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Autore: LadySpleen    04/08/2008    5 recensioni
Quattro capitoli.
Quattro ragazze.
Quattro brevi squarci lasciati a metà su altrettante, diverse, esistenze. Raccontate da anonimi spettattori, magari passanti incontrati un giorno per strada, per un solo istante.
Forse legate da un sottile senso di malinconia e lo sfondo di una città in inverno.
Protagoniste anonime, che potremmo benissimo essere noi.
1.La ragazza sotto la pioggia
2.La ragazza con il broncio
3.La ragazza col fiocco rosso
4.La ragazza seduta sulla panchina
Extra.La ragazza senza speranza
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza sotto la pioggia

Non aveva nome, non aveva età.
Era una ragazza giovane, forse più giovane di quanto sembrasse.
Ma poteva anche essere una bambina.
Indossava una felpa nera, col cappuccio alzato. Un ciuffo di capelli corvini le oscurava per metà il volto. Il resto era un paio di occhiali e un rossetto un po’ troppo scuro. La pelle così diafana.
Se ne stava lì, sotto la pioggia, con la schiena appoggiata ad un lampione.
La luce spietata e arancione che la illuminava malamente dall’alto.
I jeans bagnati dello stesso colore della notte.
Se ne stava lì e attendeva. Era già trascorsa quasi mezz’ora. Ma lei attendeva.
E continuava a ripetersi che presto lui sarebbe arrivato.
Intanto la pioggia scorreva, sulle lenti degli occhiali, sulle mani. Cadeva fitta e rendeva quell’attesa un po’ più magica, con quell’atmosfera un po’ velata e lo scrosciare sull’asfalto e l’aria fredda.
Se ne stava lì, immobile, respirando il profumo della terra e dell’erba bagnata, guardando impassibile il solitario passaggio di un’auto per quella via di un quartiere un po’ fuori mano, ma tuttavia vicino al centro. Aspettava ed era certa che lui sarebbe arrivato e le avrebbe dato una spiegazione, che aveva avuto un imprevisto, e anche se fosse stata una menzogna lei ci avrebbe creduto.
La pioggia continuava a cadere ed oramai era passata un’ora.
Lei non si era mossa.
Avrebbe voluto piangere, ma si tratteneva, forse per orgoglio, forse per paura che lui arrivasse trovandola in lacrime.
E no, non doveva succedere.
“Lasciamo che si sfoghi il cielo…”
Che tanto poi, lui, non se ne sarebbe accorto.
Sarebbero state lacrime ed acqua mischiate sul suo viso e con quel buio non avrebbe notato gli occhi rossi e forse sarebbe stato troppo preso dalle sue labbra per potersi accorgere d’altro, mentre all’orecchio le sussurrava scuse e versi di poesia.
Ma no, non poteva piangere, che si sarebbe sbavato il trucco e lui stava di certo per arrivare.
Si era truccata con tanta attenzione, quella sera. Matita nera calcata sopra e sotto l’occhio, magari un po’ sbavata verso l’esterno e quel rossetto scuro, che si notava tanto anche da lontano, anche se teneva il viso leggermente reclinato verso il basso e il cappuccio e il ciuffo le coprivano per metà il viso, pallido e tondo come la luna.
Se ne stava lì e sospirava, aspettando.
Fragile figura affiancata da un lampione, che triste accompagnatore.
Sagoma nera nel nero della notte.
Ripensava a quante bugie aveva dovuto raccontare, per uscire quella sera.
E aveva dovuto strillare e impuntarsi, ricorrere a tutta la sua arguzia e alla sua diplomazia, che non era mai stata il suo forte. Lei, così impulsiva.
Poteva far paura, con quel carattere aggressivo. Eppure nascondeva una tale insicurezza… Anche quello poteva far paura.
Ma lei, allora, quella notte, sola sotto la pioggia, aveva avuto paura?
Le tremavano le gambe per il freddo e la stanchezza. Oramai, non contava nemmeno più i minuti.
Quanto tempo era passato? Un’ora e mezza, due? Ma che importanza poteva avere?
Presto l’avrebbero chiamata, per chiederle se i genitori di quella sua amica la stessero portando a casa e lei avrebbe risposto che se n’erano appena andati e stava per citofonare.
Se non fosse stata così infreddolita e triste, a quel pensiero, avrebbe anche riso: se avessero saputo che non si era nemmeno allontanata dal portone di casa?
Infine, pochi istanti prima della mezzanotte, si voltò e scomparve sotto la pioggia. Verso casa.
Ed io, che la osservavo di lontano, dall’altro lato della strada, nell’ombrosa sicurezza di uno slargo male illuminato, rimasi seduto dov’ero a fissare quel lampione, ora tanto solo.
E ora, che non so nemmeno più quanto tempo è passato; ora che non posso più dire di essere un adolescente avventato, mentre ricordo tutto questo, mentre non cerco nemmeno più una giustificazione...
mi sforzo di non ricordare il suo nome.







Commenti dell'autrice
Una raccolta di brevi racconti introspettivi su diverse ragazze, tutte anonime così come i loro "narratori", era un'idea che mi venne una sera di parecchi mesi fa, mentre portavo a spasso il mio cane (^^)ma che, una volta passato l'inverno, misi in cantiere. Forse è per questo che i toni sono così cupi, così tristi e tipicamente invernali.
Ritrovando i file nel pc ho pensato però che in fondo non mi dispiaceva così tanto quello che già avevo scritto, che in fondo aveva un suo senso raccontare di ragazze banali, senza nome, quasi senza volto.
Ragazze che potrebbero essere chiunque, che magari almeno una volta nella vita siamo state...
E così ho deciso di pubblicare i primi quattro capitoli, che avevo già composto. Questo è il primo che ho scritto.

Spero di ricevere un vostro parere su questo mio lavoro, le critiche sono sempre ben accette perchè spesso costruttive.

GRAZIE A TUTTI ^_^


A presto, vostra LadySpleen
  
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