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Autore: Marina Bastiani    24/05/2014    2 recensioni
Cosa faresti se tuo fratello fosse il mostro?
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Era una fresca giornata di primavera.
Una ragazza stava cantando allegramente in un prato pieno di fiori profumati.
Ad un certo punto Maya -questo era il suo nome- sentì dei passi che si avvicinavano sempre più verso di lei. Si girò e vide il suo fratellino Marco.
Il bambino aveva circa due anni, un viso circondato da piccoli boccoli neri, un nasino a patata e degli occhi rossi come la porpora del sangue più vivo.
Maya se ne accorse e il suo cuore sussultò.
Il bambino indossava un pannolino che gli conferiva un aspetto dolce, ma i suoi occhi emettevano bagliori di odio, rabbia, vendetta e sangue. Il rosso era diventato più violento della morte nera.
E tu sei lì, che cadi a terra e vedi il tuo piccolo fratellino che hai sempre conosciuto come innocente creatura, mutare in qualcosa di mostruoso, sconosciuto perfino a se stesso.
Un mostro mannaro di oltre due metri che ti sovrasta col suo corpo, la cui ombra ricopre il cielo facendo notte all'improvviso, oscurando il sole e nascondendo la luna, fissandoti con i suoi profondi occhi rossi.
Ti copri il viso con una mano per proteggerti, inorridita da quell'essere che non è tuo fratello, che non può esserlo! Ma è così, ti ostini a non credere alla verità che è davanti ai tuoi occhi.
Piove, ti bagni.
Senti il terreno umido sotto il tuo corpo, l'ombra dell'animale tuo fratello su di te che sta per colpirti, vuole ucciderti. La sua zampa rimane sospesa in aria in assetto del colpo, con gli artigli che fremono alla voglia di strappare le tue membra, i denti che aspettano solo di spezzare le tue ossa e assaggiare la tua carne, la gola che preme dalla voglia di bere il tuo sangue.
Non sa chi sei, non si ricorda più di te.
Non è più lui.
È un mostro. 
Piangi in preda alla paura e al dolore più acuto.
Ti svegli.
Maya era in preda agli spasmi. Le sue guance erano rigate di lacrime, la sua fronte madida di sudore, il letto umido.
Si accorse che era stato tutto un incubo e tirò un sospiro di sollievo.
Guardò la sveglia: erano solamente le cinque. Allora si mise a sedere sul letto, raccogliendo a sè le gambe, aspettando il mattino.
Intanto pensava al sogno, vestita nella sua candida camicia da notte, nell'oscurità della stanza illuminata solo dal flebile raggio di luna che passava dalla finestra.
-“Era stato tutto così reale.”-pensò.
Si distese sul letto appoggiando la testa sul cuscino e chiuse gli occhi.
Qualcosa le premeva la testa, qualcosa sotto il cuscino la infastidiva.
Lo sollevò e un oggetto grigio e ricurvo le apparve davanti. Lo prese e si accorse che era ruvido, ricoperto di graffi. Percorse col dito tutta la superficie arrivando fino alla punta. La toccò e un rivolo rosso le scese dal dito.
Sembrava l'artiglio di un grosso animale.
Sgranò gli occhi al pensiero che potesse essere quello del sogno e in preda al terrore deglutì, e lo fece così forte che il suono rimbombò nel silenzio.
Dalla fronte cominciarono a scenderle perle di sudore. I suoi occhi non smettevano di fissare lo strano oggetto. La sua mente non la smetteva di porsi domande.
Incrociò le gambe portandosi l'artiglio nel grembo e cominciò a pensare. L'unica soluzione che le rimaneva era andare a controllare se suo fratello stesse bene.
Spostò le gambe ormai intorpidite e lasciò che le passasse il formicolio. Poi si alzò, appoggiò l'artiglio sul comodino, s'infilò le ciabatte e aprì la porta.
Un rumore proveniente dalla cucina attirò l’attenzione di Maya.
Così scese le scale velocemente finchè non sentì qualcosa bagnarle il piede. Posò il suo sguardo sullo scalino e s'accorse che era immerso in una pozza scarlatta. Lanciò un grido e cadde battendo la schiena sul gradino.
Rimase senza respiro per qualche minuto, poi si riprese. Le pozze continuavano mano mano si scendesse con lo sguardo e si rimpicciolivano sempre più, diventando gocce.  Si alzò di nuovo tremando e scese le scale stando attaccata alla parete.
Arrivò in cucina e l'orrore più puro si presentò davanti ai suoi occhi. Appoggiò una mano alla bocca come per soffocare un grido e gli occhi azzurri si riempirono di lacrime.
I corpi dei suoi genitori erano riversi sul marmo rosso, smembrati e squarciati a metà. Le budella erano sparse sui fornelli, i loro cuori erano stati per metà divorati e lasciati in un angolo, gli occhi che uscivano dalle orbite e i  muscoli del viso ben visibili, scoperti e tesi per l'orrore.
Un gemito si levò dai cadaveri: era Marco che sgattaiolava da dietro il bancone gattonando.
Era tutto coperto di sangue, sorrideva come se non si fosse accorto di nulla.
Il bambino si sollevò a fatica e barcollò verso di lei, con le braccia rivolte verso l'alto per far capire che voleva essere preso in braccio. Maya, quindi, lo portò al collo. Si lasciò scivolare sulla parete tenendo stretto a sé il bambino. Bisbigliava parole di protezione in mezzo alle lacrime, aspettando che spuntasse l'alba di un nuovo giorno, che per lei non sarebbe mai arrivato.
In mezzo alle lacrime si dondolava, con la veste ormai sudicia del sangue macchiato dal demone.
Non sapeva che di lì a poco sarebbe toccato anche a lei.
Il bambino era tranquillo e fissava il viso della sorella, con i suoi grandi occhi e il pollice in bocca.
Maya si voltò per rivolgergli un sorriso:l'ultimo.
Il bambino sorrideva, baciato dal raggio di Luna che entrava dalla vetrata, e i suoi occhi risplendevano di un rosso rubino. Il viso di Maya mutò in un'espressione di terrore e il bambino, quasi fosse compiaciuto da quello sguardo, si alzò e inghiotti la testa della ragazza, staccandogliela. Non ebbe nemmeno l'attimo di un ultimo grido, nemmeno l'attimo di esalare un ultimo respiro. Nemmeno il tempo di capire che il sogno era reale, che tutto era stato un inutile avvertimento.
Il corpo senza testa si accasciò a terra, esanime.
Il bambino leccava con la sua lunga lingua ciò che usciva a fiotti dal collo, gustato dall'odore e dal sapore.
Si alzò in piedi: ormai lì aveva finito il suo lavoro.
Si avvicinò alla vetrata sporcandola con la sua mano e fissò la Luna che risplendeva nella notte. Sorrise scoprendo i denti appuntiti e srotolando l'orribile lingua verde. Coi suoi profondi occhi rossi fissava l'esterno in cerca di nuove vittime da mietere.
Un'altra notte d'orrore era ormai passata.
   
 
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