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Autore: Lunarys    24/05/2014    5 recensioni
[ Le strade erano relativamente sgombre. A pochi minuti dal pronto soccorso Max sentì la ragazza sussultare e tossire. Fermatosi ad un semaforo si girò a guardarla di nuovo. Era anche bella, notò. Quasi conscia del fatto che la stesse guardando la ragazza si mosse e mugugnò qualcosa che a Max sembrò un nome. ]
[ Aveva l'impressione che il tempo fosse solo una cella creata dall'uomo stesso. ]
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oltre le porte
1. Cercatore 

 
Tra tutti i lavori che gli erano stati offerti dall'ufficio di collocazione dove era stato mandato dall'assistente sociale alla fine del suo periodo di servizio estivo, quello di tassista gli era sembrato il più facile. Ma Max si era ricreduto il suo primo giorno di lavoro. New York non aspettava, e tantomeno i suoi abitanti stressati. Aveva l'impressione che il tempo fosse solo una cella creata dall'uomo stesso, soprattutto ora che era stato buttato fuori di casa e abitava da solo in uno squallido motel. Era passata da lungo la mezzanotte e con il taxi giallo numero 235 stazionava in un sottopassaggio scarsamente illuminato di Brooklyn ad aspettare che il suo turno si concludesse, sperando che nessuno degli incappucciati e rari passanti si avvicinasse alla macchina. 
Max aprì il cruscotto e ci rimise dentro una cartina alla bella e buona. Lo avevano "collocato" nell'unico servizio di taxisti di New York che usava ancora le cartine stradali come nel secolo scorso. D'altronde Max avrebbe lavorato solo per tre mesi, poi sarebbe stato libero di tornare alla sua vecchia vita. Stava per accendersi una sigaretta quando qualcosa andò a sbattere contro la fiancata destra del cofano. Era una sagoma che imprecava a bassa voce. Appoggiò la sigaretta sopra all'autoradio e sbuffò, valutando l'idea di partire lasciando a terra quel potenziale cliente. Ormai il suo turno era quasi finito. Non fece in tempo a decidersi, che la sagoma, rivelatosi una ragazza, aveva già aperto lo sportello ed era montata in macchina senza proferire parola. La maggior parte dei clienti salivano, dicevano il nome della loro destinazione, lui partiva e ce li portava. Quelli erano i suoi clienti preferiti, quelli silenziosi. Poi c'erano i chiacchieroni e talvolta dei turisti. Dato che il passeggero ancora non parlava, parlò Max. 
«Dove ti porto?»
«A casa»
«Dov'è "casa" per te?» Max si chiese se era il caso di chiedere un pagamento anticipato, cosa che d'altronde non poteva fare se non inseriva la destinazione nel navigatore. 
«...portami a casa» 
Si girò per guardare attraverso l'oblò di plastica, e vide la ragazza sdraiata orizzontalmente sui sedili. Sbuffò spazientito. Aprì l'oblò e venne investito da un forte odore di alcool e fumo, cosa a cui Max era abituato dato che era stato il suo stesso odore prima del servizio sociale.
«...a casa» ripeté lei. Aprì i finestrini e mise in moto la macchina, deciso a portare la ragazza ad un pronto soccorso e scaricarla là davanti. Avrebbe poi pagato lui il tragitto, dato che non voleva avere la ragazza sulla coscienza. E decise che quello sarebbe stato il suo primo e ultimo atto eroico. Pensò che anche se la ragazza era stata così stupida da bere fino a perdere conoscenza non si meritava comunque di essere lasciata in mezzo alla strada. Mise in moto il motore e partì. 
Le strade erano relativamente sgombre. A pochi minuti dal pronto soccorso Max sentì la ragazza sussultare e tossire. Fermatosi ad un semaforo si girò a guardarla di nuovo. Era anche bella, notò. Quasi conscia del fatto che la stesse guardando la ragazza si mosse e mugugnò qualcosa che a Max sembrò un nome. Tornò a girarsi verso alla strada, in attesa che il semaforo diventasse verde.
«...Non ti sento» le disse quasi con noia, attraverso l'oblò che aveva lasciato aperto. La ragazza continuò con dei mugugni, questa volta più comprensibili. 
«Michael.... veleno...» Max si lasciò sfuggire una risata. 
«Sì dolcezza, l'alcool è un veleno» pensò di trovarsi in macchina la tipica ragazzina che era stata spinta dal fidanzato a bere fino allo sfinimento. «e tanto per la cronaca, non c'è nessun Michael qua, io mi chiamo Max» 
La ragazza tossiva cercando di schiarirsi la gola. Max si preoccupò per i sedili. Non voleva ricevere una strigliata per aver permesso che qualcuno li sporcasse. 
«Vedi di stare calma, tra poco potrai sfogarti al pronto soccorso»
La ragazza si mise a respirare affannosamente e ad agitarsi. Max intanto valutava se era il caso di passare con il semaforo rosso, dato che non si decideva a diventare verde. Guardò a sinistra e poi a destra... E si sentì due braccia intorno al collo, che stringevano, seppur debolmente, e lo tenevano attaccato al sedile. Rimase calmo, quasi divertito. 
«Niente pronto soccorso per me» 
«Che c'è, hai paura che chiamino mammina e papino?» la provocò. La ragazza strinse ma non aveva abbastanza forza a causa della sbronza. 
«Fammi scendere» farfugliò lei. 
«Non ti porto al pronto soccorso, va bene, ma dimmi dove vuoi andare» disse Max deciso. «Oh, e gradirei essere pagato in anticipo»
«se mi porti al pronto soccorso...» la ragazza faticava a parlare, come se stesse soffrendo. «...mi troveranno e verranno ad uccidermi» Max volle inizialmente pensare che la passeggera stesse straparlando, ma qualcosa nel tono della sua voce lo spinse a desistere. La ragazza sembrava in tensione e sotto sforzo. 
«Io penso che tu debba trovarti dei nuovi spacciatori» disse Max incerto. 
In risposta la ragazza mugugnò di dolore e lasciò la presa sul suo collo, lasciandosi cadere indietro sui sedili. 
«Ti prego...» intanto il semaforo era diventato verde, ma Max restava fermo. «...Sul tuo onore di Cercatore, portami a casa»
«Sul mio onore di che? Certo che ci sei proprio andata giù pesante!» infastidito, Max si girò di nuovo. «E poi se non mi dici dove abit-» smise di parlare appena si rese conto che la ragazza era svenuta. O si era addormentata, poco importa. Qualcuno suonò il clacson e Max si rese conto che il semaforo era verde. Si girò di nuovo verso la strada con i nervi a fior di pelle.
«Dannazione» mugugnò mentre metteva in moto il motore, dirigendosi verso il pronto soccorso nonostante la ragazza non voleva esserci portata. "al diavolo i capricci di un ubriaca" si disse mentre fermava il taxi sulla strada dalla parte opposta del pronto soccorso, in modo da decidere se portarla dentro in braccio e poi sparire o se lasciarla nella sala d'aspetto. Si girò ancora a guardare la ragazza sdraiata sui sedili, ancora svenuta. Sembrava avere un espressione corrucciata e preoccupata. A giudicare dall'esile corpo, Max era sicuro che sarebbe riuscito a trasportarla molto facilmente. Continuò ad osservarla. Sospirò profondamente girandosi di nuovo verso la direzione di guida. Rimise in moto il motore e partì. 
Era passato un quarto d'ora dalla fine del suo turno, eppure Max era ancora per strada, diretto verso le rimesse dei taxi. Si era pentito subito dopo essere ripartito di non aver scaricato la ragazza al pronto soccorso, nel momento esatto in cui la croce rossa luminosa era scomparsa dal suo specchietto retrovisore. Ma ormai era troppo in ritardo per tornare indietro. Infilò il viale della rimessa un po' troppo velocemente e guidò fino al posteggio numero 235, lo stesso del suo taxi. Si chiese come avrebbe fatto a portare la ragazza fino alla sua macchina senza essere visto dai tassisti del turno dopo al suo. Sperando che fossero già tutti partiti, uscì dalla macchina e aprì lo sportello posteriore, caricandosi la ragazza di traverso sulla spalla e dirigendosi verso la sua vecchia auto. 
  
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