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Autore: DouglasSpunk    28/05/2014    8 recensioni
"Lui m’aveva lasciata così, come se ci fosse scritto Robert e Kristen su un foglio a righi. Io quel foglio, a furia di passarci sopra la gomma, l’ho bucato."
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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We are a conversation, I can't have tonight.
 
 
Il tempo passa. Il tempo passa anche quando non riesci a respirare, anche quando niente va come vorresti tu. Il tempo passa, la gente cambia, le cose si rompono e il vetro si scheggia; niente ti aspetta.
Un giorno hai tutto e l’altro giorno hai niente.
Era capitato così anche a me; avevo tutto, poi niente più. Niente più, solo io e la paura di non farcela.
 
“Questa cosa… non va più.”
“Quale cosa? Noi? Noi due siamo una cosa?”
“Sai cosa intendo. Non va più, Kristen.”
“Sì l’hai già detto.”
“Non va più.”
“Molli.”
“Hai mollato anche tu… mesi fa. Io ti sto solo dietro, cerco di prenderti, cerco di amarti, cerco di ritrovarti ma tu non ci sei più.”

“NON TENTARE DI DARE LA COLPA ESCLUSIVAMENTE A ME.”
“Non lo faccio. Sono ben consapevole che io e te siamo stati qualcosa di troppo grande, e non si distrugge qualcosa così con un solo errore o magari due… ci vogliono tanti sbagli per rompere una cosa. E noi li abbiamo commessi tutti.”
“Come puoi dire una cosa simile? Come puoi”
“Non piangere.”
“MI STAI LASCIANDO, CAZZO, DAMMI ALMENO LA POSSIBILITA’ DI PIANGERE!”
“Odio vederti stare così.”
“E allora non te ne andare. Rob… non andare.”
“Devo. Voglio essere egoista, Kristen. Egoista almeno una volta. Ho bisogno di vivere qualcosa che mi lasci respirare, che mi faccia ridere e”
“Hai bisogno di qualcuno che non sono io.”
“Io avrò sempre bisogno di te.”
 
Il tempo passa; è passato anche quando lui non c’era e il mondo tentava di schiacciarmi.
 
Lui non c’è.
 
Il tempo è passato; sono andata avanti, ci siamo rivisti. Due ore siamo stati a parlare di dettagli burocratici.
Il tempo è passato anche lì, in quella stanza, quando mi ha fatto entrare; ed era una casa nuova, senza vita e piena di bottiglie consumate. Il tempo è passato anche lì, quando ci siamo guardati e abbiamo capito che non eravamo più Robert e Kristen ma solo due sconosciuti.
Io gliel’avevo detto: Non lasciarmi, saremo solo due estranei se lo farai.
 
“Ciao.”
“Ciao.”
“Accomodati.”
“Grazie.”
“Allora… ti trovo bene.”
“Sì, anche io. Fai palestra?”
“Per un film.”
“Ho visto la pubblicità.”
“Chi non l’ha vista?”
“Già.”
“Te la passi bene?”
“A meraviglia. Anche tu, vedo.”
“Esco, lavoro, mi diverto.”
“Ti diverti.”
“Sì”
“Parliamo della casa? Non vorrei perdere troppo tempo… sono sempre inseguita dai paparazzi e potrebbero darti scocciature.”
“È peggiorata?”
“Cosa?”
“Con i fotografi.”
“Oh, loro… non hai idea. Non ci sei più tu, per loro è una festa.”
“Ti riaccompagno io.”
 
 
Il tempo è passato anche quando mi sono alzata da quel divano che puzzava di profumo scadente, e lui mi ha teso la mano.
Il tempo è passato anche quando quella mano l’ho rifiutata, facendomi a pezzi e cercando di capire in che modo andare via senza cedere.
 
“È stato così facile?”
“Facile cosa?”
“Andare avanti, scordarti di me, riprendere a baciare altre labbra.”
“Pensavo di non saper respirare senza di te.”
“… ed invece riesci a vivere meglio senza di me. Addio Rob.”
 
Il tempo passa. Il tempo passa anche a Natale, quando mi sono seduta sotto all’albero, con la sua maglia addosso ed il dito spoglio da quell’anello.
Il tempo passa anche quando non ti sembra vero e ti fermi un attimo, chiudi gli occhi ed ascolti ciò che il mondo ha da dirti.
È passato anche Natale; poi Capodanno. Ed il mio compleanno, il nostro anniversario.
Però lui, lui proprio non riesce a passare.
 
È passato tempo da quel giorno: un anno. Non pensavo avrei mai potuto vivere un anno intero senza di lui, ed invece ce l’ho fatta.
Sono qui, in partenza per Cannes, senza di lui. Gli hanno già dato tutti i complimenti di questo mondo; se li merita tutti.
Hanno detto che è stato magnifico, che le sue sono interpretazioni da attore adulto. Ora è considerato un vero attore, oh sono così felice per lui.
Era bello.
E il modo in cui sorrideva… ha sorriso ad un’altra.
Il tempo passa eppure fa sempre male.
 
«Nervosa?» Appoggio il capo sul sedie e chiudo gli occhi.
«Non lo so… sì, immagino di sì.» Le rispondo.
«Sarà breve. Una sosta piccola ed indolore, vedrai.»
«L’ultima volta è stato bello.»
«Oh, beh due anni fa è stato perfetto.» Rialzo le palpebre, volto poco il viso fino a guardare Ruth che fa lo stesso con me. Lo so a cosa sta pensando.
Sorrido.
«Ma stavolta siamo da sole.» Il suo sguardo si fa vacuo.
«Vedremo di bastarci, no?» Annuisco e torno alla posizione di prima.
Due anni fa c’era Robert, due anni fa andammo contro il mondo vero per la prima volta, lo affrontammo insieme, a testa alta. Eravamo così belli. Eravamo così spensierati, così felici.
Com’è che ci siamo persi?
Com’è che non gli manco? Mi aveva promesso che se un giorno ci fossimo lasciati io gli sarei mancata per sempre. Forse è vero che le promesse sono fatte solo per essere spezzate.
«Basteremo noi due.»
 
 
Chloe, Juliette e Ruth mi aspettano nella hall; sono tutte e tre bellissime. Prendo un respiro profondo ed inspiro l’aria pulita della camera in cui starò per solo qualche ora. Ho avuto paura fosse la sua, ho avuto fosse la nostra. Ma il destino non è così stronzo e la mia assistente sa fare bene il suo lavoro.
Non so com’è che mi sento… però so che stasera sarà bello. Non perfetto, ma bello.
Mi Guardo per l’ultima volta allo specchio, controllo di non aver rovinato il lavoro del truccatore e sorrido al riflesso della donna vestito di bianco ghiaccio e i capelli rossi.
«Si va in scena.» Mi dico.
È la mia serata.
 
Mi avevano detto che ai desideri non bisogna crederci perché poi non s’avverano; sono illusioni, sono costrizioni della nostra mente.
Mi avevano detto che se poi una cosa la desideri talmente tanto, poi quando e se l’otterrai, potresti odiarla.
Mi avevano detto che i desideri sono per chi una vita non ce l’ha.
Mi avevano detto che i desideri spesso hanno una voce.
Non ci avevo mai creduto a tutto questo, eppure ora, con il cellulare appoggiato all’orecchio e i tacchi in bilico nella mano destra, mi rendo conto che bisogna sempre dare retta a ciò che ci dice nostro padre.
Non so nemmeno com’è che me ne sono accorta, non lo so. Eppure sono abituata alla sua assenza, oramai; il suo profumo dovrei averlo scordato.
O forse sono stati i suoi capelli; magari la sua schiena che riconoscerei tra mille. Non lo so cos’è che stato.
È accaduto come l’ultima volta che l’ho visto: era lì, in quello stesso locale e lui non si è accorto di me. Io Sì.
Quella volta sono scappata.
«Kristen? Oh?» È Ruth. Stacco la chiamata.
C’è un modo giusto per smettere d’amare qualcuno? C’è un modo e basta?
Poi succede tutto rapidamente, non come nei film in cui il protagonista gira la testa piano, lasciando che la musica di sottofondo enfatizzi il momento, fino a quando raggiunge la sua drammaticità e i due si guardano negli occhi. Si riconoscono.
Questa è la vita vera e lui si volta di scatto, senza rendersene conto, senza poesia e senza guardarmi; non c’è un cantante a parlare per noi, probabilmente a quello ci hanno sempre pensato i nostri sguardi.
Parla al telefono, è abbronzato e mi rendo conto che è assurdamente bello, incredibilmente vero.
Non riesco a pensare, non riesco a muovermi, non riesco a prendere nessuna decisione. Vorrei solo sorridergli perché è tanto che non ci sorridiamo, e poi vorrei che i suoi occhi mi guardassero perché è troppo che qualcuno –lui- non mi guarda, e poi vorrei che chiamasse il mio nome perché suona maledettamente bene sulle sue labbra, e poi, e poi… e poi vorrei solo avere il coraggio di dirgli che mi manca, che aveva ragione lui un anno fa: di amori come il nostro non ce ne sono molti, è qualcosa di grande, di magnifico; il nostro è quel tipo di amore che non sparisce neanche se gratti via o cerchi di cancellare.
Lui, noi, siamo come quelle scritte a matita che non vogliono venire via e lasciano l’alone, allora pur di cancellarlo usi la gomma dura, quella che di solito è blu e si sgrana… strofini, strofini, strofini e non va via, la gomma si sfalda, l’odore di cancellatura si fa più insistente e il foglio si buca.
Lui m’aveva lasciata così, come se ci fosse scritto Robert e Kristen su un foglio a righi. Io quel foglio, a furia di passarci sopra la gomma, l’ho bucato.
Deglutisco, cerco di riprendermi, poi lui alza lo sguardo ed io capisco che sono fottuta.
Oh, avevo desiderato questo? No, no, non lo voglio più, riprendetevelo, chi è che ha deciso di farmi così male?
Non li voglio i suoi occhi, fanno male. E quelle labbra che ora sembrano voler dire qualcosa, si sono schiuse per accogliere la pelle di altre donne… non voglio che mi chiami, non voglio che accada.
Vai via, vorrei urlargli. Vai via come l’ultima volta ed anche quella prima.
Tu sei partito, tu non c’eri qui. Cosa vuoi?
Vai via o altrimenti ti chiamo ‘amore’. Vai via, scappa e lasciami vivere, è il mio giorno questo, non il tuo.
Va’ via, maledizione, perché resti lì a fissarmi?
Te ne sei andato una volta, fallo ancora, nessuno ti incolperà di questo.
«Sei bellissima.» Lo so, me l’hanno detto tutti… però mancava lui, pensavo non sarebbe accaduto.
E l’ho desiderato.
«Sono nuovi gli occhiali?» E sorride con una strana inflessione. Come faceva tempo fa quando comprava qualcosa ed io glielo prendevo.
«Sì, me li hanno regalati. Quelli invece li conosco.» Indica i miei di occhiali da sola, quelli che una volta erano suoi. Mi mordo un labbro.
Oh ma perché fa così?
Perché?
«Non te li sei portati.»
«Perché stanno meglio a te.»
«Non ti sei portato tante cose.» Si gratta distrattamente la nuca.
«Avrebbe fatto più male.» Oh beh, non così tanto. Ci dormo con le sue maglie, ci esco.  Il suo profumo è sparito da ogni cosa.
Evito di rispondergli.
«Io devo andare»
«Ho sentito che sei stata grande» Diciamo insieme. Lui ridacchia, io arriccio il naso pur di non seguire il suo esempio.
«Devi andare… certo, è la tua premiere. Hai ragione, scusa.»
Non così, non, non voglio che vada così. «Che cosa ci fai qui?» Arrossisce.
«Io… Olivier. Ci lavorerò anche io, sai, tra qualche mese. Non pensavo potessi incontrarti, altrimenti»
«Altrimenti mi avresti evitata?»
Pausa.
«No, no, cosa dici» Serra le palpebre, poi le rialza. «Come stai?»
«Rob… » dico, scuotendo la testa. «Siamo in mezzo ad un corridoio e» Annuisce.
Capisce? Cosa? Che lo amo o che mi manca? Magari tutte e due.
Si avvicina al pannello degli ascensori, probabilmente sta per prenotare la chiamata.
«È difficile?»
«Cosa?»
«Essere qui da soli.» Mi fissa per qualche istante, poi annuisce.  Ha compreso cosa intendo.
«È strano, è difficile, è da pazzi pensare che due anni fa eravamo qui insieme, così felici  e sì, non è facile.»
«Eri nervoso?» Stavolta sorride imbarazzato.
«Mi conosci» si scusa, «sì che ero nervoso, soprattutto la prima giornata, è stato pazzesco! Non ero il protagonista, non era come Cosmopolis, ma Dio, Kris, dovevi esserci» si lecca le labbra, sorrido anche io, «mi hanno detto che li ho sorpresi, che sono un attore, non il vampiro. E poi con Maps, c’era David e l’ho adorato. C’era anche Julianne, mi ha detto che ha lavorato con te.» Faccio un cenno positivo con il capo. «Lo sapevo, sai? L’ho letto, mi informo. E c’era anche Sarah, te la ricordi?»
A quel punto della conversazione, la mia colazione cerca di tornare su.
«Quella è andata meglio perché c’erano persone che conoscevo e diamine c’era Sarah che»
«Potresti evitare?»
«Cosa?» Sembra cadere dalle nuvole.
«Di parlarmi della tua nuova fidanzata, o quel che è.»
«Che?» Sbuffo. Gioco con l’iPhone pur di non guardarlo.
Stupida, gli ho fatto capire che ancora sono gelosa di lui.
«Niente, solo sai che lei non mi è simpatica.»
«Uhm, sì me ne ero scodato.»
«Già. Beh sono felice che ti sia andata bene» sono sincera, «te lo meriti.»
«Anche tu, da quello che ho sentito sei stata superba» lo dice con l’accento francese, imitando qualche giornalista. Mi fa sorridere. «Uno si è addirittura innamorato di te.»
«Sei andato a leggere le recensioni?» Di nuovo arrossisce e si gratta dietro la nuca.
«No è che… insomma, sì.»
Abbasso la testa imbarazzata. «Anche io, le tue, dico.»
«Siamo strani io e te, eh?»
«Sì, decisamente.»
Lo siamo sempre stati; una persona normale di certo non avrebbe lasciato la sua vita per inseguire un’attrice.
«Non ci andrai scalza sul red, vero?» Dirigo lo sguardo verso i miei piedi nudi.
«Le metto appena arrivo lì.» Gli indico le scarpe che mantengo con una mano.
Siamo in silenzio, senza neanche realmente guardarci negli occhi; siamo una conversazione che stasera non voglio avere.
Anche se avrei tante cose da dirgli eppure me ne sto zitta.
 
Come stai?
Te la ricordi quella notte che ci siamo messi a ballare sull’auto?
Ed invece quella volta che mi hai dedicato Your Song? Eri ubriaco.
Oh, e ti ricordi com’era fare l’amore con me? Io sì.
Com’è la vita senza la certezza di esserci l’uno per l’altra? La mia fa schifo. A volte ho l’impressione di non saper respirare, poi chiudo gli occhi e penso di star esagerando, che la vita va avanti. La tua, soprattutto.
Sei felice?
Perché hai mollato?
Perché non sei restato?
Perché non riesco a dimenticarti? Dimmi come hai fatto, Rob. Spiegami come, voglio farti sparire anche io. O forse neanche tu ci sei riuscito?
Mi sogni?
Scrivi ancora musica?
E la chitarra la suoni ancora? Volevo regalartene una, a Natale, sono anche entrata in un negozio, ma mi sono ricordata che poi non potevo sentirtela strimpellare la notte.
Ho visto che sei tornato a Londra, come stanno i tuoi? Salutamela Vic, e dille che ha ragione lei, poi capirà.
Mi manchi, Rob.
Hai ripreso a fumare? Io sì, ogni tanto.
Mi sono iscritta in palestra, è una cosa assurda. Però mi rilasso.
Guardami, puoi guardarmi? Ci pensi mai a come sarebbe andata? Io sì, tutti i giorni.
 
«Dì qualcosa.» Lo prego. Lui indurisce lo sguardo, si lecca un labbro; lo fa sempre. Lo faceva sempre.
«Cosa dovrei dire?» Scrollo le spalle.
«Non lo so.» Se potessi dirmi qualcosa, qualsiasi cosa, cosa sarebbe?
«Sei bellissima… ho sempre voluto vederti vestita di bianco, ma forse ti preferisco in rosso.»
«Volevo essere bella per te quella volta, volevo che tu fossi fiero quando le persone avrebbero pensato che io fossi la tua fidanzata.»
«Io sarei stato fiero di averti accanto a me anche se fossi stata vestita di fieno.»
«L’avresti detto due anni fa che saremmo stati qui, ancora, ma da soli?» Gli chiedo.
«Non sei da sola.»
«No, infatti.» Si porta una mano fra i capelli; li tira.
«È andata così.» Sento gli occhi pungere, il naso pizzicare. «Non piangere.»
Sbuffo. «Divertente, sai, l’anno scorso, di questi tempi, mi stavi dicendo la stessa cosa. Poi te ne sei andato e non sei più tornato.»
«Sono tornato tante di quelle volte… ma non ho avuto il coraggio di suonare, di entrare.»
«Perché?»
«Perché saremmo finiti per farci male, ancora. Ci abbiamo provato tante di quelle volte e se non ha funzionato in questi anni perché avrebbe dovuto farlo quella volta?»
«Siamo stati felici.»
«Io con te ci ho passato i migliori momenti della mia vita. Ed i peggiori. Ma è questo che significa amare, amare veramente. O no?»
«Credo di sì.» Mi asciugo gli occhi, sperando di non aver rovinato il trucco. Premo il pulsante di chiamata per l’ascensore. «Sei felice, Rob?»
Boccheggia. «Ci provo, sto bene. E tu?»
«Ci provo. » Dico. L’ascensore sta quasi arrivando. Posso dirglielo, posso farlo, tanto poi non lo rivedrò. «Ci provo, sai? Lavoro, esco, rido e sorrido, però alla fine della giornata, nel mio letto, non faccio altro che pensare a te e a quanto mi manchi. Ti amo ancora, ma questo non cambierà mai.»
Il ‘trin’ che avvisa dell’arrivo dell’ascensore mi fa sobbalzare; si aprono le porte, entro nella cabina.
«Vai e sii grande lì dentro, Kristen Stewart. Sii fiera di te stessa, io già lo sono.»
«Ci proverò.»
«Non so quanto possa valere, ma ti amo anche io.» Mi impongo di non piangere, di non corrergli incontro. Poi penso che va bene, che è giusto, che mi ama, che forse, un giorno… e sorrido.
«Ed in fondo va bene così, no?» Dì di no e baciami.
«In fondo va bene così.»
 
Si volta; la porta si chiude.
In un attimo mi rendo conto che non siamo più quelli che combattono, siamo solo dei passi che vanno in due direzioni diverse.
Ma l’ha detto anche lui: in fondo va bene così.
 
 
Sorridere è stato semplice.
Arrivare in teatro è stato semplice, anche se ho dovuto togliere i tacchi; facevano troppo male.
Il difficile arriverà quando accenderanno le luci.
Già sono partiti gli applausi, stanno scorrendo i titoli di coda. Juliette mi stringe una mano, ricambio.
Poi il buio si illumina.
Ci alziamo; è imbarazzante. Mi mordo il labbro più e più volte.
C’era Rob la scorsa volta, ho guardato lui ed ho capito che sarebbe andata bene. Lui non c’è, mi ha detto che mi ama e poi che andava bene così.
Gli applausi aumentano, il cuore accelera. Olivier è nervosissimo, ci guardiamo e finisco con l’abbracciarlo.
Faccio lo stesso con Chloe. Guardo e poi sorrido a Brady, lui mi abbraccia.
«Guarda qualche fila in avanti alla nostra.» Mi sussurra.
«Che?» Mi incinta con un movimento della testa; faccio come mi ha detto ma non vedo nulla… inclino un po’ la testa, giungo le mani accanto alla bocca.
L’amore è un sentimento strano, soprattutto se hai provato quello vero, quello che ti spinge a tirare fuori il meglio ed il peggio di te.
L’amore non svanisce col tempo, si affievolisce, sì, ma non va via. E nemmeno puoi scegliere di non amare più; come fai? Mica è un interruttore. Non lo spegni, non ci torni indietro. E manco devi volerlo, non ci devi provare perché più cerchi di non amarlo più e più lui si prenderà una parte in più di te.
Robert è quel tipo di amore che non ti lascia libertà di scelta e da cui è impossibile tornare indietro. Lui, quel sentimento che ci lega e che ancora ci spinge a volerci, saranno sempre radicati dentro di me. Il nostro amore non morirà mai.
Noi siamo quel genere di amore per cui combattere, anche se sai che poi alla fine uscirai vinto e non vincitore.
Noi non siamo infinito e non siamo nemmeno qualcosa di perfetto, siamo solo due persone che si amano e che fingono incontri di lavoro pur di non far restare solo l’altro nelle situazioni più importanti. Siamo quelli che non si dicono tutto, noi le cose ce le sussurriamo per poi dirci che va bene così.
Noi siamo due passi che vanno in direzioni diverse, ma che prima o poi si ritroveranno sulla stessa via, perché da quel genere di amore non scappia manco se lo vuoi.
 
 
«Oh mio Dio.»  Sorrido: è lui.
 
 
 
 
 
   
 
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