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Autore: Meme__    24/05/2014    1 recensioni
Dalla storia:
“Parla o mio re!” non poteva essere la sua voce. La sua voce melodiosa fece scivolare quelle parole come la più dolce delle poesie. La sua mano era intrecciata a quella di una donna. [...]
Ma il peggio ancora non era ancora arrivato. La mantella che celava il suo volto cominciò a calare indietro. Oramai il suo volto era allo scoperto. Il suo bellissimo volto. Quel volto che popolava i miei pensieri, ancora dopo quattro lunghi anni. I suoi occhi si aprirono in uno scatto. Degli ardenti occhi cremisi mi scrutavano.
~
Bella ed Edward sono sposati da tredici anni.
Dopo la permanenza all'isola Esme viaggiano molto. Girano tutto il sud America, poi passano agli altri continenti: Asia, Oceania; Bella si stupisce di come le persone siano diverse, ma abbiano sempre le stesse costanti, tutti i vampiri che conosce hanno la stessa bontà d'animo dei Cullen; poi vanno in Africa, cominciando dall'Egitto, dove Bella conosce Benjamin che in soli tre mesi diventa come un fratello... ma non tutto il continente gli riserva lo stesso trattamento... cosa succede in Africa? e perchè ora dopo dieci anni dal termine di quel viaggio Bella si ritrova senza Edward? E che fine ha fatto la sua migliore amica?
La mia prima fan-fic pubblicata; passate a dare un'occhiata se vi va;)
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dodici anni dopo.
Capitolo 16
Le Tour Eiffel.


«Starete in albergo anche voi?» chiesi a Carlisle, Siobhan, Benjamin ed Eleazar.
Erano ormai le dieci di sera e avevamo girato in lungo e in largo la città. Non che fossimo stanchi, solo che, come d'abitudine, la notte era fatta per le coccole e per le chiacchierate sottovoce. Noi Cullen, almeno, facevamo così.
«Sì, noi andremo al solito hotel» rispose Ben, mentre gli irlandesi e i canadesi annuivano.
«Noi staremo in una casa appena fuori città. Voi verrete con noi?» chiese gentile Carlisle.
Lucas mi strinse un fianco. Lo guardai e capii che aveva altri progetti.
«Vedremo dove il nostro Cicerone vorrà portarci!» risposi con un'alzata di spalle. «Jazz, vuoi andare con loro?»
«Già vuoi liberarti di me?» fece divertito.
«Neanche per sogno» soffiai sulle sue labbra facendo in modo che solo lui sentisse. Di conseguenza al mio tono, e per la felicità di Carlisle ed Esme, mi stampò un bacio. 
«Perfetto allora buonanotte a tutti!» esclamò.
«Buonanotte.» dissi abbracciando Ben «Grazie per essere qui. Ti voglio bene».
«Grazie, Titì» continuai abbracciando la ragazza.
Abbracciai tutti mormorando ringraziamenti e infine strinsi Emmett mormorando: «Grazie, orso».
«Bellina, ci sarò sempre a proteggerti, ricordalo. Sarò sempre qui per te» mormorò ricambiando il mio abbraccio. Poi mi lasciò stampandomi un bacio in fronte.
«Finito di strapazzare la mia Bella?» borbottò Lucas mentre Esme lo lasciava andare. 
«Cucciolo, abbassa la cresta. È pur sempre la mia Bellina!» controbattè Emmett.
«È mia madre!» fece ovvio il primo.
«Oh, e che cavolo, dovete litigare per ogni singola idiozia? Ora chiedetevi scusa e andiamo che è tardi» ordinai guardandoli con rimprovero.
«Scusa, Emm» sbuffò il ragazzo.
«Scusa, Luke!» esclamò l'altro.
«E brava, la mia Bella» mormorò Jazz abbracciandomi da dietro.
«Lo so, lo so, sono diventata una grande!» mi vantai. Dalle mie spalle partì una pernacchia.
«Scusati immediatamente con me, Ben!»
Questi borbottò un «accidenti!» prima di scusarsi con tono ironico. 
«Perfetto! Prima che mi penta delle mie scelte, andate pure!» mormorai. In pochi secondi fummo circondati dal vuoto.
«Allora, parigino, che facciamo?» chiesi mentre Lucas mi abbracciava.
Jasper si staccò leggermente, girandosi verso la Senna, che scorreva lentamente alle mie spalle. Lasciava nell'aria un leggero fruscio monotono che avrebbe indotto facilmente al sonno delle persone normali. Una ninna nanna dolce e soffusa, fatta di zampilli leggeri e brevi dislivelli, fatta di note profonde e dilungate che risuonavano nella notte francese... Note che portavano alla memoria un'altra ninna nanna, vecchia ma che mi trascinava con sè altri ricordi...
«Cosa c'è, tesoro?» chiese Jazz, sicuramente accortosi del mio stato malinconico. Alzai il capo e mi voltai, posando le mani sulla sua nuca e la testa sul suo petto. 
«Non ti manca mai?» chiesi, cosciente che sapesse a chi mi riferivo. Poi, allo sguardo triste di Lucas mi affrettai a chiarire «Voi siete magnifici, non fraintendetemi, ma c'è sempre la malinconia di una vita non vissuta, di quella vita che tanto ho desiderato, che mi è passata così velocemente tra le mani da non riuscire ad afferrarla. Il rimorso di non essere riuscita a salvarlo, di essere fuggita da lui. Io devo salvarlo, Jazz, glielo devo. Lui mi ha salvata da una vita vuota. Guardatemi, cosa sarei senza di voi? Cosa sarei diventata?» mormorai con un groppo alla gola. «Avrei sposato Mike Newton e avrei passato la vita in quel negozio sportivo. Invece sono a Parigi, con delle persone meravigliose. Glielo devo, devo salvarlo».
«Anche a me manca tanto. Ho passato con lei cinquant'anni. Lei mi ha salvato da un'esistenza che non avrei mai voluto. Lei mi ha aiutato e sostenuto sempre. Anche in quel maledetto tredici settembre.» Sorrisi comprensiva «Glielo devo, devo salvarla.» Sorrise anche lui, ripetendo le mie parole.
«Io non li conoscevo molto, non avevo questo gran rapporto, ma so cosa vuol dire perdere qualcuno di caro e se c'è un modo per non farvi soffrire come ho sofferto io, vi aiuterò! Fosse l'ultima cosa che faccio!» esclamò Lucas, dalle mie spalle. 
Li abbraciai entrambi. «Siete degli angeli. Siete i miei angeli.»
I ragazzi sorrisero e mi baciarono le guancie.
«Ora, finite le smancerie, vi porto nel posto più caratteristico della città!» esclamò Lucas alzandosi e portandomi con sé, stretta al suo petto. Sorrisi, grata. Non ero ancora tipo da dimostrazioni di affetto in ogni dove, ma con quello sfogo volevo fargli capire che il mio non era un colpo di testa: io dovevo salvare Edward. 
Appena riappoggiai i piedi a terra tornai tra le braccia di Jasper. 
«Grazie» mormorai baciandolo. 
«Ci saremo sempre, Bella. Non sei mai sola».
«Okay, okay, ora andiamo!» esclamò Lucas prendendomi sulle spalle. 
Risi forte mentre urlavo: «Forza, destriero, governiamo la notte di questa città!»
Ridendo ci avviammo sotto la torre Eiffel. «Vi sfido. A chi arriva primo sulla piattaforma in alto!» esclamò. «Uno...» Mi lanciò uno sguardo di sfida. «Due...» Il suo piedi si allugò sul basamento di ferro. «Tre!» urlò mentre partiva. Saltava da un ferro all'altro. Una volta capito il movimento mi avviai al suo seguito, con Jasper accanto.
«Sei un baro, Luke! Sei partito prima!» piagnucolai cercando di raggiungerlo. Arrivammo e superammo il piano del ristorante, a quell'ora deserto.
«Sì, certo! Intanto non riesci a raggiunger... Ehi, non è giusto!» Ero salita sulle spalle di Jasper, che era molto più veloce di me. E anhe di Lucas a quanto pareva.
«Sì, certo! Intanto non riesci a raggiungermi!» gli feci eco.
Corremmo fino alla piattaforma che supportava la punta e arrivammo per primi.
«Siamo grandi, Jazz!» Risi dandogli il cinque.
«Puoi dirlo forte!»
«Ehy, non vale! Anche io sulle spalle di Jazz sarei arrivato prima» borbottò Lucas.
Gli feci una linguaccia prima di guardarmi intorno. 
Parigi era ai nostri piedi. 
Vedevo chiaramente tutti i puntini luminosi che rappresentavano i lampioni, gli alberi che costeggiavano i boulevards, il verde di tutti quei parchi che, da quell'insolito punto di vista, diventavano un solo nitido dipinto pieno di sfumature. Era la notte di una città che riposa, la notte dei lavoratori stanchi, la notte degli immortali suonatori di violino. 
Una melodia iniziò a vibrare nell'aria: un giovane stava chiedendo alla sua ragazza di sposarla. Lei piangeva a dirotto mentre lui si inginocchiava ai suoi piedi e faceva una dolce dichiarazione, che suonava ancor più dolce alle mie orecchie in quella strana lingua strascicata.
Quanto avrei desiderato una cosa del genere anche io. Io non avevo avuto una richiesta romantica: avevo avuto un bizzarro compromesso. A pensarci dopo tutti quegli anni, me ne pentivo amaramente. 
Non era stata una cosa arrivata spontaneamente, col tempo, con dolcezza. Era stata una cosa buttata lì, merce di scambio per ottenere l'eternità. Guardava con triste rimpianto i due, se avessi potuto avrei pianto anch'io. 
Non appena la coppia si allontanò, stretta in un dolce abbraccio al chiar di luna, Lucas con un abile salto scese dalla torre e contrattò con uno di quei violinisti in basso. Quando risalì, nascosto dalle ombre della notte, quell'uomo era inginocchiato come davanti una divinità.
Si fermò e iniziò a suonare un valzer, di quelli che si sentivano nei film con le principesse a quei grandi balli in abito da sera.
«Mi concede questo ballo, signora?» chiese Jasper inchinandosi davanti a me e porgendomi la mano. Annuii, con un groppo alla gola. Iniziammo a volteggiare a ritmo dell'archetto del ragazzo. 
Mi strinse forte tra le sue braccia: «Sei importante, Bella. Non dubitarne mai» mormorò mentre poggiavo il capo sulla sua spalla. 
«No, non lo farò. Ma tu... tu mi resti accanto, vero? Resti vicino a me, non te ne vai, non mi abbandoni, vero? Anche se non sono perfetta e non so comportarmi come dovrei, vero?» I miei dubbi salirono a galla e non riuscii a frenare l'ondata di rassicurazioni che chiedevo.
«Ehy, ehy, ehy, calma, ok? Sono con te, sempre. Sarò con te per sempre» mormorò al mio orecchio mentre continuavamo a girare.
Dopo un attimo infinito di quel tempo immortale, senza che me ne accorgessi, ci accostammo a Lucas che si scambiò di posto con Jasper. Neanche una nota di quel valzer si perse nella notte parigina durante quel velocissimo scambio.
«Màmàn,» mi sussurrò «lo sai che ti voglio bene?»
«Te ne voglio anch'io, piccolo» risposi passandogli una mano tra i capelli.
Sbuffò e mi abbracciò più stretta. «Cosa succede, tesoro?»
«È che... okay, mi sento stupido.» Rise. «Màmàn, secondo te... uhm...» tentennò stringendosi di più a me. «Scndtepacciameg?» soffiò talmente veloce che le lettere si accavallarono tra loro formando nuove, sconosciute parole. Dovetti trattenere le risate, mentre gli accarezzavo i soffici capelli sulla nuca. Avevo già capito dove sarebbe finito il discorso. 
«Cos'hai detto, ma petit?» lo presi in giro.
«Secondo te, piaccio a... Maggie?» Sorrisi dolcemente.
«Perché non lo chiedi a lei? Mi hanno detto che dice sempre la verità.»
Luke fece una finta risata. «Davvero divertente, Bella.» Mi dedicò un'occhiata torva. «Devo dirlo a lei?»
«Secondo me sì. In fondo cos'hai da perderci? Magari invitala a cena! Siamo a Parigi una delle città più romantiche al mondo!» Luke annuì.
«Appena tutta questa storia sarà finita lo farò...» Deglutii a disagio, affondando il naso nel suo collo.
«Ti voglio bene, piccolo. Credimi. Non sai quanto vorrei poter spedirvi tutti a casa... a calci dove non batte il sole.» Rise leggermente divertito mentre il suono del violino si affievoliva.
«Non ci riuscirai, ci teniamo a te, ti seguiremmo in capo al mondo» borbottò.
«Esatto, finto biondo!» esclamò Jazz raggiungendoli. «Ora, baldo giovine, che facciamo?»
«Aspettate, riporto questo al signore giù!» In pochi attimi era andato e tornato.
«E ora?» chiese il ragazzo.
«Restiamo qui...» proposi. «È così tranquillo e pacifico.»
«Per me va bene» mormorò Jazz sedendosi sul bordo della piattaforma. Lo seguii poco dopo con Lucas, sedendomi alla sua destra con il ragazzo accanto.
E, aspettammo l'alba, stretti sulla Tour Eiffel.


____________________________
Non è un miraggio, sono davvero tornata.
Oddio, tornata, non vi prometto niente, se mi conoscete da un po' saprete già che non riesco ad essere puntuale. In questi due anni (due anni?!) ho lavorato, ho scritto varie altre storie, ma questa, la mia prima vera fan fiction, mi è rimasta sempre nel cuore e, se c'è ancora qualche animuccia interessata a leggere il finale... be', presto sarà qui.
Quindi, fatevi sentire, altrimenti è del tutto inutile. Grazie del supporto dimostrato, soprattutto a Chocolate
 (che nel frattempo è diventata Joan Douglas) e a Jess Chan .
A presto, spero. Memè 

 

   
 
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