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Autore: Futeki    30/05/2014    6 recensioni
Dopo anni dalla morte di Tris, Quattro combatte il dolore a modo suo: entra nel proprio scenario della paura.
Dal testo:
Mi lancio giù dal tetto dell’Hancock.
Il paesaggio sotto di me si trasforma rapidamente, ma non si tratta più della mia città. La zip-line mi porta lontano, fino al Dipartimento. L’edificio è completamente privo di tetto, sotto di me riesco a vedere il Laboratorio Armamenti. [...]
Una parte di me crede di poterla salvare. Un’altra parte invece, quella più razionale, spera di poterla almeno abbracciare prima che la simulazione finisca.
Un’altra ancora crede che l’angoscia e il senso di colpa siano una giusta punizione, che siano meritati.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Four/Quattro (Tobias)
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dolorante e lacerato

 

 

Quattro.

Lo scenario della paura mi riporta sul tetto dell’Hancock.

Anche se l’ultima paura è molto diversa da quella che dovevo affrontare anni fa, il numero non è cambiato.

Sono ancora quattro. Io sono ancora Quattro.

Eppure non mi sembra di essere la stessa persona che ero prima.

Una volta assicurata l’imbragatura al cavo d’acciaio, mi arrampico sulla zip-line. Anche se in realtà l’ho fatto davvero una sola volta, lo scenario della paura continua a ricordarmi com’è lanciarsi nel vuoto. Nella realtà, volevo spargere le ceneri di Tris. Qui, invece, devo affrontare me stesso, mettermi alla prova.

Mi lancio giù dal tetto dell’Hancock.

Il paesaggio sotto di me si trasforma rapidamente, ma non si tratta più della mia città. La zip-line mi porta lontano, fino al Dipartimento. L’edificio è completamente privo di tetto, sotto di me riesco a vedere il Laboratorio Armamenti.

Mi sgancio immediatamente l’imbragatura e precipito verso Tris. In piena caduta libera, i secondi passano, ma mi sembra ancora di essere infinitamente lontano da lei.

All’impatto con il pavimento mi manca il respiro per qualche istante, ma ovviamente non sono morto. Sarebbe troppo facile.

Mi trascino il più in fretta possibile verso di lei, ma come sempre è troppo tardi. Il suo corpo pallido è adagiato sul pavimento, i suoi bellissimi occhi sono spalancati e immobili.

Conscio di non averla salvata neanche stavolta, mi avvicino a lei nel disperato tentativo di stringerla ancora una volta. Ma appena sono abbastanza vicino da sfiorarla, la simulazione finisce.

Tremolando, le luci si riaccendono nella stanza. Ci metto un po’ a capire che in realtà sono i miei occhi che finalmente rivedono la luce.

La mia fronte madida di sudore poggia sul marmo freddo. Le mie mani stringono il vuoto. Do un pugno al pavimento tanto forte che sento immediatamente il sangue scorrermi lungo la mano.

Un misto di emozioni negative mi assale. Paura. Disperazione. Rimpianto. Rimpianto per non averla salvata neanche stavolta, per averla lasciata morire. Mi sento impotente, svuotato, consumato dal dolore.

Travolto da questi pensieri, mi rimetto seduto e do un’occhiata alla mia mano insanguinata. La carne è lacerata nei punti in cui le nocche hanno battuto contro il pavimento. Riesco a stento a muoverla, dato il gonfiore.

Forse il mio cuore è così, penso. Gonfio, intorpidito. Dolorante e lacerato.

Ma non è la stessa cosa. Il dolore alla mano è fisico, mi fa sentire vivo. Ciò che attanaglia il mio cuore invece, è metaforico ma mi annienta.

Mi rimetto in piedi. Voglio provarci ancora. E non m’importa di averlo già fatto tante volte.

Raggiungo il tavolo nell’angolo della stanza su cui ci sono diverse dosi di siero e prendo un’altra siringa con la mano sinistra, dato che mi è impossibile usare l’altra.

Una parte di me crede di poterla salvare. Un’altra parte invece, quella più razionale, spera di poterla almeno abbracciare prima che la simulazione finisca.

Un’altra ancora crede che l’angoscia e il senso di colpa siano una giusta punizione, che siano meritati.

Ogni volta che ripeto la simulazione me ne convinco sempre di più.

Non avrei dovuto lasciarla.

M’infilo la siringa nel collo.

 

 

 

 

N.d.A: Questa OS nasce come partecipante al contest “Storie un po’ tristi” indetto da M4RT1 sul forum. Le caratteristiche della storia dovevano essere le seguenti:

Tema: Rimpianto

Genere: Introspettivo

Prompt: Pugno

La storia si colloca un po’ di tempo dopo che Quattro ha sparso le ceneri di Tris, ovvero dopo circa 3 anni dalla sua morte. Il “quattro” iniziale è un pensiero di Tobias che sta contando le paure all’interno del suo scenario ed è arrivato, appunto, alla quarta.

Le lettere in grassetto compongono il nome del personaggio di cui si assume il punto di vista: Quattro.

Spero abbiate apprezzato! ^^

Futeki

 

   
 
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