Dolorante e lacerato
Quattro.
Lo
scenario della paura mi riporta sul tetto dell’Hancock.
Anche
se l’ultima paura è molto diversa da quella che dovevo affrontare anni fa, il
numero non è cambiato.
Sono
ancora quattro. Io sono ancora
Quattro.
Eppure
non mi sembra di essere la stessa persona che ero prima.
Una volta assicurata
l’imbragatura al cavo d’acciaio, mi arrampico sulla zip-line.
Anche se in realtà l’ho fatto davvero una sola volta, lo scenario della paura
continua a ricordarmi com’è lanciarsi nel vuoto. Nella realtà, volevo spargere
le ceneri di Tris. Qui, invece, devo affrontare me stesso, mettermi alla prova.
Mi
lancio giù dal tetto dell’Hancock.
Il
paesaggio sotto di me si trasforma rapidamente, ma non si tratta più della mia
città. La zip-line mi porta lontano, fino al
Dipartimento. L’edificio è completamente privo di tetto, sotto di me riesco a
vedere il Laboratorio Armamenti.
Mi
sgancio immediatamente l’imbragatura e precipito verso Tris. In piena caduta
libera, i secondi passano, ma mi sembra ancora di essere infinitamente lontano
da lei.
All’impatto con il
pavimento mi manca il respiro per qualche istante, ma ovviamente non sono
morto. Sarebbe troppo facile.
Mi
trascino il più in fretta possibile verso di lei, ma come sempre è troppo tardi.
Il suo corpo pallido è adagiato sul pavimento, i suoi bellissimi occhi sono
spalancati e immobili.
Conscio
di non averla salvata neanche stavolta, mi avvicino a lei nel disperato
tentativo di stringerla ancora una volta. Ma appena sono abbastanza vicino da
sfiorarla, la simulazione finisce.
Tremolando, le luci si
riaccendono nella stanza. Ci metto un po’ a capire che in realtà sono i miei
occhi che finalmente rivedono la luce.
La
mia fronte madida di sudore poggia sul marmo freddo. Le mie mani stringono il
vuoto. Do un pugno al pavimento tanto forte che sento immediatamente il sangue
scorrermi lungo la mano.
Un
misto di emozioni negative mi assale. Paura. Disperazione. Rimpianto. Rimpianto per non averla salvata neanche stavolta, per
averla lasciata morire. Mi sento impotente, svuotato, consumato dal dolore.
Travolto da questi
pensieri, mi rimetto seduto e do un’occhiata alla mia mano insanguinata. La
carne è lacerata nei punti in cui le nocche hanno battuto contro il pavimento.
Riesco a stento a muoverla, dato il gonfiore.
Forse il mio cuore è così,
penso. Gonfio, intorpidito. Dolorante e
lacerato.
Ma
non è la stessa cosa. Il dolore alla mano è fisico, mi fa sentire vivo. Ciò che
attanaglia il mio cuore invece, è metaforico ma mi annienta.
Mi
rimetto in piedi. Voglio provarci ancora. E non m’importa di averlo già fatto
tante volte.
Raggiungo il tavolo
nell’angolo della stanza su cui ci sono diverse dosi di siero e prendo un’altra
siringa con la mano sinistra, dato che mi è impossibile usare l’altra.
Una
parte di me crede di poterla salvare. Un’altra parte invece, quella più
razionale, spera di poterla almeno abbracciare prima che la simulazione
finisca.
Un’altra
ancora crede che l’angoscia e il senso di colpa siano una giusta punizione, che
siano meritati.
Ogni volta che ripeto
la simulazione me ne convinco sempre di più.
Non avrei dovuto lasciarla.
M’infilo
la siringa nel collo.
N.d.A:
Questa OS nasce come partecipante al contest “Storie un po’ tristi” indetto da M4RT1
sul forum. Le caratteristiche della storia dovevano essere le seguenti:
Tema:
Rimpianto
Genere:
Introspettivo
Prompt:
Pugno
La
storia si colloca un po’ di tempo dopo che Quattro ha sparso le ceneri di Tris,
ovvero dopo circa 3 anni dalla sua morte. Il “quattro” iniziale è un pensiero
di Tobias che sta contando le paure all’interno del
suo scenario ed è arrivato, appunto, alla quarta.
Le
lettere in grassetto compongono il nome del personaggio di cui si assume il
punto di vista: Quattro.
Spero
abbiate apprezzato! ^^
Futeki