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Autore: KIAsia    31/05/2014    4 recensioni
Dal testo:
"Ora che aveva realizzato, lo vedeva sotto un'altra luce..
Lo vedeva sempre risplendere, come se ogni cosa che dicesse fosse magica e importante, anche la più stupida. Il suo cipiglio o la mano che non lasciava un attimo i capelli erano adorabili, gli facevano sempre venir voglia di stringerlo."
Piccola One shot di 1490 parole, shash e partorita senza un motivo vero e proprio, se vi va, recensite. :)
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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No, di te.



Luca girò la chiave della sua stanza reprimendo la voglia di andarsene, di scappare ancora, di nascondersi.

Quel giorno era stato troppo per lui, adesso doveva sapere e capire cosa gli stava succedendo. Magari non era pronto ad ammetterlo al mondo, ma con sé stesso almeno doveva essere sincero.
Era da mesi in realtà che aveva quel tarlo nell'orecchio, ma non era pronto ad affrontarlo di petto, così negava e alzava gli occhi al cielo ricordandosi che era puramente normale alla sua età, con gli ormoni a mille!

Forse anche da prima, da anni e anni, anche da quando ne aveva solo undici e sognava il suo migliore amico a baciarlo e lui respingerlo, ma non ci pensava a quel tempo, a mala pena conosceva la parola.

Così tutto era andato avanti normale, poi era arrivato Marco a sconvolgergli la vita, totalmente.
Era stato come un'alluvione che fa straripare gli argini del fiume facendo inondare la città: un disastro.
Lo aveva trovato quel giorno a mensa e si era seduto al suo fianco perché sapeva che era nuovo e che avrebbe potuto aiutarlo ad ambientarsi. Marco gli sorrise e Luca dovette scuotere la testa per riprendersi, dette colpa alla stanchezza quel giorno.
Si erano messi a parlare ed erano così in sintonia da spaventare gli altri compagni di classe, parlavano e solo loro si capivano, era così normale.

Non passò tanto prima che venne fuori: il suo amico era gay.

Quando l'altro entrò nella stanza piangendo e implorandolo di perdonarlo per non averglielo detto, Luca scoppiò a ridere perché davvero non poteva pensare che gli cambiasse qualcosa. L'altro si accigliò guardandolo storto e gli chiese se era gay.

Luca negò, a lui e a se stesso.

I giorni dopo non fu facile vedere tutte quelle persone scansarli per i corridoi o fulminare disgustati il suo amico, aveva una strana voglia di picchiarli tutti e anche paura, ma di cosa? Se lo chiese un paio di volte, poi si arrese ignaro.

E forse anche quello era un segno che ignorò.

Comunque sia, gli stette affianco giorno dopo giorno sorridendo e tirandolo su di morale, si aiutavano a vicenda, sempre.

Capitava che Luca litigasse con la sua famiglia o si sentisse solo contro il mondo perché l'adolescenza è così, e l'unico posto dove andava era nella stanza di Marco a chiedergli o meglio ad urlare perché fosse così sbagliato sapendo perfettamente che l'altro non avrebbe mai confermato quella sua teoria.

L'unica cosa che serve in quei casi è una spalla su cui piangere: un amico.

Amico, certo.

Ricordava ancora l'odio che aveva provato verso quell'idiota di Davide, il fidanzatino di Marco, che lo trattava di merda, a detta propria.

Era stato lì che se l'era domandato la prima volta, possibile che fosse geloso? E la risposta inizialmente fu no, sempre negare l'evidente. Dovette però rivalutare la risposta quando si ritrovava praticamente a gongolare o a ballare la samba ogni qual volta in cui Marco gli diceva di aver litigato con Davide. Il giorno il cui gli confesso di averlo lasciato perché non lo amava più si senti inondare dalla felicità, così la scusa fu un sbrigativo “sono tutti gelosi dei propri amici, è normale”.

Così passarono i mesi in quella scuola, l'ultimo giorno Marco gli disse che sarebbe partito per l'America almeno per un mese e non sapeva quanto si sarebbero potuti sentire per telefono. Luca sorrise dicendogli che era contento per la sua piccola avventura, ma dentro stava morendo. Dentro avrebbe solo voluto picchiarlo sul petto, prenderlo a parole e supplicargli di restare, di non lasciarlo.

Quel mese all'inizio sembrava fattibile, durante tutto il volo erano stati davanti allo schermo del telefono a scambiarsi messaggi. La prima settimana si salutavano e scambiavano qualche battuta anche se gli orari erano assurdi, ma un giorno Luca non gli scrisse e l'altro non lo salutò.
Fece male, così arrabbiato col mondo non lo fece nemmeno il giorno dopo e anche quella volta non gli scrisse. Così si rese conto che aveva fatto tutto lui in quella settimana, il primo saluto, quel “Buongiorno”.

Un "Buongiorno" è sempre meglio di un "Buonanotte".
Perché quel "Buongiorno" dice che ti ha pensato prima di darti il tempo di farlo a te.
Solo alle persone che ci interessa si dà il buongiorno. E Marco non lo aveva fatto, semplice.

Luca si sentì morire dentro: perché non ci aveva fatto caso? Perché era stato così stupido?
Sbuffava di continuo, si accorse che uscire con la compagnia non era uguale, che non aveva sempre quella spalla affianco, quell'ammasso di riccioli castani.

Gli mancava, eccome se gli mancava.

E si odiò per quello. Non riusciva a fermare la sua mente dal pensare a lui ogni volta che si fermava al parco o guardava facebook. Non poteva impedire al suo dito di scorrere sulle chat fino al suo nome per fargli leggere un'ennesima volta la loro ultima conversazione, quella spenta e triste.
Pianse molto quelle notti e capitava che non resistesse e gli rispondeva a monosillabi arrabbiato, ma l'altro non capiva. Non poteva capire la lotta che aveva dentro.

Quando un giorno si ritrovò un messaggio, un sorriso vero, di quelli che ti fanno deglutire a vuoto e scaldare il cuore, si impossessò del suo viso facendogli dimenticare tutto quello che aveva passato in quei giorni.

Facendogli dimenticare i suoi dubbi.

Lo andò a prendere all'aeroporto, quando lo vide gli corse incontro abbracciandolo stretto a se, seppellì la testa nell'incavo del suo collo troppo contento anche solo per parlare.

Dio, quanto gli era mancato.

L'altro per un attimo rimase interdetto e strinse piano la presa, non se lo aspettava, ma Luca ci rimase un po' male. Un altro, l'ennesimo segno.

Erano passati circa tre mesi da quando era successo, aveva avuto un anno e poco più per farci la mano e accettarlo, adesso era pronto così girò la chiave.

 

Sentì la porta cigolare mentre lentamente l'apriva e si affacciava nel semibuio della stanza. Si ritrovò a sorridere intenerito quando lo vide chino sui libri a leggere con la solita espressione impegnata e gli occhiali spessi posati sul naso.

«Ehy..» sussurrò tossendo leggermente in modo da attirare l'attenzione.

Marco fece un balzo sulla sedia voltando svelto la testa. «Oddio Luca, ma sei tu!? Mi hai fatto prendere un colpo!» rise passandosi una mano tra i riccioli.

Ora che aveva realizzato, lo vedeva sotto un'altra luce..

Lo vedeva sempre risplendere, come se ogni cosa che dicesse fosse magica e importante, anche la più stupida. Il suo cipiglio o la mano che non lasciava un attimo i capelli erano adorabili, gli facevano sempre venir voglia di stringerlo.

Ridacchiò con lui sempre più nervoso e decise di sedersi sul letto vicino alla sedia di Marco.

«Senti, puoi smettere un attimo di studiare?» domandò e sinceramente nemmeno lui sapeva quale risposta ardeva di avere: se fosse stata positiva avrebbe dovuto dirlo, ormai era troppo vicino per tornare indietro potendo svuotarsi di quel peso; ma se diceva di no allora il giorno dopo sarebbe stato solo di nuovo e non ne poteva più, anche se sicuro di avercelo sempre vicino in qualche modo, da amico.

Aveva pensato di domandarlo ad altri, dopotutto ne conosceva, ma come poteva? Marco era tutto, chi meglio di lui? Nessuno.

«Certo, spara!» Marco sorrise alzando gli occhi dal libro e chiudendolo come a rimarcare che era tutto per lui adesso.

Il cuore gli fece una piccola capriola mentre la mente lo brontolava, non era il momento di farsi sopraffare dalle emozioni.

Si era preparato la domanda milioni di volte ed in realtà non era niente di più di qualche parola, ma come poteva fargliela ora?

«Mi chiedevo se.. no, niente.» Fece una smorfia spalmandosi una mano sulla faccia poi posò i gomiti sulle ginocchia afferrandosi nervoso i capelli. Non poteva farcela.

«Ehy Lù sono qui! Puoi dirmi tutto, lo sai no?» Marco gli passò una mano sulla schiena sedendosi affianco a lui, ma l'altro si spostò irritato più lontano, non era il caso di farsi toccare.

«Ho paura, aiutami...» sussurrò Luca e, guardandolo di lato, i suoi occhi si intrecciarono con quelli scuri di Marco lasciandolo in apnea. «Come hai capito di essere bisex?».

Non ci aveva pensato, gli era uscita in un soffio mentre si rilassava lasciandosi cullare dallo sguardo interrogativo, curioso e premuroso del ricciolo.

L'altro lo guardò in silenzio per un paio di secondi che a Luca parvero millenni e, quando si decise a parlare, aveva uno sguardo duro ed inquisitorio.

«Ti sei innamorato di Alessandro?» Marco digrignò i denti respirando pesantemente, facendo così accigliare Luca rimasto scioccato per la domanda assurda ed inverosimile.
Alessandro era un suo amico di vecchia data che stava poche vie più avanti di lui, avevano passato così tanto tempo assieme che ormai erano come fratelli.

Niente di più, niente di meno.

Non seppe bene con che coraggio lo fece, ma sospirò e fissando gli occhi in quelli dell'altro, disse «No , di te.».

KIASIA:
Per ricordare e metterci un punto.

 

 

  
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