Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Harley Sparrow    29/05/2014    26 recensioni
|Helsa| |Hans + Elsa| |ho pubblicato anche il seguito, Fix You|
*
Un amore che non diede loro la forza di volare, ma di lasciarsi precipitare. E tornare a vivere.
*
"Ora capisco per quale motivo siete qui..." [...] Elsa strinse la tazza fra le mani, aggrappandosi a essa come se fosse l’unico modo per non cadere "vi siete resa conto che qualche anno di pace non è stato sufficiente per guarire le ferite di una vita, non è così?"
Lo guardò sbigottita e si affrettò a squittire un "no!" che rivelò tutta la sua fragilità e insicurezza.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Hans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bring me to Life'
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Epilogo
 
IT’S ALL COMING BACK TO ME NOW

 
“Ditemi quanto l'amate.”
“Come un contagio e la sua cura insieme…”
“…Come la pioggia e il sole.
Come il freddo e il caldo.”

 
[Shakespeare in Love]
 
 
 
C’era una volta, in un regno molto lontano, una bellissima principessa di nome Elsa. Fin da piccola era stata costretta a convivere con un segreto, il segreto del ghiaccio che viveva in lei e che essa era in grado di produrre contro la sua volontà. Tutti, intorno a lei, pensavano che si trattasse di una maledizione, e quando una notte non riuscì a controllare il suo potere e lo usò inavvertitamete contro la sua dolce sorellina, anche lei se ne convinse. Da quella notte non le più più concesso di essere una bambina: dovette crescere in fretta e apprendere che pur di preservare l'incolumità di chi amava avrebbe dovuto sacrificare la propria felicità, e fu così che si rinchiuse in un mondo di solitudine triste, e cupa, e logorante.
 
Era stato un anno freddo, quello in cui la sua vita si intrecciò con quella di un principe malvagio di nome Hans. Anche lui, come Elsa, era stato abituato fin da piccolo a sentirsi un mostro, e alla fine se n'era convinto. E lo diventò per davvero.
Il giorno in cui divenne regina, Elsa dovette fare i conti con le sue paure più grandi, e fu così che quell’estate calda e dorata si tramutò in inverno. Quello stesso giorno arrivò nel suo regno il principe, il quale, nel corso della vita, aveva cercato di aprire il proprio cuore, ma vi erano entrati solo rabbia e odio che riversò prima contro la dolce sorellina di Elsa, e poi contro la regina stessa. Ma, come in ogni storia che si rispetti, il cattivo – il male – venne annientato e condannato all’esilio, alla solitudine, come è giusto che sia.

Con la condanna del principe, le paure della regina non svanirono: era perennemente perseguitata da incubi che continuavano a gridarle quanto di mostruoso ci fosse in lei e nei suoi poteri, e soprattutto quanto quel principe maledetto fosse simile a lei. Una notte prese la decisione di andare da lui.
Quando si incontrarono, Hans le disse cose cattive. La chiamò strega, la tormentò con parole tanto velenose che la fecero star male per giorni, ma lei riuscì a scorgere negli occhi del principe la tacita supplica di essere salvato da quel mondo in cui era stato costretto a rinchiudersi.
All’inizio non riuscivano a parlarsi e finirono solo per a ferirsi a vicenda, perché questa volta il vero nemico era il rancore che albergava nei loro cuori, irrefrenabile, maledetto da anni e anni di solitudine. Poi una notte, poco prima che Elsa tornasse nel suo regno, quel muro di ghiaccio che entrambi avevano eretto fra i loro cuori andò in frantumi, e lei gli permise di trascinarla nell’inferno più tetro, che si rivelò essere il Paradiso. Il loro Paradiso.
Vivevano solo di notte, nuotando controcorrente contro il mondo. Si amavano, si amavano da impazzire. E lui era dannatamente abile a trovare i punti deboli della donna, a graffiare e graffiare, fin quando non la vedeva sanguinare. Allora iniziava a leccarle le ferite ad un ad una, per vederla tornare a star bene. Rischiarono di affogare, ma alla fine riuscirono a riemergere dal fango in cui erano stati costretti da tutti. Credevano che il loro mondo sarebbe andato a pezzi di lì a breve, e invece, una notte, il letto del principe esiliato prese fuoco. Hans prese la regina per mano e la trascinò verso la luce. Tutto improvvisamente diventò bello, giusto, sensato… e la ruggine graffiante che li circondava diventò oro, luce, calore.
Allora lei seppe cosa avrebbe fatto.
Confessò alla sorella, che ancora servava tanto rancore per Hans, l’esistenza di quell’amore malato, e, quando ottenne la sua approvazione, partì per salvare il suo principe, proprio come lui aveva salvato lei mesi prima.
Si presentò al cospetto dei fratelli di Hans e chiese loro di lasciarlo libero. Essi, in un primo momento, non vollero accettare. Le dissero che il loro fratello non era degno di essere felice. Le dissero che si sarebbero opposti a quella folle richiesta fino alla morte. Ma alla fine le concessero ciò che voleva: preservare il regno da un congelamento perenne era sempre più importante della felicità del fratello minore.
Così era corsa da lui e lo aveva liberato dalla sua prigione dorata, e gli promise che insieme sarebbero riusciti a liberare il suo cuore, tanto dolce e tanto buono, dal filo spinato che lo teneva stretto nelle sue spire.
Tornarono insieme nel regno della regina, e, insieme, trovarono la forza per combattere contro tutti.
Il principe fece delle scuse pubbliche per il suo comportamento, scuse che vennero ben presto accettate, ma solo ufficialmente, perché in fondo nessuno era ancora pronto per permettergli una seconda occasione. A volte un pettegolezzo o un commento malizioso possono ferire molto più di una spada, e questo lo sapevano entrambi, ma non si arresero mai, e alla fine il loro amore venne premiato, perché tutti meritano una seconda occasione. Pian piano, nel giro di una manciata di mesi, il principe cominciò a essere amato dal popolo di quel regno lontano come se in vita non avesse mai fatto nulla di male, così si decise a chiedere alla regina di diventare sua moglie. Lei accettò, felice, e gli permise di diventare il suo re.
 
 
 
…E da quel giorno vissero per sempre felici e contenti.
 
 
*
 
*
 
*
 
Amo i tuoi capelli quando si spargono sul mio petto e mi fanno il solletico per tutta la notte. Amo l’imbarazzo che tinge le tue guance di rosso quando, appena sveglia, cerchi di sistemarti la massa aggrovigliata che hai in testa, sperando che io non ti veda in quello stato. Amo le tue mani quando cercano le mie mentre facciamo l’amore, o quando graffiano la mia schiena, e forse ancora di più quando ti svegli di notte – in lacrime – e inizi a stringere le mie come se fossero la tua unica ancora di salvezza – e forse lo sono davvero –. Amo come si curvano le tue labbra quando ti chiedo di ballare con me, finalmente davanti a tutti, o quando durante un ballo ti propongo di fare una passeggiata in giardino – perché capisci che ho bisogno di baciarti – Amo le tue labbra. Le amo quando percorrono il mio petto e poi vanno a posarsi sulle mie, l’unico posto dove vorrei che stiano per sempre. Amo il tuo divertimento quando mi vedi bisticciare con Anna, ancora sospettosa nei miei confronti. Amo i tuoi occhi. Ormai sono la prima cosa che vedo al risveglio da mesi, e sento che non potrò mai più farne a meno. Una volta mi hai detto che il colore verde delle mie iridi ti ricorda la primavera, e tu ami la primavera, anche se non l'hai mai vista veramente. Allora tu sei il mare, il mio mare calmo sempre pronto a farmi riprendere il fiato dalla burrasca della mia vita.
Ti ringrazio per aver passato una mano intorno al mio braccio irrigiditosi per l'ira, e per aver risposto – con più diplomazia di quella che avrei usato io – alle provocazioni del re delle Isole del Sud. Di mio fratello. Perché la collera mi ha sempre dato tanta forza, ma stava per distruggermi, un’altra volta. Scopro che sono qui con te solo grazie a una minaccia; sento la rabbia crescere dentro di me per questa umiliazione, e quando siamo soli la riverso su di te, e tu rimani lì a fissarmi e, chissà per quale folle motivo, a subire le mie parole avvelenate, finché io non sento la rabbia sbollire, e mi accorgo che in fondo non m'importa. Non m'importa più niente di quello che pensano i miei fratelli perché ho avvertito la loro delusione nel vedermi felice, e questa è per me una vendetta sufficiente. Ti ringrazio perché hai creduto che meritassi la felicità nonostante io avessi rinunciato a crederlo da tanto – troppo – tempo.
 
Ti amo perché non hai più avuto paura di mostrarmi la parte più nascosta di te, che ritieni orribile, mostruosa, ma io l'ho amata dal primo momento, e cerco ogni giorno di farti capire che è un dono, non una maledizione, come tutti ti hanno abituata a credere, come tu ti sei abituata a credere. Ti ho amata infinitamente quella notte in cui eri talmente spaventata da te stessa da permettermi di entrare una volta per tutte nella tua vita. Perché prendermi un raffreddore una volta al mese è infinitamente meglio che passare una vita senza te. Ti amo ogni volta che ti svegli per prima e inizi a muoverti goffamente facendomi svegliare. E sono i tuoi occhi a strapparmi da quell’incubo che mi perseguita ancora oggi, quello di perderti, di svegliarmi e ritrovarmi in quella stanza isolata e buia, senza di te. Ti amo perché ti sei sempre schierata dalla mia parte, anche quando ero indifendibile, anche quando i primi tempi qui ad Arendelle non perdevo l'occasione per sentirmi superiore a te, facendoti crollare con poche parole e poi sorreggendoti poco prima che toccassi il fondo. Mi piace vederti debole e indifesa come quando sei tornata da me dopo il processo, e inizio a pensare che forse anche a te piace questa situazione, perché ti fa sentire in qualche modo protetta.
Ti amo anche se mi hai dato del bastardo quella volta che ti ho detto come ti avrei uccisa se tutto fosse andato per il meglio (per il peggio, mi ritrovo a pensare – a correggermi – da qualche mese). “Avrei messo del veleno nella tua cioccolata calda.” Ti avevo confessato. Ti amo perché dopo avermi dato quell’appellativo hai continuato a baciarmi – e a ingozzarti di cioccolata –.
Anna non ha mai accettato l’idea che ti amassi: non appena ho messo piede ad Arendelle mi ha liquidato con un “stammi alla larga”. Si è ostinata a non rivolgermi la parola per i primi due mesi, evitandomi in ogni momento; non che me ne sia dispiaciuto, a dire il vero, e mi beavo della sua espressione contrariata quando ci vedeva emergere da un corridoio buio e isolato, e vedeva apparire dei segni rossi sul tuo collo, segni del mio passaggio. Ha fatto finta che fossi invisibile – e so delle scenate che ti ha fatto su di me – fino a quando le hai fatto una scenata a tua volta, una sera in cui io ero in ritardo per la cena. Avrei voluto esserci: sarebbe stato divertente vederti litigare con tua sorella per me.   
Oh, certo, è stato divertente spargere zizzania fra di voi fino a quando non mi sono reso conto di amarti sul serio. Be', a dire il vero lo sapevo già, altrimenti non sarei qui, ma un giorno mi sono reso conto di essere pronto per fare un passo avanti. Saranno stati i tuoi occhi, o le tue mani, o i tuoi capelli, che quel giorno mi sono sembrati ancora più belli, ma quel pomeriggio ho chiuso tua sorella e Kristoff in una stanza e ho detto loro in faccia quello che non sono mai stato in grado di dire a parole neanche a te, li ho costretti ad ascoltarmi e ho chiesto loro scusa per tutto, e nel giro di un giorno quel rancore bruciante l’ha abbandonata. Anna ha ricominciato a parlarmi come se non fosse mai successo niente, perché alla fine ha capito.
Tu ti sei arrabbiata guardando quel repentino cambio di atteggiamento e ci hai chiesto cosa fosse successo fra noi: ti sei arrabbiata e hai congelato la stanza in cui stavamo litigando.
“Che cosa pensavi che fosse?” ti ho chiesto divertito quella sera, sdraiato supino sul letto, guardandoti mentre ti scioglievi la treccia in tutta calma. Tu non hai risposto, e io, per la prima volta, non ho insistito; perché so quanto possa far male aver paura di essere abbandonati, ancora e ancora. Ma io non ti abbandonerò mai, e te l'ho detto – ovviamente dandoti della stupida.
È affascinante il tuo modo di rendermi le cose sempre più semplici. La verità è che stavo cercando il coraggio per mettermi in ginocchio davanti a te, e lo avrei fatto davvero, per te, solo per te. Ma tu e la tua insicurezza non mi avete dato altra scelta, così, senza neanche dover perdere tempo per dirti quanto ti amo, ti ho urlato che le avevo chiesto il permesso per chiederti di sposarmi. E tu hai pianto (a dire il vero, stavi già piangendo). E mi hai detto che cominciavi a credere che non ti avrei mai fatto la proposta di matrimonio.
 
Ti amo, e lo dico al mio confessore il giorno prima del nostro matrimonio, e sento che forse anche Dio mi ha perdonato per quello che ho fatto. Ho vacillato quando ti ho vista avanzare attraverso la navata centrale della cattedrale. Sembrava che stessi volando verso di me, volevo volare anch’io, ma rimasi saldo sulle mie gambe e ti guardai trionfante quando scoppiasti in un pianto liberatorio pronunciando le parole “nella buona e nella cattiva sorte.” Perché non è forse racchiusa in queste parole, la storia della nostra vita? Ti amo, e sento che se quel giorno ti avessi uccisa per davvero, mi sarei ucciso subito dopo. Perché non riesco più a immaginare come sarebbe stata la mia esistenza senza di te. Mi hai concesso una fiducia che nemmeno io mi sarei dato, e, ti amo, ti amo, ti amo.
Ti amo e inizio a dirtelo, ma solo quando dormi, solo quando ti vedo agitata nel sonno e voglio riportarti da me. Ti amo e mi piacciono queste parole, e sento che sono sempre più vicino a dirtelo anche quando hai gli occhi aperti. Sento che ogni giorno che passo con te mi abbandona quella rabbia bruciante che mi portava a ferirti in ogni singolo istante. Forse perché, in fondo, non c'è alcun bisogno di ferirti per sentirmi un grande. Per questo, ora mi basta tirarti i capelli e scompigliarteli ogni notte quando una scarica di elettricità pervade i nostri corpi uniti in un amplesso. Mi basta stringerti più forte fra le mie braccia per sentirmi un dio.
 
Ti ho amata anche quando sei svenuta fra le mie braccia durante il ballo dato in onore dei tuoi ventisei anni. Il 21 dicembre era, il giorno in cui vacillai di nuovo e dovetti lottare contro me stesso più di ogni altra volta per non mettermi ad urlare – o a piangere – mentre aspettavo fuori dalla nostra stanza che uscisse il dottore per dirmi come stavi. Nel castello avevano già iniziato a girare le voci che ti avessi avvelenata… eppure tutti avevano assistito alla scena patetica del re che, in preda al panico, inizia a urlare il tuo nome cercando di farti rinvenire.
Nessuno ti aveva avvelenata. Aspettavi un bambino. Me lo hai detto alzandoti dal letto e correndo verso di me quando finalmente mi hanno permesso di vederti. Ti abbracciai e sentii di essere felice come mai prima. Anna entrò poco dopo – l’avevo supplicata di tornare lei al ricevimento, di lasciarmi qui – e mi diede uno spintone per poterti abbracciare anche lei, ma tu non hai smesso di guardarmi, e dal tuo sguardo riuscii a percepire che quella felicità collettiva non era riuscita a soffocare del tutto la tua paura.
 
“Dovrete starle vicini, tutti voi." aveva detto il medico a me, ad Anna e a tutto il resto della corte. “Sapete quanto la regina sia emotiva…” emotiva… La parola che usò per dirci che temeva come avrebbe reagito il bambino in un corpo perennemente ghiacciato. Io comunque ho fatto come ha prescritto il medico: ti ho amata in ogni singolo istante. Ti amavo quando mi lasciavi sempre da solo in sede di Consiglio perché dovevi far fronte al malessere tipico dei primi mesi di gravidanza. Ti amavo quando mi svegliavi nel cuore della notte dicendomi di avere paura.
E se fosse come me?” mi hai chiesto una volta trattenendo a stento le lacrime. Allora io ti ho abbracciato, ho accarezzato il pancione, dove stava crescendo il nostro bambino, e ti ho detto “Spero proprio di no. Un’altra piccola testarda come te non riuscirei a proprio sopportarla.” E tu sei tornata a sorridere, anche se non ti ho detto quello che pensavo in quel momento, quello che pensavo dal quel 21 dicembre, cioè che avrei amato quella creatura quanto amo te.
Quella è stata la prima volta in cui ti ho toccato la pancia. Mi sono stupito nel sentirtela calda, calda come le tue mani quando facciamo l'amore, e mi son chiesto il perché, e l’ho chiesto anche a te. Era come se il mio amore – il nostro amore – si fosse insinuato dentro di te per proteggere in qualche modo nostro figlio dal freddo. Volevo crederci. Ci credetti e te lo dissi, e forse anche tu ci hai creduto, perché dopo quella notte ti tranquillizzasti.
 
Ti amo perché sei migliore di me, lo sei sempre stata, e me lo dimostri ancora una volta oggi, non ridendo di me quando mi vedi entrare nella stanza del parto dopo che mi sono venuti a chiamare – a cercare per tutto il castello – informandomi che nostro figlio è nato. E tu stai bene. Tutti stanno bene, tranne me, che non sono riuscito a sentirti gridare il tuo dolore e sono scappato per mettere più distanza possibile fra me e le tue urla, perché sentirti – vederti – soffrire sentendomi inerme fa troppo male, e allora mi sono accasciato in un angolo buio, mi sono afferrato i capelli e ho atteso che tutto finisse.
Entro e sento il nostro bambino piangere, e sento su di me lo sguardo di Anna, incredulo per la mia vigliaccheria, ma io ho gli occhi solo per te, e tu non ridi di me. Tu hai imparato a conoscermi e sai che non merito di essere deriso. Non merito di essere trattato come io ho trattato te per tutti questi anni. (Nemmeno tu lo meritavi, e giuro che appena riprendo fiato te lo dico, forse).
 
Sei lì, distesa sul letto, mentre culli quella creatura – la nostra creatura – fra le braccia, e sei così bella che mi sembra di non averti mai vista veramente.
Ora riesco a realizzare, sedendomi con cautela sul letto e guardandoti ancora scioccato mentre ti preoccupi che io stia bene, che è giunto il momento di smettere di soffrire. E quando mi proponi di prenderlo in braccio, e, senza avere il tempo per rispondere, mi ritrovo quell’esserino fra le braccia, non riesco più a trattenermi.
 
“Ti amo, Elsa.” ti sussurro, per la prima volta, senza sentirmi un idiota.
“Lo so.” Mi rispondi avvicinandoti a me con notevole sforzo e prendendomi il viso fra le mani, ancora tremanti, ma calde, meravigliosamente calde. “Ti amo anch'io.” mi sussurri prima di baciarmi.
Mi baci e io non ho più paura. Forse è il tuo viso caldo così vicino al mio, forse è il nostro piccolo che inizia subito a farsi sentire e reclama la sua mamma, forse è perché in questo momento sento di amarti come mai prima, ma capisco solo ora che è giunto il momento di essere felici, di tornare a vivere per davvero, insieme.
 
Perché tu sai – e anche io lo so – che sarebbe stato sbagliato, dannoso, catastrofico recidere quel bellissimo fiore nato dal fango che sgorgava dalle ferite dei nostri cuori.
­­­­­
­­­­­ ­­­­_____________________
FINE
 
 
C’erano notti in cui il vento era così freddo
Che il mio corpo si gelava nel letto
Se solo lo ascoltavo
Mentre soffiava fuori dalla finestra.

C’erano giorni in cui il sole era così crudele
Che tutte le lacrime diventavano polvere
E sapevo che i miei occhi non avrebbero più pianto.
 
Ho smesso di piangere nel momento in cui te ne sei andato
E non ricordo come, quando o perché
E ho rimosso ogni ricordo di me e di te.
 
Ci sono state quelle finte minacce e sciocche bugie
E ogni volta che hai cercato di farmi male
Io ti ho ferito anche di più
E molto più profondamente

C’erano ore che sembravano giorni
Quando alla fine da soli contavamo tutte le opportunità
Che avevamo perso per sempre.

Ma quando mi tocchi così
E mi stringi in quel modo devo ammettere
Che ricordo tutto
Quando ti sfioro in questo modo
E ti stringo così
È così difficile crederci ma
Ricordo tutto.
 
[It's All Coming back to me Now]
 
 
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Alcune noticelle finali:
Tanto per citare l’uomo di cui porto il cognome, in seguito a una sfortunata e del tutto imprevedibile serie di circostanze che non hanno a che fare in alcun modo con me… Ho dovuto ritardare l’aggiornamento. Chiedo venia e spero vivamente che sia piaciuto.
La canzone che dà il titolo all’epilogo è la mia canzone preferita, e credo che si adatti molto bene alla nostra storia.
It's All Coming back to me Now
Ho scritto che tutti pensavano che fosse una maledizione: ovviamente è in senso figurato, dato che, a quanto dicono nel film, non è una maledizione, ma ciò non toglie il fatto che Elsa lo pensi.
Il compleanno di Elsa: mi piace pensare che sia nata il giorno del solstizio d’inverno, anche se, ripensandoci…Se lei viene incoronata d'estate, vuol dire che compie gli anni di estate… Licenza! Licenza poetica!
La scena in cui lei sviene…Mi sono ispirata al meraviglioso film con Romy Schneider sull’imperatrice Sissi (1956) *.*
“Ha il filo spinato, intorno all’anima” citazione di Kronk, compatitemi. (Tanto amore!)
Ho deciso di far avere a Elsa e Hans un bambino... Non so come si chiama, so solo che non ha i poteri di Elsa, che Hans lo vizierà come non mai e che riverserà su di lui tutto l'ammmmòre che gli è stato negato in vita.

 
 
 
 
 
E ora…. RINGRAZIAMENTI!!!
 
Ringrazio di cuore Hans Westerguard ed Elsa di Arendelle che si sono prestati per questa storia.
Ringrazio Kristoff per aver fatto ragionare Anna.
NON ringrazio i fratelli di Hans per averlo fatto diventare così. Ma, dopotutto, non tutto il male vien per nuocere, quindi GRAZIE anche a voi, idioti.
Ringrazio la Walt Disney Company che ha prodotto Frozen e mi ha fatto innamorare di Hans. (Innamorare è dir poco)
Ringrazio Walter Elias Disney che mi ha sempre fatto credere nel lieto fine. (Ora Hans ed Elsa potranno cantare “Io canto per te” o “So chi sei vicino al mio cuor…” in tutta allegria.
Ringrazio Celine Dion, Lana del Rey, Adele, Hans Zimmer e il Glee Cast che hanno cantato e suonato per me mentre l’idea della storia prendeva forma nella mia mente, mentre la scrivevo e mentre la rileggevo per migliorarla. (se vi fa schifo, date la colpa a loro che mi hanno distratta!)
Ringrazio Joker ed Harley Quinn che sono stati fonte d’ispirazione per la caratterizzazione di Hans ed Elsa. (“Oh, Mr. J., hai sentito?” “Sta’ zitta tortina, e aiutami a far esplodere questo ospedale!”)

 
Ringrazio voi che avete letto la storia.
Ringrazio chi andrà a leggere la flash fic (Helsa, of course) che ho pubblicato qualche giorno fa e mi lascerà un commentino.
Ringrazio chi ha recensito ogni singolo capitolo, o anche solo alcuni. Chissà perché gli ultimi risultano i più graditi...O.o
Ringrazio sia chi si è fermato a metà strada, inorridito, sia chi si limiterà a recensire solo adesso.
Ringrazio anche chi ha deciso di rimanere nell’ombra senza dirmi cosa pensa della storia… Rilascerò il Kraken e verrà a cercarvi fino ai confini della terra! Muhahahh.
Ringrazio chi ha amato la storia.

 
Ringrazio qualunque persona sulla faccia della terra che creda che la coppia Hans/Elsa sia una cosa buona e giusta.
 
Ringrazio chi mi odia per aver scritto una Helsa.
Ringrazio chi mi odia perché vorrebbe che Hans stia con Kristoff e che Elsa stia con Frost...O con Anna (?!). (Queste coppie non sanno da fare, lasciatevelo dire!!)
Ringrazio chi si è offeso per quello che ho appena scritto e sta imprecando contro il computer. Era mia intenzione offendervi.
Ringrazio tutti coloro che dopo aver letto la storia si sentiranno spronati per scriverne una migliore. (Dobbiamo soffocare le Jelsa!) (Will you join in our crusade? Who will be strong and stand with me?)
Ringrazio chi ha letto fino a qui: ho quasi finito.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno messo Bring me to Life tra le preferite e/o tra le ricordate. Spero che non ve ne siate pentiti leggendo l'epilogo.
Ringrazio chi deve ancora arrivare e chi mi lascerà una recensione fra mesi (io sarò sempre qui pronta a rispondere a qualsiasi insulto/critica/elogio/dubbio!)

 
Ringrazio (in ordine di non so cosa)
Saitou Catcher
Yukiko_99
White_Fang
CleoCecyClass
Princess Elsa
Amberly_1
Lizzie Pazzotta
Hera85
ElsaRoby
ElizabethSwann666
Dimonions_Unidos
CrazyDreams
Captain Swan
Halley Silver Comet
FedeStayStrong
Adrienne Riordan
Kikkaisasherlocked
Bad Dragon95
Quindici
SaraRocker
 
 
Vi mando un enorme bacio. (Siete adorabili, soprattutto voi che continuate a seguirmi!)
 
 
 
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Aspettate! Devo sparare una bomba prima di salutarvi per sempre!
 
Avrete notato che ho scelto un bel finale a lieto fine (“bel”…decidete voi!), però devo dirvi che sono stata tentata di far finire la storia la loro prima notte di nozze con una pugnalata nel cuore di Elsa e le parole “Oh, Elsa, se solo qualcuno ti amasse davvero.” Ma non c’era gusto nel fare una cosa del genere, dato che poi non avrei visto le vostre facce! :P Ooook, basta.
Il fatto è che in questi giorni ho letto in inglese qualche Helsa che mi ha a dir poco scioccato.

 
ADDIO!!
Anzi, godetevi qualche fan art…

E ascoltate It’s All Coming Back to me Now!

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Questa l'ha fatta Princess Elsa! :)
   
 
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