Film > The Phantom of the Opera
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Autore: BigMistake    28/05/2014    0 recensioni
Siamo nei primi anni del 1900, sotto l'ombra della "Belle Époque". Una giovane donna si trova a percorrere un passato non suo, volendo riscoprire in un certo modo sé stessa e superare così il dolore per la perdita della propria madre.
Dal prologo: Fissò il vuoto per qualche altro secondo inspirando profondamente, sembrava sul punto di svenire. «Vieni Christine, andiamo in giardino. Sei pallida …» in quella carezza sulla gota una piaggeria forzata, spinta oltre un confine che cercava di custodire come una perla dentro il suo guscio.
Seguito della fanfiction Lumière Noire.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christine Daaé, Erik/The Phantom, Nuovo personaggio, Raoul De Chagny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lumière Noire - Deux anges tombés'
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Avviso: La seguente long fiction è il seguito di una mia precedente ff - ormai targata 2010 - pubblicata su EFP al seguente link: Lumière Noire 

Molti fatti e episodi sono ricollegati ad essa ed è pertanto consigliabile la lettura. Per altre precisazioni ci vediamo in fondo al prologo! ^^


 


PROLOGUE: Dans l’adieu

 

Le immagini si affastellavano vorticosamente una ad una, sperando che in quel sogno ci fosse un fondo di verità. Seduta accanto alla porta, attendeva che il dottore uscisse dalla stanza, arrivare di corsa e dichiarare il miracolo. Un sogno alterato dalla realtà di un uomo canuto, dall’aria rassegnata di chi già conosce l’epilogo di quel sogno innaturale quanto provato dal desiderio di una figlia, dalla vana speranza che la vecchiaia e la malattia non vincessero mai e poi mai su quel corpo che aveva smesso di lottare.

 

Lei non era mai stata una stolta e sapeva che la speranza moriva nella consapevolezza. Nei giorni che avevano preceduto quell’istante, quel dannato istante in cui tutto si stava esaurendo, lo aveva osservato e negato allo stesso tempo, a sé stessa, a lei che giaceva supina ancorata al letto o alla sua poltrona. Lo negava persino quando il suo sguardo volgeva a quel bastone che non le era più un sufficiente sostegno e giaceva abbandonato in un angolo della sua stanza.

 

Ma come poteva sostenere il contrario, quando i suoi occhi di giovane donna si posavano su quel suo sorriso stampato tra le rughe del tempo, stanco, ancora sarcastico nonostante non fosse più quella fiera donna di tempo.

 

In esso c’era il suo spirito, impresso come un marchio fino alla fine.

 

Abbiamo guadagnato un altro po’ di tempo …

 

In fondo era questo che chiedeva.

 

Solo qualche altro giorno, che tutto non scorresse, non la investisse.

 

Non così in fretta.

 

Porquoi …

 

Lei la amava, la amava così tanto. Tanto da non sentire più il sangue pulsare se non nelle tempie, nella mente e attraverso le dita formicolanti che si contorcevano in un impulso nervoso.

 

Porquoi maman?

 

«Christine!» non riusciva ad alzare lo sguardo. Aveva gli occhi ottenebrati dal dolore che le stava lacerando il petto. Le lacrime stentavano ad uscire, ma bruciavano come lava e al sentire il suo nome, non riusciva a fare a meno di stringersi il pizzo che le adornava il petto. «Christine, sono venuto appena ho saputo …»

 

Cercava di convincersi ad alzare il mento. Quell’uomo percorreva trafelato il corridoio con grandi falcate, il cappotto ancora sulle spalle e il cappello inculcato sul capo per la troppa fretta di raggiungerla. Meritava un minimo di educazione.

 

L’educazione che stentava a venir fuori e si nascondeva tra le pieghe delle emozioni che la stavano piegando nonostante la sua resistenza. Quasi saltò quando venne toccata sulle spalle. La poltroncina era diventata scomoda e il corridoio stretto.

 

 «Oh, Christine …» quel tono. Quel tono le faceva ancora più male.

 

La stanza giaceva in un assordante mutismo. Lei era lì fuori e forse non sarebbe più riuscita ad entrarvi. Ma lui

 

Lui era rimasto con lei, non voleva andarsene. Quello era l’unico posto, l’unico posto in cui voleva stare anche se le articolazione gli dolevano e il cuore si spezzava su quel corpo sempre più freddo.

 

E lei?

 

Lei se ne stava lì, immacolata come una statua, senza lacrime, immobile ed eterea.

 

Si voltò verso l’uomo che le era venuto incontro, anche solo per non pensare che quello poteva essere il luogo sbagliato in cui stare.

 

Vide il suo viso.

 

Il suo sguardo era un abito che non voleva sentirsi addosso: quel misto di sconforto, commiserazione e costrizione per un dolore che non poteva condividere.

 

Si accarezzò la fronte e guardò verso di lui ricambiandolo con un freddo biasimo. Le iniziava a mancare l’aria. Strinse i pugni lungo i fianchi, girò il volto a nascondere quella lacrima che le pungeva lungo le ciglia. Le pareti stavano ricadendo su sé stesse e il senso di oppressione cresceva esponenzialmente con il dolore che le permeava tra le ossa.

 

Fissò il vuoto per qualche altro secondo inspirando profondamente, sembrava sul punto di svenire.

 

«Vieni Christine, andiamo in giardino. Sei pallida …» in quella carezza sulla gota una piaggeria forzata, spinta oltre un confine che cercava di custodire come una perla dentro il suo guscio.

 

Le sue sensazioni non poteva condividerle, nonostante sapesse che tutto questo era inevitabile e tentava di mantenere un’ordinaria apparenza. Eppure non riusciva a rispondere se non con un’algida espressione. I suoi occhi color della giada, quegli occhi che riflettevano il genio artistico di suo padre ora spenti come lo specchio d’acqua di una pozzanghera stantia.

 

Percorsero la strada in silenzio. Lui la sorreggeva, ma nella sua mente c’erano solo quelle mani calde che la sostenevano ancor prima che potesse cadere. In una stanza a Coney Island stava finendo un’era. Il secolo si consumava in una manciata di secondi.

 

O semplicemente stava finendo quel tempo che aveva visto mutare da bambina ad adulta.

 

Aveva le mani fredde. L’incarnato cereo.

 

Arrivarono alla veranda e lei superò l’uscio inspirando avidamente la fredda aria del mattino.

 

Si aggrappò al primo appiglio che sentì fra le sue mani, una bianca balaustra di marmo che dava sul prato. L’uomo alle sue spalle l’aveva lasciata libera, in quel maldestro tentativo di non essere invadente.

 

«Christine, ti prego dì qualcosa. Non torturarti reprimendo … reprimendo tutto …»

 

Purtroppo bastava la sua presenza per esserlo.

 

Per lei era tutto così sbagliato e fuori posto.

 

Non posso evitarlo…

 

«Io …» soffocò nelle prime parole che aveva pronunciato da quando si era risvegliata. «Io …» ripeté come se cercasse un modo convincente in cui non sembrasse regredita di anni. Si voltò solo per osservare il mondo alle sue spalle. Vide il suo gusto in quelle modanature scolpite e nei finti capitelli del porticato, vide il suo modo di vivere sfarzoso e sobrio. Vide lei scegliere le tende che si intravedevano dalle finestre. La vide e la respirò come solo chi ha intravisto un’anima può farlo.

 

«Io devo tornare a Parigi!» 




Note dell'autrice: Bonsoir madame et monsieur! Per chi non mi conoscesse con questo nuovo nick io sono Mally. Benvenuti in questa mia riesumazione come autrice. È da molto che non scrivo, ho pensato quindi per riprendere la mano, di pubblicare una piccola ideuzza che avevo già in mente agli albori della ff sul nostro fantasmone precedente a questa. Non prevedo moltissimi capitoli, anche se conoscendomi farei bene a non fare delle previsioni azzardate, comunque volevo ricollegarmi ad un'altra scena del film del 2004. Con questo spero di acquisire sia nuove che vecchie lettrici di questa storiella, che forse è un po' difficile da comprendere visto la particolarità della stessa. Comunque spero che vi piaccia davvero io mi metto al vostro servizio per qualsiasi chiarimento.


Nell'avviso mi sono permessa di indicarvi il link della ff a cui questa si ricollega, sia per darvi il senso di continuum sia perché magari vi ispira e mi lasciate un'opinione anche lì  ^^.


Sono aperta a qualsiasi vostra domanda.


Vi auguro un buon viaggio con me e con la mia fantasia ...


 

I remainGentlemen. Your obedient servant.


Mally/BigMistake


 

   
 
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