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Autore: sxds    27/05/2014    4 recensioni
NdA.
Vi rubo un po' di tempo ora, poco lo giuro :)
Allora, in pratica poco tempo fa ho scritto una One-Shot con lo stesso titolo, e mi è stato chiesto di farne una fanfic a capitoli.
A me era già venuta quest'idea, però poi non ne ero sicura perciò mi sono limitata a scrivere una One-Shot.
Ora sono di nuovo qui con una fanfic a capitoli... Spero possa piacervi, la dedico a tutti coloro che sono degli Epica-Drogati come me
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Achille, Briseide | Coppie: Achille/Briseide
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 1.


 

 

Era passata una settimana da quell'evento, ma né io né tutti gli altri ci eravamo abituati ad avere una principessa spartana a corte. Priamo fingeva tranquillità, ma dentro -ne ero sicura- tremava: presto l'ignobile destino ci avrebbe raggiunti.

La sera precedente avevo sentito Ettore sgridare Paride, urlandogli: "Fratello, mi chiedi di combattere una guerra per una donna!"

E Paride si era difeso così dicendo: "No, non è così: non ci sarà nessuna guerra."

Oh, che ingenuo. Lui e la sua donna ci avrebbero condannati alla gogna.

Il mio cuore era a pezzi. Neanche Apollo riusciva più a colmare la voragine che la preoccupazione vi aveva creato col suo amore.

 

Demetra ed io ci eravamo recate alla spiaggia, per un bagno veloce. Amavamo il mare di Troia, a tratti tempestoso e a tratti tranquillo e placido.

Quel giorno era così calmo che quasi mi convinsi che non sarebbe successo nulla di male.

"Allora, Briseide, l'hai visto com'è bello Ettore?" arrossì audace Demetra, immergendo i piedi bianchi nell'acqua salata.

Mi si spezzò il cuore a sentirle dire certe cose. Lo voleva così tanto che non c'era istante in cui non lo amava. Io mi sentii incompleta, a confronto, egoista -perché l'unico mio amore ero io- e ignobile -perché ormai Apollo per me non era più un amore così eterno, anzi.

"E' mio cugino, Demetra!" risi. "E comunque... Sì, è molto cambiato da quando se n'è andato, concordi?"

Demetra annuì con il capo, schizzandomi di acqua e ridendo. "Oh sì! In meglio!"

Un pensiero mi ottenebrò i sensi.

"Posso farti una domanda?"

"Certo" mi guardò curiosamente.

"Ecco... Se Ettore ripudiasse Andromaca-"

"Ah!" sghignazzò. "Impossibile!"

"Sì, ma... Se succedesse" la rimproverai con gli occhi. "Che cosa faresti?"

La mia curiosità la mandò in crisi. Probabilmente pensò che fossi pazza.

Infatti esclamò, sdegnata. "Perché auguri male a tuo cugino, Briseide? Fa' invece che Eros gli doni amore a volontà!"

Che pura.

"Ma da chi? Solo da Andromaca?" la provocai.

Fece un'espressione scioccata -ma, allo stesso tempo, interessata- e mi rispose titubante: "Sì... Solo da lei" ma, sottovoce, aggiunse: "Purtroppo."

"Purtroppo, dici? Allora perché non ti ribelli e provi a conquistarlo?" ringhiai arrabbiata. Più cercavo di immedesimarmi in lei, meno ci riuscivo, più pensavo alla sua situazione, più la trovavo pazzesca e inutile.

Demetra s'incupì.

"Perché Ettore è sposato e presto avrà un figlio da Andromaca, Briseide." ringhiò, ruggì assuefatta dalle mie stolte parole. "Ma ora dimmi, perché mi dici queste cose? Ti diletta vedermi soffrire?!"

Che sciocca che era. Davvero non capiva?

"Perché io ti invidio."

Avrei voluto urlarlo, eppure la mia voce uscì controllata e pacata, calma come il mare in cui immergevo le gambe fino alle ginocchia.

Demetra impallidì. La sua veste bianca, paragonata alle sue gote, sembrava coloratissimi.

"Cosa?" sibilò piano.

Le onde facevano da sottofondo alla nostra inutile lite.

"Perché ami."

"Anche tu: Apollo. E' un amore più giusto e-"

"Sta' zitta!" strillai tappandomi le orecchie con le mani. Mi cedettero le gambe e finii nell'acqua da capo a piedi. Demetra urlò spaventata e mi tirò su a fatica. Insieme uscimmo dall'acqua.

Avevo il volto rigato di lacrime.

Lei, invece, aveva la paura e lo sbigottimento addosso.

"Tu ami, Demetra. Io non ho mai amato. Neanche il nostro dio!"

"Che dici?" iniziò a singhiozzare. "Che dici! Non ti riconosco!"

"Darei la vita per amare. Io voglio morire d'amore per qualcuno!" urlai rotolandomi nella sabbia come una pazza -non ero più la Briseide controllata e misurata, ero del tutto un'altra, irriconoscibile persona.

"Briseide! Smettila! Mi fai paura!" pianse a gran voce Demetra. "Alzati" mi supplicò.

"No no. Non voglio alzarmi. Voglio amare."

Nel suo sguardo lessi che non mi capiva. Come biasimarla?

"Hai bevuto vino senza diluirlo? Ti sei fatta impazzire?" mi domandò tornando calma, come se avesse trovato la soluzione al suo problema.

Non le risposi. Immersi la faccia nella sabbia bollente.

Volevo riempire il mio vuoto.

 

Quella sera a cena parlai con mio zio Priamo. Avevo bisogno di urlare la mia incomprensione.

"Zio" lo chiamai.

Lui arrivò da me sorridendo -avrebbe dovuto piangere, invece, Troia era in pericolo per una sgualdrina spartana- e mi salutò baciandomi la mano.

"Briseide, cara, qualcosa non va?"

Mi sorse spontaneo un "no" falso, che repressi. "Sì. E' importante, anche."

"Andiamo di là" indicò una stanza secondaria molto più appartata. Mentre ci andavamo, scoccai un'occhiata d'odio ad Elena. Lei era innamorata e ricambiata. La odiavo e l'invidiavo -forse troppo.

Priamo mi picchiettò leggero sulla spalla. "Allora, dimmi tutto, cara."

Il suo sorriso non mi calmò.

"Non voglio più essere sacerdotessa. Voglio poter amare davvero qualcuno di vero."

Sbiancò com'era sbiancata Demetra.

"Come, scusa?" Disse con la voce secca e sorpresa. "Ti dimetti?"

"Sì. Domani ne parlerò con-"

"Briseide, ragiona. Perché vuoi farlo? Perché?" piagnucolò il re di Troia. Erano tutti contro di me -anche lui.

"Perché voglio vivere."

"Ma tu sei viva." replicò superficialmente.

Mi stropicciai la veste. "No, non lo sono."

 

Del tempo dopo.

Lui, il guerriero, mi strattonò via dal tempio di Apollo.

"Empio! Il mio dio si vendicherà!" gli senteziai contro.

Mi sembrava di essere finita in un incubo.

Gli Achei avevano assediato Troia. Ed io ero stata strappata al mio dio.

Deglutii a fatica, avevo la gola secca e gli occhi stanchi e la testa che girava. Perché non mi ammazzava subito? Che senso aveva tenere una sacerdotessa come schiava?

Non mi degnò di un'occhiata.

"Guerriero, dove mi porti? Esigo una risposta!" Strattonai il braccio per il quale mi portava con sé ma senza riuscire a districarmi dalla sua presa.

Sapeva di morte e di sangue.

"Zitta sacerdotessa! O dovrò punirti" mi minacciò.

"Io non ho paura, guerriero. Men che meno di te" mi avvicinai al suo viso mostrandogli i denti mentre gli ringhiavo contro come una belva inselvatichita nei boschi verdeggianti.

Lo schiaffo che mi lanciò fu così veloce che non potei schivarlo.

Il bastardo rise gorgogliando. "E ora che dici donna? Hai paura?" Mi lanciò per terra e fece finta di scalciarmi.

Urlai "NO!" e, quando vidi che era una beffa, rabbrividii ferita nell'orgoglio. Lui rise ancor più forte, ancor più soddisfatto. Con ferocia mi tirò su e mi premette contro di lui.

Il suo sguardo, dèi, non l'avevo mai visto. Era quasi doloroso sostenerlo, poi mi guardò il corpo e capii che i suoi pensieri vagavano in mondi per me inesplorati, e la cosa mi attirò terribilmente.

Era uno sconosciuto -per di più un greco.

Mi costrinsi a non guardarlo quando mormorò roco: "Se non fossi il dono di guerra di Achille, ti vorrei io."

Mi si seccò la gola. Il cuore impazzì nel mio petto. Avevo le guance in fiamme.

L'uomo mi allontanò bruscamente da sé e mi ordinò di seguirlo. Non gli avrei mai disobbedito: mi aveva ammaliata, dannazione.

Mentre percorrevamo il campo Acheo, ragionai su ciò che mi aveva detto.

Io ero un dono di guerra. Di Achille.

Achille... Quell'Achille? L'ero Greco proveniente da Ftia? Il massacratore invincibile?

Una parte di me si sentì terribilmente attratta dall'idea di essere il so dono e l'altra... anche. Era sbagliato.

Ma così intrigante, per una casta sacerdotessa.

Il guerriero si voltò per controllare che fossi ancora lì a seguirlo e, quando mi vide, sogghignò: "Sei così calma ora, donna."

"Se potessi ti mangerei il cuore e le membra, guerriero."

Annuii fingendomi inoffensiva. "Preferiresti che scappassi?" gli chiesi curiosa. Non poteva farmi nulla, me l'aveva indirettamente detto prima, poiché non gli appartenevo.

"Sarebbe divertente inseguirti" mi guardò a fondo, ma non osservò i miei occhi -guardò tutto il resto.

Non gli dissi alcunché, a disagio. Era così che si sentivano Andromaca o Elena quando Ettore e Paride le guardavano accarezzando le loro gote rosse d'imbarazzo?

Giungemmo alla tenda più spaventosa fra tutte: nera, con diverse spade ammucchiate all'esterno, trasudava odore di sangue e paura.

"Eccoci" mi disse il soldato, spingendomi verso di essa.

Il mio stomaco si attorcigliò. D'un tratto non era più bello e affascinante essere un dono di guerra nell'accampamento nemico, proprio per nulla.

Mi paralizzai all'ingresso chiuso della tenda.

Avevo un'enorme paura dentro di me.

"Entra, donna. O hai paura?" mi provocò ridendo l'altro.

Lo guardai. "Paura? Io?"

Alzai l'ingresso di pelle morbida della tenda ed entrai.

Dentro tutto era ancor più spaventoso. C'era una scintillante corazza poggiata all'ingresso, una spada dalla lama affilata lì a fianco e non c'era un filo di luce. Il soldato chiuse la tenda alle mie spalle ridendo.

Oh, dei. E ora?

La prima cosa che capii era che non ero sola -mi si gelò in sangue nelle vene quando udii qualcuno mugugnare, come si fosse appena svegliato.

"Non svegliar il can che dorme" mi diceva mia madre, ed era proprio ciò che avevo fatto.

Sentii una calda voce maschile sussurrare: "Buongiorno".

Non compresi. Buongiorno?

Ad un tratto una donna ridacchiò: "Buongiorno, mio grande e grosso eroe" e l'uomo rise più forte. Ci fu un movimento di stoffa -almeno ipotizzavo fosse stoffa- e la donna ridacchiò felice.

"Di nuovo?" gli chiese sbalordita. "Voi siete davvero un portent-"

Un altro movimento di stoffe. Era così buio che mi tremavano le gambe. E forse di fronte a me due individui stavano per far ciò che io non avevo mai fatto.

Qualcuno si mosse. Dei passi. Sentii che era davanti a me. Il suo fiato sul mio viso.

Serrai le labbra per non urlare come una dannata all'inferno.

L'uomo -Achille- mi domandò, con voce impastata: "E tu chi sei?"

"Briseide" risposi di getto.

"Ah."

Mi toccò il viso a tentoni, poi passò al collo e lì avvampai di vergogna.

"Cosa vuoi, Briseide?" mi domandò con voce suadente, tutt'altro che in collera perché gli avevo rovinato il suo momento magico con quell'altra.

Lei sbottò: "Achille... In tre" ridacchiò mugugnando sensuale.

Il mio cuore impazzì e dovevo avere il viso bordeaux.

"C-cosa?" sbarrai gli occhi verso il nero che mi trovavo davanti, anche se in realtà lì c'era un uomo.

Un uomo reale, vero, concreto. Non come Apollo.

Achille mi accarezzò il viso. "No, donna. Non diamo un benvenuto così caldo a Briseide."

"Mi manca l'aria" sussurrai in preda al panico -io avevo una terribile fobia per il buio, se ci restavo troppo a lungo.

"Come?" fece l'altra.

"Zitta donna. Forza, esci. Torna quando vorrai" mi consigliò Achille.

Ero decisamente sorpresa. "Davvero?"

Lui si allontanò. "Sì."

Colsi l'occasione al volo. Mi girai e alzai l'ingresso di pelle nera della tenda e mi scaraventai all'esterno.

Ero alla luce, finalmente. Mi sentii rinata.

Non potevo crederci.

Io non ero una donna a caso: ero la nipote del re Priamo.

La rabbia m'infiammò le membra. Ero una nobile e dov'ero? Nell'accampamento dei nemici, come sgualdrina di un bruto!

Mi sentii nei panni di Elena -con l'unica pesante differenza che io ero forzata e lei no-.

Qualcuno mi passò un braccio decisamente muscoloso attorno alla vita. Mi sentii crescere la paura ed il ribbrezzo nelle vene.

"Come stai?" mi chiese l'uomo, il guerriero, Achille.

Non respirai più.

"Bene."

"Tu sei nobile, vero?" Mi strattonò una ciocca di capelli e la annusò -avevo il suo corpo schiacciato contro il mio, sentivo ogni suo centimetro di pelle bruciata dal sole e dal sangue, il suo respiro mi metteva in difficoltà, bloccando il mio.

Annuii con la testa.

Improvvisamente, un'immagine, un ricordo chiaro e delineato mi ottenebrò la mente, mandato da chissà quale dio.

"Sta' sempre lontana dai soldati, Briseide."

"Perché, zio?" gli chiesi, giocando con la mia bambola di pezza, che mi aveva portato quando era tornato dall'Italia. Era davvero bella, l'avevo chiamata Afrodite, la portavo sempre con me.

Lo zio Priamo mi raccolse dalla sabbia della spiaggia e mi issò sulle spalle. "Perché, Briseide, potresti incontrare qualche bruto."

"E chi, zio? Io non voglio fare la soldata!"gli dissi abbracciando Afrodite -non avevo detto né alla mamma né allo zio che l'avevo chiamata così, perché la mamma della mia amica Demetra mi aveva detto che forse l'avrebbero presa male; aveva detto qualcosa come "E' un nome troppo importante per una pezza."

Priamo, il mio zio preferito, mi fece volteggiare ridendo spensierato. Il mare di Troia rumoreggiava più burrascoso del solito.

"Sarà meglio. Ti ho mai raccontato di Achille, il giovane eroe sanguinario?"

"No! Dimmi chi è!" lo esortai, quando mi riappoggiò sulla sabbia. "Dimmelo zio! Dài!"

Rise. "Va bene. Senti, Achille ha qualche anno più di te, piccola Briseide, ma è già il più abile di tutta Ftia, con la sua spada. Lo immagini? Un bambino già soldato!"

"Non dev'essere un bambino felice." Bofonchiai. "Lui ce l'ha una bambola di pezza, o ha solo spade?"

Priamo mi osservò, poi si accomodò affianco a me, sulla spiaggia bollente.

"Sai, Briseide, a volte la tua saggezza è spiazzante."

"Cioè?"

"Hai solo dodici anni, eppure sai già che è meglio stare in pace che in guerra" mormorò perso. "O forse sono solo mie congetture, dolce nipote." Mi diede un buffetto sulla guancia. "Andiamo all'albero di pesche, ti va?"

"Sì!"



"Briseide" sibilai tutto d'un fiato. "E voi?" lo sfidai, con l'intento di umiliarlo -dopotutto, chi non conosceva Achille l'eroe acheo?-.

"Achille."

Lo disse con voce così sicura di sé che quasi mi venne da sorridere quando sbuffò alla mia reazione assolutamente nulla.

Povero sciocco, la sua forza era accompagnata da un enorme orgoglio.

La donna nella tenda brontolò. "Achille, amore, quanto ti manca?"

L'uomo sciolse subito l'abbraccio da me ma, anziché raggiungere la sua amante, si incamminò senza degnarmi di un'occhiata verso il resto dell'accampamento acheo.

Dannazione, pensai, la sua bellezza era pari a quella di una divinità, tanto che mi spiazzò e mi fece perdere lo sguardo verso di lui, percorrere da lontano le sue spalle larghe e muscolose, coperte da una leggera tunica colore della terra, accarezzai con gli occhi i suoi capelli biondi, lunghi e sporchi -li avrei voluti toccare, sentirli sotto le mie dita- e il suo corpo modellato dalla guerra.

Non sembrava un bruto -sembrava un dio.



NdA.
Ciao a tutti ! Ringrazio chiunque stia leggendo in silenzio, chi recensisce e chi inserisce la fanfic nelle preferite-seguite-ricordate! Mi fa molto piacere:3
Ovviamente ogni recensione sarà ben'acetta <3
Per quanto riguarda la lunghezza del capitolo vi va bene? E' troppo o troppo poco? Vorrei saperlo per regolarmi.
Un bacio -amiamo Brad Pitt in versione Achille-.
Sxds.

  
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