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Autore: Persej Combe    30/05/2014    5 recensioni
Un giorno, tanto tempo fa, ho incontrato un bambino. Non lo dimenticherò mai. È stato il giorno più emozionante di tutta la mia vita. Nessuno potrà mai avere la stessa esperienza che ho avuto con lui. Ciò che abbiamo visto, è precluso soltanto a noi.
...In realtà, non ricordo neanche il suo nome. Non ricordo nemmeno se ci siamo presentati, a dire il vero. Però non smetterò mai di cercarlo. Un giorno so che le nostre mani si uniranno di nuovo, come quella volta. Perché noi siamo destinati a risplendere insieme per l’eternità.

[Perfectworldshipping]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Serena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
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1 .  Come il sole all'alba


 

   In un tiepido pomeriggio di primavera, un uomo e una donna erano seduti a un tavolo di uno dei tanti Caffè di Luminopoli a godersi la fresca brezza che soffiava delicatamente tra le strade della città.
   «Quindi, vediamo un po’...» disse la donna aprendo una cartina e stendendola bene sul tavolo «Dove vogliamo andare dopo?».
   «Non so te, ma io non vedo l’ora di visitare la Torre Prisma!» esclamò il suo compagno.
   «La Torre Prisma? Ma...! Adesso? Insomma, è ancora giorno... Non sarebbe più bello vederla di notte?».
   «L’ho vista tante volte alla televisione e adesso che sono qui, a poca distanza da essa, sono eccitato come un bambino a Natale! Ah, la ringrazio!» sorrise al cameriere che stava posando sul tavolino le due bibite che avevano ordinato.
   «Sì, però questo non mi pare il momento più adatto... Scusi, posso chiederle un parere? Dato che lei abita qui ne saprà sicuramente più di noi... Secondo lei quando è il momento migliore della giornata per salire sulla Torre Prisma? La mattina o la sera?».
   Il cameriere rimase a riflettere per qualche istante sulla risposta da dare passandosi il pollice sinistro sul mento barbuto.
   «Penso che al tramonto sia più romantico», disse semplicemente. Sì, il paesaggio di Kalos illuminato dalla luce rossa del sole che tramonta era una delle viste più belle in assoluto, per lui.
   I due si guardarono e sorrisero.
   «Beh, cara, che ne dici?».
   «Mi pare un’idea meravigliosa!».
   Il cameriere gli rivolse un cenno cordiale e tornò dentro al bar. Quasi non inciampò in un bambino che stava giocando a rincorrersi fra i tavoli con il suo Pachirisu. Il ragazzino, spaventato dalla stazza di lui, prese in braccio il Pokémon e gli chiese scusa, le guanciotte tutte rosse.
   «Stai solo attento a non farti male», disse. Gli fece una mezza carezza sulla testa e se ne andò. I bambini non erano proprio il suo forte, doveva ammettere. I giorni in cui anche lui aveva vissuto nell’euforia dell’infanzia a correre e a rotolarsi nei prati parevano appartenere a un tempo remoto e distante, di cui non aveva più larga memoria. Persino nel suo aspetto si faceva fatica a riconoscere qualche traccia di quel periodo felice. Infatti, nonostante fosse di giovane età, i tratti del suo viso apparivano già duri e robusti; gli zigomi leggermente pronunciati e la folta barba rossa che gli cresceva sotto le guance lo facevano sembrare di qualche anno più grande. Lo sguardo responsabile e intelligente, inoltre, non faceva che aumentare la certezza di trovarsi di fronte ad un uomo maturo e giudizioso.
   Si guardò in giro con i pugni poggiati sui fianchi. Sul suo volto si dipinse un’espressione soddisfatta: nonostante il locale fosse aperto solo da poco più di un mese, i clienti già erano abbastanza. C’era un clima sereno e si lavorava bene. Un gruppo di persone lo chiamò al proprio tavolo e, quando lui andò da loro per portargli le ordinazioni, rimase a osservare un ragazzo seduto qualche metro più in là, che ad occhio e croce pareva avere più o meno la sua stessa età.
   Era un tipo curioso. Frequentava il Caffè in modo assiduo e già altre volte aveva attirato la sua attenzione. Arrivava a metà mattinata con una faccia assonnata e si sedeva sempre a quel tavolo. Non aveva mai cambiato posto dal primo giorno in cui era venuto. Poi ordinava un caffè, qualche pasticcino e dei Pokébignè per i suoi Pokémon che ogni tanto portava con sé e dalla borsa prendeva due, tre quaderni e si metteva a leggere e a scrivere, concentratissimo. In effetti, dava l’aria d’esserlo anche in quel momento. I suoi occhi grigi erano fissi sul foglio, la mano, impugnando la penna, correva veloce tra i quadretti. Ad un tratto, il giovane si accarezzò un ciuffo di capelli bluastri con le dita e se lo portò dietro all’orecchio. Il movimento di quella mano lasciò il cameriere come affascinato.
   “Quanta grazia in un simile gesto...” pensò, lo sguardo ancora fermo su di lui.
   Il ragazzo alzò la testa e sorrise. Il suo Bulbasaur era salito sul tavolo e stava osservando con occhi affamati il piatto di bignè. Lui ne prese uno e glielo porse.
   «Ecco, tieni!» disse, sempre sorridendo.
   Il Pokémon ruggì entusiasta e diede un morso al dolce. Mentre le labbra di quell’altro si incurvavano mosse da una risata, il cameriere, non sapeva come né perché, sentì una sorta di calore sulle guance. Più guardava quella persona, più la vedeva risplendere di una fioca e tenue luce, morbida come il sole all’alba. C’era qualcosa in lui che fin dal primo giorno in cui lo aveva visto nella caffetteria gli aveva trasmesso una sensazione familiare, eppure era abbastanza sicuro di non averlo mai incontrato prima. Forse si sbagliava?
    Non aveva mai avuto l’occasione di prestargli servizio, ma si giurò che prima o poi lo avrebbe fatto, per conoscere chi fosse questo giovane a cui apparteneva quell’aura meravigliosa.
   Era tanto preso dai suoi pensieri che quando si rese conto che stava per andarsene sussultò. Il ragazzo dai capelli blu si era alzato, aveva raccolto le sue cose e il suo Bulbasaur si era aggrappato alla sua spalla. Per poco non si scontrarono sulla soglia dell’uscita della caffetteria. Si scambiarono uno sguardo imbarazzato.
   «Ti chiedo scusa, sono di fretta e non ho guardato bene...» disse quello.
   «No, sono io che ero sovrappensiero...» disse il cameriere.
   Improvvisamente egli vide un bagliore nei suoi occhi chiari, una scintilla che in qualche modo gli era conosciuta. Si rese conto di aver già vissuto una situazione simile a quella, ma non riusciva a ricordare né quando, né dove. Il giovane gli rivolse un sorriso fugace, per qualche istante gli sembrò persino che fosse arrossito, poi scomparve oltre la porta insieme al suo Bulbasaur, come il sole che si nasconde dietro alle nuvole. Di nuovo si ritrovò perduto nei suoi pensieri. Avrebbe voluto fermarlo, parlargli, chiarire i propri dubbi assieme a quella persona misteriosa, ma non aveva trovato la forza di agire, trastullato com’era nella sua confusione. Si risvegliò solamente nel momento in cui si sentì chiamare per nome: «Elisio, vuoi venirmi a dare una mano con questi clienti?!».





 


Questa storia è stata revisionata tra fine 2018 e fine 2019. Sebbene all'inizio fossi partita con l'idea di riscrivere tutto, alla fine ho deciso di non toccare troppo il testo e di lasciarlo il più possibile così come era per poter tenere una traccia dei miei cambiamenti nel corso degli anni qui su Efp (ne parlo più approfonditamente nelle note del capitolo 26). Inevitabilmente i primi capitoli suoneranno un po' più infantili, ma spero lo stesso che possano coinvolgervi in qualche modo ♥
Persej

  
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