Thank you.
Il sole scendeva inesorabile verso l’orizzonte e
la luce emanata dai suoi raggi andava indebolendosi, proprio come Arthur: egli
infatti sentiva le forze abbandonarlo rapidamente, rendendolo sempre meno
lucido e sempre più stremato. Mancava meno di un’ora al tramonto, quando il re
fu sul punto di perdere conoscenza a causa della letale ferita che lo fiaccava
incessantemente.
Merlin, accortosi del cedimento dell’amico, smontò
immediatamente da cavallo ed accorse in suo aiuto; cercò di spronarlo ad
avanzare, ma il sovrano gli disse che non ce la faceva più. Così il servo fu
costretto ad accordargli una breve sosta al fine di farlo riposare, per cui lo
aiutò a scendere dal destriero e, dopo averlo fatto sedere, si occupò del
fuoco.
Frattanto il compagno, relegato nella radura in
cui era stato deposto, sentiva i muscoli irrigidirsi e le palpebre
appesantirsi: sebbene lo stregone cercasse di mantenere il sangue freddo, la
sua preoccupazione era palese, il che gli dava la conferma che il tempo a sua
disposizione stesse volgendo al termine.
La sua mente ripercorreva ogni istante trascorso a
Camelot insieme alle persone amate, rivivendo le mille avventure affrontate e
rievocando tutti i ricordi della sua esistenza travagliata ma felice; ripensava
a tutte le emozioni condivise con il giovane mago che gli era vicino pure in
quel frangente, agli innumerevoli ostacoli che si erano frapposti tra lui e la
sua amata regina, ai giorni spensierati ed a quelli più cupi che lo avevano
temprato nel corpo e nello spirito.
Mentre egli si perdeva nei recessi della sua
memoria, il suo servitore fece ritorno e, dopo qualche minuto, gli si avvicinò
per dargli da bere; l’acqua fresca gli diede una flebile ondata di vigore,
quanto bastava per sciogliere la muscolatura del viso e permettergli di
parlare.
«Qualunque
cosa accada …», cominciò il re, ma fu prontamente interrotto da Merlin, il
quale gli chiese di non dire nulla, lasciandogli intendere che non doveva
sprecare energie in quella situazione tanto delicata.
Sentendo
tali parole, Arthur si sentì risospinto nel passato, ai tempi in cui il
servitore gli mancava bonariamente di rispetto al fine di farlo ragionare; per
quanto critiche fossero le condizioni in cui il suo corpo verteva, la sua anima
non poté non farsi travolgere dalla malinconia, così lo ammonì asserendo che
stava parlando con il re, perciò non poteva dirgli cosa doveva fare.
Il
giovane mago gli rivolse un’occhiata eloquente e sorridendo gli rispose che era
ciò che aveva sempre fatto e che non intendeva cambiare proprio adesso; il
monarca reagì afferrando saldamente l’esile spalla del compagno e, ricambiandone
lo sguardo, affermò che non voleva che cambiasse, bensì che fosse sempre se
stesso.
Lo
stregone fu sconcertato da ciò che lesse negli occhi dell’altro, un tempo
spavaldi ed accesi dall’ardore come splendidi zaffiri, mentre ora più simili a
turbinosi gorghi che agitavano il mare di emozioni che aveva nel cuore.
Vide
un insieme di tristezza per il modo in cui si era comportato prima di quegli
ultimi istanti, uniti alla gioia di averlo al suo fianco, scorse una profonda
angoscia per ciò che li attendeva ed il rimorso per la piega che avevano preso
gli eventi, percepì il senso di impotenza che lo attanagliava e la rabbia che
aveva covato per anni a causa dei tradimenti subìti.
Approfittando
dello stato confusionale in cui si trovava il servo, il monarca aggiunse che
era dispiaciuto per come lo aveva trattato, non potendo sopportare l’agonia che
gli causava quel pensiero rimasto troppo a lungo inespresso.
Merlin
rimase ulteriormente sgomento da quelle osservazioni, ma sapeva di non dover
cedere in quel frangente, non era lusso che poteva permettersi: doveva salvare
il suo amico di sempre, colui a cui aveva consacrato la vita, ragion per cui
riacquistò il controllo della propria mente e gli domandò scherzosamente se con
ciò intendeva concedergli un giorno libero.
Il
tentativo di spezzare la tensione riuscì alla perfezione, perché Arthur, pur
mantenendo un tono serio, replicò che gliene avrebbe concessi due, suscitando
nel mago una risatina allegra mentre elogiava la sua generosità. La letizia
però si spense dopo qualche istante, poiché il re non trovò più le forze per
continuare a parlare e cedette al sonno, chiudendo stancamente le palpebre e
lasciando ricadere la testa sul petto.
Il
servo si allarmò e, temendo il peggio, lo chiamò per cercare di ridestarlo;
quando si rese conto che il monarca si era solo appisolato, gli sussurrò
dolcemente di riposarsi per un po’, per poi perlustrare il territorio
circostante in modo da evitare eventuali agguati.
Vedendo
che il sovrano di Camelot non accennava a ridestarsi, lo stregone fu costretto
a scuoterlo per le spalle, chiamandolo con voce perentoria per costringerlo a
riprendere il cammino. Dal suo canto, Arthur si svegliò a malincuore, giacché
tra le braccia di Morfeo non avvertiva più alcun dolore, le pesanti membra
divenivano leggere come piume e gli infausti pensieri parevano nuvole
inconsistenti.
Si
appoggiò all’esile corpo dell’amico, grazie al quale poté salire in groppa al
suo cavallo, in modo da ripartire verso Avalon; ormai mancava poco alla meta,
eppure col passare dei minuti le sue speranze di successo andavano
abbandonandolo insieme alla linfa vitale.
Il
suo compagno di viaggio doveva aver percepito la sua crescente rassegnazione,
perciò decise di fermare improvvisamente i destrieri e di smontare da essi. Il
re non comprese subito le sue intenzioni, ma la fiducia che riponeva in lui era
tale da lasciarsi guidare da Merlin.
Quest’ultimo
lo condusse tra gli alberi ed insieme raggiunsero un punto del bosco dal quale
si vedeva il loro obiettivo; il sovrano sentì l’altro sorridere e mormorare che
erano arrivati, ma non ebbero neppure il tempo di gioire che udirono i cavalli
nitrire spaventati e fuggire.
Il
giovane mago provò a fermarli, tuttavia si fermò nel momento in cui una voce
carica di sarcasmo lo salutò e, senza dargli la possibilità di reagire, lo
sbalzò lontano con un incantesimo: Morgana li aveva trovati.
Il
monarca portò rapido la mano al fianco sinistro in cerca della sua preziosa
spada, imprecando tra sé quando si accorse di non averla con sé. La sorella
frattanto gli si avvicinò lentamente, schernendo le sue condizioni e
sottolineando con sadico piacere la sua sconfitta, sebbene avesse vinto la
battaglia di Camlann.
La
ferita inflittagli da Mordred lo avrebbe ucciso e Camelot sarebbe infine caduta
nelle sue avide mani: no, egli non poteva accettarlo, non le avrebbe mai
permesso di far del male alla sua gente. La guardò con disprezzo ed il volto
della strega mutò espressione, fingendo compassione mentre gli diceva che non
lo avrebbe lasciato morire da solo.
In
quell’attimo Arthur vide il suo fidato compagno avanzare lentamente verso di
loro, sguainando silenziosamente l’arma per non farsi notare; l’altra frattanto
continuava a dirgli che sarebbe rimasta al suo fianco, finché i lupi non
avessero divorato le sue membra, bagnandosi del suo sangue.
Fu
allora che Merlin parlò, dicendo che il tempo del sangue era giunto alla fine e
che si biasimava per ciò che l’amica di una volta era diventata; Morgana si
volse e mosse appena un passo in direzione dello stregone, asserendo che
nessuna spada forgiata dall’uomo poteva ucciderla, poiché era l’ultima
sacerdotessa dell’Antica Religione.
Prima
che il re potesse fermarlo, il servo la trafisse con la lama affilata,
facendola gemere e lasciando entrambi i Pendragon interdetti; vedendo il
stupore, il ragazzo precisò che anche quella che brandiva non era una normale
spada. Sul pallido viso della strega si dipinse un’espressione di puro terrore,
mentre il suo carnefice aggiungeva che, proprio come quella di Mordred, quell’arma
era stata forgiata grazie al respiro di un drago.
Il
mago portò il braccio sinistro dietro la sua schiena e, attirandola a sé, fece
maggiore forza sull’elsa per spingere il ferro ancor più in profondità; Morgana
ansimò, spalancando gli occhi per il dolore atroce e la bocca in cerca di
ossigeno.
Estratta
la spada, il servitore lasciò la presa e la sacerdotessa cadde rovinosamente al
suolo, incapace di reagire; nell’aria riecheggiava le parole di congedo
proferite da Merlin, il quale la osservava con freddezza mentre la vita la
abbandonava. Quando ebbe la certezza che l’acerrima nemica era morta, corse
incontro ad Arthur per riprendere il cammino, avevano sprecato altro tempo
prezioso: il re frattanto aveva osservato la scena e non riusciva a distogliere
lo sguardo dai gelidi occhi vitrei della sorella, una volta caldi e vivaci,
colmi di compassione e bontà.
Nell’attimo
in cui l’amico lo prese per un braccio, la sua attenzione fu catturata da colui
che, pur apparendo debole ed inerme, era stato in grado di porre fine a quell’incubo;
guardandolo ammirato, gli disse che alla fine era riuscito a portare la pace,
un sorriso ad illuminargli il volto esangue.
Il
servo non rispose, preso com’era dall’impellenza di salvare, lo sollevò a
fatica e, accelerando il passo, si rimisero in marcia. Il monarca non riusciva
neppure a reggere Excalibur, facendola strisciare per terra: era stremato,
aveva esaurito le forze e sentiva che anche il suo compagno era avvilito,
ipotesi confermata dall’andatura altalenante con cui avanzava.
Lo
stregone cercò di incitarlo, dicendogli che dovevano arrivare al lago, tuttavia
le speranze andarono perdute nell’istante in cui Arthur perse l’equilibrio,
trascinando con sé pure il servo. Rotolarono nell’erba finché Merlin non riuscì
a piantare saldamente i piedi nel terreno, le braccia che avvolgevano il rigido
corpo del re; quest’ultimo cercò di riportarlo alla realtà, asserendo che senza
i cavalli non potevano farcela e che era troppo tardi, ma l’altro si ostinava a
negare la verità.
Così
il monarca tentò un altro approccio, cercando suo malgrado di colpirlo nell’orgoglio:
con voce flebile e frammentata, disse mestamente che, nonostante i suoi immensi
poteri, non era in grado di salvarlo. Lo stregone si sentì punto nel vivo e
rispose con convinzione che poteva e che non lo avrebbe perso, per poi tentare
nuovamente di alzarsi.
Il
sovrano però non era più capace di reagire, gli restavano troppe poche forze
per riuscire nell’impresa, così decise di impiegarle meglio che poteva: posò le
sue mani sopra quelle del servitore e lo pregò di stringerlo solamente, non
chiedeva altro se non passare gli ultimi istanti tra le braccia di colui che
gli era stato più vicino di chiunque al mondo.
Si
voltò leggermente verso l’amico e gli disse che c’era una cosa che desiderava
dirgli: Merlin temette il peggio e cercò di fermarlo, asserendo che non gli
avrebbe detto addio, ma Arthur ribatté assicurandogli che erano quelle le parole
che aveva in mente. Continuò mormorando che ora sapeva tutto ciò che aveva
fatto per lui e per il regno che lo aveva aiutato a costruire.
Il
giovane mago sentì una morsa attanagliargli la gola, ma trovò comunque il modo di
rispondergli che ce l’avrebbe fatta anche senza il suo aiuto; il re replicò con
un forse, per poi aggiungere che voleva dirgli una cosa che non gli aveva mai
detto prima, così ruotò maggiormente il capo e lo fissò dritto negli occhi.
«Thank
you.»
Quelle
due semplici parole ebbero il potere di scaldare il cuore di entrambi, dando
loro l’illusione di essere a casa, lontani da tutto quel dolore, lontani da
tutta quella sofferenza: Arthur gli sorrise e portò una mano dietro la testa
dell’amico, esprimendo con un semplice gesto tutto l’affetto che nutriva nei
suoi confronti.
Quegli
ultimi idilliaci istanti gli furono strappati, poiché quella mano ricadde sul
fianco ferito del re, il cui sorriso svanì improvvisamente ed i cui occhi si
chiusero inesorabilmente. Merlin lo chiamò con tutto il fiato che
gli restava, riuscendo per un attimo a ridestare il sovrano.
Quei
meravigliosi occhi blu si soffermarono un’ultima volta sui lineamenti del
compagno, e per una frazione di secondo, ebbe una visione: vide lo stregone
sulla riva del lago di Avalon attenderlo a braccia aperte, il voltò illuminato
da un magnifico sorriso. Bastò questo perché il monarca si sentisse in pace con
se stesso e con il mondo, bastò questo per spingerlo ad abbracciare senza
timore la morte.
Spazio di
Chloe:
Buongiornooooo!!!!
^^ *Sigh*
Innanzi
tutto vi devo una valanga di scuse; ero convinta di aver già pubblicato il
capitolo, invece qualche giorno fa mi sono accorta di aver toppato alla
grande!!!! ç___ç
Che cosa
posso dirvi? Siamo arrivati alla fine: sappiate che ho il cuore a pezzi e gli
occhi viola –lo confesso, mentre scrivevo piangevo come una pazza e sto ancora
singhiozzando … TT.TT-, spero perlomeno che il risultato finale sia all’altezza.
Voglio
ringraziare calorosamente:
· chibisaru81,
per aver seguito questa storia dall’inizio alla fine, riempiendomi di gioia con
le sue meravigliose recensioni;
· July99, per
aver recensito la storia, rendendomi felicissima con le sue splendide parole, senza
contare che è stato grazie a te che mi sono accorta della mia disattenzione
letale;
· brin leah,
Zonami84 ed Anna Tentori, per i vostri commenti speciali;
· Baka Lolita,
BlueFlame, GiulyIchigo, Kei Sagano e lululove2 per aver aggiunta questa storia
tra le vostre seguite;
· Le mie
carissime amiche A, E ed F, per avermi incoraggiato a continuare;
· Tutti quelli
che hanno avuto modo di leggere questa storia, spero che vi sia piaciuta!
Questa
fantastica avventura termina qui, spero che l’epilogo sia degno della vostra
attenzione: ancora grazie di cuore a tutti, alla prossima!! *^*
Bacioni,
Chloe.