Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Yra_Giada    26/05/2014    1 recensioni
‘’Come si chiama?’’
Il soldato rimase stupito e senza la risposta pronta per quella domanda così assurda ‘’non ce l’ha un nome’’
‘’e perché no?’’
'Perché tanto dobbiamo ucciderlo' pensò l’uomo, ma forse non era un’ottima idea dirlo ad una bambina.
‘’Perché è un mostro che mangia gli uomini, non merita un nome’’
‘’anche i gatti mangiano i topi, sono quindi mostri anche loro? Però il mio gatto ce l’ha un nome, si chiama Jolie.’’
L’uomo rimase disarmato e con gli occhi sgranati fissi su quella bambina che non aveva occhi che per quella creatura nefanda, due occhi privi di ogni forma di paura o di ribrezzo.
‘’Posso chiamarlo come il mio gatto?’’
‘’D-d’accordo.’’
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanji Zoe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve popolo di fan di SnK, ecco a voi una “what if?” che ha come protagonista un personaggio che, a mio parere, è uno dei più interessanti e singolari del manga.
Dal momento che nella trama non è presente la descrizione del passato di Hanji, ho pensato di provare a tirare io fuori qualcosa qualcosa e ne è nata questa ff *^^* buona lettura.
 
An insanity affection
 
Hanji era una ragazza irrequieta, indomata e selvaggia. Per niente mite, passava le sue giornate a giocare con i maschietti che spesso e volentieri erano anche più grandi di lei, andava a caccia di insetti, si sporcava nel fango e pareva avere una passione particolare per ogni cosa in generale che comprendesse l’allontanarsi di anni luce da concetti quali pacatezza e femminilità.
I suoi genitori non sapevano più a che santo rivolgersi, spesso invocavano Rose, Maria e Shina affinchè provvedessero a calmare un pochino loro figlia, ma non c’era verso, le divinità erano impotenti.
Suo padre però celava per lei un certo orgoglio nel vederla crescere in modo così speciale, anche se non lo dava a vedere, soprattutto in presenza della madre. Spesso, poggiandole una mano sulla testa e scompigliandole i capelli, diceva che pregare le divinità era inutile, perché tanto migliaia di tonnellate di roccia e migliaia di chilometri di mattoni non avrebbero mai potuto fermare sua figlia.
E Hanji, dal canto suo, non aveva la minima intenzione di darsi una calmata.
‘’Papà’’ chiamò entrando in casa di corsa e spalancando la porta talmente forte da farla rimbalzare in dietro
‘’sono qui tesoro’’ le giunse la voce dall’altra parte. Hanji si catapultò in quella direzione talmente velocemente che quando dovette fermarsi perché aveva raggiunto la meta non ci riuscì e finì per percorrere due o tre metri in scivolata sul fianco. Ma questo non la fermò affatto, balzò nuovamente in piedi e si affacciò alla porta della stanza gettandoci dentro la faccia mentre le mani arpionavano lo stipite, come qualuno pronto a darsi la spinta per tornare indietro a gran velocità.
‘’Kolai e gli altri oggi vanno a caccia di lucertole nel bosco, posso andare con loro?’’
‘’d’accordo tesoro, ma fai attenzione e torna per l’ora di cena’’ ma le parole venute dopo il “d’accordo” furono pronunciate al vuoto perché la bambina era già corsa fuori a raggiungere i suoi amici ‘’aspettate!’’
Kolai era un ragazzo piuttosto alto, magrolino, il più grande della compagnia e con una sfrenata passione per le lucertole gialle. Ne voleva trovare a tutti i costi e per questo organizzava numerose di quelle “battute di caccia” che coinvolgevano tutto il gruppetto formato da lui, Hanji e altri due amici.
Il bosco loro meta era un aggregato piuttosto vasto di alberi, molto vicino alle mura del distretto esterno nel quale vivevano. Suo padre le aveva detto che quegli alberi erano nati quando gli umani avevano mescolato la specie di alberi che avevano nelle mura con quelli giganteschi che c’erano fuori, il risultato erano state quelle piante da una cinquantina di metri dal tronco liscio e le foglie larghe. Dentro il bosco era tutto buio e nessuno di loro si era mai addentrato molto lontano dalla luce.
Quel giorno però Kolai, leggendo un libro sulle lucertole gialle, aveva scoperto che vivevano al buio.
Hanji quindi aveva cominciato a cercare sotto i sassi, costretta a togliere gli occhiali per osservare da vicino e a rimetterli quando doveva guardare più lontano. Era seccante, e proprio per questo non si accorse di essersi allontanata un po’ troppo dagli amici.
Quando se ne accorse non vi diede importanza, conosceva la strada e comunque udiva ancora le loro voci, quindi proseguì frugando le foglie.
Passò più o meno un’ora quando, dopo così tanto tempo di ricerca, una lucertolina piccola e pallida le sfrecciò davanti.
‘’Non mi scappi!’’ gridò la ragazzina balzandole addosso come un gatto sulla sua preda, ma il rettile era piccolo e sgusciante e non appena vide quella bambina occhialuta incombere su di lei schizzò via.
Hanji battè la faccia nella terra sporcandosi tutto il naso.
‘’Torna qui’’ disse tenendosi il naso dolorante e correndo incespicando dietro la povera lucertolina.
Nella fretta aveva dimenticato di calarsi gli occhiali e quindi non ci vedeva affatto bene, tanto che non distingueva il paesaggio che la circondava, ma riusciva a vedere i suoi piedi e il rettile che vi sgusciava in mezzo cercando di fuggire, e questo le bastava.
Tanto era presa a rincorrere la bestiolina a tutta velocità e praticamente alla ceca che non si accorse che qualcosa le si era parato dinnanzi all’improvviso e la sua fronte andò dolorosamente a conoscerlo in maniera piuttosto approfondita.
Hanji cadde all’indietro e, con due piccole lacrimucce mentre si massaggiava la fronte, mise finalmente gli occhiali focalizzando l’ostacolo: un altissimo muro che, raggiunte le chiome degli alberi-ibrido, vi si immergeva sparendo per continuarvi sopra per chissà quanti altri metri.
Diamine, si era inoltrata talmente in profondità nel bosco da raggiungere le mura, non che fossero molto lontane dal luogo dov’era prima, ma i suoi genitori le dicevano sempre di non avvicinarsi.
Poco importava, perché ora la sua piccola preda era lì, incollata alla pietra liscia e bianca, che correva di lato.
Hanji la inseguì e la inseguì, questa volta con gli occhiali, fino ad uscire lateralmente dal bosco e a trovarsi a rincorrerla accanto alla strada che sbucava al cancello.
Il rettile, sfinito, vide la salvezza in un piccoli buchino della roccia e e con poche agili mosse vi si infilò dentro. Hanji guardò il suo premio allontanarsi e cadde seduta e sconsolata. Tutto quell’inseguimento era servito a nulla.
Poi però un forte rumore la distrasse completamente dal suo piccolo rettile facendola spaventare, un profondo boato proveniente dal cancello.
Le guardie lo stavano aprendo lentamente.
Il volto di Hanji allora si dipinse di felicità e le spuntò tra le guance un sorriso larghissimo.
Come una scheggia si voltò e corse nuovamente dentro il bosco chiamando: ‘’Kolai, ragazzi! Venite, stanno aprendo il cancello!’’
I ragazzi, dopo qualche istante, la sentirono e si misero a correre.
Arrivarono che il cancello stava già venendo abbassato e un corteo di una ventina circa di cavalli era entrato trasportando una grossa gabbia coperta da un telo.
‘’Gli uomini della legione’’ disse con sguardo sognante Yuga, il più piccolo e deboluccio  della compagnia.
Gli uomini con il simbolo delle ali entrarono con lo sguardo alto e orgoglioso, non erano feriti quindi probabilmente erano semplicemente tornati da una base all’esterno, non erano andati in missione.
Solo i cavalli che trainavano il carro parevano stanchi anche perché la struttura doveva essere molto pesante.
Hanji guardò ammirata il telo che copriva la gabbia mentre altra gente uscita dalle case si portava sulla strada ad ammirare il rientro degli eroi.
Che cosa ci sarà mai la dentro?
Si domandò e, coraggiosamente, forse incautamente, si avvicinò gridando a qualcuno a caso degli uomini appena arrivati ‘’cosa avete la sotto?’’
Probabilmente a causa del suo tono di voce alto ed irruento il carico contenuto nella gabbia si spaventò, emanando un lungo e breve muggito che terminò con un sofferente sibilo.
Rimase impalata al suo posto, convinta di aver combinato un disastro, ma quando uno dei membri della legione le rispose per far modo che, almeno, si levasse dalla strada, lei fu più attenta che mai.
‘’E’ un titano che abbiamo catturato una settimana fa, adesso dobbiamo portarlo al quartiere e studiarlo con gli strumenti necessari, adesso ti conviene spostarti’’ le disse l’uomo gentilmente ‘’prima che i cavalli ti passino sopra’’ e amichevolmente le arruffò i capelli dandole poi una leggera spintarella.
Tornata sul lato della strada la ragazzina non potè fare a meno che continuare a fissare qual carro.
Kolai indietreggiò di qualche passo ‘’ragazzi, andiamocene’’ disse spaventato ‘’hanno portato un titano dentro le mura! Scappiamo’’
‘’sarà sicuramente incatenato’’ lo tranquillizzò Hanji e, con sguardo sognante, si mise a seguire la carovana a numerosi passi di distanza.
I soldati si fermarono  quando raggiunsero la base militare, Hanji sapeva dove si trovava, non era molto lontana da casa sua e la dentro aveva un conoscente, un fratello di suo padre che ogni tanto andavano a visitare in caserma. Alcune di quelle volte Hanji era addirittura riuscita a farsi portare a “volare”, come lo chiamava sua madre, ossia stare sulle spalle dello zio mentre questo dondolava sul meccanismo di manovra a non più di mezzo metro da terra.
Eppure, quando la carovana si fermò ad attendere che venissero aperte le porte, lo stomaco di Hanji sobbalzò; anche se suo zio era un membro dell’esercito lei mica poteva entrare quando voleva e, sicuramente, ora il carro sarebbe sparito dentro quelle muraglie di legno per non essere mai più rivisto.
‘’Aspettate!’’ gridò agli uomini.
Tutti si voltarono, non si aspettavano di certo che quella ragazzina li avesse seguiti fino li.
Lo stesso uomo che le aveva parlato prima le andò incontro inginocchiandosi di fronte a lei. Hanji puntò subito un dito verso la gabbia: ‘’posso vedere il titano?’’
Gli uomini della legione si misero a ridere e il tizio di fronte a lei scosse il capo ‘’mi dispiace piccolina, ma non si può fare, adesso dobbiamo portarlo al laboratorio.’’
Davanti a quel rifiuto l’espressione della piccola si tramutò in un misto di delusione, esasperazione e paura. Non aveva mai visto un titano in vita sua e ora che ne aveva un’occasione glie la stavano portando via.
Puntò gli occhioni occhialuti in quelli dell’uomo, sforzandosi di inumidirli per fargli tenerezza ‘’ti prego’’ uggiolò ‘’non chiedo molto, voglio solo dare una sbirciata sotto il telo’’ disse facendo sporgere il labbro inferiore e torturandosi le mani dietro alla schiena, dondolando per sembrare una tenera bimbetta curiosa.
Nessuno seppe resistere a quella tenerezza.
‘’D’accordo’’ capitolò il soldato ‘’ma solo un’occhiata.’’
Il teatrino che Hanji aveva messo su si sgretolò veloce come si era creato e subito tornò ad essere una ragazzina frizzante e curiosa che schizzava saltellando verso la gabbia, ferma davanti al cancello aperto.
A sentire quei passi pesanti e irruenti uno dei cavalli che trainava il carro indietreggiò bruscamente, dando uno scossone al carico. Il titano allora emise un altro suono, un gorgoglio cupo.
‘’Calmati, piccolo terremoto’’ ridacchiò l’uomo ‘’se sei così agitata di certo i cavalli si spaventeranno.’’
Ma Hanji non ascoltava, tutto ciò che vedeva era la mano dell’uomo che andava a stringere uno dei lembi inferiori del telo e, sollevandolo, vi sparì sotto.
‘’Vieni’’ le disse e lei non se lo fece ripetere.
Sotto era tutto molto buio e scuro, silenzioso, perché la cappa di tela attutiva anche i suoni, ma appesa ad una delle pesanti grate verticali del gabbione c’era una lampada ad olio che emanava una luce sanguigna in tutta la struttura.
Ed illuminava un corpo gigantesco seduto dietro le sbarre.
Era fatto come un uomo, ma con proporzioni completamente diverse: la pancia tonda, le gambe magre, due braccia estremamente lunghe e mani grandissime. La testa spruzzata di capelli corti e bruni, poggiata ciondoloni sul petto, presentava due occhi spalancati nel vuoto, un naso affilato e una terribile bocca ripiena di tantissimi, piccoli, denti, esposti in un macabro e tirato sorriso che raggiungeva quasi le orecchie.
Tutto il corpo del titano era ferito da spilloni neri, alcuni dei quali lo assicuravano a terra, era legato con corde e catene e il suo collo era circondato da un collare di pesante metallo.
‘’E’ un classe sette metri’’ spiegò l’uomo, ma vedendo che la ragazzina non rispondeva e rimaneva impalata a fissare quell’orrore gli venne il pensiero di averla spaventata. Chissà, forse non era stata una bella idea mostrare ad una bambina di otto anni un mostro con il corpo trapassato da orridi chiodi e incatenato come un pazzo in manicomio.
‘’Andiamo’’ le disse l’uomo, ma la ragazza negò con il capo.
Non c’era paura nei suoi occhi incantati, solo una profonda ammirazione e un’insaziabile curiosità.
‘’Fissa il vuoto’’ disse osservando meglio il volto della creatura
‘’si…’’ tentò di rispondere l’uomo, ma subito lei ripartì all’assalto con le domande
‘’è cattivo? Ma perché è legato, non bastavano le sbarre? Perché è pieno di chiodi? Sorride anche se è ferito e guarda il vuoto? E’ tonto?’’
‘’mangia le persone’’ le rispose solamente lui, soddisfacendo soltanto la prima domanda.
La ragazzina camminò lungo il perimetro della gabia scostandosi di dosso il telo con le mani e si posizionò di fronte al volto del titano.
La creatura non si mossee nemmeno la guardò.
‘’Come si chiama?’’
Il soldato rimase stupito e senza la risposta pronta per quella domanda così assurda ‘’non ce l’ha un nome’’
‘’e perché no?’’
Perché tanto dobbiamo ucciderlo pensò l’uomo, ma forse non era un’ottima idea dirlo ad una bambina.
‘’Perché è un mostro che mangia gli uomini, non merita un nome’’
‘’anche i gatti mangiano i topi, sono quindi mostri anche loro. Però il mio gatto ce l’ha un nome, si chiama Jolie.’’
L’uomo rimase disarmato e con gli occhi sgranati fissi su quella bambina che non aveva occhi che per quella creatura nefanda, due occhi privi di ogni forma di paura o di ribrezzo.
‘’Posso chiamarlo come il mio gatto?’’
‘’D-d’accordo.’’
Hanji allora si avvicinò ancora più alla grata, abbastanza da poggiarci le mani e le guance sulle aste di ferro.
‘’Ciao Jolie’’ disse alla creatura.
Il titano allora, con un gesto che pareva costargli parecchia fatica, alzò di poco il capo e la fissò con uno dei suoi enormi occhi.
Mugolò un suono indistinto, poi tornò a sorridere alle assi del pavimento della gabbia.
‘’Mi ha risposto, gli piace il nome che gli ho dato’’ disse la bambina, e potè dirsi soddisfatta.
 
‘’Zio!’’ chiamò la ragazza quando l’uomo venne a trovarli a casa,‘’come sta Jolie?’’ domandò con un largo sorriso prima ancora di salutarlo.
L’uomo ridacchiò alla sua frenesia, salutò i suoi genitori, si sedette al tavolo con calma e la prese sulle gambe ‘’chi è Jolie?’’
‘’ma il titano, mi sembra ovvio’’ gli rispose.
Lo zio si accigliò un poco ‘’come sai che abbiamo un titano?’’
‘’me lo hanno fatto vedere una settimana fa quando lo portavano dentro la base.’’
Lo zio si prese un’istante per assimilare l’informazione ‘’e gli hai dato un nome?’’
‘’certo!’’
‘’non ti ha fatto paura?’’
‘’assolutamente no!’’ rispose Hanji, quasi sdegnata ‘’sembrava un innocente tontolone’’ disse con tenerezza ‘’hai visto poi che begli occhioni che ha? E come sorride! Forse con tutti quei denti può aver spaventato qualcuno, ma a me sembrava solo felice di aver ricevuto un nome.’’
L’uomo sospirò, poi fece scendere la bambina dalle proprie ginocchia.
‘’Hanji, non puoi dare un nome ad un mostro, và a finire che ti ci affezioni’’ disse preoccupato
‘’ma io sono già affezionata!’’ ribattè la bambina, non capendo la gravità della cosa ‘’la prossima volta che veniamo a trovarti in caserma gli porto qualcosa da mangiare, secondo te gli piacciono i cubetti di zucchero?’’
‘’Hanji…’’ tentò di fermarla lo zio, con un’espressione sempre più triste
‘’o forse preferisce la verdura? Magari mangia anche la frutta’’
Mangia la carne… carne umana.
‘’No, tesoro, non si può’’ proseguì l’uomo tentando inutilmente di spiegarle, ma la bambina era inarrestabile ‘’non importa, gli porterò dei biscotti, quelli piacciono a tutt…’’
‘’Hanji!’’ tuonò lo zio.
Cadde un profondo silenzio.
La piccola aggrottò la fronte. ‘’Zio, cosa c’è?’’ domandò vedendo l’uomo chinare il capo con un’espressione penosa dipinta in volto.
‘’Hanji’’ riprese con tono più calmo ‘’non puoi più dare da mangiare a quel… Jolie’’ la bambina inclinò il capo
‘’e perché?’’
Lo zio alzò lo sguardo su di lei.
‘’Jolie è morto.’’
 
‘’Su, su Andy, non fare tante storie’’ disse poggiando una mano su quella gigantesca del titano, legato e spillato, che avevano catturato. La creatura mugugnò, poi scattò in avanti con il volto e serrò i denti a pochi centimetri dalle sue gambe.
‘’Caposquadra Hanji!’’ tuonò uno delle guardie che stavano assicurando la bestia ad un palo conficcato nel terreno ‘’la prego, sia prudente!’’. Ma lei lo ignorò.
‘’Accidenti Andy!’’ rise ‘’ci vai sempre più vicino, bravo, sono fiero di te’’ disse e battendosi la mano sulla coscia si avvicinò di nuovo a lui, carezzandogli il ginocchio una volta che fu legato meglio. Il titano mugolò.
‘’Lo sai’’ disse rivolta a quella creatura dal sorriso sardonico e gli occhi vaqui ‘’quando mormori così mi ricordi tanto Jolie.’’
Jolie, quel nome Hanji lo ripeteva spesso; da quando era entrata nella legione esplorativa ed era diventata caposquadra del gruppo di ricerca ogni membro del suo manipolo le aveva visto sulle labbra quel nome.
Ma, per quante domande le facessero, Hanji non spiccicava mai una parola e Jolie era rimasto un mistero, così come la ragione per la quale era tale.
Da molti anni i suoi compagni avevano esasperatamente rinunciato a chiederglielo, comprendendo meglio di qualunque altro che una persona che come loro aveva visto l’inferno doveva per forza avere qualche segreto del quale non parlare, da tenere solo per se a ricordare ogni giorno il motivo per il quale combattevano quella guerra.E così lasciarono che Jolie rimanesse solo un nome che ogni tanto Hanji sussurrava ai suoi titani, poco prima di studiare il loro corpo fino ad ucciderli.
  
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