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Autore: Tripudium tantum    29/05/2014    3 recensioni
(MOMENTANEAMENTE SOSPESA.)
{Sequel "The latest weapon of destiny",}
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Dodici anni sono pochi per sopportare la morte dei propri genitori, soprattutto se la causa è ignota. Aron Styles era ancora in fasce quando i suoi genitori scappavano da qualcosa, o qualcuno.
Negli anni successivi alla loro morte, diventa distaccato, apatico, incapace di provare alcuna emozione, senza che ricordasse l'accaduto.
[...]
Aron sfiorò l'elsa con le dita. Appena la sua pelle fece contatto con essa, fu come catapultarsi in un'altra persona.
L'uomo correva veloce, seguito da una donna dai capelli rossi. Cercò di tenderle la mano, ma lei inciampò. Lui si catapultò verso di lei, proteggendola col suo corpo dall'esplosione che sarebbe avvenuta a breve.
Aron sentiva il fiato corto e tanto dolore in tutto il corpo, come se indossasse un'altra persona. Ma c'era qualcosa di familiare in quella donna.
Tutti i vetri si frantumarono, andando a graffiare la schiena dell'uomo.
- H-Harry...- sussurrò la donna piangendo.
Lui si mosse appena, sussurrando:- Ce la faremo Astrea, te lo prometto.-

Col respiro ansimante Aron si riprese.
Quelli... quelli erano i suoi genitori.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Skyler camminava veloce, con la mano sul cuore. Faceva due passi in velocità e subito cominciava a battere forte, come se stesse pensando a lui.
Già, aveva sempre pensato che se la malattia non l’avrebbe uccisa, l’avrebbe fatto sicuramente lui. Era così meschino e crudele non riuscire a pensarlo, che subito il suo battito accelerava in maniera anormale, come se dovesse schizzarle fuori dal petto.
La strada di casa era lunga e piena di insidie, uomini nei vicoli che si scolavano bottiglie intere di birra, drogati e a volte perfino terroristi.
Per fortuna Skyler sapeva dove andare e dove non. Arrivata davanti alla soglia di casa c’era sua madre Elisabeth, con una faccia piuttosto preoccupata.
- Dov’eri?- fu la prima cosa che le chiese.
- Al parco.- rispose lei.
- Dovevi essere qui un’ora fa! E dov’è Aron?- domandò agitata.
Skyler ruotò gli occhi al cielo:- Ha quasi diciassette anni, sa cavarsela anche da solo.
Entrò in fretta e furia, entrando nella sua stanza e buttandosi di peso sul letto disfatto. Le pareti bianche panna rendevano tutto più monotono e triste. Così, mettendosi una mano sul petto, si addormentò, sperando di non morire.

Stava cominciando a piovere e Aron era ancora sulla via del ritorno. Il cappuccio lo proteggeva abbastanza, ma era comunque già fradicio: da lì a poco sarebbe diluviato.
Non poteva neanche andare troppo veloce altrimenti sarebbe scivolato. Un lampo squarciò il cielo, seguito da un assordante tuono. Involontariamente pensò a Skyler, e alla sua fobia dei temporali. Bastava che vedesse un fulmine e subito si nascondeva in cantina, dove iniziava a cantare canzoni per allontanare la pioggia. Sorrise senza accorgersene, lei credeva davvero che avrebbe funzionato.
Non si accorse neanche che era appena arrivato davanti all’uscio di casa sua. Si riparò sotto il balcone che sta proprio sopra la porta e bussò.
Gli venne ad aprire sua zia, che, mettendosi una mano sul cuore borbottò un ringraziamento diretto al cielo. Lui la scansò poco delicatamente, andando subito verso la sua stanza, cadendo immediatamente tra le braccia di Morfeo.

Il mattino seguente tutto prospettava un’aria diversa. Non si sentivano i passi di sua zia, né le dolci noti di Skyler che canticchiava al piano di sotto. Si alzò e trasalì quando i suoi piedi toccarono il marmo freddo del pavimento. Girovagando per la casa constatò che non ci fosse nessuno, neanche il solito gatto nel giardino.
Strano.
Arrivato in cucina, si mise sul tavolo, appoggiando i gomiti al tavolo. Poi, abbassando lo sguardo, un tuffo al cuore.
Una chiazza rossa, ancora umida, faceva capolino nel legno d’abete bianco. Balzò dalla sedia, si infilò malamente le scarpe e prese il giubbotto contenente il cellulare, non si curò nemmeno di chiudere la porta.
Correva, non sapendo bene neanche cosa cercare, cosa fare, dove andare. Il cellulare vibrò insistentemente, ma ora non aveva tempo, non ne aveva neanche un po’. Dopo i due minuti di squilli, divenne tremendamente fastidioso, e con l’intenzione di attaccare, infilò la mano nella tasca. Appena vide il numero, rispose.
- Ospedale San Grace, parla Aron Styles?- chiese una voce femminile.
Aron rimase in silenzio una manciata di secondi:- Sì.
- La prego di venire alla stanza 1205, c’è sua sorella che ha avuto un grave incidente.- lo informò.
- Che tipo di incidente?- domandò lui.
La donna sembrava riluttante sul dirlo:- La prego di venire.
E una seria di segnali acustici che avvisavano che la telefonata era conclusa. Imprecò sottovoce, dirigendosi verso l’ospedale.

La corsa era stata lunga e faticosa, non si sentiva più i polmoni. Era ansimante, e qualche infermiera si era fermata per chiedergli come stesse. Non rispose a nessuna, andando a trovare la stanza 1205. Non si fermò a chiedere dove era, neanche in che piano; i numeri erano sconnessi tra loro, e non poteva neanche cercare tra i settori, perché non sapeva cosa le fosse successo.
Al terzo piano, in fondo al corridoio, finalmente trovò la stanza tanto bramata. Si posizionò esattamente di fronte, socchiudendola in modo cauto. Vi ci trovò un uomo in camice, probabilmente un medico, con una cartella clinica in mano. Decise di entrare.
Appena varcò la soglia, il medico alzò lo sguardo, venendo verso di lui:- Aron Styles?
Lui si leccò le labbra, non riusciva a vederla:- Cosa è successo a mia sorella?
Non l’aveva mai chiamata in quel modo, neppure da piccolo. Nonostante la sentisse tale, a tutti gli effetti. Lui l’aveva sempre respinta, ferita, rifiutata perfino come amica, ma lei non aveva mai mollato. Solo in quel momento si rese conto che lei era proprio una sorella, per lui.
L’uomo saettò con lo sguardo da Skyler a lui, poi chiuse la porta. Si tolse gli occhiali, e lo guardò dritto negli occhi.
- Skyler stanotte ha avuto gravissima crisi respiratoria, dove il sangue ha riempito i suoi polmoni. Abbiamo operato tutta la notte, ma non siamo riusciti a estrarre tutto il sangue. Un movimento brusco e potrebbe rimanere soffocata. Attualmente è collegata ad una macchina che l’aiuta a respirare.- spiegò brevemente. – la prego di attendere nella sala d’attesa con sua zia.
Aron non si mosse:- Voglio vederla.
Il suo tono non ammetteva repliche, ma nonostante ciò, l’uomo gli si parò davanti.
- Le chiedo un minuto.- si addolcì.
Riluttante, il dottore lo lasciò entrare, chiudendo la porta dietro di sé. Aron le dava le spalle, un po’ per paura di vederla, forse.
Si girò con circospezione, trasalendo vedendola. Una serie di tubi infilati nel suo braccio e una mascherina che copriva naso e bocca facevano uno strano affetto. Accanto al suo letto c’era un contatore di battiti cardiaci.
Se glielo avessero detto tre giorni fa, di trovare Skyler su un letto d’ospedale, quasi in fin di vita, probabilmente non avrebbe avuto nessuna reazione. Ora invece era quasi triste, quasi gli importava di lei. La sua pelle era più bianca del solito, gli occhi azzurri, sempre pieni di vita, ora chiusi. Prese un respiro profondo, sedendosi sul letto di fianco a lei. Stava lì, intento a guardarla, come la luna nelle notte in cui era piena, oppure quando, dentro i cassetti, trovava foto di lui da bambino con i suoi genitori; con un misto di incredulità e malinconia.
Strinse i denti e uscì in fretta e furia dalla stanza.

C’era una cosa però che Aron non sapeva.
Skyler, stava morendo.



 

Ehi pelle pimpeee.
Scusatemi se ci ho messo un sacco ad aggiornare, ma (come credo anche a voi) la scuola mi tartassa come mia madre la mattina per alzarmi, lol.
Spero vi piaccia, perché ci ho messo taaanto(?)
Alla prossima dfghjk
Trippa.
   
 
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