Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: yua    04/08/2008    4 recensioni
Quando, dopo circa mezz’ora uscirono dall’appartamento, l’animo di Kurogane si alterò ancora, perché pioveva, pioveva talmente tanto che a stento si vedeva la strada, ed il cielo era così nero da far credere che fosse ancora notte. E Fay aveva perso l’ultimo ombrello. Lo sgridò ancora, e lui gli voltò le spalle, proprio come un ragazzino indispettito.

un'altra fay/kurogane. mi dispiace, ma non riesco a trovare una fine allegra per questa coppia ^-^
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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____Lullaby_____






…Guarda fuori dalla finestra: piove anche oggi, proprio come allora, proprio come nel giorno in cui ha sperimentato sulla sua pelle quanto possa essere labile la mente umana, quanto sia più profondo il cuore.
Piove anche oggi, proprio come allora, proprio come in ogni momento che nella sua esistenza ha segnato un cambiamento, piove a dirotto, come nel giorno in cui tutto è ricominciato, come nel giorno in cui le angosce si sono risvegliate; e come allora una malinconica melodia risuona nella sua testa:, è una vecchia ninna nanna



«Dio, ma perché non taci?» esclamò Kurogane, roteando gli occhi esasperato. Fay rimase un istante interdetto prima di mettere il broncio, smettendo momentaneamente di canticchiare. Il giapponese emise un sonoro sospiro di sollievo «è… è tutta la notte che vai avanti con quella stramaledetta litania! Non mi hai fatto chiudere occhio! Sei a dir poco snervante!» sbottò prima di andare a prendere una maglietta. L’altro incrociò le braccia sul petto, assunse un’espressione offesa e guardandolo intensamente disse: «Kuro-koi sei cattivo. Fai sempre così, uffa, mi sono offeso.» trasse un respiro profondo, segno che stava per iniziare una delle sue solite lagne, ed infatti cominciò: «Kuro-bau, mi tratti sempre male! E poi, non è mica colpa mia se mi è entrata in testa questa stana musichetta! Tu...»
Continuò a parlare, ma Kurogane smise presto di ascoltare e ricominciò a prepararsi. Lui era già pronto, ma Fay ancora stava blaterando qualcosa a proposito del suo caratteraccio. «datti una mossa, o al lavoro ci vai a piedi» tagliò corto il moro, senza badare troppo all’espressione ancora più imbronciata di Fay.
Quando, dopo circa mezz’ora uscirono dall’appartamento, l’animo di Kurogane si alterò ancora, perché pioveva, pioveva talmente tanto che a stento si vedeva la strada, ed il cielo era così nero da far credere che fosse ancora notte. E Fay aveva perso l’ultimo ombrello. Lo sgridò ancora, e lui gli voltò le spalle, proprio come un ragazzino indispettito.
Nonostante fosse abbastanza seccato il giapponese andò a prendere la macchina, facendo aspettare l’altro a riparo, sotto il portico. Il biondo sorrise a quel gesto, forse la cosa più dolce che in quel giorno si sarebbe potuto aspettare dal burbero compagno, e in un istante tutto il “cattivo umore” sparì. Così, quando la grossa macchina nera si avvicinò a lui vi saltò dentro con un sorriso smagliante, ricominciando a cantare «con sommo dispiacere di un ormai rassegnato Kurogane» quella specie di ninna nanna che aveva in mente dal pomeriggio precedente. Sempre le stesse due malinconiche strofe senza parole, mormorate a voce bassa e a labbra serrate, da canticchiare appena con gli occhi socchiusi. «Ecco!» esclamò ad un certo punto battendo euforico le mani. Il cielo nero dietro di lui si illuminò all’improvviso da un grosso lampo, ed il tuono a lui legato fece sobbalzare il giovane, spaventandolo non poco. Kurogane, notando il suo scatto, non poté fare a meno di constatare quanto fosse simile ad un bambino troppo cresciuto, spaventato dai tuoni e dal buio, perseguitato da incubi spaventosi. Sentiva il bisogno di proteggerlo, sempre, in ogni occasione, eppure non glielo avrebbe mai dimostrato. «allora?! Che stavi dicendo?!» chiese bruscamente. Fay si riprese e tornò a fissare l’altro, posando le sue mani sottili sulla pelle scoperta del suo avambraccio «finalmente mi sono ricordato che cos’è quella canzoncina che mi rimbomba in testa» proferì con fare solenne. Kurogane gli rivolse una rapida, interrogativa occhiata. «è una ninna nanna. Me la cantava mia madre quando stavo male, o quando non riuscivo a prendere sonno» spiegò. L’altro inclinò leggermente la testa, senza distogliere lo sguardo dalla strada deserta, e si concesse un leggero sorriso. Se ne pentì subito, perché Fay non mancò di fare entusiastici commenti in proposito. «Ahah, che cos’è questo Kuro-tan?» chiese portando un dito all’angolo delle labbra dell’altro, che subito tornarono nella loro posizione normale, ovvero leggermente curvate all’ingiù. «Waaahh!!! Anche Kuro-run può sorridere!! Lo sai, ormai pensavo che non ne fossi capace! Guardati, già non sorridi più! Lo fai così poco che penso seriamente ti si siano atrofizzati i muscoli. Si, ma non potremmo farla diventare un’abitu-» Fay fu interrotto da un urlo di Kurogane «FAY STA’ GIÙ» i suoi occhi scarlatti erano colmi di terrore mentre istintivamente si gettava sul corpo del compagno, un inutile tentativo di proteggerlo dal feroce impatto. In un istante tutti i vetri dell’auto si frantumarono, ed il muso del veicolo vene tranciato di netto dalla vettura di un pazzo che era sbucata ad una velocità folle da una strada secondaria. La loro macchina finì fuori strada e si ribaltò, scagliando i due all’esterno. Fay aprì gli occhi quasi subito, sentendo la pioggia gelata bagnargli il viso. Perdeva sangue da vari punti, ma non sentiva male. Si alzò tanto velocemente quanto il suo corpo indebolito gli permise quando vide Kurogane semi sommerso dai rottami dell’auto, praticamente immobile. Riuscì a tirarlo fuori, constatando che respirava ancora, in modo debole e irregolare, ma respirava ancora. Aveva perso i sensi, e si trovava inerte tra le stanche braccia di Fay, cha ormai non capiva più nulla. Strinse forte quel corpo, e mentre frammenti di vetro e metallo penetravano nella carne morbida delle sue gambe, la solita ninna nanna riaffiorò sulle sue labbra.

Quando arrivarono i soccorsi la pioggia non aveva mai smesso la sua incessante e impietosa discesa, e attorno ai due corpi una chiazza di sangue si era allargata in modo quasi allarmante. Fay quasi non si accorse di quando i paramedici tolsero dalle sue mani gelate il corpo del suo amante, per portarlo di corsa nell’ospedale più vicino, o tanto meno quando un paio di braccia forti lo sollevarono di peso portandolo in un’altra vettura. Svenne.

«i medici hanno detto che si potrebbe risvegliare a momenti, quindi restiamo un altro po’, non vorrei che quando aprisse gli occhi fosse solo» con queste parole Fay finalmente riuscì a destarsi. All’inizio vedeva tutto molto appannato, poi ombre sfocate, confuse, e poi, finalmente riconobbe la figura snella di Sakura e del suo inseparabile compagno, Shaoran. La ragazza si accorse subito del suo risveglio, e corse al suo fianco, a tempestarlo di domande. Shaoran invece comprese lo stato in cui si trovava l’amico, ed allontanò da lui la sua irruente ragazza. «Sakura, sta’ calma, così lo soffochi poverino! Si è appena svegliato!» esclamò.
Il biondo si guardò intorno spaesato. «dove siamo? Cosa… che è successo?» poi dopo un rapido sguardo alle facce dei due chiese ancora, un po’ spaventato: « dov’è Kurogane?» a quella domanda Sakura scoppiò a piangere, e Shaoran, sebbene fosse un po’ restio, gli raccontò dell’incidente che avevano avuto tre giorni prima, del pazzo che li aveva travolti e che era ormai morto, dei danni riportati dall’auto in cui si trovavano, del coma leggero in cui lui era caduto…
«ma kurogane?» insistette Fay. Shaoran inspirò profondamente: «non sanno ancora se riuscirà a sopravvivere, è in coma, non dà segno di miglioramenti.» aveva preferito dirgli subito la verità, senza raccontargli bugie, senza cercare di indorargli la pillola, ma già mentre lo vedeva impallidire come un cadavere e sgranare gli occhi incredulo non era più sicuro di aver fatto la cosa giusta.


Passarono altri due giorni di accertamenti prima che a Fay fosse permesso di alzarsi. Nel frattempo Kurogane era entrato nel reparto di terapia sub intensiva, e dopo mille pressanti richieste, a Fay fu accordato il permesso di andarlo a trovare.
Passava tutto il tempo al suo capezzale, stringendo forte una delle grandi mani del giapponese. Non si muoveva mai di lì, se non quando ne era costretto.
Non parlava, non piangeva, non si lamentava, solo canticchiava a bassa voce la canzoncina che sua madre usava come “rimedio” per gli incubi. Spesso si addormentava sulla sedia che gli avevano portato, proprio lì, accanto al letto della persona che amava, ma non si trattava mai di sonni tranquilli: gli occhi di Kurogane un attimo prima di quello spaventoso schianto, così pieni di paura, e quel suo cercare di proteggerlo… per quale motivo solo uno dei due ora si trovava sdraiato in stato di incoscienza in un letto di ospedale? I giorni passavano, e Fay non riusciva a darsi le risposte che chiedeva. I medici non sapevano più che fare, e gli amici dei due erano sempre più preoccupati perché sapevano fin troppo bene che se lo stato di Kurogane non fosse cambiato, Fay non sarebbe stato capace di reagire.
Era un giorno come tanti altri quando Fay, la testa poggiata sul materasso del giapponese, i capelli morbidamente sparpagliati sul suo braccio, la mano che delicatamente stringeva quella dell’altro, fu svegliato da quella che sembrava proprio la nenia che ormai non faceva altro che ripetere. Non fece in tempo a sollevare lo sguardo che improvvisamente si sentì stringere la mano.
Quando incontrò il viso della persona che per tanto tempo aveva solo sperato veder riaprire gli occhi, sentì un tremendo bisogno di piangere. «c…ciao» mormorò tra le lacrime. L’altro gli rivolse uno sguardo confuso, e smise di canticchiare.
Fay riuscì a trattenere i singhiozzi, e si asciugò col dorso della mano libera ciò che restava delle grosse gocce di pianto che aveva già versato «ciao Kuro-chan» disse sorridendo. L’altro provò a sua volta ad accennare un sorriso «perdonami… mi dispiace, ma… ma non… chi sei?» il sangue si congelò nelle vene di Fay: in effetti i medici avevano parlato della possibilità di amnesia in seguito al violento trauma cranico che Kurogane aveva riportato, ma aveva preferito non pensarci, era stato davvero troppo impegnato a sperare che riaprisse gli occhi.
Lasciò improvvisamente andare quella mano che aveva tanto diligentemente tenuto per tutto quel tempo.
Ebbe paura, temette che dire la verità non sarebbe stata la cosa migliore, sospettò che non lo avrebbe accettato. «sono… sono un amico.»

Per due giorni il biondino non si fece vedere. Non sapeva per quale motivo, non si ricordava di lui, eppure a Kurogane mancava. Strinse forte la mano sinistra, quella che al suo risveglio aveva trovato calda, quella che credeva quel bizzarro biondino avesse stretto. Un’altra cosa di cui sentiva la mancanza era quella voce modulata con grazia per formare quei suoni mesti e un po’ nostalgici che componevano quella dolce melodia, quella ninna nanna così familiare e rassicurante. Voltò la testa dalla parte opposta della porta e chiuse gli occhi. Forse si addormentò, ma si svegliò col suono scrosciante dell’acqua che batteva contro la finestra che faceva da sottofondo a quella che ormai aveva deciso di chiamare “la sua ninnananna”. Strinse la propria mano con dolcezza, felice di trovarvi quella più piccola e sottile che il suo corpo riconosceva bene. Non aprì gli occhi, aveva paura che tutto sparisse, e voleva godere di quell’attimo fino in fondo, senza aggiungervi parole o gesti inutili. C’era solo quell’istante, perfetto, incredibile, bloccato a quel modo per sempre.
  
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