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Autore: ethelincabbages    29/05/2014    1 recensioni
Christmas è un posto piuttosto tranquillo per il Dottore, tra regolari invasioni di Daleks e i dolci del signor Bartholomew. Cosa succede quando uno dei tanti eco di Clara Oswald si sacrifica per proteggere la cittadella?
Una delle idee più imbecilli della storia si fa strada nella mente del Dottore: andare ad accertarsi, sulla Terra, Ventunesimo Secolo, che Clara Oswald, l'originale, stia vivendo la sua piccola e ordinata vita.
«Ci sono così tante cose che non dovremmo fare: non dovresti mettere le mani nella Nutella, non dovresti mai andare a Pompei la vigilia dell’esplosione del vulcano, non dovresti mettere il tweed in lavatrice, e quando vedi un cartello ‘Non entrare’ non dovresti entrare».
EDIT 29/05/2014
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 11, Doctor - 12
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Buona vita, Clara Oswald
Personaggi: Clara Oswald, Undicesimo Dottore, Dodicesimo Dottore
Generi: Romantico, Slice of life, Fluff
Rating: Verde
Note personali: Questa fanfiction nasce dal bisogno di ‘rivedere’ Clara e l’Undicesimo Dottore insieme. Non ho idea se la trama contraddice il Canon o meno, se è possibile nell’universo whovian o se non lo è, prendetela per quello che è. Spero possa divertirvi comunque.
Sono presenti due leggerissimi accenni di spoiler dell’ottava stagione, non so neanche se siano considerabili tali se non li avete già sentiti probabilmente non ve ne neanche accorgerete.
Ringrazio infinitamente roxy_xyz. <3
Credits: Clara Oswald e il Dottore appartengono alla BBC. Romeo e Giulietta è opera di William Shakespeare e la riconoscerete sicuramente nel testo.
Buona lettura!

Edit: Ringrazio infinitamente Lights e i suoi fantastici banner

 
Buona vita, Clara Oswald
Prologo
Era un cavalluccio a dondolo, uno di quelli che aveva intagliato lui stesso. La torre tremava tutta e il cavallo a dondolo era rotolato giù in terra dalla sua non così salda posizione sul tavolo da lavoro, tra fogli, coltellini e qualche fantoccio di legno. Il Dottore lo raccolse con calma, la gamba destra non gli permetteva più le grandi corse di cui un tempo andava tanto fiero.
«Non è il caso di sacrificare anche te, adesso» borbottò, scuotendo la testa.
La torre aveva oscillato, come sotto l’influsso di un terremoto, il cavallo era caduto. Contò fino a tre e poi:
«Dottore, stanno attaccando da est: Daleks». L’avviso arrivò con precisione militare. A Vincent, il ragazzotto che lo attendeva adesso sull’uscio, piaceva considerarsi vicesceriffo. Il suo sguardo attento sotto gli occhiali tondi e la mano di legno tradivano un’esperienza che il Dottore avrebbe preferito non avesse. «Qual è il piano?»
«Non avere alcun piano».
***
«Pericolo nuovamente scampato, Dottore. Per fortuna che c’è lei! Come faccia sempre ancora non l’ho capito, ma l’importante è che ce la faccia, Dottore. Tu hai capito come fa, Angela?»
Il Dottore si era ritrovato sottobraccio al signor Bartholomew non appena era esplosa la carcassa dell’ultimo Dalek invasore. Bartholomew era uno dei membri del consiglio comunale di Christmas e aveva reso suo personale onore e onere fare in modo che il Dottore fosse sempre ringraziato e coccolato a dovere. Ogni volta che un Sontaran appariva e scompariva dalle parti della cupola di protezione, ogni volta che un gruppo di Cybermen se ne inventava una nuova per intrufolarsi e veniva costretto alla ritirata, Bartholomew prendeva il Dottore per mano, e se lo tirava fino in casa, lo piazzava sulla poltrona più prossima al suo adorato caminetto, e gli riempiva le mani e la bocca dei dolci preparati dalla cara Angela. Sempre gioviale e allegro Bartholomew. «Mangi, Dottore, prenda, non faccia complimenti».
«La…», il Dottore ingoiò in fretta sotto gli sguardi impazienti di Bartholomew e signora, «ringrazio». I due coniugi erano sempre tanto solleciti, gentili e domestici. Troppo domestici. Il Dottore cercava di annuire, ringraziare, dare una parvenza di piacere e sparire il più rapidamente possibile.
«Dottore! Dottore!» La piccola di casa Bartholomew corse in sala, con la voce squillante cercò di richiamare l’attenzione del Dottore, agitava forte la bambolina di pezza che stringeva nella mano sinistra, mentre appoggiava malamente la destra sulla fronte, cercando di imitare il saluto militare che aveva visto fare dal Dottore. « Medei, medei! C’è Mano di legno alla porta!»
«Medei? E adesso questo che vuol dire?» chiese Bartholomew confuso, nello stesso momento in cui la moglie sgridava la scelta di parole della bimba «Constance, non fare la maleducata!»
Il Dottore sorrise semplicemente all’innocenza della bambina. «Sbatto-Lo-Stipite-Vincent sarebbe un soprannome più adatto. Oppure Non-Entro-Mai… no, meglio Sto-Sempre-All’Uscio» ragionò, con convinzione. «Quali altre buone notizie ci porti?»
«C’è stato un attacco a sud-ovest. Cyberman. Uno solo. Abbattuto», recitò Vincent con calma. Poi abbasso lo sguardo e il tono. «Vittime: una».
***
«Tu» sussurrò appena, portandosi la mano sul viso, a chiudere gli occhi. «Tu». Il tu delle notti insonni, e delle albe sulla torre. Doveva essere un errore, un brutto tiro del suo vecchio, vecchio cervello.
La mano della ragazza si stringeva sul petto, a coprire la ferita causata dall’ultimo e unico colpo che il Cyberman era riuscito a sparare prima di cadere in una delle trappole del Dottore ed esplodere. Probabilmente se la ragazza non si fosse trovata lì per distrarlo, sarebbe riuscito a passare. Era lì per un motivo quella ragazza.
La ragazza. Poco più che ragazza, ma con gli stessi occhi così grandi, così scuri, così pieni di fiducia malriposta. Non avrebbe mai dovuto lasciare che lei si fidasse di lui, pensò il Dottore con amarezza. Era sempre stato un gran vigliacco il Dottore. Tutte le promesse, tutti i viaggi, tutti i sogni rincorsi, tutti i mostri uccisi e i pianeti salvati non contavano niente, non aveva mai saputo dire addio a sua moglie, non era mai riuscito a lasciare andare il sorriso di Rose Tyler e non poteva, non poteva, guardare negli occhi Clara Oswald. O quel che restava di Clara Oswald. Un’eco, uno specchio, una foglia rimasta a volteggiare nel vento.
Ebbe appena il tempo di chiedersi come avesse fatto, in tutti quegli anni a Trenzalore, a non notare mai quel naso buffo e quell’occhietto vispo, ma era ovvio, i suoi eco erano fatti per passare inosservati, non avrebbe mai dovuto accorgersi di lei, avrebbe dovuto dimenticare e andare avanti.
«State bene? State tutti bene?» chiese lei, a bassa voce, gli occhi socchiusi. E il Dottore si ritrovò a sorprendersi del suono della sua voce: mancava solo un pizzico dell’accento di Blackpool. Le afferrò la mano.
«Ci hai salvati, Cl-.» Le sorrise. «Come ti chiami?» domandò, pur di non chiederle quello che già le aveva chiesto una volta, che le avrebbe chiesto miliardi e miliardi di volte, nonostante lo considerasse sempre un errore: Verresti via con me?
«Clare».
«Bel nome, dovresti decisamente tenerlo». Gli occhi del Dottore erano ormai pieni di lacrime. Stupido vecchio sentimentale. A cosa era servito mandarla via, ingannarla? Se doveva osservare impotente ancora e ancora la sua morte?
«È bello conoscerla, alla fine, Dottore».
Credevi davvero che non avresti avuto più bisogno di essere salvato?
   
 
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