel che vale, sono orgoglioso di te, Faith: sei una giovane donna assennata e razionale, e, se lo vorrai, farai grandi cose- disse suo padre, abbracciandola.
Contro ogni legge di natura il padre di Faith, campione di Tetris, riuscì a collocare quasi tutto nel bagagliaio; soltanto un borsone rimase fuori, e venne gettato sul sedile posteriore.
- Allora, Tartarughina, come ti senti? Nervosa? Emozionata?
- Curiosa, più che altro. Non vedo l’ora di fare danni!- esclamò Faith battendo le mani.
- Attenta a non farti sentire, o non vedrai nemmeno un’unghia del piede- replicò Rose.
- Chi se ne frega delle unghie, io voglio vedere le budella!- trillò Faith.
- Sentito, Rose? La ragazza è portata per la chirurgia- sospirò orgoglioso il dottor Irving.
- E' portata per qualunque branca in cui non è necessario essere gentili col prossimo- ribattè Rose, guadagnandosi un'occhiataccia di sua figlia.
I signori Irving aiutarono la figlia a sistemarsi nell’appartamentino, antistante il campus, che avrebbe diviso con altre quattro ragazze. Le coinquiline, Diane Berry, Erin Campbell, Evangeline Ferrey e Helen Gerrard, per la gioia dei suoi genitori (in particolare Führer Rose), si rivelarono essere le classiche brave ragazze inglesi: la rossa e riccia Diane un po’ meno, se ci si lasciava ingannare dal piercing al labbro e dai tatuaggi, ma se si grattava la superficie si scopriva che era un tesoro.
Erano nel bel mezzo di un vivace dibattito sul semestre appena iniziato, quando un telefono squillò: quello di Faith, la quale, convinta fossero i suoi genitori, rispose - Ehi, papino!
- Papino? C'è qualcosa che dovrei sapere?
- Kyle! Quanto sei stupido!- lo rimproverò Faith, mettendo a tacere con un cenno le risatine delle altre. – Piuttosto, sono ore che cerco di chiamarti! Dov'eri?
- Ore? Sono secoli che cerchi di chiamarmi!- si lamentò lui. - Dodici chiamate perse e dieci messaggi... mai pensato di lavorare per l'F.B.I?
- Spiritoso. Ero preoccupata.
- Sono vivo e vegeto, mammina- scherzò Kyle. - Saresti una mammina molto sexy… mi eccita questa cosa… posso chiamarti mamma quando scopiamo?
- Scordatelo, pervertito!
- Avevo il cellulare scarico. Com’è l’appartamento? Ci sono i tralci di edera?
- Che te ne fai dei tralci di edera?- domandò Faith, perplessa.
- Li uso per arrampicarmi ed entrare nella tua stanza di notte- rispose Kyle con semplicità.
- Hai visto troppe volte Romeo e Giulietta. L’appartamento è piccolo, ma confortevole, è al secondo piano della palazzina azzurra di fronte al campus.
- Oh, ma è fantastico! Sto proprio qua davanti. Scendi, su, ci sono anche gli altri!
- Altri?- pigolò Faith, senza ricevere risposta, se non un altro invito a scendere. Corse in strada e baciò Kyle quasi con violenza: non lo vedeva da quando l’aveva portata fuori a cena per festeggiare gli ottimi voti al C.A.S.E. Avevano concluso la serata in bellezza baciandosi a lungo su una panchina vista fiume, prima che quell'odioso Wollestonecraft li interrompesse. Stronzo!
Kyle, che sotto lo strato di romanticismo era un tipo pragmatico, non rinunciò ad una palpatina al suo sedere.
- Non riesci a trattenerti?
- Se ci sei tu... no.
- Suppongo che mi ci dovrò abituare. Allora, sei finito con i tuoi amichetti del liceo?
- Non potevamo sopportare di separarci. Uniti fino alla morte, è il nostro motto- asserì Kyle con sussiego. - Ben ha chiesto a suo padre di fare un po' di pressioni perché ci assegnassero lo stesso appartamento, e così è stato. I fantastici quattro together forever!-
- Quattro?- mormorò Faith, temendo la risposta. - C'è anche...
- Salve, Irving. Chi non muore si rivede.
- Come non detto- sospirò, si girò e aggiunse - Ciao, Wollestonecraft.
- Per favore, non litigate- intervenne Kyle, ponendosi tra i due, che sembravano pronti a uccidere. - Faith, sii ragionevole, Cy è mio amico. E tu, Cy... so che Faith non ti piace, ma non sei tu che te la sbatti.
Cyril si limitò a storcere il naso e replicare - Vedo che sei irremovibile, amico mio. Più che consigliarti caldamente una visita oculistica non so che fare.
- Una visita...? Ma io ti mando al Pronto Soccorso!- ruggì Faith, sferrando calci e pugni, dei quali solo uno andò a segno.
- Adesso basta! Smettetela! Tutti e due!- urlò Kyle.
- E' stato lui/lei a cominciare!- risposero in coro Faith e Cyril.
- Non. Mi. Importa- sibilò Kyle. - Voi due imparerete ad andare d'accordo, dovessi chiudervi a chiave in uno stanzino senza cibo nè acqua!
- Ah, io me la caverei egregiamente: mangiando la Irving potrei sopravvivere almeno tre mesi- ribattè Cyril, indicando con la testa la pancia non proprio piatta e i fianchi generosi di Faith.
- Non se ti faccio fuori per primo- replicò lei, serrando i pugni.
Kyle si battè la fronte con la mano: cosa aveva fatto di male per meritarsi questo?
- Non potete fare finta di non conoscervi? Ripartire da zero? In fondo è quello che stiamo facendo: oggi inizia un nuovo capitolo della nostra vita... qualcosa del genere...
- Non posso crederci: hai veramente prestato attenzione a quel barboso discorso di benvenuto- sibilò Cyril, scuotendo il capo.
- Kyle ha ragione. Sembriamo due bambini dell'asilo nido. Non voglio avere lo stress di doverti evitare per non litigare- asserì Faith, tendendogli la mano. - Questo, o restare solo con me in uno stretto, buio stanzino, Wollestonecraft. Scegli.
Cyril emise un sospiro di rassegnazione, quindi strinse la mano di Faith, e commentò - E' gelata!
- Dovresti sentire i piedi- rispose lei.
- Non ci tengo, grazie- replicò Cyril.
- L'ho detto per fare conversazione, sottospecie di Unno. Le persone civili usano fare conversazione.
- Se è per questo, le persone civili usano anche non chiamarsi l'un l'altro Unno- ribattè Cyril.
Kyle ringhiò, esasperato.
- Mi arrendo: l'unico modo per tappare a entrambi la bocca contemporaneamente sarebbe farvi baciare... e non se ne parla!
Strinse Faith con fare possessivo e rivolse all'amico un'occhiata di avvertimento, cui lui rispose con uno sbadiglio, a significare che l'articolo non lo interessava.
- Vediamo il lato positivo: è uno sprono a laurearci quanto prima, così non ci vedremo più- scherzò (ma non troppo) Faith.
- Ho l'impressione che potrei andare agli antipodi, finirei comunque col trovarti tra i piedi- rispose Cyril.
- Sono qualcuno su cui puoi contare.
- Ti sembrerà incredibile, Irving, ma l'ho sempre pensato.
Soltanto allora Faith si rese conto di stare ancora stringendo la mano di Cyril.
Era morbida e calda.

 
FINE

Note dell’autrice:
*Tira fuori i fazzoletti*
Mi sto commovendo, davvero. Questa storia è una mia creatura, e mettere la parola fine mi ha emozionata.
Mi sembra giusto chiudere ringraziando tutti i lettori, AryYuna, amica, consigliera e “madrina” di ‘Union Faith’, che senza di lei non sarebbe mai stata pubblicata, chariottina, Cathy Wood, DonnieTZ, Lyssa e Toffee, che l’hanno seguita e bimbic, chiara_centini e ehidudeiloveyou, che la preferivano.
Grazie a tutti!
Ps: se Faith già vi manca, passate a dare un’occhiata a ‘Dr. Irving, M.D.’, non ve ne pentirete! ;-)
Hugs ‘n kisses!
Serpentina
 
 
 
 
 
 
   
 
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