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Autore: Imapardula    29/05/2014    0 recensioni
“Porca troia Chiara, ha appena chiamato Francesco e indovina? SAREMO IL GRUPPO DI SPALLA DEI CHILDREN OF BODOM PER TUTTA LA DURATA DEL TOUR.”
Sono presenti parolacce e bestemmie, se questi due elementi possono darvi fastidio, siete pregati di non leggere la storia.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction e spero vi piaccia!
Sicuramente saranno presenti errori grammaticali, ho controllato rileggendo più volte il capitolo, ma alcuni errori mi saranno sfuggiti, quindi se ne trovate, siete pregati di dirmelo! :)
So di non essere brava a scrivere storie, ma spero di migliorare, quindi mi scuso in anticipo.

 

Capitolo 1


“Signorina, può entrare.”
Mi disse la vicepreside facendomi cenno di entrare nel suo ufficio. Mi alzai velocemente dalla panchina che c’era accanto alla porta, e entrai nella stanza. Era un piccolo ufficio completamente bianco, arredato solamente da una scrivania, tre sedie e due scaffali con all’interno infiniti libri.
Mi sedetti su una delle due sedie che fronteggiavano la scrivania e guardai la vicepreside in volto, sorridendo.


Il tutto è iniziato durante la terza ora, quella di inglese. Ero seduta al mio solito posto, quello infondo alla classe accanto alla finestra mentre finivo di scrivere una nuova canzone per il gruppo, quando il telefonino
vibrò.
Seccata, sbloccai la tastiera del cellulare e lessi il messaggio che era di Matteo, il batterista del gruppo.
“Porca troia Chiara, ha appena chiamato Francesco e indovina? SAREMO IL GRUPPO DI SPALLA DEI CHILDREN OF BODOM PER TUTTA LA DURATA DEL TOUR.”
Non rilessi nemmeno il messaggio, che mi alzai di scatto e urlai “PORCO DIO, SI’”.
Il quel momento stavo amando Frà alla follia, anche se mi stava sulle palle.
Francesco era il “menager” del nostro gruppo death metal i Disemboweled, e da mesi continuava a ripetere che a breve ci avrebbe fatto una specie di sorpresa e che lo avremmo amato per quello.
E in effetti aveva ragione.
Dopo il mio esulto però tutta la classe si voltò verso di me, scoppiando a ridere e  il mio vicino di banco Daniele si mise una mano sul volto e scosse la testa.
La professoressa invece diventò rossa per la rabbia e mi mandò dalla vicepreside.


Guardai la vicepreside in volto, sorridendo. Ero troppo felice per poter pensare che mi avrebbero sospesa per minimo una settimana per via della bestemmia e del telefono acceso, proprio non ce la facevo.
Vi rendete conto? Farò un tour insieme a uno dei miei gruppi preferiti.
“Chiara, ti rendi conto che in un mese, è già la terza volta che vieni qui? Vorrei non farlo, ma mi toccherà sospenderti questa volta. Per il cellulare acceso avrei potuto chiudere un occhio, ma per la bestemmia non se ne parla!”
E in effetti aveva ragione. Passavo più tempo nel suo ufficio che in classe, e ormai eravamo diventate quasi “amiche”.
“Ha ragione, ho sbagliato lo ammetto, ma non ho potuto resistere.”
La vicepreside sospirò e guardò la maglia che indossavo. Senza volerlo, lesse la scritta “Children of Bodom” che vi era stampata sopra, ad alta voce e io allargai il mio sorriso. Alzò lo sguardo e mi guardò negli occhi.
“Su, racconta che è successo.”
Sorrise anche lei. Sembrerà strano, lo so, ma la mia vicepreside è la migliore in assoluto.
“Le ho raccontato del mio gruppo, giusto? Beh, vede, sta per partire in un tour con uno dei miei gruppi preferiti!”
Dissi, quasi ulrando. Ancora non ci credevo.
“Chiara, calmati.
Che dire, mi fa piacere questa cosa, ma non annullerà la tua punizione, però… La cambierà. Non voglio sospenderti proprio due settimane prima della fine della scuola, e per questo ti farò fare qualche lavoretto utile per la struttura.”
Ecco perché adoravo quella donna. Non amava sospendere gli alunni. Mi salvava la vita ogni volta.
“Ma ora ti conviene prendere le tue cose e andare a casa, da domani inizierai le tue ore di punizione.”
Disse, per poi sorridermi nuovamente.
La ringraziai infinitamente, presi lo zaino che avevo lasciato fuori dall’ufficio e lasciai per quella giornata la scuola.


 
   
 
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